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  • OLI 427: GRECIA – Chi il conto non paga mai

    Qualunque sarà il risultato del referendum, segnerà l’Europa per sempre. Tra chi invoca i compiti a casa, e chi maledice questa Europa matrigna, a soffrire è intanto il popolo greco, ma c’è qualcuno che di certo non pagherà il conto: gli armatori greci. A febbraio Tsipras ventilò l’ipotesi che per rimettere in sesto i conti di Atene si sarebbe dovuto tassare i ricchissimi tycoon, 60 famiglie che detengono il 16% del mercato globale e generano il 7% del Pil ellenico, con la prima flotta al mondo per tonnellaggio, un primato riconquistato nel 2013 dopo averlo ceduto al Giappone al tempo della crisi e primo paese per ordini di navi da consegnare nei prossimi anni.
    Le fortune e le risorse accumulate nei decenni hanno fatto sì che gli armatori potessero aumentare sempre di più le proprie attività e i propri interessi fuori dal paese, centoquaranta miliardi di utili negli ultimi dieci anni, ma anche mantenere una salda presenza in patria. Quasi cinquemila navi dal valore complessivo di cento miliardi permettono di avere il sedici per cento del mercato e di dare lavoro a duecentocinquantamila persone, perciò gli oligarchi hanno risposto con calma olimpica: “Leviamo l’ancora e prendiamo residenza fiscale altrove. C’è solo l’imbarazzo della scelta: Monaco, Dubai, Singapore, oppure in Germania, dove ci sono agevolazioni fiscali fortissime …” hanno minacciato. Con più di nove miliardi di euro di investimenti lo scorso anno, gli armatori greci hanno poi dato un segnale inequivocabile a chi riteneva che la crisi storica che sta attraversando la Grecia li avrebbe affondati, ormai dominano la scena mondiale da più di cento anni. Perché?
    Perché dietro al loro successo vi è un regime fiscale eccezionalmente a loro favore, addirittura in Costituzione: infatti, in base all’articolo 107, gli armatori greci sono esentati dal dover pagare tasse sui profitti che provengono dalle proprie attività all’estero. Oltre ad essere essere armatori, sono petrolieri, editori, titolari di lavori pubblici nel Paese senza gare di appalto, possiedono squadre di calcio. Godono di Iva agevolata, ma soprattutto dell’esenzione fiscale sui profitti generati all’estero garantiti per la legge costituzionale del 1967.

    Mettere in discussione l’impossibile per Tsipras, applicare ciò che con la morbida legge sul blind trust del 2009 non è riuscito ai conservatori, mentre tutte le inchieste giudiziarie passate sul contrabbando di petrolio non hanno prodotto condannati: una“patrimoniale” di due miliardi e mezzo sui supermiliardari e altri due miliardi e mezzo dal recupero di tasse arretrate. Un provvedimento cucito su misura per i potentissimi armatori. “I nostri cittadini hanno pagato un prezzo carissimo alla crisi – aveva detto il premier mesi fa in Parlamento –  ora il conto lo devono saldare quelli che non hanno mai messo mano al portafoglio”. Già nel 2012, con la Grecia sull’orlo del default, l’ex premier Samaras chiese ai super-ricchi una “tassa temporanea di emergenza”, 500 milioni ad oggi. Perché Tsipras non è andato avanti?
    Nella disputa Grecia – Ue si parla soprattutto di pensionati, che sicuramente non hanno una quotidianità facile, ma della metà dei giovani senza lavoro non si parla. Del loro futuro, nemmeno.
    (Bianca Vergati – foto di Giovanna Profumo e Ferdinando Bonora)

  • OLI 427: ESTERI – Voci dalla stampa internazionale

    Il capo religioso di Al-Azhar (Egitto) si rifiuta di dichiarare l’infedeltà dell’ISIS. http://www.almasryalyoum.com/news/details/617771

    La violazione dei diritti umani negli USA secondo la Cina.
    China.org, 26 giugno 2015: “Testo integrale del rapporto cinese sulla situazione dei diritti umani negli Stati Uniti nel 2014”. Due visioni da due angoli diversi. Che dio ci protegga da tutti gli imperi e violatori dei diritti umani.
    http://www.china.org.cn/china/2015-06/26/content_35914526.htm

    Se Israele scommette sull’Isis
    “Famiglia Cristiana”, 23 giugno 2015: “Anche con la guerra in Siria alle porte del Golan, e con il rischio che Al Nusra, l’Isis e le altre formazioni del terrorismo islamico prendano sempre più piede, Israele non ha cambiato strategia. Al contrario, ha semmai stretto ancor più i legami con l’Arabia Saudita, che delle formazioni armate che operano in Siria è stata a lungo ispiratrice e finanziatrice”. http://www.famigliacristiana.it/blogpost/se-israele-scommette-sull-isis.aspx

    “I campi di battaglia di domani: le guerre USA in Africa”, nuovo libro di Nick Turse.
    “AllAfrica”, 7 maggio 2015: “Dal lancio di AFRICOM (comando militare USA in Africa), l’instabilità è aumentata in Africa. Dalla guerra in corso in Somalia, alla disgregazione della Repubblica del Sudan, alla successiva guerra civile nella Repubblica di recente creazione del Sud Sudan, alla guerra contro i cosiddetti estremisti islamici in Nigeria, Niger, Mali, Camerun e Ciad, questi sviluppi hanno alimentato il militarismo di Washington nel continente.”
    http://allafrica.com/stories/201505112664.html

    2013: Finché permane la guerra siriana, non c’è alcuna minaccia per Israele 
    New York Times, 6 settembre 2013: “Lasciate che le due parti rimangano vive, che insanguinino fino alla morte: questo è il pensiero strategico qui. Finché rimane così, non c’è vera minaccia dalla Siria””. http://www.nytimes.com/2013/09/06/world/middleeast/israel-backs-limited-strike-against-syria.html?_r=2

    Pandora TV, marzo 2015: Intervento integrale di Sahra Wagenknecht (Die Linke) al Bundestag il 19 marzo 2015. Sottotitoli in italiano. La leader dell’opposizione tedesca Sahra Wagenknecht critica le politiche filo-atlantismo e di rigore della Merkel e le ingerenze USA in Europa.
    http://www.pandoratv.it/?p=3104

    Coloni israeliani bruciano la chiesa della Moltiplicazione dei pani e dei pesci.
    Famiglia Cristiana, 19 giugno 2015: “Sono quelli che i palestinesi chiamano “coloni”, gli israeliani che vivono negli insediamenti. E proprio dagli insediamenti escono i vandali che dal 2009, come testimonia l’organizzazione israeliana “Rabbini per i diritti umani”, hanno attaccato e devastato 43 luoghi di culto cristiani o musulmani.” “Allo stesso modo, però, sarebbe da sciocchi non notare che quasi mai i responsabili sono stati identificati, catturati e processati. Il che è comunque un po’ strano, in un Paese che ha un imponente ed efficiente apparato di sicurezza e di polizia.”
    http://www.famigliacristiana.it/blogpost/le-chiese-bruciano-i-vandali-ridono.aspx

    RT, 23 giugno 2015: Sinistra tedesca sull’imperialismo americano
    http://francais.rt.com/international/3568-lex-president-spd–limperialisme

    Il silenzio del premio Nobel sul genocidio di Rohingya equivale alla complicità”
    The Independent, 23 maggio 2015: “In un genocidio il silenzio è complicità, ed è così con Aung San Suu Kyi e la disperata comunità Rohingya in Bermania. La persecuzione in corso da parte del governo birmano dei Rohingya ha raggiunto, negli ultimi due anni, un livello così insostenibile che i Rohingya si trovano ad affrontare solo due opzioni, o rimanere e rischiare l’annientamento o la fuga. L’attuale esodo di coloro che chiedono asilo è solo una manifestazione di genocidio “. “Una volta Aung San Suu Kyi aveva tenuto un enorme capitale morale e politico e ha avuto la possibilità di sfidare il razzismo vile e l’islamofobia che caratterizza il discorso politico e sociale birmano. Molti attivisti birmani per i diritti umani ed i loro seguaci avrebbero potuto ascoltare, imparato e iniziato a mettere in discussione il razzismo istituzionalizzato che incide negativamente su tutti i birmani. Questo non è mai stato nell’agenda politica di Aung San Suu Kyi”.
    http://www.independent.co.uk/voices/comment/aung-san-suu-kyis-silence-on-the-genocide-of-rohingya-muslims-is-tantamount-to-complicity-10264497.html

    “La Roccaforte di Hezbollah”
    “Spesso è definito dai media occidentali come una “Roccaforte di Hezbollah”, il quartiere Sud di Beirut è in realtà solo un quartiere normale operaio densamente popolato dove il partito di Hezbollah è popolare.” “Ora quello che ho trovato interessante è che Hezbollah aveva anche costituito un’impresa di costruzione dopo la fine della guerra del 2006, quando le bombe israeliane avevano raso al suolo un intero quartiere e ha lasciato circa 20.000 persone senza casa. E nel processo di ricostruzione, l’impresa di Hezbollah” Wa’ad” (promessa) ha anche bollato il suo logo sulle barricate di cemento. Una differenza importante è che Solidere, costituita dal miliardario precedente primo ministro libanese, ha trasformato la Beirut vecchia in un parco giochi di lusso per ricchi, cancellando gran parte del precedente tessuto sociale dal reddito misto del centro della città, mentre Waad di Hezbollah ha ricostruito il quartiere per le famiglie della classe operaia che vivevano lì e li ha incoraggiati di ritornarci”. http://www.beirutreport.com/2015/06/held-by-hezbollah.html

    “16 cose che potrebbe farti condannare a morte in Arabia Saudita
    Vocativ, 18 giugno 2015: “L’Arabia Saudita ha decapitato 100 persone quest’anno. Alcuni dei reati non sono nemmeno reati da carcere negli Stati Uniti.”
    http://www.vocativ.com/underworld/crime/saudi-arabia-execution-beheading/

    Israele sostiene che la guerra contro Gaza è stata una “guerra morale”
    The Guardian, 14 giugno 2015: “Israele ha rivendicato che l’operazione dell’esercito israeliano a Gaza la scorsa estate è stata una guerra morale, difensiva svolta in conformità del diritto internazionale”. “Secondo l’esercito israeliano sono stati uccisi 2.125 palestinesi durante la guerra di due mesi, 761 di loro, o 36%, erano civili non coinvolti, tra cui 369 bambini e 284 donne. I dati delle Nazioni Unite sono di gran lunga superiori, con almeno 1.483 civili uccisi (su un totale di 2.205), di cui 521 sono bambini e 283 sono donne.” http://www.theguardian.com/world/2015/jun/14/israel-defends-gaza-conflict-as-moral-war

    (a cura di Saleh Zaghloul – immagine di Guido Rosato)

  • CARTOLINE DI OLI – Tunisia

    (Foto di Monica Profumo)

    Porto di Biserta – Giugno 2015 
    Queste sono le cartoline che vorremmo si potessero continuare ad inviare dalla Tunisia.
  • OLI 426: ELEZIONI REGIONALI 2015 – Di tutto, di più

    Una cosa è certa, i liguri sopravvivranno anche questa volta alla tornata elettorale, molti di loro sedotti dal lungo ponte diserteranno le urne, e visto che i più la considerano una battaglia persa non saranno nemmeno in preda al leggero senso di colpa indotto dal senso civico
    E’ tale la disillusione che armi e bagagli partiranno sereni poiché nessuno è stato in grado di convincerli del contrario, tanto più lunedì sera, durante la diretta di Sky tg 24 che dava visibilità solo a 4 candidati, lasciando fuori dalla diretta Bruno, Musso, Piccardi e Batini
    Per chi non abbandona la trincea elettorale lo sguardo scruta una scheda che ricorda le promozioni di un supermercato, con una campagna politica che, a livello giornalistico, ha parlato di tutto tranne che dei problemi reali delle persone. Hanno vinto le solite generiche promesse che garantiscono ai sogni di diventare realtà. Il fatto che l’elettore non capisca con quali e quante risorse si possano concretizzare non è un dato da campagna politica.
    Qui siamo e i programmi, redatti nel migliore marketing politico, ci fanno sentire l’impossibile a portata di mano. Dall’abbattimento del 50% delle liste d’attesa negli ospedali, alla possibilità di effettuare gli esami primari direttamente dal medico di famiglia, alla realizzazione del Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018, fino alla gestione collettiva dei beni comuni e al redditto minimo di autonomia. Il gioco di seduzione dell’elettore non ha regole. E  sulle reti ammiraglie appaiano anche i Cinquestelle, non più vittime dei veti grillini i cui strali, contro chi osava farsi anche solo inquadrare da una telecamera, falciavano uomini e donne con accuse sessiste e minacce dal web.
    Così in TV agli anziani si ricorda la truffa di cui sono vittime, il taglio sulle pensioni che ha sottratto loro 18

    miliardi e vengono promessi progetti di invecchiamento attivo. Si disegnano scenari in cui utilizzare h24 sale operatorie e c’è chi, da destra, dichiara che “gli ospedali saranno aperti anche di notte”. Se non fosse abbastanza ci sarà lavoro per cinquantenni e giovani e c’è chi promette il definitivo superamento di un sistema di gestione della regione in mano alle lobby, rivendicando la purezza dell’atto di rottura da un partito che non incarna più gli ideali del passato. Nella regione più vecchia d’Italia, con un problema di assistenza agli anziani grosso come un elefante, non è stato detto con chiarezza nulla sulle badanti, sullo stato delle strutture di accoglienza, sui costi che gravano sulle famiglie e sulla lenta ed inesorabile cancellazione della presenza pubblica in questo settore. Ma in piazza, tra i militanti, in occasione del comizio di Civati, c’era chi, accennando alle cure per madre malata, confidava di dover sostenere una spesa media di milleduecento euro al mese per assisterla in casa.
    A sinistra del Pd due liste cugine si contendendo i voti, ma non le parole, distinguendosi solo su Gronda e Terzo Valico. I continui tagli in tutti i settori – occupazione, scuola, trasporti, sanità, manutenzione delle strade, gestione del territori – sotto elezioni sono spariti, soffocati dalle promesse. Come è stato garantito che, certo, ad elezioni finite ogni candidato presenterà i conti ed i finanziatori della propria campagna politica. Nessuno ha fatto i nomi dei componenti della propria giunta.
    Si può fare di meglio?
    Almeno andare a votare.
    (Giovanna Profumo – immagine dell’autrice)

  • OLI 426: ELEZIONI REGIONALI 2015 – Chi si ricorda il Modello Sicilia?

    La regione dei centomila pensionati che si vedranno restituire cinquecento euro, pare divenuta a livello nazionale il caso più emblematico di queste prossime elezioni, tanto che programmi tv, dal Biscione a Sky si sono trasformati in palcoscenici impensabili fino a poco tempo fa per la giovane candidata dei 5 Stelle. Lei, l’Alice dallo sguardo diretto e impavido non appare proprio quella delle meraviglie. Nei dibattiti dal vivo si alza pure per spiegare meglio, spiazzando i candidati uomini, perché la Lella, l’altra donna candidata, pare evitarla accuratamente. Del resto nemmeno veniva nominata la Liguria fra le regioni al voto, poi qualche “mina vagante” come Sergio Cofferati e il suo ” non gioco più”, il “rompiamo le righe” della sinistra-sinistra, il Pd locale che mai ha scordato d’essere Ds e mai ha digerito lo sgambetto dell’autocandidatura della delfina spezzina, hanno fatto di questa regione del Sud del Nordovest il sedicente laboratorio della “nuova gauche”.
    Più che contro Paita, è contro l’esagerato centrista ex sindaco di Firenze che si è candidato un altro sindaco, quello di Bogliasco, civatiano, incredibilmente dimessosi dal Pd, seguito a ruota dal suo mentore Pippo. Ora il Pippo vagheggia un Podemos all’italiana con la imminente formazione “Possibile”, auspicando la vittoria di Luca Pastorino, per riscattare “valori e ideali, che con Renzi paiono scomparsi”, dichiara.
    Uno psicodramma in Liguria, di cui l’astuto Silvione ha fiutato il tesoro nascosto. Pure Matteo Salvini non aveva recepito l’occasione e pronto aveva disarcionato il suo candidato Rixi, sicuro fosse terra di nessuno: invece in Liguria la destra è riuscita a raccattare mare e monti, fra macerie scaiolane, ex Alleanza Nazionale, liste fumose, con un candidato paracadutato, fuori dalle beghe locali, che ha messo d’accordo tutti: un colpo di genio il valletto Toti (OLI 421).
     Magari salverà la Paita il buon Enrico Musso, l’ex candidato sindaco, l’unico a restare fuori dall’ammucchiata “volemmose bene per la Liguria”.
    Anche per il Movimento 5 Stelle ligure si era provato a far finta di niente, ma, ora che i sondaggi danno un testa a testa fra il portavoce di Berlusconi e la spezzina Paita senza che nessuno arrivi alla fatidica soglia di maggioranza governabile, si è diffuso pure in tv il panico di toppare continuando ad ignorarli e così la bella Alice sta avendo un boom di ascolti e di pubblicità gratis.
    Che succederà? Alleanze da pazzi. Ci sarà una grande koalition, una media koalition, lavoreranno insieme

    la sinistra-sinistra e i pentastellati? A cuccia nel cassetto dei ricordi il modello Crocetta-Grillini in Sicilia, dove si era avviata in assoluto la prima collaborazione politica dei 5 Stelle, naufragata in pochi mesi; l’uomo di cultura Crocetta, quello che da sinistra credeva nella rinascita della sua incantevole terra, è rotolato negli scandali; fresco fresco di questi giorni il voto di scambio alle Regionali e che proprio non ne sapesse nulla…
    I 5 Stelle siciliani ora stanno alla finestra, non li si sente fiatare sull’ambiente, la cultura, il turismo sostenibile, l’arte, i temi condivisi con l’uomo di cultura Crocetta, mentre la rinascita della Sicilia non si vede, citiamo l’esempio della gestione turistica delle isole Egadi, considerata forse periferia del regno. Spiagge incantate, in cui nessuno raccoglie la spazzatura, meravigliosi sentieri a picco sul mare travolti dalle frane, percorsi comunque da alcuni audaci stranieri appassionati di trekking, siti di grande pregio, le cui visite sono al buon cuore di giovani esperti volontari che non beccheranno un euro perché l’incarico pare sarà affidato dal primo giugno: in compenso se vai all’ufficio del turismo ti rispondono che cartine, piantine, informazioni le puoi trovare nei depliant che sono in ristampa. Più di cento persone erano in attesa a Favignana per visitare una delle più belle tonnare del mondo, lo stabilimento Florio, acquisita dai Beni Culturali, restaurata cinque anni fa, dove puoi vedere anche reperti della famosa battaglia delle Egadi fra Romani e Cartaginesi: un tempo dava lavoro a tutte le isole, che furono possedimenti dei genovesi Pallavicini, poi dei Florio e ancora del genovese Parodi, oggi ci si può accedere quando è disponibile qualche volontario il sabato o la domenica. Riusciranno i 5 Stelle ad essere costruttivi in Liguria?
    (Bianca Vergati – immagini dell’autrice)

  • OLI 426: RIFORME – La buona scuola, i cattivi maestri

    Non è facile entrare nel merito del DDL “La Buona Scuola”, senza correre il rischio di semplificare o banalizzare l’argomento alla maniera delle tribune televisive, spesso unico luogo di informazione. E’ stato invece semplice per il governo cavalcare alcuni luoghi comuni che indicano la poca simpatia sociale di cui godrebbero gli insegnanti. Strumentalmente, la rottamazione è iniziata proprio da ciò che nella scuola pubblica necessitava almeno di una revisione e cioè le graduatorie (oggetive, ma al contempo limitanti, in quanto consentono la carriera interna solo attraverso il parametro anagrafico) e la valutazione dei docenti, cioè di coloro che da sempre hanno registro e penna rossa in mano (chi non ha avuto un insegnante demotivato e comunque inamovibile per ragioni varie?). In seconda battuta il governo ha giocato la carta delle migliaia di assunzioni di precari, attingendo dalle graduatorie ad esaurimento, escludendo altri abilitati e rilanciando poi, in modo ambiguo, su un futuro concorsone.
    Letta e riletta la proposta di Renzi&pGiannini, per coloro che la scuola la conoscono da dentro, è evidente il fatto che rappresenti l’ennesima tappa di peggioramento della scuola pubblica ad opera della politica italiana. Andrebbe bocciata in toto e non emendata o corretta. Un giudizio così netto non è volto aprioristicamente a difesa di una categoria – quella dei docenti – in buona parte disomogenea e spesso ripiegata su se stessa, ma a difesa della SCUOLA PUBBLICA e del suo mandato costituzionale, leso dal DDL in più articoli (come ad esempio l’art.33 e il divieto di oneri per lo Stato a vantaggio delle scuole private).
    Il governo, fino ad oggi, ha avuto gioco facile nell’imporsi poichè insegnanti e sindacati di categoria spesso si sono divisi su molti punti: la bontà delle prove Invalsi, le ingerenze della Chiesa Cattolica in merito ai nuovi progetti sulla parità di genere, le forme di reclutamento ritenute più o meno meritocratiche. Una maggiore coesione si è registrata invece nel combattere le nuove forme di valutazione dei docenti stessi, il futuro blocco della mobilità, l’attribuzione del punteggio, lo scandaloso mancato adeguamento contrattuale dal 2009, la concessione di bonus economici a discrezione dei Dirigenti. L’adesione significativa allo sciopero del 5 maggio, indetto da tutte le sigle, non sembra aver condizionato gli autori della riforma. Servirebbe un massiccio blocco delle attività didattiche, per settimane, ad oltranza, come non è nella tradizione del nostro paese. E quindi assistiamo al compimento finale della cosiddetta “autonomia”, che ufficializza definitivamente l’identità aziendalistica della scuola, in cui la concorrenza tra istituti prende il posto della collaborazione e pianificazione territoriale, e il Dirigente Scolastico perde completamente la sua natura di pedagogista e primus inter pares, per diventare capo indiscusso, libero di decidere quasi ogni cosa senza l’approvazione del Collegio Docenti. E’ chiaro il tratto autoritario e liberista della riforma. La creazione di albi territoriali, che si riformulano ogni tre anni, ricalca il modello degli ordini professionali ma in un mercato del lavoro viziato dall’assenza di un reale potere contrattuale da parte dei docenti e quella di strumenti normativi a cui appellarsi a propria tutela. E’ facile prevedere in tutto ciò la pretesa da parte dei Dirigenti di prestazioni di molte più ore, a retribuzione invariata per coprire più discipline. In linea col malcostume italiano non è difficile ipotizzare un modus clientelare nel reclutamento dei docenti.
    (Silvia Suriano, docente – immagine di un archivio familiare)

  • OLI 426: SANITA’ – I precari cronici e le promesse della politica

    20 maggio 2015. E’ alla manifestazione per lo sciopero della Cgil contro il Jobs Act che tra striscioni istituzionali si distingue, come un lenzuolo al sole, quello dei precari del Gaslini, iscritti al Nidil e temporanei cronici. In uno degli ospedali pediatrici più famosi d’Italia sono “centoventi ricercatori – tra biologi, biotecnologi, tecnici di laboratorio, data manager” – come spiega Patrizia De Marco, la loro portavoce – con un’anzianità da precariato di dieci, quindici anni con picchi che possono arrivare ai trentatre”. In tanti anni pochissimi concorsi, assenza di finanziamenti e volontà politica hanno generato questo vulnus al quale però il Gaslini attinge per vantare, anche all’estero, i progetti di ricerca del proprio istituto. Loro chiedono di essere stabilizzati, molti hanno fatto dei concorsi, ed hanno tutte le carte in regola. Ma fino ad oggi hanno ricevuto solo promesse, De Marco, delegata Nidil (Nuove Identità di Lavoro), parla “dell’assessore Montaldo, del presidente Burlando che hanno promesso un impegno nella stabilizzazione” delle loro figure professionali, ma in dieci anni di giunta “non hanno fatto assolutamente nulla” se non concedere delle deroghe senza sostenerle economicamente. E chi è entrato è stato grazie ai finanziamenti che l’istituto ha ottenuto autonomamente.
    Al Gaslini arrivano anche bambini dal Centro e dal Sud e bambini stranieri per curare patologie uniche, De Marco si occupa della ricerca sulla spina bifida, ma i contratti possono essere rinnovati in base “alla disponibilità economica” dei capi servizio, e ai fondi disponibili.
    C’è la precaria del San Martino-Ist da 25 anni che per tre mesi quest’anno è rimasta a casa, senza contratto. In tutto sono una ottantina, ma il numero è fluttuante perché c’è chi va e chi viene. Normalmente sono sei, otto mesi di contratto, al San Martino ottenere un contratto di un anno è un lusso.
    In corteo la parola finanziamenti assume contorni più definiti con loro che ti accompagnano tra le tipologie di finanziamenti per la ricerca: quelli finalizzati, del Ministero della Salute – quotati in base alla produttività scientifica dell’istituto, tradotto numero di pubblicazioni su riviste scientifiche di alto livello; ma spesso quei soldi vengono dirottati per pagare le persone strutturate. E i fondi finanziati da fondazioni private – San Paolo, associazioni per la ricerca su patologie specifiche, Airc – finanziamenti che quando finiscono vedono i ricercatori bloccati nel loro lavoro. Inoltre il cda del Gaslini, nel 2011, ha deliberato che i ricercatori non possono avere contratti per più di cinque anni, questo nell’ottica di favorirne la regolarizzazione. Quindi a giugno 2016, 49 persone rischiano di non poter più lavorare al Gaslini perché nel frattempo nessuna assunzione è stata prodotta e i cinque anni saranno finiti. Anche lo screening neonatale al Gaslini è affidato a precari: chi si occupa della diagnosi precoce di alcune malattie “dal 1 settembre 2001” ha subito ogni forma di contratto esistente: dalle borse di studio, ai contratti co.co.co alle prestazioni occasionali nonostante il lavoro svolto fosse sempre lo stesso. Il contratto scadrà tra un anno ed è coordinatrice, precaria, di laboratorio. Quello della collega ha un rinnovo di otto mesi. Fanno decine di migliaia di esami all’anno.
    Il voto per le Regionali? Non sanno. Ma il manifesto con il quale Burlando garantiva la ricerca in Liguria quello no, non lo hanno dimenticato. Lei si chiamava Paola.
    (Giovanna Profumo – immagini dell’autrice e da internet)

  • OLI 426: COMUNE – I “cartelli di cantiere”, questi sconosciuti.

    La definizione di “regolamento” dal sito etimo.it

    A cosa servono i regolamenti? Per la definizione etimologica, una serie di prescrizioni per dare corso ad una legge. In questo caso si tratta del Regolamento edilizio del Comune di Genova che ottempera alla art. 2 della legge regionale 06.06.2008 n. 16, modificata l’ultima volta nel 2015. Tanto per cominciare, è inutile dire che il regolamento del Comune non è stato più aggiornato dal 2010, e che quindi alcuni riferimenti alla legge regionale, anche importanti, sono superati.
    Nel regolamento edilizio, all’articolo 31, comma 12, si dispone che “Dell’avvenuto rilascio del permesso di costruire è data notizia al pubblico mediante affissione all’Albo pretorio con la specificazione delle opere da eseguire, del titolare e della località interessata. Gli estremi del permesso di costruire sono indicati nel cartello esposto presso il cantiere, secondo le modalità stabilite nel regolamento edilizio”. Si noti che l’esposizione nell’albo pretorio è limitata a 30 giorni, dopodiché è necessario conoscerne l’esistenza per poterne prendere visione presso gli uffici comunali.

    Un cartello di cantiere di un’opera pubblica.
    Foto dell’autore 

    La legge, per mettere il cittadino in grado di avere sufficienti informazioni per far valere eventualmente dei diritti (ma anche solo per il principio di trasparenza) obbliga all’esposizione di un cartello di cantiere dove sono indicati i dati salienti del permesso quali la ditta esecutrice, il nome del direttore dei lavori, la descrizione dell’opera e, in casi specifici, una grafica che riporti il risultato finale dei lavori. Nel caso di opere pubbliche, il nome del RUP, il Responsabile Unico di Procedimento, ossia la persona che ha l’incarico di gestire e vigilare su tutto lo svolgimento dei lavori, dalla emissione del permesso fino alla chiusura del cantiere.
    Come molti di voi avranno avuto modo di notare, magari alzando le spalle ormai abituati a vedere la violazione delle regole, in alcuni cantieri genovesi il cartello di cantiere non viene esposto. Si tratta di un comportamento lesivo del diritto della cittadinanza di sapere, ma di fatto l’amministrazione langue e non opera alcun tipo di controllo e tantomeno di sanzione in merito, come previsto dal regolamento edilizio. Che dire? Apriamo gli occhi, ed oltre a fermarci a guardare qualche volta quel cantiere accanto a casa nostra, dove si stanno scavando nuovi box o elevando nuovi volumi abitabili, cerchiamo il cartello di cantiere e, non trovandolo, segnaliamo la cosa alla Polizia Municipale e a qualche consigliere comunale di riferimento.
    Chissà che spingendo, anche in questo caso, qualcosa non possa ritornare sui binari corretti.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 426: ESTERI – Voci dalla stampa internazionale

    Conquistando Palmira l’ISIS interrompe l’antica “Via della seta”.
    Megachip, Thierry Meyssan, 26 maggio 2015: “La coalizione internazionale anti-Daesh, creata dagli Stati Uniti nell’agosto 2014, non ha mai combattuto gli jihadisti. Al contrario, è documentato − non una ma quaranta volte − che aerei occidentali hanno portato armi e munizioni all’Emirato Islamico.” “In ogni caso, Washington ha cambiato strategia. Come dimostra la nomina del colonnello James H. Baker a nuovo stratega del Pentagono” “La sproporzionata campagna mediatica sulla caduta di Palmira potrebbe essere solo una preparazione dell’opinione pubblica a un vero e proprio impegno militare contro l’Isis.”
    http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=120090&typeb=0

    Nella stessa settimana, Stati Uniti e U.K. hanno nascosto i loro crimini di guerra invocando la “sicurezza nazionale” 
    Glenn Greenwald, Intercept, 21 maggio 2015:  “Un governo che è in grado di nascondere le proprie atrocità per “motivi di sicurezza nazionale” sarà quello i cui cittadini si concentrano all’infinito sui crimini degli altri pur rimanendo beatamente inconsapevoli di quelli della propria nazione. Si tratta di un’eccellente descrizione di gran parte dei cittadini americani e britannici ed è una buona spiegazione del motivo per cui la parte più ricorrente del loro discorso è costituita da poco più di proclami che la Nostra è la parte migliore, nonostante i decenni di brutalità, aggressività e il militarismo che la loro parte ha perpetrato”.
    https://firstlook.org/theintercept/2015/05/21/key-tactic-us-uk-hide-war-crimes-invoking-national-security/

    L’integralismo religioso ebraico è peggio di quello musulmano ed è al governo
    Il Post, 22 maggio 2015: “Nel suo discorso Hotovely ha citato Rashi, uno dei più famosi commentatori della Bibbia, dicendo: «Rashi ci dice che la Torah si apre con la creazione e ci insegna che se il mondo ci nega il diritto di abitare su questa terra, noi dobbiamo rispondere che questa terra appartiene solo a Dio e che solo Lui ha deciso di offrircela”.
    “La reazione di molti diplomatici presenti alla riunione non è stata positiva: «Le persone erano in stato di shock: è la prima volta che ci viene chiesto di utilizzare un commento alla Torah ai fini della diplomazia», ha detto uno di loro al quotidiano israeliano Haaretz.”
    http://www.ilpost.it/2015/05/22/palestina-questa-terra-nostra-dice-la-viceministra-degli-affari-esteri-del-nuovo-governo-israeliano/

    L’Iran denuncia all’ONU che Israele intende bombardarlo con armi nucleari
     The Washington Post, 21 maggio 2015: “Per anni, gli israeliani si sono lamentati della retorica incendiaria della repubblica islamica, in particolare quella dell’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad. Ma la realtà di fondo rimane che tra i due, un solo paese ha un’arma nucleare e che questo paese non è l’Iran.”
    http://www.washingtonpost.com/blogs/worldviews/wp/2015/05/21/iran-complains-to-the-u-n-that-israel-wants-to-nuke-it/

    Il silenzio del premio Nobel sul genocidio di Rohingya equivale alla complicità
    The Independent, 23 maggio 2015: “In un genocidio il silenzio è complicità, ed è così con Aung San Suu Kyi e la disperata comunità Rohingya in Birmania. La persecuzione in corso da parte del governo birmano dei Rohingya ha raggiunto, negli ultimi due anni, un livello così insostenibile che i Rohingya si trovano ad affrontare solo due opzioni, o rimanere e rischiare l’annientamento o la fuga. L’attuale esodo di coloro che chiedono asilo è solo una manifestazione di genocidio “. “Una volta Aung San Suu Kyi aveva tenuto un enorme capitale morale e politico e ha avuto la possibilità di sfidare il razzismo vile e l’islamofobia che caratterizza il discorso politico e sociale birmano. Molti attivisti birmani per i diritti umani ed i loro seguaci avrebbero potuto ascoltare, imparato e iniziato a mettere in discussione il razzismo istituzionalizzato che incide negativamente su tutti i birmani. Questo non è mai stato nell’agenda politica di Aung San Suu Kyi “. http://www.independent.co.uk/voices/comment/aung-san-suu-kyis-silence-on-the-genocide-of-rohingya-muslims-is-tantamount-to-complicity-10264497.html

    Esiste il complotto delle patate in Turchia?
    Al Monitor, maggio 2015: “Le patate non sono da prendere alla leggera. Nel 1840, la storia di una nazione è stata distrutta quando la malattia ha devastato le colture di patate in Irlanda e la carestia conseguente ha ridotto la popolazione del paese di circa il 25%, un milione di persone morirono e almeno un altro milione emigrò durante i sette anni ormai conosciuti come la Grande Carestia, la carestia delle patate o Gorta Mor in irlandese.” http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2015/05/turkey-is-there-a-potato-conspiracy-cetingulec.html

    La parola “angelo” offende perché è riferita ad un palestinese
    New York Times, 18 maggio 2015: “Il saluto sottovoce di Papa Francesco al presidente Mahmoud Abbas dell’Autorità palestinese nel corso dell’incontro di sabato in Vaticano, nel quale ha fatto riferimento a Abbas come un “angelo della pace”, ma con un verbo incerto, ha provocato una diatriba linguistica e politica che continua ancora a giorni più tardi.” Abraham H. Foxman, direttore della Lega anti diffamazione, ha detto che la frase “tu sei un angelo” è arrivata come un fulmine sulla comunità ebraica, vista l’ammirazione e le aspettative che l’ebraismo mondiale ha per questo papa.” http://www.nytimes.com/2015/05/19/world/middleeast/vatican-seeks-to-quiet-uproar-over-popes-angel-of-peace-remark.html?ref=todayspaper&_r=1

    I media USA oscurano la citazione, fatta dal ministro della difesa israeliano, di “Hiroshima e Nagasaki” come modello per trattare con l’Iran.
    Mondoweiss, 20 maggio 2015: “Ma non c’è stata nessuna copertura di questa storia nei mainstream media. E’ un black-out, cosciente o no.” http://mondoweiss.net/2015/05/ministers-nagasaki-hiroshima

     “Sfruttare gay, lesbiche e questioni sociali per il militarismo e l’imperialismo”
    Glenn Greenwald, Intercept, 18 maggio 2015:“Vestire in senso figurativo le guerre americane con gli abiti graziosi delle cause sociali progressiste, o decorare letteralmente le agenzie di spionaggio con i colori della causa LGBT, non lascia alcun dubbio sulla natura di questa tattica. Il militarismo e l’aggressione non diventano più appetibile perché le istituzioni che li perpetrano permettono a donne e gay di partecipare a tali abusi”.
    https://firstlook.org/theintercept/2015/05/18/exploitation-social-issues-generate-support-militarism-imperialism/

    (a cura di Saleh Zaghloul)