Autore: Redazione

  • OLI 351: PRIMARIE – All’arrembaggio

    Gran folla venerdì 5 ottobre in salita Pollaioli, al Caffè degli Specchi c’era il primo raduno genovese dei pro-Renzi. Accoglienza amicale, tavole imbandite per l’aperitivo ed esordio di un quasi giovane del Pd, che con la sua lettera a Repubblica ha fatto increspare le acque placide del partito a Genova, in massa fan di Bersani. La gente si guarda intorno, pare fare la conta e già si annunciano in favore del sindaco di Firenze il Comitato Sanità ed il Comitato del Levante.
    Le buone intenzioni ci sono tutte, ma si ha l’impressione che i volti noti siano qui più per insofferenza locale che altro, tra i fedeli di SuperPippo, assessore regionale e gli ex margheritini mentre qualcuno sussurra che arriverà forse Massimiliano Costa. Un brivido corre tra i “giovani” del Pd nostrano, mentre interviene con un discorso appassionato Federico Berruti, sindaco di Savona, promotore di spicco in Liguria per la corsa del rottamatore.
    Capelli grigi tanti, Under trenta nessuno, non mancano però i coetanei di Renzi, impiegati, professionisti, persone comuni al di fuori della mischia, che parlano di attese deluse, di occasioni perdute. Hanno la faccia di chi il loro turno nella vita pare non giunga mai. E così si saltano generazioni di classi dirigenti, che dalla società e dall’agone politico sono tagliati fuori. Un’esistenza ai margini, si sentono afoni. Nutrono speranze e non ci stanno ad essere lì nel limbo, ecco perché si rivolgono a chi, non importa se davvero nuovo o no, parla di rimetterli in gioco. In fondo è l’unica chance che resta a questi bravi ragazzi invecchiati.

    (Bianca Vergati – foto da flickr / unita36)

  • OLI 351: PRIMARIE – Laura Puppato, anima e PD

    Pochi sanno che c’è. Infatti Laura Puppato  non è stata ancora ospite delle trasmissioni televisive che, in prima serata, fanno la fortuna dei politici del paese. Se non fosse per un’intervista a Concita de Gregorio su Repubblica della sua candidatura alle primarie del PD non si parlerebbe nemmeno sulla carta stampata. Alcuni l’hanno liquidata con leggerezza: è “un’anima bella”, hanno detto, e lei ha risposto: se serve, ci sono. Contattarla è stato facile: una telefonata al Consiglio Regionale Veneto, un altro recapito e la sua disponibilità a rispondere a domande scritte.

    Di lei si era accorto Beppe Grillo che cinque anni fa l’aveva premiata come primo sindaco d’Italia a Cinque Stelle. Sua, garantisce Puppato, l’idea dei politici dipendenti dei cittadini e non del comico che l’aveva fatta propria.
    Quelle che seguono sono le sue riflessioni, elemento utile per chi nelle primarie ci crede.
    1) Su La Repubblica del 13 settembre scorso Laura Puppato ha parlato delle primarie del Pd come di una battaglia fratricida. Perché allora ha deciso di partecipare? 
    Proprio per questo. Credo nella sana competizione delle idee e anche in un diverso modo di fare politica. In queste primarie stava accadendo che la contrapposizione tra vecchio e nuovo togliesse di mezzo i temi su cui fondare la rinascita del Paese, mettesse in secondo piano l’Italia che vorremmo. Molte persone semplici che sono il vero patrimonio delle primarie, visto che è quello il loro luogo per fare politica dal basso, si stavano allontanando. Correre ai ripari voleva dire parlare concretamente e generosamente a loro, candidando le idee e un nuovo modello di politica, più sobria e più coerente.
    2) La discussione di questi giorni è: Primarie aperte o no? Lei da che parte sta? 
    Il Pd non può permettersi di chiudere, di mettere i tornelli alle primarie, perderebbe la grande occasione di mandare agli italiani un messaggio di democrazia che nessun altro partito oggi è in grado di proporre. In un certo senso la sua identità e la sua capacità di essere partito traino del Paese verrebbero messe in discussione, non faremmo più la differenza, saremmo assimilati agli altri…. E Dio solo sa quanta sia oggi la necessità di credere ancora ad un politica capace di mettersi in gioco, senza infingimenti e con le regole che esistono.
    3) Duecentocinquantamila euro a candidato è il tetto massimo di spesa per partecipare alle primarie: pochi o tanti? E come intende regolarsi? Cosa ne pensa di una campagna di trasparenza sui finanziamenti?
    Cominciamo da qui, abbiamo parlato di sobrietà e coerenza? Bene questa è la “prova del 9”, niente effetti speciali e nessuno spreco, 250mila euro sono una cifra molto, molto alta persino eccessiva anche per l’Italia. Daremo un messaggio di grande spessore morale e politico scegliendo la trasparenza nei finanziamenti – che devono essere numerosi e limitati negli importi, per evitare condizionamenti futuri – e garantendo anche in questo caso di “fare le cose normali”, senza eccessi comunicativi e montagne di costi… Personalmente molto treno, tanti incontri e tantissimi volontari che credono in quello che propongo e nel cambiamento di uno stile.  
    4) Alleanze: quali quando con chi… 
    Dobbiamo partire da noi, dal Pd. Soprattutto se resterà malauguratamente questa nefanda legge elettorale, il rischio reale è che la coalizione non abbia capacità di governo soprattutto al Senato e questo renderebbe instabile un Paese che ha bisogno delle certezze politiche come del pane quotidiano. Serve infatti una coalizione “di governo” per una legislatura che sia anche costituente. L’alleanza di tutto il centrosinistra mi sembra naturale, come pure il dialogo con tutti quei soggetti e movimenti della società civile che hanno dato vita alla battaglia referendaria del 2011.
    5) Nell’intervista a Repubblica si è domandata come sia possibile fare dell’anagrafe un fattore discriminante per fare politica. Lei in proposito come la pensa? 
    Penso che l’età non possa essere un discrimine ma è impossibile non chiedere maggiore rappresentanza politica ai giovani che, in larga parte, ne sono rimasti esclusi. Sono diventata sindaco della mia città a 45 anni, senza alcuna esperienza politica precedente. In generale credo che un amministratore e un parlamentare diano il massimo nel corso dei primi due mandati. Inoltre il ricambio fa bene alla democrazia, spezza eventuali rapporti di potere che nel tempo potrebbero incrinare la bontà delle scelte di un amministratore. Gli spazi per i politici di lungo corso non mancano fuori dell’emiciclo ed anzi sarebbe una ottima occasione per esse utili in altre forme alla politica e alla formazione dei nuovi politici.
    6) L’anima verde, ha detto, salverà il paese. Il Pd, oltre a quella di Laura Puppato, ha un’anima verde? 
    Attraverso l’esperienza vissuta nel Forum Ambiente del Pd ho conosciuto e ho lavorato con tantissimi democratici con l’anima verde che, forse, non risulta ancora così evidente nel progetto politico del Pd per il futuro dell’Italia. Le tematiche ambientali devono essere centrali per l’agenda di governo, come avviene da un ventennio nei G*8 e nei G*20, basti pensare all’arretratezza culturale e politica su questi temi che ha vissuto il nostro Paese a causa di governi distratti, sciagurati e di nessuna prospettiva. Dobbiamo recuperare il tempo perduto perché ambiente e’ lavoro e quindi occupazione che manca, ma e’ anche welfare e qualità della vita. Non si tratta solo di alimentare una generica green economy ma di apportare innovazione in tutti i settori dell’economia, delle politiche urbane compreso il trasporto di merci e persone, il riciclo di rifiuti e il recupero della materia prima, l’efficientamento energetico e la stessa pubblica amministrazione.
    7) Il buon governo: potrebbe indicare i primi cinque punti? 
    In pochi punti direi: 1) Il lavoro attraverso: a) l’immediata attivazione del programma per l’efficientamento energetico in 9 settori studiato da Confindustria nel 2010, che prevede l’incremento in 10 anni di 1 milione e 600 mila posti di lavoro; b) parziale e totale defiscalizzazione per le imprese, soprattutto PMI, che investono su innovazione, ricerca, prototipazione e in nuove assunzioni di giovani e donne. Il costo aggiuntivo per la seconda parte visto che la prima sarà in attivo, lo desumerei dal recupero dell’evasione ed eventualmente da una piccola patrimoniale, qualora necessaria e solo sui redditi oltre il milione di euro. 2) Il sostegno alla famiglia. L’Italia è al penultimo posto in Europa quanto a spesa per la famiglia, alla quale viene devoluto solo il 1.2% del PIL metà circa di quanto avviene in Europa. Intendo recuperare la soluzione proposta dal “forum delle famiglie” in Italia che considera di rendere esente da imposte, fino al valore lordo del reddito percepito, il costo medio di ogni nuova vita moltiplicandolo per il numero dei familiari a carico. Questo importerebbe fin da subito incrementi di reddito variabili tra i 200 e gli oltre 1000 euro/mese/famiglia. Il corrispettivo costo lo desumerei dall’abbattimento per pari importo delle spese militari. 3) La riforma della Pubblica Amministrazione, passa attraverso un avvio di procedure semplificate, e trasparenti in tutti i procedimenti amministrativi. Siamo agli ultimi posti in EU nel colloquio informatico con la P.A. e questo implica un onere economico di 8 mld di euro inutilmente sprecato in tempi morti, viaggi e costi collaterali. . La P.A. deve fornire risposte entro tempi certi, mai superiori ai 30 giorni prevedendo sanzioni e indennizzi in caso di mancata applicazione di questa regola. Così si torna ad un rapporto corretto con il cittadino e le imprese. 4) Giustizia. Sono in gioco i diritti fondamentali dei cittadini e della democrazia, la giustizia giusta, celere e garantita deve essere obiettivo primario per la prossima legislatura. Nell’ultimo decennio abbiamo assistito ad un indebolimento del sistema, riducendo risorse, attivando leggi volte ad impedire la correttezza e la conclusione dei procedimenti giudiziari, riducendo le pene e incrementando la prescrizione così demotivando i giudici. Anche in questo caso e’ importante che chi investe in Italia sappia che potrà contare su un sistema di regole chiare e applicate in modo indiscutibilmente celere, garantendo il giusto tempo di risposta anche giudiziaria. Direi che 180gg rispetto agli attuali 4/7 anni possano bastare. 5) Approviamo i diritti civili che la società si attende: regolamentazione delle unioni di fatto e dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, con tutto ciò che ne deriva in termini di riconoscimento sociale, sussidiarietà, eredità, etc. è una necessità sociale, riconosciuta dalla Costituzione e messa in atto nelle moderne democrazie; rispetto della 194 su tutto il territorio nazionale, testamento biologico e modifica della legge 40 sulla fecondazione assistita.
    8) La buona politica: cosa vorrebbe “l’anima bella” Laura Puppato dal Pd?
    I cittadini devono tornare protagonisti del presente e del futuro del nostro Paese e i politici devono tornare ad essere credibili esempi della qualità di una Nazione bella come l’Italia. Solo così rinascerà la fiducia, non è’ solo un problema di mercati ma di patto tra cittadini e politica. Quindi il Pd per cui lavoro intendo sia il partito coraggioso ed aperto che esprime coerenza e concretezza nella sua linea politica, e si fa giudicare rendendo chiari gli obiettivi che intende raggiungere.
    9) Come si fa a vincere le primarie? 
    Credo molto nella voglia di partecipazione delle persone che non hanno smesso di sperare che si possa fare di più e di meglio per l’Italia. Si vince solo se si saprà suscitare attenzione ed entusiasmo in chi lavora in silenzio per il bene comune: volontari di associazioni, amministratori onesti, madri e padri di famiglia, studenti che investono nel futuro, giovani e lavoratori incerti sul domani, ma tenaci. Il mio appello va a tutte le persone libere che vogliono cambiare un sistema degradato e intendono farlo ora per garantire non un sogno ma una realtà più equa e giusta di cui abbiamo disperato bisogno.
    10) Come convivono la sua anima cattolica con quella di sinistra?
    La laicità da quando faccio politica per me non è solo un principio da seguire ma un metodo. Sono una credente consapevole che la società è molto cambiata negli ultimi anni e ritengo che i politici che la rappresentano debbano saper accogliere e fare proprie le nuove istanze del vivere civile. Mi ritrovo molto nelle parole del card. Carlo Maria Martini laddove dice che la verità, quand’anche scomoda, va perseguita.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 351: COMMIATI – Tamburelli è andato via

    1979, Tamburelli con la bandiera della Flm

    Capita che alcuni funerali laici riescano a dare piena dignità a chi muore. Avviene quando la comunità a cui quella persona appartiene e che include, ma non si esaurisce, nella sua famiglia, si prende una responsabilità diretta di questo saluto, e, nel momento del lutto, riesce a rappresentare la vita.
    E’ successo venerdì 5 ottobre per Giampiero Tamburelli, operaio, per quaranta anni delegato di fabbrica dell’Elsag, e poi volontario nella Fiom-Cgil.
    Piazza Baracca bloccata dalla folla, piena delle persone che con Tamburelli avevano lottato, lavorato, scherzato nel corso di quaranta anni lunghissimi in cui tutto è cambiato. Non mancava quasi nessuno nemmeno tra chi, tanti anni fa, aveva condiviso con lui gli anni belli del sindacato, lavoratrici e lavoratori, ex delegati di quel Consiglio di Fabbrica degli anni ‘70, chiamati da una rete di contatti che si è messa in moto e ha raggiunto chi era in pensione da anni, lontano ormai da qualunque attività sindacale, e anche chi da tempo non abitava più a Genova. Si sono riviste persone che non si incontravano da almeno trenta anni, e questo rivedersi è stato bello perché tra i saluti, gli abbracci, i riconoscimenti reciproci che avvenivano dopo qualche incertezza, con l’imbarazzo dei cognomi dimenticati,  circolava chiarissima la coscienza del privilegio che si era avuto a vivere quegli anni, della forza che se ne era ricavata in tutto il corso della vita. Così insieme alla tristezza c’è stata anche la gioia.

    Tamburelli in uno stand della Festa dell’Unità

    Qualcuno mi ha detto: dobbiamo ringraziare Tamburelli per questo. Infatti non è che questo evento avrebbe potuto succedere per chiunque, e il perché sia successo, tra tanti, proprio per questo particolare sindacalista di fabbrica, che non ha mai smesso di lavorare, lo hanno spiegato le parole di Passalacqua e Burlando che hanno davvero detto quel che andava detto di questa persona: l’intelligenza, la costanza, l’allegria, il senso di responsabiltà, la disponibilità verso gli altri, la profondissima conoscenza della fabbrica.
    Tamburelli ed io per otto anni, dal 1973 al 1980, siamo stati compagni nel Consiglio di Fabbrica dell’Elsag. Il fondamento della mia esperienza sindacale, l’alimento per tutti di decenni successivi, si è costruito allora, e Tamburelli era la figura di riferimento più importante. Assolutamente inesperta di sindacato e politica, donna e impiegata tecnica in una fabbrica a nettissima prevalenza operaia e maschile, ho sempre trovato appoggio e sostegno in questa persona così intelligente, lieta, saggia e disponibile.
    Tamburelli ti abbracciava volentieri, con forza e allegria, quando ti incontrava. Tra tutti  ricordo l’abbraccio che aveva consolato il mio pianto una volta che ero tornata sconfitta, con tutti i miei cartelli del “Coordinamento donne” in mano, dal tentativo di convincere le operaie della Marconi a portarli in manifestazione.
    (Paola Pierantoni – foto dell’autrice)

  • OLI 351: COMUNE – M’illumino d’immenso (spreco)

    Una visita alla Sala consiliare del Comune di Genova è occasione per vedere al lavoro 40 consiglieri, la giunta, il sindaco, gli addetti alla segreteria, i commessi. Ancora: i giornalisti e i fotografi, i cameraman, prima fra tutti Silvana Bonelli che con la costanza della goccia che scava la moquette rossa segue da anni i lavori consiliari per un’emittente che li ritrasmette in televisione. E il pubblico, silenzioso, qualche volta meno. Altri ospiti sono i ragnetti che popolano l’aula, per cui si assiste a qualche urletto aracnofobico, e all’immediato soccorso di un consigliere che trasla il pericoloso mostriciattolo (quando non viene impietosamente schiacciato col polpastrello) al di fuori, in giardino: starà meglio lì, lontano dagli scanni della politica, in mezzo alle foglie.
    Tutti condividono lo stesso cielo bianco, con un rosone centrale che lascia passare la luce solare, quella luce che filtrando in mezzo a lampade accese contribuisce all’innalzamento della temperatura dell’aria. Lampade “a basso consumo”, come si dice oggi in Italia mancando la cultura dei “led”, già diffusissima invece all’estero. Sono 120 lampade a fluorescenza, consumo stimato ad una lontana occhiata di 20 Wh l’una, per un totale di 2400 Wh, corrispondente al consumo di un appartamento quando la lavatrice sta scaldando l’acqua e il frigo dando uno spunto di raffreddamento al prosciutto. Accese per tutta la durata di ciascuna delle 4C, ossia consigli, commissioni, concerti e congressi, quindi sempre. Accese a far concorrenza alla luce del sole e alle altre sei lampade ad alta efficienza, che svolgono il vero lavoro. Queste 120 invece sono l’espressione del nulla, del “senso dell’arredamento”, del “però è bello”. Come se “bello” e “intelligente” dovessero per forza essere concetti divergenti.
    Montate a quindici metri d’altezza, senza aver progettato alcunché per abbassarle a livello del suolo come si faceva nell’antichità, richiedono per la loro manutenzione il montaggio di un’impalcatura, quindi per sostituirle si attende che la loro mortalità assuma livelli da peste bubbonica: due di quelle appena cambiate in agosto sono già spente ai primi di ottobre. Voci di corridoio parlano di prezzi fuori mercato, di provenienze olandesi. Chiedendo di spegnerle la risposta è evasiva, non si sa bene come fare, forse si spengono anche le altre, insomma modificare è difficile.
    Vedremo in una prossima puntata, dopo la risposta ad una interrogazione, per ora la città del Patto 20-20-20 dei Sindaci, della Smart City, non riesce a spegnere le luci in sala rossa, in sala giunta, nella bouvette, nei corridoi assolati, nei bagni. Si chiede ai cittadini con una campagna pubblicitaria a spese del comune di installare le valvole termostatiche ai caloriferi promettendo grandi risparmi di riscaldamento, ma negli uffici comunali del gruppo consiliare dove opero non sono state installate, anzi, le valvole manuali esistenti sono opportunamente bloccate, per evitare di starare l’impianto, mi viene spiegato dai servizi tecnici. E le termostatiche? Si deve attendere la gara di fine anno, per la gestione della climatizzazione, adesso non si può. Così si preannuncia un inverno con caloriferi a palla e finestre aperte, mi viene altrettanto spiegato da chi quelle stanze le ha abitate fino a ieri. E di luci accese in sala consiglio a far concorrenza al sole. A luglio almeno erano tutte bruciate.
    (Stefano De Pietro – foto dell’autore)

  • OLI 351: CITTA’ – Il Salone dimezzato

    Salone Nautico, ragazzini felici veleggiano in surf e laser nella vasca della Federazione Italiana Vela, accanto c’è lo stand dell’Istituto Nautico San Giorgio con due barchine modeste e un banco di lavoro. Un ragazzo è intento a modellare il legno per costruire un piccolo accessorio, mentre più in là due giovani, che scopri essere uno il professore e l’altro l’alunno, stanno preparando un esperimento: una “gettata” di vetroresina su stampo costruito dai ragazzi. Il giovane insegnante (precario) spiega al pubblico che gli alunni ogni anno preparano un lavoro di pratica, un modellino o uno strumento per barche, affinché possano conoscere i materiali e le tecniche per quando si diplomeranno come “costruttori”. C’è una tale passione nel guidare i “suoi” ragazzi, nello spiegare a chi si è avvicinato a curiosare, che molti restano parecchi minuti per assistere all’esperimento, per vederlo completare.
    La folla è tanta, spira aria di festa e di protesta, vigili urbani contro Comune, invalidi contro Regione, disoccupati della Nautica contro Governo, ma quando ti inoltri colpisce il tanto vuoto, di solito si vedono barche grandi e piccole che riempiono ovunque gli spazi. Invece no purtroppo, il grande padiglione all’ingresso è transennato a metà, pochi stand all’esterno, ma è il solo spazio Blu di Nouvel ad essere tutto esaurito. Buona parte dei moli verso ponente sono deserti e lo specchio d’acqua che l’anno scorso era un brulicare di passerelle, pontili, uno sventolare di vele, ora ha i natanti accatastati soltanto verso levante, spesso uno o due per azienda invece della solita sfilata. E’ crisi davvero, te la sbattono in faccia i cartelli desolati degli operai in cassa integrazione da due anni e mezzo degli storici cantieri Baglietto.
    Intanto si compie l’immancabile rito del faccia a faccia fra il rappresentante del Governo e gli operatori, che hanno disertato l’inaugurazione ufficiale, scaricando accuse pesanti: scarsa attenzione al settore, alle persone che hanno perso il lavoro e soprattutto contro le tasse. “Basta!”grida l’associazione della Nautica, si è fatta una caccia alle streghe su chi si compre la barca, anche il redditometro è ingiusto, la barca “pesa” di più, ma non è vero che i proprietari di barche sono evasori. C’è crisi, però all’estero si vende ultrabene, una semplice tassa sul sostare in un porto ha fatto scappare invece le barche dai porti nostrani, una vile persecuzione quei “fastidiosi” ed eclatanti controlli. Colpa del fisco, sono tutti d’accordo, Governatore ligure compreso, che invero a nuovi porticcioli finalmente proclama: ”no, grazie”. Era ora.
    E’ passato il messaggio che soltanto in Italia si devono pagare le tasse, ma invece da buon cittadino l’indignato presidente dell’Ucina, portavoce delle aziende della Nautica, sostiene che le tasse vanno pagate e gli elusori-evasori puniti. Omette di evidenziare che la tassa sulla sosta nei porti la si è voluta trasformare proprio per insistenza del settore in tassa “sul possesso”: così i proprietari di barche sono “spariti”, annegati nel mare di carta dei Registri Navali, sparsi nelle innumerevoli Capitanerie. Quasi impossibile incrociare i dati, che a volte conducono pure a società di facciata, gelosamente custoditi nei registri cartacei e non ricompresi in un unico Registro nazionale, tantomeno digitale. Ecco perché lo Stato ha incassato 26 milioni invece dei 155 previsti.
    E ti viene in mente quel ragazzo con la passione del legno ereditata dal padre ceramista-scultore, che ti aveva mormorato sconsolato : “Mi piacerebbe tanto costruire barche, ma non so se riuscirò a farlo quando avrò finito la scuola”.

    (Bianca Vergati)

  • OLI 351: CULTURA – Il sesso al servizio dell’offesa all’Islam

    Harun al-Rachid

    Il film offensivo “L’innocenza dei musulmani” che ha incendiato le piazze musulmane nei giorni scorsi non è apparso dal nulla, ma ha alle spalle una lunga storia di ostilità cristiana occidentale verso l’Islam. Naturalmente gruppi di fanatici musulmani hanno deliberatamente sfruttato l’uscita del film per montare odio e ostilità. Fin dal primo incontro dei cristiani con l’islam, la vita sessuale del profeta musulmano è stata considerata l’oggetto primario della collera teologica. Per i primi cristiani, infatti, un cristiano ideale avrebbe dovuto vivere la sua vita come Sant’Agostino che, al fine di resistere alle tentazioni della carne, non permetteva alle donne di essere nelle sue vicinanze e non masticava il cibo per evitare di sperimentarne il piacere. Il profeta Mohammad, invece, accolse con sorpresa e contrarietà le parole di un uomo che gli disse che non si sarebbe sposato, e che avrebbe dedicato la sua vita a Dio. Sappiamo infatti che apprezzava i cibi e che godeva sessualmente con le sue mogli. Insomma, Mohammad, non rappresentava per niente l’ideale ascetico che si incarna nel sistema morale cristiano. E per secoli, nelle polemiche cristiane contro l’Islam si è fatto ricorso ad insulti e scherni sessuali. I moderni sionisti (sia essi cristiani, ebrei o atei), semplicemente usano gli antichi cliché dell’odio dei cristiani verso l’Islam. La storia di Zaynab Bint Jahsh, ad esempio, era la storia preferita dagli orientalisti e dai polemisti cristiani. Per loro, l’idea stessa che Mohammad fosse stato attratto da una donna era di per sé scandalosa, che poi lei fosse sposata con suo figlio adottivo, Zayd, ha soltanto reso più salato lo scandalo ai loro occhi. Per i primi musulmani ciò non era una debolezza, e non era una vergogna, erano consapevoli che la loro religione non vietava il godimento dei piaceri terreni. I musulmani contemporanei, invece, che hanno integrato nella loro pratica religiosa alcune delle sensibilità morali cristiane (vergogna, purità e qualche ascetismo), sono ora sulla difensiva. Sono diventati così timorosi della polemica sessuale cristiana al punto che la storia di Zaynab è quasi scomparsa dai documenti arabi e islamici. Non sorprende che proprio la storia di Zaynab sia stata raccontata nel film. Opportunisticamente, il produttore, israeliano americano, ha scelto un regista porno per dirigere il suo film. Sapeva che, per far più effetto, gli insulti sessuali al Profeta dovevano far parte del progetto. Ricordo, infine, che gli insulti sessuali sono stati spesso usati dagli antisemiti occidentali contro gli ebrei e l’ebraismo e che la visione occidentale dei musulmani è ancora oggi spesso condizionata da questa antica ossessione sessuale. L’arabo o il musulmano è spesso visto come un predatore sessuale che è intento ad aggiungere ancora un’altra moglie al proprio harem.  
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 351: MIGRANTI – Estate 2012

    (Foto di Giovanna Profumo)

  • OLI 351: LETTERE – Le ragioni di un appello: mai più senza (primarie)!

    Italia 2012: uno stato democratico, con una costituzione democratica. Chi viene scelt* per rappresentare la popolazione negli organismi di governo dovrebbe avere il reale appoggio, l’elezione di poch* dovrebbe essere la partecipazione, la messa in discussione, la presenza, di tutte e tutti. Come è noto non stiamo parlando di una democrazia piena e soddisfacente, stiamo parlando di una democrazia incompiuta. Le scelte di chi candidare avvengono a cura delle segreterie dei partiti, le liste sono bloccate, la possibilità di far sentire la propria voce è troppo spesso direttamente proporzionale alla disponibilità di denaro (pubblico e non solo) e di potere.
    Finché potere significherà scelte ad uso e consumo di chi governa, finché la popolazione non verrà rappresentata per intero (le donne sono più della metà della popolazione, negli organi di governo invece…), finchè nel momento del voto molt* sceglieranno di astenersi o di orientarsi verso quella che viene definita “antipolitica”, troppo spesso protesta anche legittima che però si limita alla distruzione, senza proporre reali alternative, la nostra sarà una democrazia incompiuta. In mancanza di una legge che lo preveda la Rete delle donne per la rivoluzione gentile chiede che tutti i partiti adottino volontariamente il meccanismo delle elezioni primarie al fine di garantire trasparenza e reale possibilità di partecipazione nella scelta di chi si candida per le cariche elettive.
    Questa richiesta prevede un impegno: sostenere solo quei partiti che si prodigheranno in tal senso. La distanza percepibile, tangibile, tra chi governa il nostro paese, a tutti i livelli, e la popolazione, fa emergere con sempre maggior forza l’esigenza di prendere la parola, di proporre, di contare. Solo alimentando la consapevolezza delle persone, solo disseminando, a partire dai gesti più piccoli fino agli incarichi di maggior responsabilità, una cultura della legalità e della trasparenza si innesterà un circolo virtuoso che permetterà l’emersione del merito e dell’autorevolezza (a discapito finalmente di raccomandazioni e scorciatoie), e la possibilità di prendere decisioni condivise e autenticamente volte al bene comune. Se lasciamo tutto nelle mani di pochi(ssimi), chiudendo gli occhi, le loro ruberie, le loro inadempienze, il loro mancato rispondere agli oneri, agli impegni, ci sembrerà a poco a poco normale. La società si va assuefacendo, le responsabilità sono molto chiare, tuttavia è preciso dovere delle persone, di tutte e di ciascuna, vigilare, proporre, partecipare.
    Diversamente è quasi legittimo pensare che l’interesse non sia reale, che si possa fare di noi tutto ciò che si vuole. Le giovani generazioni, si dice e si sente dire, sono disilluse, lontane dalla politica (istituzionale e non). Come potrebbe essere diversamente? Si può rimediare proponendo alternative. Esprimersi e sentire di poter autenticamente cambiare lo stato delle cose è un possibile rimedio, politico e culturale. Passo passo. Le giovani generazioni non sono vuote o sciocche, se mai sono sotto shock, comprensibilmente. Gli strumenti ci sono, adoperiamoli e invitiamo tutte e tutti ad adoperarli.
    Per firmare l’appello l’indirizzo è:
    http://firmiamo.it//mai-piu-senza-scegliere—primarie-ovunque#petition 

    (Valentina Genta – Rete delle donne per la rivoluzione gentile)

  • LE CARTOLINE DI OLI

    La newsletter Oli sarà in ferie fino a fine settembre, ma potrà capitare a qualcuno di voler condividere un’immagine, un’esperienza, una testimonianza, o qualsiasi spunto di riflessione in cui si è imbattuto durante l’estate.
    Per questo abbiamo pensato di proporre anche quest’anno la rubrica estiva “Le cartoline di Oli”che inizieremo a pubblicare, senza alcuna periodicità, seguendo le occasioni che via via si presenteranno.
    Chi lo desiderasse potrà inviare le proprie cartoline all’indirizzo mail della redazione.
    Con i nostri auguri,
    (La Redazione – immagine di Guido Rosato)

  • CARTOLINE DI OLI: “Se non ora quando” spiega la corsa sui tacchi

    Ci è stato segnalato che alcune persone hanno cercato di commentare la Cartolina di Oli DONNE: “Se non ora quando” inciampa nei tacchi , ma il sistema non ha permesso di inserire i post.
    Ci scusiamo per il disguido invitando tutti/e coloro desiderosi di farlo ad inviare i propri commenti all’indirizzo olinews1@gmail.com Sarà nostra cura provvedere ad inserirli.
    Di seguito trovate il comunicato stampa di Se non ora quando che spiega le ragioni dell’iniziativa.
    (La Redazione)