OLI 351: CITTA’ – Il Salone dimezzato
Salone Nautico, ragazzini felici veleggiano in surf e laser nella vasca della Federazione Italiana Vela, accanto c’è lo stand dell’Istituto Nautico San Giorgio con due barchine modeste e un banco di lavoro. Un ragazzo è intento a modellare il legno per costruire un piccolo accessorio, mentre più in là due giovani, che scopri essere uno il professore e l’altro l’alunno, stanno preparando un esperimento: una “gettata” di vetroresina su stampo costruito dai ragazzi. Il giovane insegnante (precario) spiega al pubblico che gli alunni ogni anno preparano un lavoro di pratica, un modellino o uno strumento per barche, affinché possano conoscere i materiali e le tecniche per quando si diplomeranno come “costruttori”. C’è una tale passione nel guidare i “suoi” ragazzi, nello spiegare a chi si è avvicinato a curiosare, che molti restano parecchi minuti per assistere all’esperimento, per vederlo completare.
La folla è tanta, spira aria di festa e di protesta, vigili urbani contro Comune, invalidi contro Regione, disoccupati della Nautica contro Governo, ma quando ti inoltri colpisce il tanto vuoto, di solito si vedono barche grandi e piccole che riempiono ovunque gli spazi. Invece no purtroppo, il grande padiglione all’ingresso è transennato a metà, pochi stand all’esterno, ma è il solo spazio Blu di Nouvel ad essere tutto esaurito. Buona parte dei moli verso ponente sono deserti e lo specchio d’acqua che l’anno scorso era un brulicare di passerelle, pontili, uno sventolare di vele, ora ha i natanti accatastati soltanto verso levante, spesso uno o due per azienda invece della solita sfilata. E’ crisi davvero, te la sbattono in faccia i cartelli desolati degli operai in cassa integrazione da due anni e mezzo degli storici cantieri Baglietto.
Intanto si compie l’immancabile rito del faccia a faccia fra il rappresentante del Governo e gli operatori, che hanno disertato l’inaugurazione ufficiale, scaricando accuse pesanti: scarsa attenzione al settore, alle persone che hanno perso il lavoro e soprattutto contro le tasse. “Basta!”grida l’associazione della Nautica, si è fatta una caccia alle streghe su chi si compre la barca, anche il redditometro è ingiusto, la barca “pesa” di più, ma non è vero che i proprietari di barche sono evasori. C’è crisi, però all’estero si vende ultrabene, una semplice tassa sul sostare in un porto ha fatto scappare invece le barche dai porti nostrani, una vile persecuzione quei “fastidiosi” ed eclatanti controlli. Colpa del fisco, sono tutti d’accordo, Governatore ligure compreso, che invero a nuovi porticcioli finalmente proclama: ”no, grazie”. Era ora.
E’ passato il messaggio che soltanto in Italia si devono pagare le tasse, ma invece da buon cittadino l’indignato presidente dell’Ucina, portavoce delle aziende della Nautica, sostiene che le tasse vanno pagate e gli elusori-evasori puniti. Omette di evidenziare che la tassa sulla sosta nei porti la si è voluta trasformare proprio per insistenza del settore in tassa “sul possesso”: così i proprietari di barche sono “spariti”, annegati nel mare di carta dei Registri Navali, sparsi nelle innumerevoli Capitanerie. Quasi impossibile incrociare i dati, che a volte conducono pure a società di facciata, gelosamente custoditi nei registri cartacei e non ricompresi in un unico Registro nazionale, tantomeno digitale. Ecco perché lo Stato ha incassato 26 milioni invece dei 155 previsti.
E ti viene in mente quel ragazzo con la passione del legno ereditata dal padre ceramista-scultore, che ti aveva mormorato sconsolato : “Mi piacerebbe tanto costruire barche, ma non so se riuscirò a farlo quando avrò finito la scuola”.
(Bianca Vergati)