Autore: Redazione

  • OLI 350: SOCIETA’ – Cartolina dalle Fiandre

    La partita è rigorosamente al pub fra amici-colleghi belgi, tedeschi, inglesi, italiani, davanti a una birra, fieri di una Nazionale di calcio, che ridà l’orgoglio di appartenenza, con il timore della sconfitta, la speranza segreta della vittoria. La telecronaca è in una lingua gutturale, quasi cacofonica e si sta assiepati, spiando i vicini di bancone.
    Esulteranno per gli errori dell’Italia o applaudiranno comunque il bel gioco?
    Sono lì in attesa trepidi, i ragazzi migranti dall’Italia, laurea in tasca e una punta di nostalgia per le pizzate durante le partite di calcio in tv, quando facevano l’università. Ora sono lontani, in giro per l’Europa, non quella del club Med, ma quella del Nord, che li cerca, li recluta, li paga generosamente.
    Mentre qui l’Istat sforna le sue statistiche sempre più desolanti sull’occupazione, un giovane su tre senza lavoro, il 36 per cento dei ragazzi disoccupati, il dato più dato di sempre, come recitano i tg, in qualche parte del vecchio continente c’è ancora posto per la nostra gioventù.
    Così a Genova si disquisisce da anni sugli Erzelli, solo mattone o altro, andrà o no Ingegneria, ma il Piano scientifico qual è: una favola meravigliosa di cittadella tecnologica come l’isola che non c’è e forse mai ci sarà.

    Intanto la terra di Rubens e della sua pittura cupa, chissà perché, forse dipingeva soltanto d’inverno e ignorava volutamente quei cieli azzurri, luminosi, lo smeraldo dei suoi boschi e la lavanda tanto violetta da sembrare finta, ecco, questa terra accoglie e coccola con garbo i talenti venuti da lontano.
    Nel verde del parco le palazzine del campus, camerate o piccoli appartamenti, ben attrezzati, internet compreso. A disposizione la club house con terrazza vista lago e impianti sportivi: campi da tennis, calcio, beach volley, palestra e campetto al chiuso. Lungo il canale e nel parco piste ciclabili, che conducono ai laghetti, uno dalla spiaggetta in fine sabbia bianca e l’altro, quasi un chilometro di diametro, ospita le barche a vela.
    Chiunque lavora nel Centro di Ricerche può accedere a tutto ciò, biciclette incluse, si organizzano regate, gare di atletica, tornei e i bambini hanno la european school.
    Proprio come in Italia, come  per l’IIT (Istituto italiano di tecnologia)  di Genova, collocato a Morego, in un palazzone in cima ad una landa desolata con intorno un po’ di spazio di strada sbertucciato per posteggiare..
    “Un modello per il rilancio del Paese, che interagisce e funziona con l’Università, un grande inseminatore e integratore della ricerca italiana”: così i  tre ministri dell’Istruzione, dell’Economia, dello Sviluppo, in visita il 23 aprile di quest’anno.
    E pensare che magari lo si sarebbe potuto collocare in uno splendido campus negli spazi dell’ex ospedale di Quarto, ospitando degnamente le centinaia di ricercatori di tutto il mondo che vi lavorano, un attrattore per venire ad abitare a Genova, per far rivivere questa città comunque bella, nonostante l’arida lungimiranza dei suoi Amministratori.
    Persino Angela Merkel si è fatta fotografare accanto ad un robottino dell’IIT
    (Bianca Vergati – foto dell’autrice)

  • OLI 350: CULTURA – TERRA DI FATE

    Quasi sulla vetta della Collina di Castello, dove venticinque secoli fa nacque Genova, nel medioevo la famiglia Embriaci eresse torri e case fortificate, trasformate a metà Quattrocento nel monastero di Santa Maria delle Grazie la Nuova, ridotto nell’Ottocento a usi civili, tra cui un teatro nella chiesa preziosa di affreschi barocchi, la quale oggi – ben restaurata dopo decenni di degrado – ospita la cosiddetta “Casa Paganini”, sede di InfoMus, centro di ricerca internazionale di incontro tra ricerca scientifica e tecnologica e ricerca e produzione artistica e culturale, a cui partecipano l’Ateneo genovese, Regione Liguria, Provincia e Comune di Genova.

     Il 15 giugno scorso vi è stata presentata TERRA DI FATE, un’affascinante creazione di Attilio Caffarena – regista, attore, studioso che da diversi anni svolge intensa attività nel campo del teatro, delle arti visive e della performance, in riferimento e in contatto con alcuni tra i massimi rappresentanti del teatro contemporaneo, quali Jerzy Grotowski, Heiner Müller, Robert Wilson, Gerhard Bohner – prodotta nell’ambito della 18ª edizione del Festival Internazionale di Poesia.
    TERRA DI FATE si basa su una poesia di Edgar Allan Poe, Fayryland, del 1829, bruciata dal primo editore al quale fu sottoposta in quanto giudicata un nonsenso, poi pubblicata sulla Yankee and Boston Literary Gazette e definita uno “squisito nonsenso” che evidenziava la capacità di Poe di creare un linguaggio e una dimensione poetica di altissimo livello.
    La rappresentazione è stata la prima fase di PROJECTPOE, un più ampio progetto dello stesso Caffarena sulla sinergia tra forme espressive e linguaggi differenti. L’opera di Poe è parsa territorio adatto per una ricerca che si propone di integrare in un evento performativo linguaggi diversi, in quanto è stata spesso punto di riferimento in molteplici ambiti, da quello della letteratura a quello delle arti visive, alla musica, al cinema.
    La realizzazione di TERRA DI FATE ha avuto alla base una sperimentazione che ha integrato musica, teatro, arti visive, con un’analisi del coivolgimento del pubblico verso una dimensione scenica aperta a prospettive e paradigmi che non sono quelli consueti. La scelta del testo poetico di Poe per una sperimentazione performativa nei termini indicati è motivata non solo dal fatto che esso si configura come struttura ritmica e sonora, ma anche che vi si rileva una semantica del vedere e dell’ascolto nello spazio e nel tempo, in senso fisico.

    Il risultato per gli spettatori è di un notevole, spiazzante coinvolgimento emotivo, di raffinata intensità.
    Il testo viene letto da un performer, inizialmente nel modo in cui, consuetamente, un attore leggerebbe una poesia di fronte a un pubblico che ascolta. Poi, in modo inatteso, questa situazione inizia a trasformarsi: il testo letto dal vivo viene fatto reagire con interventi elaborati in tempo reale la cui natura può essere percepita dal pubblico in maniera a volte anche ambigua o misteriosa, il testo poetico progressivamente esplode, si dissolve in diversi piani e livelli espressivi. L’azione del performer entra in relazione con gli altri elementi, testuali, visivi e sonori, permettendo a chi assiste di partecipare all’evento creativo nel tempo reale di un percepire attivo, all’interno di un dispositivo d’interpretazione aperto su diversi piani. Non ci si trova quindi semplicemente davanti alla rappresentazione scenica di un testo poetico, ma questo si evolve in immagine, a una figura si sovrappone il linguaggio delle parole e della musica. La poesia di Edgar Allan Poe può essere percepita come fatto visivo, figura/paesaggio di parole. Il testo scritto entra quindi a far parte di un’unità definita attraverso una poetica che fa nascere la tensione espressiva dalle relazioni tra elementi diversi: immagini, suono, oggetti e persone, acquistando una nuova valenza drammaturgica, scenica e visiva.
    Ci si augura ora che TERRA DI FATE – prodotto e realizzato grazie alla sinergia creatasi tra realtà di rilevanza internazionale presenti sul territorio quali il Festival Internazionale di Poesia e Casa Paganini-InfoMus di Genova – possa essere riproposto in altre sedi e occasioni, consentendo il godimento di questa inusuale esperienza a un maggior numero di persone rispetto a quelle – peraltro non poche – che ebbero la fortuna di assistervi.

    TERRA DI FATE è stato realizzato con il progetto drammaturgico e la regia di Attilio Caffarena; il progetto visivo e scenografico sono di Riccardo Dapelo e Attilio Caffarena, il progetto sonoro di Giacomo Lepri e Riccardo Dapelo. Il lavoro del performer è stato affidato ad Andrea Nicolini, l’elaborazione Live Audio a Giacomo Lepri e quella Live Video a Riccardo Dapelo.

    Gianfranco Pangrazio ne ha realizzato una documentazione video.
    (Ferdinando Bonora – foto di Giorgio Tagliafico)
  • OLI 350: EUROPEI – Vince la Spagna, il calcio italiano deve cambiare

    Nessuno dei molti esperti e giornalisti sportivi di calcio aveva previsto che la nazionale italiana sarebbe arrivata alla finale degli europei, seconda in una competizione alla quale hanno partecipato 53 nazionali europee. Ora invece, dopo la sconfitta contro la Spagna, è facile criticare le scelte finali del commissario tecnico Prandelli. Il motivo principale della sconfitta, a mio parere, è quello di non aver avuto il coraggio di non fare giocare quei giocatori che avevano già dato tutto e che erano così stanchi ed acciaccati da non poter più giocare. Immaginate se fossimo partiti con Ogbonna, Maggio, Nocerino e Diamanti (Di Natale o Borini) fin dall’inizio. L’unico che era in grado di correre fino all’ultimo era Balotelli. Super Mario, ci ha fatto sognare, riuscendo a finalizzare il bel gioco di squadra, segnando due splendidi gol contro la Germania. Super Mario Balotelli è risultato essere insieme all’inesauribile Pirlo il migliore calciatore della nazionale. Dopo la sconfitta nella finale Prandelli ha detto: “Siamo un paese vecchio, abbiamo metodi e mentalità vecchie, dobbiamo cambiare”. Dopo i goal di Balotelli contro la Germania si è improvvisamente parlato di calcio multietnico, i commentatori sportivi più bravi (ad esempio Mario Sconcerti su Sky) dicevano che se non abbiamo molti Balotteli nella nostra nazionale è soltanto perché la Germania ha accolto gli immigrati almeno quarant’anni prima dell’Italia. Che dobbiamo solo aspettare ed avremmo anche noi, come i tedeschi, i nostri vari Ozil, Khedira, Boateng, Klose e Podoski, giocatori tedeschi di origine turca, araba, africana e polacca. In verità, ci sono altri motivi. In particolare è che la legge tedesca permette ai figli degli immigrati di diventare cittadini tedeschi con pari diritti ed opportunità anche nell’accesso al gioco del calcio. Da noi la legge non c’è. Inoltre come scrive il docente universitario Mauro Valeri le norme di gran parte delle federazioni sportive italiane “sono concepite per impedire o comunque rendere particolarmente difficile la carriera agonistica per uno straniero e per i suoi figli, pur se nati e cresciuti in Italia”. “Si tratta di una discriminazione a tutti gli effetti – dice Valeri – e gran parte delle federazioni non solo non hanno provato a cambiare la situazione, ma hanno inteso la tutela dei vivai come la tutela dei soli italiani, e non di tutti coloro che sono presenti nei vivai”. Istituzioni dello Stato hanno mostrato molta simpatia per la nazionale di calcio durante questi europei, c’è stata la presenza del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio alla prima ed all’ultima partita; ci sono stati lo scambio di lettere e gli elogi reciproci. Ora Napolitano, Monti, Prandelli, Balotelli e Pirlo, potrebbero fare un appello per una rapida approvazione della proposta di legge di iniziativa popolare che dà la cittadinanza ai figli degli immigrati. Sarebbe un ottimo epilogo della bella avventura europea della nazionale di calcio.
    (Saleh Zaghloul – fotografia di Giovanna Profumo)

  • OLI 350: EUROPEI – Merkel e la Grecia, esercizi di stile

    Che non festeggi la Merkel! Il tifo dei greci a sostegno dell’Italia è senza discussione e senza eccezioni: la partita si colora inevitabilmente di politica e di riscatto per interposta squadra. Quello che pesa davvero e che avvelena gli animi verso la cancelliera, è l’intransigenza economica che sta chiudendo la strada alla speranza di risollevarsi, contribuendo al successo del partito nazista “Alba dorata” che ha fatto fruttare a suo vantaggio la disperazione e la paura della gente.
    Ma alle cose di sostanza se ne è aggiunta una di stile: quel plateale levarsi in piedi della cancelliera, con le mani in alto, ad ogni goal tedesco contro la squadra greca non è stato digerito. Da una persona con quel potere e quella responsabilità ci si poteva aspettare una diversa misura e sensibilità, sapendo che la partita veniva giocata contro una nazione allo stremo, e che il calcio è veicolo di passioni ed emozioni popolari.

    Ta NEA: “La vittoria del Sud difesa per la Grecia”

    Ti citano anche la vignetta uscita su un giornale tedesco: l’arbitro lancia una moneta per decidere la metà campo in cui ciascuna squadra deve giocare, e tutti i greci ci si buttano sopra per prenderla.
    Le persone con cui parliamo non negano affatto le proprie colpe e responsabilità per il disastro in cui sono precipitati, ma sentono, e non accettano, di non essere stati rispettati come popolo.
    Così ad ogni goal italiano le strade di Atene hanno risuonato di grida di entusiasmo, e la nostra vittoria è stata anche la loro. Io l’ho vista con un amico che tiene un chiosco dove si vendono cocomeri: non c’era cliente che passasse che non festeggiasse il vantaggio italiano.
    Il giorno dopo la metafora calcistica ha accompagnato le cronache del vertice europeo, che riportavano il successo di Monti nel porre delle condizioni alla linea di politica economica della Merkel, e i due “Mario” sono stati accomunati nel simboleggiare la possibilità di un riscatto.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 350: CITTA’ – Maddalena la bella

    Nel cuore del cuore di Genova si estende la zona della Maddalena, ricchissima di motivi d’interesse storico, ambientale, urbanistico, architettonico, artistico, alla pari del resto della città antica, ma da tempo in condizioni di grave sofferenza.
    Da un lato la crisi e la chiusura di esercizi commerciali, gallerie d’arte e altri luoghi d’incontro, sovente conseguenza di richieste d’affitto esorbitanti da parte di proprietari più sensibili al proprio portafoglio che all’interesse collettivo, dall’altro la presenza di malavita più o meno organizzata legata soprattutto a una diffusa prostituzione e allo spaccio di sostanze stupefacenti, non riescono però ad aver la meglio sulla volontà degli abitanti – sia d’antica data, sia recenti – di resistere e continuare a risiedervi, godendone il fascino che vi si respira.
    Da alcuni anni la civica amministrazione, d’intesa con soggetti pubblici e privati e con la partecipazione attiva della popolazione, sta promuovendo una serie di iniziative concrete col Patto per lo sviluppo della Maddalena, che vede facilitazioni per l’apertura di nuove botteghe e attività (tra cui In sciä stradda, “Per la strada”, che vende prodotti di Libera e della comunità di don Gallo in locali confiscati a un condannato), il cantiere per la costruzione di un asilo nido al posto di spazi mal frequentati, la realizzazione di laboratori sociali a disposizione di tutti, interventi di ripavimentazione stradale, arredo e segnaletica, organizzazione di eventi, studio di percorsi di visita e di occasioni di conoscenza rivolti in primo luogo ai genovesi, la maggior parte dei quali ignorano la straordinarietà del patrimonio presente in quest’area tagliata fuori dai grandi flussi di traffico pedonale che la circondano.
    Sabato 16 giugno s’è inaugurata la mostra Maddalena la bella, costituita da foto attuali di Giorgio Bergami, ingigantite su teli appesi per tutto il quartiere. Partendo dalla Loggia di Banchi – dov’è in corso fino a tutto luglio Emozioni dal Centro storico, un’altra mostra di immagini dell’intera città antica scattate nei decenni scorsi dallo stesso fotografo, integrata dalla proiezione del suo filmato Genova alla finestra, del 1977, vincitore del Premio Qualità – si è passeggiato per i vicoli e le piazzette alla loro scoperta, alternando spiegazioni e narrazioni con le esibizioni della squadra de I Raccogeiti, provenienti da vari gruppi di Trallallero, la forma di canto polifonico esclusivamente maschile (ma da un po’ di tempo con qualche eccezione) tipica del Genovesato, con i canterini rigorosamente in cerchio.
    Il giro si è concluso nel laboratorio di una coppia di giovani falegnami, all’angolo tra via delle Vigne e vico Lepre, che da poco hanno scelto di investire nella zona – grazie anche alle facilitazioni disponibili – e che hanno offerto un rinfresco a tutti i partecipanti, esponendo anche scorci di altre botteghe nei dintorni, opera dello stesso Bergami che instancabile continuava intanto a fotografare l’intera manifestazione.
    (Ferdinando Bonora – foto di Giorgio Bergami e Maria Deidda)

  • OLI 350: TRASPORTI – Cattivi pensieri in volo

    “La rivincita del Colombo, da oggi aeroporto strategico” è il titolo comparso lo scorso 13 giugno sulle pagine genovesi de La Repubblica: la notizia è sicuramente positiva per lo scalo genovese, passato da un milione di passeggeri nel 2009 al milione e settecentomila del 2012, numeri che hanno permesso l’inserimento del Colombo tra gli aeroporti considerati “strategici” da parte dell’Enac. Eppure, continua l’articolo, il tentativo di privatizzazione dell’aeroporto Colombo da parte dell’autorità portuale, azionista di maggioranza, si è conclusa con un nulla di fatto: in previsione, lo scalo potrà crescere ancora, lanciare nuovi collegamenti, migliorare la struttura di accoglienza, vedi anche OLI 345, ma il suo punto debole restano i collegamenti con il centro cittadino. L’aeroporto genovese, pur con la sua ottima collocazione (a soli otto chilometri dal centro di Genova), è raggiungibile di fatto con mezzi privati o taxi, visto che il bus “è più complicato”: basterebbe, conclude l’articolo, un tapis-roulant di 500 metri che lo collegasse ad una stazione ferroviaria “dedicata”. La proposta, peraltro non nuova, sarebbe sicuramente in grado di risolvere definitavamente il problema del collegamento, ma non certo in tempi stretti: nell’attesa della soluzione ottimale, vediamo qual è la situazione dell’autobus. AMT fornisce il servizio Volabus, dall’aeroporto alla stazione di Genova Brignole e viceversa, gli autobus sono abbastanza frequenti (*), probabilmente “sincronizzati” con i voli in partenza ed arrivo, allora perché “è più complicato”? Innanzitutto il costo del Volabus (6 euro), che rende competitivo il taxi appena si è in due o tre persone, specialmente considerando un rapporto globale di costi/benefici (il taxi deposita davanti al portone di casa, ad esempio). Inoltre, perchè è necessario un servizio di pullman, e non un semplice autobus a tariffa maggiorata, con adeguato spazio per i bagagli? Così era il servizio AMT fino a pochi anni or sono, e così è il servizio tra il centro di Napoli e l’aeroporto di Capodichino.
    Infine dall’aeroporto Colombo passa anche un normale autobus AMT, si tratta della linea I24 (**), linea circolare tra Marina Aeroporto e Via Travi che si trova a meno di 200 metri dalla stazione di Genova Sestri Ponente: allora una soluzione, in attesa di futuribili tapis-roulant, monorotaie o teletrasporto che sia, non potrebbe essere quella di estendere questa linea al centro cittadino, con le modifiche del caso? Quale è la reale redditività del servizio Volabus?
    Non è che il miglioramento del collegamento tra aeroporto e centro città potrebbe danneggiare il prospero mercato dei taxi, favorito anche dalla natura “trasfertista” di buona parte della platea dei viaggiatori genovesi? E’ un pensiero troppo cattivo?

    (*) Orari volabus
    (**) Orari linea I 24
    (Ivo Ruello – Disegno di Guido Rosato)

  • OLI 350: PAROLE DEGLI OCCHI – Tunisia, le spiagge degli altri

    Foto di Monica Profumo

    Spiaggia di Les grottes – Tunisia

  • OLI 349: ESTERI – Egitto, per la prima volta un fratello musulmano è eletto presidente

    Il secondo turno delle elezioni presidenziali egiziane è stato vinto da Muhammad Mursi, candidato dei Fratelli Musulmani, il quale ha preso circa 13 milioni dei voti (51,73 %) contro i circa 12 milioni (48,27%) del suo rivale Ahmad Shafiq, candidato del vecchio regime e del consiglio militare. Al secondo turno Mursi si è presentato come il candidato di tutte le forze della rivoluzione del 25 gennaio contro il ritorno del vecchio regime rappresentato da Shafiq, ultimo primo ministro di Mubarak. Questa linea gli ha permesso di raddoppiare i voti dei fratelli musulmani ottenuti al primo turno e di vincere le elezioni. Al primo turno, infatti, Mursi aveva ottenuto 5.764.952 voti e Shafiq 5.505.327. Nessuno dei rappresenti del movimento del 25 gennaio e del popolo che ha dato inizio alle manifestazioni contro Mubarak è riuscito a superare il primo turno. Il candidato dei laici democratici egiziani Hamadin Sabahi era arrivato terzo con 4.820.273 voti, senza disporre dei mezzi economici e mediatici di cui disponevano Mursi (sostenuto dal Qatar e dalla TV del suo emiro al Jazeera e Shafiq (sostenuto dall’Arabia Saudita e dal 90 per cento dei media arabi finanziati da questo paese). I Fratelli Musulmani erano un partito “illegale” ai tempi di Mubarak, ma la loro opposizione non rappresentava un problema, riuscivano a convivere col regime. La loro opposizione era invece fortissima durante il governo laico socialista ed anti imperialista di Nasser. Negli ambienti della sinistra araba si dice che la loro politica sia stata storicamente coordinata con gli inglesi prima e con gli USA dopo e che non abbiano mai fatto vera opposizione ai regimi dittatoriali filo americani. Ora festeggiano la prima volta che un loro esponente viene eletto presidente di un paese arabo, del più importante paese arabo. Ad essere precisi gli islamici avevano vinto le elezioni in Algeria, agli inizi degli anni novanta, ma i militari algerini hanno impedito loro di governare facendo precipitare il paese nella violenza sanguinaria durata per molti anni.
    Per i laici e i democratici egiziani, ha vinto il meno peggio, ha perso il vecchio regime di Mubarak e sono maggiori le possibilità di continuare il processo di cambiamento. Non sarà facile, le difficoltà maggiori provengono dal pericolo di militarizzazione più che da quello dell’islamizzazione del paese. Il futuro del paese sarà sempre più determinato dalla volontà del popolo di ottenere democrazia, giustizia sociale e un ruolo arabo dell’Egitto, a sostegno ad esempio dei palestinesi, fuori dalla politica filo americana e filo israeliana di Mubarak. Il neo presidente ed i suoi collaboratori – consapevoli della forza limitata dei Fratelli Musulmani nel paese (circa il 25% dei voti al primo turno) e degli interessi forti dei militari al potere dopo Mubarak -, non sta facendo altro che mandare messaggi rassicuranti a tutti: “sarò il presidente di tutti gli egiziani, lavorerò per assicurare democrazia e giustizia sociale, apprezzo esercito, polizia e giudici, rispetterò l’autonomia dei giudici, condividerò il governo con le altre forze della rivoluzione egiziana, la rivoluzione continua”. Vedremo.
    (Saleh Zaghloul – immagine da internet)

  • OLI 349: SINDACATO – Cgil, tra Mary Poppins e azione unitaria

    (una scena dal film Mary Poppins)

    Forse non tutti gli iscritti alla Cgil si chiederanno cosa sia stato delle sedici ore di sciopero generale annunciate in marzo e mai effettuate.
    Probabilmente solo in parte hanno cercato le ragioni della manifestazione romana con Cisl e Uil, in un sabato di giugno, in nome di un’unità sindacale umiliata nei fatti alla Fiat.
    Ma risulta che molti tesserati si stiano chiedendo come la Cgil intenda proteggerli da un governo che ricorda nei metodi e nelle intenzioni il banchieri avidi del film Mary Poppins, pellicola tanto cara a Matteo Renzi che sull’articolo 18 – “utilizzando un tecnicismo giuridico” – dichiara: “non me ne po’ fregà de meno”.
    Chi in Cgil afferma che da marzo ad oggi sono cambiate le cose dovrebbe cercare di spiegarlo agli iscritti che faticano a scorgere la nuova fase e non si illudono affatto che il decreto lavoro possa essere contrastato con dei presidi. Perché molti di loro fanno i conti con disoccupazione, cassintegrazione, licenziamenti, precariato, blocco del turn over e dei contratti con un governo che è passato dalla lotta allo spread alla spending review con risultati invisibili rispetto ai sacrifici richiesti.
    Nemmeno la famiglia, ammortizzatore per vocazione – religiosamente evocata dagli squallidi governi precedenti – è rimasta in agenda. Anzi si avvia ad essere l’officina dove assenza di lavoro e tutele per giovani e meno giovani offrirà nuovi ruoli alla miseria. La notizia del vertiginoso incremento degli sfratti è già segnale.
    Per queste e altre ragioni – aumento dei ticket, tagli alla spesa sanitaria, welfare al collasso – è doveroso chiedersi quando la forza dell’azione unitaria sindacale produrrà proposte concrete o quanto meno lo scatto in avanti che faccia sentire i lavoratori parte di un progetto di crescita e non vittime di una guerra.
    Nel frattempo se i momenti di mobilitazione in agenda rimarranno quelli di un sabato romano di giugno e l’azione di contrasto al governo verrà lasciata alla sola Fiom, Monti e i suoi ministri potranno procedere senza timori, tenuti a rispondere anziché agli interessi dei cittadini, unicamente a quelli delle banche.
    (Giovanna Profumo – foto da internet)