Autore: Redazione

  • OLI 337: ELEZIONI – Il Movimento 5 Stelle di Genova

    Si dicono l’unica vera alternativa ai partiti tradizionali, e dove sono arrivati fino ad oggi, nei comuni come nelle regioni, hanno sostanzialmente mantenuto le promesse fatte agli elettori: riduzione degli stipendi quando ritenuti troppo elevati (specialmente nelle regioni), rinuncia ai rimborsi elettorali, limitazione dei mandati elettoriali a massimo due, complessivi. Poi, naturalmente, rinuncia al “leaderismo”, ossia chi entra è solo un portavoce, un terminale di una organizzazione di democrazia diretta ben più numerosa che un semplice “ufficio di partito”.
    Queste sono le ragioni di Paolo Putti e degli altri 32 della “splendida lista” del Movimento a Genova, tra cui annoverano professionalità di ogni genere, dipendenti, disoccupati, manager aziendali. Un pot-pourri nato dalla voglia di fare qualcosa di diverso. Vivono sul web, abbastanza ignorati dai mezzi di comunicazione, vuoi per inesperienza nel contatto con la stampa, ma soprattutto per una forma di censura preventiva, dettata dalle logiche commerciali che legano la pubblicità con i redazionali, già assaporata in interviste girate ma non mandate in onda e omissioni di presenza in dibattiti dove Doria e Musso sono ormai dati come gli unici contendenti, il primo sicuramente “quasi” vincitore, il secondo distaccato ma “pericoloso”.
    Di questo non si preoccupano più di tanto, era previsto, e ci sorridono: a supporto, a sopperire alla mancanza di uscite sui giornali, ci sarà presto Beppe Grillo, che come sempre ha iniziato il suo tour italiano a supporto delle liste.
    Il programma, in lavorazione da oltre un anno, tocca molti temi, è stato costruito in riunioni pubbliche, ora numerose, ora meno, con l’apporto di associazioni ed esperti ma anche con uscite fantasiose, ma interessanti, come la connessione dati condominiale, un sistema per abbattere i costi di internet e farlo arrivare davvero a tutti. Grande attenzione ecologica, un progetto sulla “spazzatura” davvero esaltante, con alla base il sistema Vedelago e il PAP (la raccolta porta a porta) che potrebbe risolvere il problema di avere un gassificatore e ridurre notevolmente la Tia, la tassa sui rifiuti, oltre che creare posti di lavoro. Non è fantascienza, a Capannori lo fanno da anni, e un milione e mezzo di risparmio ha permesso qualche decina di assunzioni.
    Paolo Putti, il portavoce e candidato sindaco, è stato il portavoce del movimento no gronda, lavora in una cooperativa sociale e si occupa di progetti per ragazzi di strada, la sua vera passione dopo la fisica (pochi esami mancano per una laurea) e la fotografia. Alcuni altri candidati sono Stefano De Pietro, nostro redattore dal 2009, informatico, Mauro Muscarà, uno dei fondatori del movimento no-gronda di Genova, Diletta Botta, commerciante di Sestri Ponente, Cristina De Pietro, laureata in giurisprudenza. A seguire una serie di persone con le migliori intenzioni di “fare rete”, come si usa dire all’interno del Movimento, ossia di sviluppare quella serie di contatti di base per poter far arrivare nelle aule di Tursi le idee dei cittadini. Una particolarità importante è che per potersi candidare occorre non essere iscritti ad alcun partito politico (una precedente militanza è ammessa), non aver subito condanne penali (occorre consegnare il certificato penale a Beppe Grillo), dichiarare di accettare i principi base del Movimento descritti nella cosiddetta “Carta di Firenze”, essere residenti nel comune dove ci si candida. E frequentare assiduamente le riunioni plenarie del Movimento, il vero cuore del sistema, dove nascono le proposte condivise. Più che un sistema “a votazione”, viene usato il criterio della “condivisione” delle iniziative, che richiede un cammino critico e costruttivo, e la più ampia base di accettazione delle proposte. Per i progetti più grandi, a livello cittadino, viene proposta la “democrazia partecipata” con metodi già in uso in altri paesi europei, sfruttando le tecnologie messe a disposizione da internet e dall’informatica. L’intero processo richiede, ovviamente, la partecipazione delle persone, la cittadinanza attiva, che è il vero scopo del Movimento, più che il semplice ingresso negli scagni di Tursi.
    Raccontare il Movimento 5 Stelle in poche battute non è facile, meglio lasciare spazio ai nomi dei candidati e assicurare che, dice Paolo Putti, in più di un anno di lavoro il “grande vecchio” Beppe non si è mai visto un volta, non ha mai posto veti, non ha mai interferito nella vita politica e organizzativa. Davvero, solo un nome e una garanzia per il simbolo, per avere quella risonanza mancante nei media tradizionali ed evitare le “liste di disturbo”, con segni o nomi simili e assonanti, restando protetti dal copyright del marchio.

    Gli altri candidati: Assanti Gironda Mauro, Baratelli Enrico, Bernucci Flavio, Boccaccio Andrea, Bonafè Laura, Bortolai Maurizio, Burlando Emanuela, Camisasso Stefano, Campi Giorgio, Capelli Cristina, Cecere Daniele, Cervetto Maria Anna, Cinquegrana Leonardo Renato, Colaianni Delio, Collami Marco, Colombo Fabio, Di Bernardo Carlo, Faggiano Maria Antonietta , Fiannacca Gabriele, Gaglia Diego, Gastaldi Cosimo Carlo , Lapini Roldano Giuseppe, Marino Carlo, Mezzone Lucio Alessandro, Ottonello Enrica, Panzera Cristiano, Pastorino Iliana, Pastorino Luisa , Pazienti Enrico, Rebora Daniele, Rebora Patrizia, Scarcella Barbara, Sonnino Marina, Valcavi Severino Adolfo.
    (Ivo Ruello)

  • Oli 337: ELEZIONI – Lettera a Marco Doria

    Caro Marco Doria,
    dunque non si presenteranno liste civiche per i Municipi: una scelta per mancanza di tempo ed organizzazione, questa la Sua risposta, più che comprensibile.
    Ci si potrà presentare presso un altro partito come “indipendente”, va bene, non è proprio la stessa cosa però, anche se i “partiti non sono tutti uguali”. Grande delusione fra volontari, appassionati “guardiani del territorio.
    Nelle riunioni del Comitato del Levante-Medio Levante si è visto molto entusiasmo presso i cittadini: persone che hanno voglia di politica vera, desiderano essere ascoltati, parlare di grandi temi, ma pure della quotidianità che affrontano tutti i giorni, dalla buca del marciapiede al bus che non arriva, al parco deturpato, al parcheggio invasivo.
    Tanti sono i piccoli problemi che toccano anziani, mamme, bambini nella vita di tutti giorni e che dovrebbe essere compito dei Municipi risolvere, come pure il fatto che un mattino ci si svegli e ci si trovi con le ruspe che innalzano muri o tirano giù alberi.
    E che il tutto accada senza che si sappia se sia lecito.
    Argomenti di competenza del Municipio, a volte pure bypassato, ma ciò non significa che il Municipio sia un passaggio inutile. In realtà c’è stato finora un fraintendimento nel cogliere il ruolo di tale istituzione, un iter malinteso nello spirito del decentramento, nel fine della Riforma, grande incompiuta poiché non si è realizzata la Città Metropolitana. Non si deve però gettare alle ortiche quanto di positivo potrebbe essere svolto dal Municipio, che invece è stato vissuto spesso come nemico dai cittadini e mal interpretato dai suoi rappresentanti.
    Cerchiamo di cambiar passo a questa istituzione, non ignoriamola.
    Molte proteste dei cittadini si sono levate perché interventi sul territorio sono piombati sulla loro testa. Il problema? La trasparenza.
    A concorrere per l’approvazione di un parcheggio, è il parere del Municipio, sia pure non vincolante, tenuto in considerazione dalla stessa Amministrazione, confidando nel fatto che i rappresentanti del Parlamentino conoscano il territorio.
    Il progetto è portato a conoscenza dell’opinione pubblica tramite i media quando va bene, di solito se ne discute in Sala Rossa talvolta in Commissione, spesso soltanto negli uffici e comunque tra intimi in Municipio. Manca sovente un’informazione precisa e capillare presso la cittadinanza.
    Perciò si dovrebbe operare anche all’interno di questa istituzione.
    E chi deciderà nei Municipi dopo le prossime elezioni? Gli eletti dei partiti della coalizione e saranno tanti quelli che già c’erano, alcuni intravisti ai Comitati e con cui è giusto e opportuno collaborare, nessuno demonizza i partiti.
    A questo punto i Comitati che funzione svolgeranno? Un iter parallelo di collaborazione e/o di controllo nei confronti di tale istituzione?
    Luogo istituzionale di discussione dovrebbe essere democraticamente il Municipio, un Municipio che informi o coinvolga i cittadini: quanti abitanti sapevano che nell’area del rio Fereggiano con il suoi parcheggi e i suoi edifici abusivi si comprometteva la sicurezza di chi vi abitava?
    Con il Suo discorso al convegno degli amministratori locali Pd, svoltosi la settimana scorsa, Lei sottolinea che “lo sviluppo è attenzione all’ambiente… ai beni comuni… che negli enti locali ci potrà essere l’alternativa a coinvolgere in modo trasparente nei processi decisionali i cittadini”.
    E le siamo grati perché, a differenza di molti Amministratori o futuri Sindaci, Lei ha sempre usato la parola cittadini e non elettori.
    I temi importanti sono ben altri oggi, per carità, tenendo sempre presente “la città vivibile e operosa” che Lei ha evocato con il dipinto della città comunale nell’Allegoria del buon governo di Ambrogio Lorenzetti.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 337: ELEZIONI – Il Giornale: giochi di parole

    Il Giornale, martedì 27 marzo, titola “Il professore vuol sfidare la legge e candida un immigrato irregolare”. L’articolo di Giulia Guerri, dedicato alla conferenza stampa di presentazione della lista Marco Doria, cita nell’incipit esattamente le parole usate da Doria per presentare il quarantesimo candidato, virtuale, della sua lista, “un cittadino genovese che vive e lavora nella nostra città, paga le tasse, ma ad oggi non ha diritto a partecipare alla vita politica della comunità, perché non ha la cittadinanza italiana”.
    Ora, la lingua italiana non è un’opinione, se un cittadino paga le tasse, non può essere un immigrato irregolare. Si capisce che per un quotidiano abituato ad usare il cosiddetto “metodo Boffo”, travisare le parole è un gioco da ragazzi; all’indecenza però ci dovrebbe essere un limite.
    Sorge tuttavia un dubbio: che l’articolo sia scritto in buona fede? Che il pubblico de Il Giornale sia sovraffollato di persone “regolari” che non pagano le tasse, ergo chi paga le tasse è irregolare? Non è praticamente questo che teorizzava anni fa Silvio Berlusconi, dichiarando di sentirsi “moralmente autorizzato ad evadere” tasse troppo elevate? Il dubbio permane: agli onesti la poco ardua sentenza.
    (Ivo Ruello)

  • OLI 337: TRASPARENZA – La Regione inciampa sull’aggiornamento

    Dopo la tappa al Comune di Genova, continuiamo il viaggio nella trasparenza degli enti pubblici con la Regione Liguria. L’ente riporta sul sito i curriculum e le retribuzioni dei dirigenti della giunta e del consiglio regionale, i tassi di assenza e di presenza, la situazione reddituale dei consiglieri, gli incarichi esterni, le valutazioni e i criteri per giudicare la “performance” (http://www.regione.liguria.it/argomenti/ente/operazione-trasparenza/performance.html). I dirigenti della giunta regionale in elenco sono 80, la retribuzione media lorda è di circa 88.200 euro all’anno, con un premio di risultato (sempre annuo) di circa 10.400 euro, erogato, come nel caso del Comune, in base al raggiungimento di obiettivi. Né la pagina web né la tabella che è possibile scaricare fanno cenno all’anno di riferimento, anche se da una nota presente in calce si deduce che le retribuzioni siano aggiornate al 2011 (http://www.regione.liguria.it/argomenti/ente/operazione-trasparenza/curricula-e-retribuzioni-dei-dirigenti-della-giunta-regionale-.html). Tra gli ottanta dirigenti di giunta, undici (ossia quasi il 14%) non hanno inserito il proprio curriculum.

    La voce “valutazioni riguardanti dirigenti e personale di strutture e uffici di Giunta” appare come una scatola vuota: non riporta le valutazioni di personale e dirigenti, per nominativo oppure ufficio, come forse ci si aspetterebbe, ma soltanto un grafico, aggiornato al 2009, in cui si specifica la percentuale di raggiungimento degli obiettivi su un campione di 73 dirigenti (http://www.regione.liguria.it/argomenti/ente/operazione-trasparenza/valutazioni.html). La voce “incarichi professionali” è redatta per dipartimenti. In molti casi l’aggiornamento è fermo al 2007, a volte si spinge alla fine del 2009, c’è una sola occorrenza del 2010. Sempre riguardo l’aggiornamento, la Regione inciampa anche sui tassi di assenza: mentre quelli del personale della giunta arrivano regolarmente al 2011, quelli del consiglio regionale sono fermi al 2009.
    (Eleana Marullo)
  • OLI 337: ILVA – L’ Accordo di Programma e La Strada

    L’Accordo di Programma li ha lasciati a piedi.
    E non c’è da stupirsi. Perché l’Accordo di Programma è una bestia vecchia di sette anni, bisognosa di attenzioni. E nell’Accordo è citata una strada.
    Dal 1 marzo il servizio navetta da Villa Durazzo Bombrini di Cornigliano all’accesso est dell’Ilva di Genova è stato sospeso dal gruppo Riva, che spiega come non dovesse essere tenuto a fornirlo.
    In termini di tempo del lavoratore significa un quarto d’ora a piedi – in una strada pericolosa, soggetta a cantiere – più il tempo per raggiungere il proprio reparto dopo aver varcato i tornelli.
    E a subire, tra i molti, sono soprattutto le donne-ragazze a mezzo pubblico impatto zero. Quelle che fanno la spesa “nell’ora”, che acciuffano il treno delle 17.50, che hanno da arrivare a casa.
    L’accordo di programma ha impacchettate anche loro. E lasciate a piedi.
    Perché l’azienda, in base all’Accordo, chiede che AMT metta a disposizione il servizio navetta per i dipendenti Ilva, e che – completata la strada di collegamento tra la viabilità pubblica e il nuovo accesso est dello stabilimento – AMT e Comune di Genova prevedano una linea di trasporto urbano a servizio della portineria Est dello stabilimento.
    E la politica cosa dice in merito all’assenza di mezzi per raggiungere uno dei siti produttivi più importanti della città?
    Cosa si dice di Cornigliano e delle sue aree? Perché in campagna elettorale nessuno ha avuto nulla di significativo da dire sull’Accordo di Programma?
    In un clima di surrealtà si suggerisce la visione del trailer di un classico del cinema italiano: La Strada. Appunto.
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 337: SOCIETA’ – 8 marzo, maschilismo italiano

    Il 9 marzo le donne della CGIL di Genova hanno organizzato un’interessante iniziativa in occasione della giornata della donna dove è stata proiettata la piece “libere” di Cristina Comencini ed è stato distribuito del materiale informativo tra il quale un opuscolo contenente le tappe storiche delle conquiste dei diritti da parte delle donne italiane, dal 1900 ad oggi. Nel 1902 si introduce, ad esempio, la prima forma del “congedo di maternità”, nel 1946 il diritto al voto e nel 2009 la legge anti stalking (atti persecutori).
    Nel documento non c’erano due tappe fondamentali nel cammino per i diritti delle donne italiane: la prima é del 1975, quando le donne italiane conquistano il diritto di mantenere la propria cittadinanza italiana sposando un cittadino straniero, grazie alla sentenza n.87/75 della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità di una precedente norma che prevedeva la perdita della cittadinanza italiana indipendentemente dalla volontà della donna. La seconda è del 1983 quando le donne italiane conquistano il diritto di trasmettere la cittadinanza italiana ai propri figli di padre straniero, grazie alla sentenza n.30/83 della Corte costituzionale che ha dichiarato costituzionalmente illegittima una norma del 1912 che stabiliva la condizione di cittadino solo per i nati da padre italiano.
    Fino al 1975 la donna italiana perdeva la propria cittadinanza italiana quando sposava un cittadino straniero e fino a 29 anni fa (1983) i figli di una donna italiana coniugata con un cittadino straniero erano come gli immigrati e dovevano chiedere il rilascio del permesso di soggiorno. Sono due esempi lampanti sul maschilismo della società italiana e su quanto occorre lottare ancora per raggiungere condizioni di pari opportunità. Ciononostante, molti italiani ed, ahimè, italiane preferiscono occuparsi del maschilismo di altri popoli e religioni e non si accorgono delle disuguaglianze, delle disparità e delle violenze che subiscono le donne italiane. Ed in molti casi questo interesse verso il maschilismo di altri popoli è finalizzato a giustificare ed a diffondere stereotipi, xenofobia e discriminazioni nei confronti degli uomini e delle donne che appartengono a quei popoli che vivono in Italia.
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 337: CITTA’ – Ma è proprio il caso?

    Da qualche anno in tutta Genova si nota la progressiva sostituzione di molte delle targhe marmoree con cui la città stessa comunica i nomi delle sue strade e piazze a coloro che la percorrono.
    Con l’evidente buona intenzione di curare il decoro urbano, i competenti uffici comunali stanno portando avanti un’opera sistematica, con nuove smaglianti targhe al posto delle vecchie, in certi casi tanto malandate da essere quasi indecifrabili, ma il più delle volte appena patinate dal trascorrere del tempo, invecchiate sì, ma ancora ben leggibili.
    Un’innovazione palese è l’introduzione di caratteri tipografici con maiuscola iniziale e il resto minuscolo per distinguere i nomi, lasciando le lettere capitali solo per i cognomi e altre scritte. Poco male se s’infrange una millenaria tradizione epigrafica: oggi con le moderne frese computerizzate che hanno sostituito gli scalpellini si può far di tutto. Assai più discutibile è l’annullare una varietà di manufatti realizzati in tempi diversi, con differenti caratteri, stili e impaginazioni; talvolta con scritte e sigle accessorie che richiamavano precedenti sistemi di suddivisione e gestione della città. Brevi testi sui quali si erano posati gli occhi di migliaia e migliaia di persone prima dei nostri, contribuendo a farci sentire più o meno inconsciamente parte di una comunità nel suo fluire nel tempo e non appiattita in un presente lindo ma senza storia. Oltre che il significato, qui è importante anche l’oggetto significante.

    Alcuni ammodernamenti rasentano il grottesco. Ad esempio, in Albaro in una targa si legge ora “VIA / Renzo RIGHETTI / MEDAGLIA D’ORO / AFRICA ORIENTALE 1936 – XIV”, con quel curioso e inspiegabile “XIV” finale. Per comprenderne il significato basta andare all’altra estremità e a metà della strada, dove sono ancora rimaste le vecchie scritte col nome “RENZO” in lettere capitali e due lettere puntate che appena si intravvedono, abrase ma non cancellate del tutto, le quali spiegano il numero romano che le precede: “E.F.”, ovvero “quattordicesimo anno dell’Era Fascista”. L’aver copiato solo ciò che è più evidente, forse senza neppure capirne il senso, ha cancellato la memoria di un periodo di certo esecrabile, ma che appartiene comunque alla nostra storia e di cui la targa rimossa era testimonianza concreta risalente a una settantina d’anni fa.

    Assai più increscioso è quanto accaduto tra via Garibaldi e piazza Portello, dove corre “VIA / ROCCO LURAGO / ARCHITETTO, INSIGNE ARTISTA DEL 1500 / AUTORE DEL PALAZZO TURSI”, come si leggeva nella vecchia insegna e si continua a leggere nella nuova da poco rifatta con identico testo (a parte il “Rocco”). Si è di fronte a un grave svarione, risalente all’opera di Raffaele Soprani e Carlo Giuseppe Ratti, Vite de’ pittori, scultori e architetti genovesi del 1768, ripreso dal trattatista neoclassico Francesco Milizia nel suo Memorie degli architetti antichi e moderni, del 1781, e poi acriticamente da tutti i successivi autori di guide e libri d’arte, finché nel 1968 Ennio Poleggi, col fondamentale Strada Nuova, una lottizzazione del Cinquecento a Genova, non ristabilì la verità storica: da un lato inoppugnabili fonti d’archivio assegnano la paternità del palazzo di Nicolò Grimaldi, poi Doria Tursi, agli architetti Domenico e Giovanni Ponzello; dall’altro la figura di Rocco Lurago viene drasticamente ridimensionata a collaboratore minore, un semplice piccapietra, per giunta in subordine al fratello Giovanni e addirittura un po’ pasticcione, se nel 1582 si becca una multa dall’Ufficio dei Padri del Comune per aver scassato il fondo stradale trascinando un carico di pietre giù da Carbonara.
    Mantenere la vecchia targa, nella quale il nome era decentrato per la presenza a sinistra di un elemento aggiunto – forse uno stemma o simbolo metallico – di cui restavano i fori di fissaggio a ricordarlo, aveva un senso anche come testimonianza di storia della storiografia e dei suoi fraintendimenti, che si sarebbero potuti opportunamente aggiornare apponendo una seconda targa esplicativa, mentre appare assai disdicevole che il nuovo marmo riproponga e legittimi l’errore perpetuandolo.
    È proprio il caso di continuare con queste sostituzioni, per lo meno con questo ritmo, con tali modalità ed esiti? Non sarebbe forse il caso di limitarsi alle situazioni davvero illeggibili, lasciando sopravvivere tutte le altre, magari sottoponendole a una semplice pulitura? Quanto ci è costato finora questo malinteso maquillage omologante e stravolgente di cui non si avvertiva il bisogno? Le targhe rimosse sono state conservate da qualche parte o distrutte?
    (Ferdinando Bonora)


  • OLI 337: PAROLE DEGLI OCCHI – Precisazioni

    Foto di Giovanna Profumo

    Roma, piazza di Santa Maria in Trastevere.
  • OLI 336: VERSANTE LIGURE – COLARE A PICCO (E PALA)

    Cemento, male eterno
    di questa regione
    (suo il lemma a-moderno
    “rapallizzazione”)
    da cui non c’è ritorno
    soltanto dannazione
    colate tutto il giorno
    giù, precipitazione
    si imbocca dell’Inferno
    un (Calta)girone.

    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA
    .
  • OLI 336: MAFIE – Libera Genova!

    “Popolo della legalità sceso in strada per gridare contro la mafia” sono le parole usate dal sito de la Repubblica per la manifestazione dell’associazione Libera che sabato 17 marzo ha invaso le vie di Genova, parole insufficienti a descrivere il corteo vivace, colorato, allegro e giovane, giovanissimo: su quei visi ci sono la rabbia, il desiderio di non dimenticare i morti, sentimenti espressi con serietà, con pacatezza, con la certezza che l’impegno di ciascuno può sconfiggere le mafie. Sarà questo uno dei leitmotiv usati da don Luigi Ciotti, l’impegno individuale contro le mafie, ma soprattutto contro quella “zona grigia” della società e della politica che guarda con indifferenza, tollera o, addirittura, collabora con la criminalità organizzata, diffidate, avverte don Ciotti, dalle Facce d’Angelo, pulite fuori, marce dentro: l’attuale tentativo di “depotenziare” il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, renderebbe difficile colpire proprio questa “zona grigia”, presente anche nella Chiesa. È un discorso appassionato, accende i cuori e le menti delle migliaia di persone al Porto Antico di Genova, cuori e menti che hanno seguito in attonito silenzio la lunga lista delle vittime, nomi di donne e uomini, nomi di magistrati, uomini di scorta, giornalisti, sindacalisti, sindaci, nomi di ragazzi e bambini, nomi noti e meno noti, in una lista che sembra non finire più, dove cambiano solo le voci, dal sindaco Marta Vincenzi fino al procuratore Caselli, solo qualche applauso, quasi timido, scandisce il silenzio, tutti ascoltano: vicino al mare, seduto su una bitta, un ragazzino sbocconcella il suo panino, mentre una pilotina della Guardia Costiera si aggira lenta nelle acque calme dell’Expò, quasi a proteggere il rito silenzioso del popolo di Libera.
    (Ivo Ruello)