| foto di Roberto Melai |
Autore: Redazione
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OLI 332: VERSANTE LIGURE – MENO MALE CHE WULFF C’È
“L’immunità? Manco per niente!Leggi ad personam? Men di meno!Pur dichiarandomi innocente,alla Giustizia io mi inchinonon c’entra che son Presidentesono un qualunque cittadinoe mi dimetto prontamentenei privilegi non sconfino!”(cosa che rende assai evidenteche c’è un politico a Berlino). -
OLI 332: LAVORO – Omsa, e l’eleganza delle operaie
Il 19 febbraio “Presa Diretta” su Rai3, aveva per titolo “Recessione”, ed era dedicata alle strategie aziendali di fuga dall’Italia, per realizzare maggiori profitti all’estero. Tra i casi quello della Golden Lady Company, proprietaria dell’Omsa di Faenza, che tutt’ora sbandiera l’italianità del marchio: “Omsa, marchio storico nel settore della calzetteria Italiana”, magnificando le proprie campagne pubblicitarie, che dallo storico “Omsa, che gambe!” ad oggi, sono sempre state “ispirate alla raffinatezza e all’eleganza”.
Da molto tempo però la vera eleganza è quella delle sue operaie, trasformate in attrici da Living Theatre per denunciare la loro condizione, così rappresentativa della devastazione che l’economia globale porta nei paesi che non hanno strategie economiche ed industriali da contrapporre. Dal 2010 sono in cassa integrazione senza prospettiva, perché l’azienda, tutt’altro che in crisi, si è “delocalizzata” in Serbia, dove gli stipendi vanno dai 200 ai 250 euro al mese, e le operaie vengono scelte tra le donne sole, separate, con figli a carico, e quindi nella impossibilità di sottrarsi al ricatto di un lavoro sottopagato, anche rispetto alla media di quel paese.Noi le avevamo viste a Genova in occasione del convegno “Punto G, genere e globalizzazione” (vedi Oli 325), emozionandoci a quella rappresentazione, scandita dal ritmo di un fischietto, che terminava nella “esecuzione”, una per una, di quelle vite di lavoro. Sei mesi dopo, il 27 dicembre, come da previsioni, sono tutte poste “in mobilità” verso il nulla. Ora c’è una trattativa, e un primo risultato strappato dal sindacato: il proprietario della Golden Lady chiederà la prosecuzione della cassa integrazione “in deroga”, per “superare la procedure di mobilità” e dare una prospettiva ai “negoziati con alcuni investitori per l’acquisizione dello stabilimento di Faenza”. Prossimo incontro domani 22 febbraio: speriamo.
Intanto, nei giorni scorsi, aveva preso vita un vivace dibattito tra le donne della rete “blogfemministi” (vedi Oli 318 ) a proposito della campagna “Boicotta Omsa”, a sostegno delle lavoratrici. E’ Lorella Zanardo (*) a sollevare dei dubbi: “La situazione è complessa e un boicottaggio portato avanti con successo può avere come risultato anche la volontà di spostare la produzione ancora più rapidamente … il mercato è globale. E’ giusto chiedere all’imprenditore di non licenziare ma non credo basterà”.
In alternativa propone il messaggio in “Ti compro se non licenzi”, mirato ad un patto con l’imprenditore: “se la produzione non viene spostata, ci impegniamo in una campagna di promozione del marchio”.
In rete corrono i pareri: “Tra gli imprenditori c’è anche brava gente, che non ce la fa materialmente più, con il costo del lavoro esistente in Italia, a mandare avanti un’azienda”; “Noi non possiamo sostituirci ai sindacati o alle stesse donne che stanno contrattando da anni per andare a interloquire con il padrone della fabbrica”; “Credo che la vera risposta sia un’organizzazione di lavoratori internazionale che si coordini e faccia richieste all’unisono”.Le donne in rete cercano strategie, ma la realtà oppone una durezza che non favorisce le speranze. In quel territorio non è solo l’Omsa a chiudere, tutti i calzifici sono stati chiusi, delocalizzati. Persi più di 1000 posti di lavoro, e altro non c’è. Tutto intorno è un deserto. Da un lato la politica del governo serbo, che attira gli industriali italiani con incentivi che azzerano per tre anni il già bassissimo costo del lavoro, dall’altra l’assenza di qualunque politica industriale italiana.
(*) Sul sito di Lorella Zanardo la sua posizione sul caso Omsa, e il video della performance delle operaie Omsa
(Paola Pierantoni – foto dell’autrice) -
OLI 332: POLITICA – Il Pd, le donne, gli uomini e la calza
In rete si trova un messaggio come questo:
“Ciao ragazze. Sono alle prime armi con il mio calzino. Lavoro con 4 ferri e sono arrivata a fare la parte che copre il tallone, quella che si lavora avanti e indietro. Il mio problema sorge nel fare la congiunzione della parte del dorso del piede con il retro… Premetto che sono autodidatta e sto studiando la costruzione del calzino dai calzini che faceva la mia nonna, ma purtroppo non sono riuscita a farmi insegnare come farli… e “l’inghippo” sta qui: la nonna lavorava tallone e dorso e congiunzione tutto insieme e poi separato faceva la suola e poi cuciva la suola al resto del calzino, mentre ora trovo tutti video che lavorano il calzino tutto intero… e io mi perdo…”
L’appello è di Serena83. Legittimo immaginare che si tratti di una mamma di ventinove anni perché accanto al testo c’è l’immagine di un bimbo o di una bimba di pochi mesi. Serena è una delle molte donne del paese, alla quale rispondono altre donne, che lavorano a maglia. Persone che trasmettono ricordi e tradizioni insieme alla possibilità di produrre le proprie cose in casa. Da sé. Non sappiamo se lavora o meno, ma non ci stupiremmo se fosse disoccupata o precaria come molte donne della sua età.
Sui quotidiani si trova un messaggio come questo
“Cosa farò? Non andrò certo a fare la calza”, la dichiarazione di Marta Vincenzi, rimanda ad un’idea precisa che impedisce alla donna di potere – forte, dinamica, consapevole – di essere felice in casa, di andare in “pensione”, magari a fare la maglia, mansione di nobilissima tradizione che nella calza esprime l’apice della conoscenza.
“Non andrò certo a fare la calza”, detta da un sindaco nella regione italiana con la maggior percentuale di anziani e con un discreto numero di senza lavoro è una frase che potrebbe essere percepita di disprezzo per chi, pensionato o disoccupato, si ritrova felicemente o infelicemente a casa.
Ma la calza di Marta solleva un problema non irrilevante nel Pd. Infatti, diversamente da coloro che perdono il posto, anche senza primarie, la sindaco in carica dichiara che adesso si sentirebbe pronta “per un ruolo politico” nel partito e precisa di non avere intenzione “di andare in pensione dalla politica”. Anche se si fatica a comprendere perché Marta Vincenzi voglia rimanere in un luogo in cui così elevato è il tasso di ostilità verso di lei.
Ma una soluzione per accontentare tutti potrebbe esserci: se Marta facesse la calza nel partito? Magari in compagnia di quei dirigenti maschi che ne hanno polverizzato eredità e tradizioni. E se tutti insieme tornassero a prendersi cura, nel senso più nobile del termine, della memoria della politica di sinistra e di quanto più prezioso custodisce?
Fare un buon partito non è come creare un calzino nel quale la lavorazione di dorso, tallone e piede stiano tutti insieme in armonia? Fare un buon calzino non vuol dire offrire a chi lo sceglie un oggetto caldo, protettivo, privo di insidie?
E se la buona, vecchia calza diventasse il nuovo simbolo del Pd?
Cercasi logo.
(Giovanna Profumo – foto dell’autrice) -
OLI 332: ESTERI – Siria, Adonis contro il regime e contro l’opposizione fondamentalista
La Siria è terra di poeti, ha regalato agli arabi e a chi vuole nel mondo intero almeno tre dei più importanti poeti arabi contemporanei: uno è senz’altro Adonis, 82 anni, più volte candidato al premio Nobel, vincitore dell’ultima edizione (2011) del prestigioso premio Goethe; nel nostro paese ha ricevuto il premio Nonino per la poesia (1999) ed il premio Lerici Pea per l’Opera Poetica (2000).
Il grande poeta siriano è da sempre impegnato per la libertà, la democrazia e soprattutto per uno sviluppo laico del mondo arabo. Dopo un anno e mezzo nelle carceri siriane nel 1956 per attività di opposizione, va in esilio prima in Libano fino al 1982 e poi in Europa.
Intervistato l’11 febbraio scorso dal giornale austriaco Profil, Adonis dice che egli è contro il regime siriano ma è anche contro l’opposizione composta da una stragrande maggioranza di fondamentalisti islamici; dice di non volere cambiare una dittatura militare con una peggiore dittatura religiosa e dichiara la propria contrarietà ad interventi esterni in particolare ad intervento militare che avrà gli effetti distruttivi avuti in Iraq. “Non capisco come è possibile chiedere agli stessi che hanno colonizzato la Siria di liberare il popolo siriano”. Egli non crede che l’occidente sia interessato alla liberazione dei popoli arabi: “fosse vero l’Occidente sarebbe intervenuto prima di tutto per liberare il popolo palestinese che soffre da 50 anni una sistematica oppressione e distruzione”. Adonis racconta di essere stato entusiasta all’inizio delle rivolte arabe in Tunisia e Egitto, di aver scritto qualche poesia ispirato da esse, ma dopo la vittoria dei movimenti islamici nelle elezioni egli ha cambiato idea: “non basta la democrazia delle elezioni, anche Hitler è arrivato al potere attraverso le elezioni”. Per Adonis le rivolte arabe sono più vicine al medioevo che all’era moderna: “non ci sono possibilità di un vero cambiamento senza la laicità, senza separare religione e stato e senza la totale parità dei diritti per le donne. La dittatura militare controlla la mente mentre quella religiosa controlla la mente, il corpo e la vita quotidiana; è una dittatura totalitaria”. Le dittature devono andarsene – dice Adonis – e bisogna continuare la lotta contro di esse ma liberi di ogni ideologia religiosa. “Dobbiamo chiederci quale regime verrà al posto di questo e non bisogna dimenticare che nella regione c’è già un paese che ha la religione come base ed è Israele, e non abbiamo bisogno di altri regimi religiosi”. Per Adonis esistono i musulmani moderati ma non i movimenti islamici moderati. “Il movimento dei fratelli musulmani è un movimento fascista ed è oggi sostenuto da Stati Uniti, Arabia Saudita, Qatar e Israele con l’obbiettivo distruggere l’asse composto da Iran, Siria e Hezbollah. Se davvero l’occidente vuole un Islam moderato dovrebbe iniziare ad instaurarlo in Arabia Saudita”. Alla domanda se pensa dunque che il mondo arabo abbia perso la battaglia per la libertà e la democrazia Adonis risponde di si.
I laici democratici nel mondo arabo sono oggi divisi in una parte che condivide il pessimismo di Adonis ed un’altra che continua a sperare: da più di un anno i cittadini arabi continuano a riempire le piazze e le strade, anche in Tunisia ed Egitto e finché la lotta continua nelle piazze c’è speranza.
(Saleh Zaghloul) -
OLI 332: ENERGIA – CNR e LENR, una nuova risorsa per l’umanità
Sull’inizio del 21 secolo, all’alba del terzo millennio, si prospetta un cambiamento epocale per la vita dell’uomo sulla terra: la fusione fredda. Già da molti anni la notizia degli esperimenti sulla LENR (Low Energy Nuclear Reaction) sta silenziosamente uscendo sui media più moderni, trascurata dai giornali e dalle televisioni, a parte alcune trasmissioni come Report (il Rapporto 41 del Cnr) e poche altre. La grande massa degli scienziati impegnati nella ricerca sull’energia ha sempre alzato il sopracciglio al solo nominare questo fenomeno, fino a pochi anni fa inspiegabile ma, sembrerebbe sempre di più, reale, ossia la trasmutazione del nucleo dell’atomo a temperature “fredde”, lontane da quei milioni di gradi teorizzati come indispensabili dalla teoria della relatività. E senza radiazioni nocive.
Dopo l’E-Cat di Rossi e Focardi (e-catalyzer.it), anche la Nasa pubblica un video indicando dei risultati notevoli, così come proprio in queste ultime ore il MIT (Massachusett Institute of Technology) rilascia una notizia dove indica non solo la realizzazione di un esperimento di fusione fredda con guadagni notevoli, ma anche di essere in grado di dare la spiegazione scientifica del processo nucleare che lo genera. Si tratta di due notizie “con i controfiocchi”, perché se da una parte la credibilità di Rossi era stata minata da un suo passato poco trasparente su un progetto finito male, i due nuovi soggetti alimentano una speranza decisamente più tangibile.
Ma in Italia? Che fa lo Stato? Di fronte all’immobilismo del Cnr nonostante i buoni risultati dei team di Preparata e di Rossi, ci si aspetterebbe adesso che finalmente la nuova dirigenza appena instaurata si dia da fare. Possibile che non abbiano ancora destinato qualche milione di euro (non sarebbe servito di più) alla ricerca sui risultati di Rossi a Bologna? Possibile che Preparata e il suo team siano stati ignorati dopo i risultati ottenuti già dieci anni fa? Una cecità che sta facendo perdere a tutti noi la possibilità di un business miliardario, oltre che un riscatto d’immagine per la nostra università. Una società, la nostra, che non è in grado più di sognare, elemento principale della ricerca scientifica pura, al di là degli interessi commerciali e industriali immediati. C’è bisogno di una iniezione di fiducia e di un grande ricambio di generazioni negli atenei italiani.
Intanto il Cern di Ginevra prende sul serio la cosa: ecco una serie di attività trovate sul loro sito cercando la parola “lenr”.
(Stefano De Pietro) -
OLI 332: SOCIETA’ – I “No Moschea” scivolano … sul pesto
Corriere Mercantile, venerdì 17 febbraio, uno scarno trafiletto annuncia la prossima presentazione per le elezioni di una lista civica del Comitato Cittadini Centro Est, che da anni si oppone alla costruzione della moschea di Via Bianco a Genova Lagaccio. Associata alla notizia, una foto proveniente (si suppone) da una delle manifestazioni anti-moschea, in cui un manifestante mostra il cartello “Mezzaluna, sì ma… pe u pestu!”, che invita ad usare la mezzaluna, simbolo della religione islamica, solamente come attrezzo di cucina. Notevole la “raffinatezza” del messaggio, del resto all’altezza dell’incompetenza degli estensori. Le nostre nonne hanno insegnato ad usare le mezzaluna per tritare verdure e preparare soffritti, ma non il pesto, per favore!
La ricetta originale può vedere infinite varianti nella dosatura dei componenti, possono aumentare o diminuire le quantità di formaggio parmigiano o sardo, è possibile usare più o meno aglio, ma sugli attrezzi non c’è alcuna confusione: i puristi usano esclusivamente mortaio di marmo e pestello di legno. Chi ha fretta ripiega sul frullatore, ma nessuno, nessuno usa la mezzaluna! Come nessuno usa le noci al posto dei pinoli, lo insegna su youtube Fabrizio Casalino nell’esilarante parodia del film “Non è un paese per vecchi”: parafrasando Casalino, si inizia usando la mezzaluna e chissà dove si va finire…
Il Comitato Cittadini Centro Est potrebbe, intanto, partecipare al prossimo Campionato Mondiale di Pesto che si terrà il prossimo 17 marzo a Palazzo Ducale … come osservatori, naturalmente, per gareggiare si usa mortaio e pestello!
(Ivo Ruello – foto dell’autore) -
OLI 332: LIBRI – Bella tutta! Un romanzo leggero per parlare di chili
Sono sessantotto le diete che Elena Guerrini ha provato, tutte elencate all’inizio del suo libro “Bella tutta! I miei grassi giorni felici” edito da Garzanti, presentato insieme all’autrice da Paola Tavella alla libreria BooksIN di Genova il 15 febbraio.
Il romanzo è la storia di una bambina sovrappeso che diventando adulta decide di accettarsi così com’è. La ricetta – metafora non è mai stata più giusta – vale per molte situazioni della vita, ma quando si tratta di grasso che cola i detrattori diventano maggioranza e il senso di solitudine atroce. La percezione di inadeguatezza che accompagna Elena dalla prima infanzia riceve solo conferme, prime fra tutte quelle della madre sadica e affamatrice dalla quale l’autrice si salva solo grazie alla sua capacità di resistenza straordinaria e alla voglia di ridere. “Se la mamma ti vede bella hai un capitale di bellezza da preservare… altrimenti…”
Durante la presentazione in libreria c’è stato spazio – oltre che per le letture di Dario Manera – anche per riflettere sull’immaginario che l’essere grassi evoca nel prossimo: “Nonostante le persone sovrappeso possano essere sane, tutti vogliono farle dimagrire, i grassi sono eterni bambini… Se sei grasso tutti ti guardano nel piatto. C’è uno stigma morale forte che pretende che i grassi siano smidollati e pigri”. Emerge una società permeata di criteri estetici anoressizzanti, in cui mondo della moda, star system e case farmaceutiche dettano le regole.
“Bella tutta” è ambientato nella maremma dei mitici anni Ottanta – c’è la musica e l’atmosfera di chi quegli anni li ha vissuti – ha ironia e romanticismo ed anche nelle pagine più dolorose la scrittura rimane “leggera” senza essere cinica. Già testo teatrale recitato dall’autrice, potrebbe essere perfetto come film. Magari diretto da Virzì.
(Giovanna Profumo) -
OLI 332: LETTERE – Piccoli orti crescono… a Genova cambiare è possibile
Come spesso accade, in America ci sono arrivati prima di noi: il fenomeno degli orti urbani, ricavati in luoghi degradati da rottami e sporcizia, ma non solo, perché ne esistono persino sui tetti dei grattacieli, da almeno 5 anni ha visto nascere una nuova figura sociale, gli “agricoltori metropolitani”, così come li ha definiti Michael Pollan, docente di giornalismo a Berkley, che sul New York Times Magazine ha lanciato il loro manifesto:
“Se avete un cortile togliete l’erba, se non ce l’avete o vivete in un grattacielo cercatevi un pezzetto di terra in un giardino comunitario. Piantare un orto sembra una cosa piccola e insignificante, ma in realtà è una delle cose più importanti e decisive che un individuo può fare per ridurre la quota personale di inquinamento, per diminuire il senso di dipendenza dall’industria del cibo e per cambiare il nostro modo di pensare i risparmi energetici”.
Il rilancio dell’agricoltura urbana in America non è più un fenomeno elitario, ma una tendenza che mette al centro l’idea di riqualificazione del territorio come espressione di nuove (o forse bisognerebbe dire “antiche”?) forme di socialità, nell’ottica della sostenibilità e della dimensione estetica nella quotidianità.
Questa tendenza è arrivata anche in Italia, e qui a Genova adesso si aggiunge un nuovo sogno, che va in questa direzione e vuole inserirsi nell’ambito del Puc (Piano Urbanistico Comunale) recentemente approvato e che, come dichiarato dal Sindaco, si pone “l’obiettivo di uno sviluppo strettamente legato ai principi di qualità ed equità sociale”.
Renzo Piano è stato chiamato a collaborare a questo progetto, e con la semplicità che contraddistingue le persone di grande ingegno, ha tracciato due linee, che sono da considerarsi le linee guida del piano: una linea verde, oltre la quale non bisogna costruire, ed una linea blu, quella del mare.
L’architetto ha spiegato che “bisogna smetterla di costruire anche sul mare, e di coprire la vista del mare, occorre invece lavorare all’interno di queste linee e costruire sul costruito… C’è un’idea antica, che deriva dal fatto che Genova è una città stretta tra monti e mare, dove non c’è spazio da sprecare. Ha a che fare con l’idea di parsimonia, non con quella di avarizia. … La linea verde tracciata nel piano urbanistico comunale è solo una linea di buon senso”.
A Castelletto, il territorio della Valletta dell’Istituto Brignole a San Nicola (alle spalle dell’Albergo dei Poveri), abbandonato al degrado quasi totale, ci interroga appunto su dove sia finito il buon senso di cui parla Renzo Piano.
Un gruppo di abitanti del quartiere, qualche mese fa, ha dato vita ad un percorso che sta per concretizzarsi in un Comitato, sostenuto da Italia Nostra, Legambiente, Movimento per la Decrescita Felice, Doctors for the Environment.
Il sogno che anima queste persone è quello di poter realizzare un modello di gestione sostenibile del territorio, basato sull’organizzazione di spazi ricreativi e di aggregazione sociale, attraverso una produzione agricola e biovivaistica, mantenendo anche una tutela e conservazione storico-ambientale della Valletta.Nel 1652 Emanuele Brignole, fondatore dell’Albergo dei Poveri, scriveva nel suo testamento che “nel giardino posteriore i poveri dell’Albergo havranno da passeggiare e prendersi il sole d’inverno e poi, piantativi gli alberi, godere l’ombra e frescura d’estate”.
Prendendo in prestito il pensiero di un altro grande genovese, dopo Renzo Piano, mi piace concludere che, come ha scritto Ivano Fossati, troppo spesso “le parole non hanno chances”, e il Comitato vorrebbe invece far rivivere l’antico auspicio espresso nelle parole di Emanuele Brignole.
Chi volesse percorrere questa strada insieme a noi, è invitato venerdì 24 febbraio, alle ore 21, all’Assemblea Pubblica che si terrà presso l’Auditorium della Parrocchia di San Nicola (Salita della Madonnetta, 1) a Genova.
(Roberta Boero)








