Autore: Redazione
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OLI 331: VERSANTE LIGURE – RISARCIMENTO GIANNI
Catastrofe epocale,la neve ha fatto un dannoper cui nulla può il salemai vi rimedieranno:spalmar su ogni canalela faccia di Alemanno.Versi di ENZO COSTAVignetta di AGLAJA. -
OLI 331: PRIMARIE – Sherwood e Marta regina della notte
Dopo le primarie del 12 febbraio Genova è in preda di una narrazione disneyana.
Piccoli principi, marchesi, conti, popolano le pagine dei giornali con tanto di congiure, vendette, alleanze. Mai la politica genovese ha offerto un’immagine più fiabesca con la città che sembra Nottigham espugnata dai ribelli della foresta di Sherwood. C’è anche il prete.
In questa battaglia tra bene e male, la cronaca fedele dei messaggi apparsi su Twitter a firma di Marta Vincenzi, restituisce l’immagine di una donna divorata dalla rabbia la cui acuta capacità di analisi pare polverizzata in uno sciame di voti. Dispiace venire a conoscenza di un lato del carattere che la induce a scrivere “dovevo dargli una mazzata subito, invece di aspettare che si rassegnassero” e che consegna la Sindaco ad un immaginario difficile a morire in cui la donna può essere preda di isteria e quindi deve stare alla larga da ruoli politici.
Ancor più male fa leggere che Marta Vincenzi si paragona ad Ipazia, equiparando la sua battaglia e il suo sacrificio a quello della nota matematica greca. E stupisce leggere sul Secolo XIX che la Sindaco ha “indossato i panni della femminista dura e pura” proprio lei che aveva dichiarato: “Non cerco a priori la solidarietà femminile nelle battaglie che faccio, perché non sopporto la retorica delle cordate vestite di femminismo. Tranne poi addolorarmi e stupirmi quando le ritrovo schierate nella conservazione”.
Nell’attesa che la pacatezza prenda il posto della collera ecco un’aria mozartiana per la Sindaco.
La musica che sa rendere belli tutti i sentimenti della natura umana le sia di conforto.Cliccare per vedere il video (Giovanna Profumo)
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OLI 331: PRIMARIE – Le entrée nel seggio d’élite
Seggio Vegia Arbà, piazza Leopardi, cuore di Albaro. La Senatrice candidata arriva con rito consueto, falcata da jogging, strizzata nel piumino aderente, una vigorosa stretta di mano ai presenti. E’ primo pomeriggio e sfortuna per lei è un momento di calma, ringrazia così i volontari, quasi tutte donne, chiede dell’affluenza che le confermano buona. E’ in compagnia dell’immancabile giovane consigliera Michela, che l’avrà di certo rassicurata sulla tenuta del territorio, è stato fatto un martellante lavoro di passaparola, mail, messaggini, telefonate. Le affianca un tizio rasato dall’aspetto corpulento, con giacca turchina da mago Zurlì, è il body guard, a cui qualcuno chiede se deve votare: un quadretto tipo cantante Madonna.
Il terzetto riparte sull’auto che sfreccia sgommando all’interno del marciapiede e sfiora le scalette dello storico ristorante, inconsueto seggio elettorale.
Fa la sua capatina pure l’ex segretario Mario Tullo, ora parlamentare, aria stazzonata e gioviale, qui votano Pericu, il presidente Burlando, l’assessore Rossetti, alcuni consiglieri comunali, così è una processione obbligata.
E poi è terra di scout, asili e case di riposo della curia.
Irrompe con suorine al seguito la presidente per caso del Municipio Medio Levante, ex Margherita, ex Pd, ora Udc, diventata tale dopo due presidenti di destra, uno sfiduciato per un affaire di appalti e l’altro assurto ad assessore alle manutenzioni per Vincenzi. Nel frattempo il seggio si è riempito, pazientemente gli elettori si accalcano in coda, ma le suore devono votare e subito: all’uopo si mobilita uno dello staff ufficio stampa della Regione, accorso, che grida al telefono, incurante della fastidiosa confusione creata.
Tutti grandi elettori Pd.
La Vegia Arbà risulterà essere fra i primi migliori risultati per la vittoria di Marco Doria, come tutto il Levante. In grande maggioranza le donne, di ogni età, ma anche sedicenni con genitori al seguito: voglia di un volto nuovo, che ha conquistato vecchi e giovani e sconfitto un partito, che ha pure lui due volti nuovi, il segretario provinciale Razetto e il segretario regionale Basso, i due “cattivi ragazzi” che si dimettono per colpe non loro. Pagano in prima persona e da soli la colpa dell’establishment di cui sopra, che ha avallato in segreto l’autocandidatura della Senatrice, l’autoricandidatura della Vincenzi, le primedonne, che i due giovani segretari non volevano e che hanno tentato in tutti i modi di evitare, invocando un ricambio.
Niente da fare, sono stati travolti da entrée come al seggio di piazza Leopardi.
Pressioni romane, vecchi saggi ormai da camino, una pletora di politici trombati o pensionandi, ex di ex, notabili, sponsor di un cambiamento che non cambiava niente. Persino l’ex sindaco di Bologna, che prima stava più qui che a Bologna ed ora è più a Genova che a Bruxelles strepita che bisogna riflettere, lui che ritiratosi per fare il papà si è candidato a segretario in Liguria, ha fortemente voluto la senatrice, appartenente alla sua corrente, l’area Franceschini. Neppure troppo velatamente si imputa la débacle all’inesperienza, troppo giovani questi segretari.
Non è così. Personalismi, ambizioni infinite, vecchie lobby interne di partito, inadeguatezza a cogliere lo stato d’animo della città, l’insofferenza alle stesse facce, ecco le cause della sconfitta del Pd.
Il guaio è che a casa, oltre alle zarine, non ci andranno purtroppo i personaggi inamovibili che ora vogliono lo scalpo dei due cattivi ragazzi. Che però cattivi non sono stati per niente, purtroppo.
(Bianca Vergati) -
OLI 331: PRIMARIE – Marco Doria e i “radical chic”
Seggio delle primarie presso la casa di quartiere “Ghett-Up”, in Vico della Croce Bianca. In coda con gli altri una signora impossibile da ignorare: per tutto il tempo dell’attesa, una decina di minuti, parla a voce molto alta, girandosi di qua e di là per cercare di coinvolgere le altre persone in coda “Io voto Marta Vincenzi, è l’unica da votare. La Pinotti no, per l’amor del cielo, e Marco Doria è un bravo ragazzo, ma poverino, la mafia del partito se lo mangia, non gli faranno fare nulla” . L’improvvisato spot viene ripetuto più volte, con leggere variazioni, senza suscitare particolari reazioni.
Solo quando la signora aggiunge “E poi lo vota solo un gruppetto di radical chic” si innesca un cortese scambio con una donna in coda davanti a lei: “Io veramente radical chic non sono. E voto Marco Doria …”.L’episodio è minimale, ma qualche campanello risuona quando anche un importante esponente del Pd, Mario Margini, accosta questo termine ai sostenitori di Doria, descritti come “Sel, radical chic, movimenti, senza tessera, personaggi come don Gallo e Vendola”. Un accorpamento un po’ freak in cui si coglie una nota svalutativa; come dire: con un panorama come questo sarà dura vincere le elezioni.
Del resto Doria viene descritto su La Repubblica del 14 febbraio come “Il marchese che piace ai rossi e alla borghesia che conta”, sottolinenando che “ha raccolto consensi nei quartieri più esclusivi della città”.
Ma ascrivere le ragioni del successo di Marco Doria ai movimentisti romantici e alla ricca borghesia è una deformazione che taglia fuori la categoria forte che ha reso davvero possibile la sua vittoria alle primarie: cioè persone non etichettabili con le categorie di cui sopra, di origine italiana e non, di attività ed età svariatissime, benestanti e non, che abitano in tutti i quartieri di Genova, popolari e non; persone che sono state convinte attraverso una campagna condotta da moltissimi volontari, con pochi soldi, nessun apparato, e nessun aiuto da parte degli organi di stampa.
Lo sconcerto sistematico del Pd di fronte a queste sconfitte mai messe in conto, dalla Puglia, a Milano, a Napoli, e ora a Genova, nella grande diversità delle situazioni, è comunque frutto dello stesso fraintendimento della realtà, a cui viene sostituita un’immagine ingannevole, costruita in un ambito chiuso ed autoriferito.
Nella piazza dei festeggiamenti c’erano persone molto normali che ti raccontavano una “grande gioia”, perché avevano molto lavorato, avevano vissuto insieme “una esperienza bellissima”, e ce l’avevano fatta contro le generali aspettative.
Che c’entra questa gente con i radical chic evocati dall’anonima elettrice del Ghetto, e dal noto politico Pd?
(Paola Pierantoni – foto dell’autrice) -
OLI 331: LAVORO – I cinquantenni ignorati ricevono risposta
Cogliamo con interesse la critica di S.D.P. (OLI n. 327 ) che richiama sostanzialmente la questione del ruolo dei servizi pubblici per l’impiego nella gestione del mercato del lavoro e del loro posizionamento rispetto alla “legge della domanda e dell’offerta” di lavoro.
La normativa nazionale e regionale attribuisce ai Centri per l’Impiego lo svolgimento di attività fra le quali rientra la “preselezione ed incontro tra domanda ed offerta di lavoro” con l’obiettivo principale di agevolare la conoscenza reciproca e quindi l’incrocio fra le imprese in cerca di nuovi collaboratori e le persone in cerca di lavoro. Per la Provincia di Genova tale servizio è denominato “Match – aziende e lavoro” e raccoglie le richieste di preselezione presentate dalle imprese del territorio, offrendo in tempi brevi una rosa di candidati preselezionati secondo quanto richiesto dall’impresa e nel rispetto della legge. Esistono poi servizi e/o progetti dedicati a particolari target di disoccupati che consentano una presa in carico più strutturata e che va oltre il semplice “agevolare” l’incontro domanda e offerta.
Restando però al servizio Match, dal 2002 la Provincia si è impegnata per offrire un servizio di qualità sia per i disoccupati sia per le imprese, cercando di mediare tra esigenze spesso non coincidenti. Si tratta da un lato di favorire l’accesso dei lavoratori alle opportunità di impiego presenti sul territorio, dall’altro di fornire un servizio di qualità alle aziende che, non essendo tenute a utilizzare i servizi dei CPI, possono scegliere liberamente chi assumere e a quali servizi di preselezione rivolgersi.
Già da tempo stavamo valutando l’opportunità di eliminare la possibilità per le aziende di segnalare un range di età all’interno del quale chiederci la preselezione. Fino ad oggi si è ritenuto di andare incontro a questo tipo di richiesta, nei casi in cui fosse possibile preselezionare un numero congruo di lavoratori rispondenti alle richieste aziendali, soprattutto perché di fatto i CV di lavoratori “fuori target” segnalati all’azienda non vengono dalla stessa generalmente presi in considerazione anche se spesso i nostri operatori provano a proporre comunque curricula anche non perfettamente rispondenti a tutti i requisiti dettati dall’azienda.
Non si può negare però che la platea delle persone in cerca di occupazione sia oggi sempre più vasta e variegata e che la normativa vigente spinga sempre più verso quello che viene definito “invecchiamento attivo”. In questo contesto, l’obiettivo di stimolare le imprese a una maggiore responsabilità sociale può passare in effetti anche attraverso il tipo di cambiamento che ci avete suggerito e che porta a non porre limiti di età (se non giustificate dalla disponibilità a certi tipi di contratto, che al limite di età sono subordinati) e a preselezionare i CV senza tenere in conto l’età del candidato rispetto alla richiesta del datore di lavoro potenziale.
Abbiamo quindi già provveduto a rimuovere il limite d’età dal format per le richieste aziendali sul sistema match on line e stiamo lavorando ad altre modifiche che possano garantire una maggior trasparenza e possibilità di accesso alle opportunità di lavoro.
Per quanto riguarda l’altra tematica toccata dall’articolo (esenzione ticket) pur non essendo di nostra competenza facciamo presente che da tempo la Provincia di Genova sta segnalando in tutte le sedi che sarebbe opportuno non utilizzare l’iscrizione al Centro per l’Impiego come requisito per l’accesso a benefici, esenzioni e contributi (accesso a case popolari, abbonamenti AMT ridotti ecc.) che vogliano agevolare fasce di popolazione disagiate essendo a tal scopo meglio utilizzare ad esempio l’ISEE o altri indicatori che esprimano la capacità economica del cittadino piuttosto che il suo stato occupazionale o – più precisamente – il suo grado di attivazione rispetto alla ricerca del lavoro. Grazie per il vostro lavoro di informazione e critica.
(Giovanni Daniele, dirigente dei servizi per l’impiego della Provincia di Genova – disegno di Guido Rosato) -
OLI 331: GIUSTIZIA – Il giudice Garzon e i crimini contro l’umanità
Giovedì 10 febbraio il giudice Baltasar Garzon è stato condannato dal Tribunale supremo spagnolo a 11 anni di interdizione dalla Magistratura, per abuso d’ufficio, per aver fatto intercettare illegalmente nel ”caso Gurtel” tre imputati, ledendone i diritti alla difesa. La denuncia era stata presentata da un gruppo neofascista e post-franchista. Altri due processi pendono sul magistrato: per aver violato la legge di amnistia del 1978 sugli uomini di Franco, e l’altro per corruzione, per aver accettato il bonus per un ciclo di conferenze negli U.S.A. dal Banco di Santander, di cui in un processo successivo aveva assolto il presidente.
Il giudice Garzon è uno dei giudici più famosi del mondo: ha osato disseppellire i crimini del franchismo, incriminare per corruzione potenti socialisti e democristiani, Berlusconi per Telecinco e fondi neri, ha fatto incarcerare, unico al mondo, Pinochet, ha indagato con successo sulla tragedia Argentina, ha messo sotto accusa Bin Laden per la strage della stazione di Atocha, perseguito i fiancheggiatori del terrorismo dell’ETA, e i metodi illegali e terroristi con i quali alcuni avevano pensato di sconfiggerla. Ha osato molto, e dato molto fastidio al sistema politico, alla magistratura, alle colpevoli acquiescenze della storia. Il giorno dell’annuncio alla radio della condanna, un giornalista di El Pais intervistato ha affermato senza mezzi termini che quello era un giorno triste per la giustizia spagnola e che, subito dopo l’era Zapatero, il potere rin-Francato si era liberato di una persona molto scomoda.
La condanna del giudice Garzon credo debba indignare i democratici autentici del mondo.
Il giudice Garzon, sicuramente alla luce di una burocrazia, essenza delle istanze mortifere del XX secolo, e di una legittimità che non sempre si identifica con il giusto, è stato inabilitato, reso inoffensivo, perché ha osato mettere in scacco i potenti, perché non è stato al suo posto all’interno delle coordinate del potere post-franchista, democristiane e socialiste. E ora è il momento buono per fargliela pagare, per metterlo a posto, per renderlo inoffensivo. Mani pulite, do you remember, in questi giorni di ricorrenze e ripresentazioni? Ma il giudice Garzon è andato oltre: voleva processare i crimini del franchismo, la tragedia del Cile, Pinochet, l’orrore della dittatura Argentina. E’ stato imprudente, forse ha commesso abusi, certo pagherà. Non nell’onore, nell’etica , nella giustizia che solo la storia potrà giudicare.
E’ stato imprudente, radicalmente imprudente, perché si è messo contro i potenti, perché ha scelto di essere “uomo in rivolta”. Sto leggendo “Prima della Fine” di Ernesto Sabato, che consiglierei anche ai gufi con gli occhiali di leggere; in esso si racconta della tragedia più profonda del novecento: la perdita dell’umanità dell’uomo, sopraffatto dalla tecnologia, dal denaro, dalla violenza, dalla perdita di compassione. Ebbene in un passo del libro scritto nel 1998, Sabato, che aveva 90 anni (è morto a 100 anni nel 2011) e aveva presieduto la Commissione contro i crimini della dittatura Argentina, afferma che Garzon è uno degli uomini del nostro tempo che con il suo senso di giustizia può contribuire a restaurare l’onore del mondo. Facciamo parlare lui: “ …come dimostrano le indagini condotte in altri paesi da persone come il giudice Garzon… Il sangue, l’orrore, la violenza interpellano l’umanità intera, e attestano che non possiamo ignorare la sofferenza di nessun essere umano.”
(Angelo Guarnieri – disegno di Guido Rosato)Su questo sito si raccolgono firme a favore del giudice Garzon: -
OLI 331: MIGRANTI – Al Museo Galata, la badante e il muratore

Nel novembre 2011 a Genova ha inaugurato un’opera pionieristica: per la prima volta in Italia, in una sede istituzionale permanente, una sezione dedicata all’immigrazione. L’apertura del percorso riporta alle origini del fenomeno: le immagini del fotografo Uliano Lucas ritraggono i pescatori nordafricani di Mazara del Vallo, agli inizi degli anni ’70 del Novecento, quando ancora l’identità dell’Italia era in bilico e quelli che partivano uguagliavano il numero di quelli che arrivavano (il saldo positivo tra emigrazione ed immigrazione si ebbe soltanto a partire dal 1973), le grandi manifestazioni degli anni 90’, immagini di città il cui volto è cambiato. Successivamente, nella sezione intitolata “Cartoline di viaggio”, scegliendo una cartolina di un paese di origine, inizia il video di chi è partito e racconta la propria storia, spesso tragica e dolorosa. Le fonti utilizzate per questa parte dell’esposizione sono le ricerche di Giovanni Maria Bellu e Gabriele Del Grande, che da anni si occupano dei viaggi lungo il mediterraneo e della carneficina silenziosa che continua ancora oggi. Proseguendo nella visita, il percorso tocca tasti sempre più dolorosi: un barcone, tra i primi di quelli che dopo gli esiti della primavera araba hanno raggiunto l’isola di Lampedusa dalla Tunisia, è esposto tra alcuni espositori, intitolati “Archeologia della disperazione”, che mostrano oggetti comuni, scarpe, bambole, biberon, fotografie, che il mare ha restituito come unica traccia di chi li ha posseduti.Di seguito, si torna all’aspetto sociale, ed il primo messaggio è espresso con chiarezza (anche se con pessima illuminazione): il pannello “Chi ci ruba il lavoro?” tranquillizza l’animo dei visitatori italiani: gli stranieri non rubano il lavoro, perché “I lavoratori immigrati ben raramente competono con quelli italiani. A loro sono rimasti i lavori disagiati, quelli flessibili e usuranti e per di più (dati INPS) il 20% in meno rispetto agli italiani. Il lavoro femminile, in più, ha rappresentato un vero puntello per il welfare state all’italiana: la badante con l’anziano disabile a casa, e la donna italiana a lavorare in ufficio” ( http://www.galatamuseodelmare.it/cms/sezione%20emigrazione-189.html in “Descrizione del percorso”). Un gioco multimediale pone davanti alcuni oggetti, simboli del lavoro straniero in Italia: una cazzuola da muratore, una borsa Yves Saint Laurent, una scopa, un asciugacapelli: chi vuole può divertirsi ad ascoltarne la storia. Il percorso prosegue portandoci in una classe “colorata e composta”. Tra i problemi legati alla scuola ci sarebbero, secondo il pannello, le difficoltà di lingua e comprensione degli studenti di origine straniera, arrivati qui o nati in Italia. In conclusione, la “nicchia della riflessione”, dove i curatori, in video, invitano il pubblico a riflettere su alcuni punti.
Una “nicchia della riflessione”, a questo punto, sarebbe utile anche per i curatori:
un’istituzione culturale permanente dovrebbe stare lontana da luoghi comuni, vista la forza simbolica che qualsiasi oggetto assume se esposto in un museo: la rassicurazione sul fatto che gli stranieri non rubano il lavoro perché adibiti a mansioni usuranti e disagiate è adatta al contesto museale? E’ un fondamento sociologico? Che messaggio può trasmettere alle seconde e terze generazioni in visita al museo? Per quanto ancora i cittadini stranieri saranno visti come “la badante” e “il muratore”?
E’ proprio vero che le seconde e terze generazioni hanno problemi di comprensione linguistica? Su che dati si basa questa affermazione? Sarebbe interessante chiederlo a qualcuno di loro.
Manca totalmente qualche riferimento alla storia dell’immigrazione a Genova, eppure tante sono le persone che se ne sono occupate e se ne occupano, che avrebbero potuto fornire dati sulla realtà sociale della città. Perché?(Eleana Marullo) -
OLI 331: PAROLE DEGLI OCCHI – 12 febbraio 2012
Foto di Giorgio Bergami ©Genova, ore 23 circa di domenica 12 febbraio 2012: è ormai certo che il 46% dei votanti alle primarie ha designato Marco Doria candidato sindaco della coalizione di sinistra per le prossime elezioni amministrative. La sindaco in carica Marta Vincenzi ha ottenuto il 27,5 % dei voti; la sfidante senatrice Roberta Pinotti il 23,6%.
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OLI 330 – SOMMARIO
VERSANTE LIGURE – SPOGLIANDO LA MARGHERITA (Enzo Costa e Aglaja)
IMMIGRAZIONE – Venerdì in piazza contro una tassa ingiusta (Saleh Zaghloul)
PRIMARIE – Sindaci e sponsor (Bianca Vergati)
PRIMARIE – Il win win di Roberta Pinotti (Paola Pierantoni)
PRIMARIE – Doria, Nichi, e la creatività di una perdita d’acqua (Giovanna Profumo)
PRIMARIE – Rappresentanza femminile tra realtà e promesse (Paola Pierantoni)
INFORMAZIONE – Quando un’immagine suscita un dibattito (Paola Pierantoni)
TEATRI LIRICI – La programmazione che uccide (Ivo Ruello)
POESIA – Il posto fisso esiste … (Angelo Guarnieri)
PAROLE DEGLI OCCHI – Emigrazione nel sogno (a cura di Giorgio Bergami) -
OLI 330: VERSANTE LIGURE – SPOGLIANDO LA MARGHERITA
I soldi miei non vedo:
ma quando mai li ho spesi?
“La crisi, sì” concedo
ma ho dubbi maliziosi:
“Ha un alibi” mi chiedo
“il tesoriere Lusi?”.Vignetta di AGLAJA.






