Autore: Redazione

  • OLI 318: FINCANTIERI – Sestri Ponente tra passato, presente e Renzi

    Davanti ai cancelli, oltre ai volti di molti operai italiani, anche quelli degli immigrati.
    Si scostano appena vedendo la macchina fotografica. Come a lasciar spazio all’inquadratura che sembra mirare allo striscione dietro di loro. Landini asseconda paziente il rituale della stampa, mentre i cartelli – NON CHIUDETE SESTRI PONENTE – sono la colonna visiva della manifestazione.
    Sestri Ponente il 27 ottobre fa quadrato attorno ai suoi cantieri e chiude. Chiude l’edicola e Bagnara, chiudono i bar, e il negozio che vende borse di Braccialini e nel corteo che conduce a Piazza Baracca la serrata è totale. Una serrata che abbraccia tutti coloro che in Fincantieri a Sestri Ponente lavorano.
    A vederle a distanza di pochi giorni, le immagini della manifestazione di Fincantieri, viene in mente Matteo Renzi che a Firenze, insieme a molti altri del PD e dintorni, hanno parlato di assenza di “dinamismo” nel mondo del lavoro. Nella scenografia dove si è svolta l’iniziativa del sindaco di Firenze un frigorifero, un tavolo con un cesto di frutta, ad incarnare che di politica si può tornare a parlare anche nelle case. C’era anche Baricco a nobilitare l’evento.
    A Sestri Ponenti di politica e futuro del lavoro si parla in piazza. E non c’è frigorifero, ma il caldo dei presenti che invocano un pezzo di nave a dar lavoro ai molti che rimarranno senza. E non c’è cesto di frutta, ma l’incontro di Fincantieri con le altre aziende.
    In anni di berlusconismo e di silenzio dell’opposizione non è la prima volta che in questo accade in Italia. E Renzi, che non è veltronianio, ma appare arrivato da Marte, sembra sia lui solo con la sua gente a chiedere un cambiamento della sinistra.
    Ma non è una richiesta nuova. Si tratta invece della pretesa ostinata e contraria di chi ha fatto politica in questi anni e l’ha fatta partendo dalle piazze, dai nodi della globalizzazione e della pace, dall’assenza di lavoro e dalla richiesta del riconoscimento di diritti per tutti. In questi anni si sono presidiate sanità, scuola, lavoro, immigrazione, costituzione. La strada, partita da Genova nel 2001, è costellata da migliaia di facce note e anonime che, inutilmente, hanno invocato il cambiamento.
    Sestri Ponente e la Fincantieri tutta, Fiat, l’isola dei Cassinitegrati, Termini Imerese, le operaie della Omsa, le manifestazioni dei precari, degli immigrati, degli studenti, della scuola, sono il passato e il presente di questa domanda. Domanda alla quale Renzi, negli ultimi dieci anni non ha dato contributo rilevante. Esattamente come i dirigenti del suo partito, quelli che lui vorrebbe rottamare.
    Nessuna differenza tra lui e gli altri. Solo la scenografia e la scelta delle canzoni e una certa furbizia che con l’età ingrigisce o viene meno.

    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 318: DONNE – A Torino per il Feminist Blog Camp

    Sono giovani. Giovanissime. Una di loro, sedici anni, è arrivata da Roma. Altre dalla Sicilia, Sardegna, Pisa, Bologna ed anche da Berlino. Si dividono i turni dei pasti e invitano chi è presente a lavarsi piatti, forchette e bicchieri stando attente a non intasare con gli avanzi lo scarico del lavandino.
    Il sole bianco torinese scivola sulla grande sala dove sedie e lunghi tavoli sono circondati da muri dai toni gialli e azzurri, manifesti e striscioni. E’ l’ambiente più luminoso di questa antica palazzina a Torino, sede del Centro Sociale Occupato Autogestito Askatuasuna che ospita dal 28 al 30 ottobre il Feminist Blog Camp .
    Tre giorni intensi con spettacoli, incontri, workshop, seminari caratterizzati dalla volontà di riflettere e comunicare idee e informazioni sulla cultura sessista che prescrive a uomini e donne ruoli imposti da altri. Il web diventa così risorsa, luogo reale dove l’azione delle blogger può emergere, senza essere soffocata dalla rete.
    Sono consapevoli da anni che i server possono essere traditori ed invitano le persone presenti a cliccare su google il sostantivo donna e vedere cosa accade. Da qui la necessità di rendere proprio le donne capaci nel ICT (Information and Communication Technologies), nella ideazione e nella gestione di software. Segnalano un dominio maschile, una visione distorta del femminile legata ad un’immagine della donna incentrata su corpo e sesso.
    Sanno che un altro mondo esiste e gli offrono spazio in un server autogestito www.women.it, sul quale lavorano da anni. Una mappa di idee, indirizzi, siti, proposte, video con una sezione cercatrice  che alla parola donna e a molte altre parole offre una serie di nessi costruttivi, seri e di riflessione.
    Vogliono un web diverso, coscienti che è da lì che bisogna partire, smascherandone trappole e utilizzandone risorse.
    Traducono libri e, durante il pranzo, parlano della sindrome di PAS (Parental Alienation Syndrome) – patologia inventata ad hoc negli USA per criminalizzare le madri, nelle cause di separazione.
    La locandina dell’evento riproduce la sagoma di una donna che con un cavo usb doma l’universo davanti a sé. Parlando con loro non si tratta solo di una metafora, ma è l’intenzione.
    Alla politica, soprattutto se donna, l’invito a seguirle e ascoltarle. Anche solo per cogliere, oltre i contenuti, l’energia genuina, giovane e consapevole di queste donne.

    (Giovanna ProfumoFoto Paola Pierantoni)

  • OLI 318: IMMIGRAZIONE – Meglio in un campo di prigionia che in un CIE?

    Può un libro che narra fatti avvenuti 60 anni fa suscitare riflessioni su fatti attuali? Può accadere, leggendo I diavoli di Zonderwater, di Carlo Annese (Sperling & Kupfer, 2010): l’autore, giornalista de La Gazzetta dello Sport, descrive il campo di Zonderwater, in Sudafrica, a 43 km da Pretoria, dove, tra il 1941 ed il 1947, vissero complessivamente 94mila prigionieri italiani. Zonderwater, un altopiano disseminato di tende che diventò, nel corso di quegli anni, una vera città, dove erano funzionanti due ospedali da 3000 posti letto gestiti da ufficiali medici italiani, 15 scuole, 22 teatri, campi da calcio, da tennis, laboratori artistici, chiese, biblioteche. Grande merito di tale trasformazione ebbe il comandante del campo, il colonnello Hendrik Fredrik Prinsloo: volle che “uomini costretti all’esilio in una terra lontana lavorassero, pensassero, studiassero, giocassero, per non farsi sopraffare dalla propria condizione”. Consola leggere in queste pagine come sia stato possibile conciliare una situazione umana estrema, quale può essere la mancanza di libertà, con condizioni di vita sia materiale che spirituale, tollerabili, al punto che non mancò chi, al termine della guerra, scelse di rimanere in Sudafrica, come Gregorio Fiasconaro, cantante lirico, padre di Marcello, atleta primatista mondiale negli anni ’70.
    La dignità umana, questa la condizione che a Zonderwater fu mantenuta: venendo all’oggi, come non confrontare le condizioni offerte dall’Italia a richiedenti asilo e migranti? Come non fare un parallelo con i nostri simpatici Centri di Identificazione ed Espulsione, dove già il nome equivale ad un programma? In Italia, secondo il rapporto annuale 2011 di Amnesty International (*), “richiedenti asilo e migranti hanno continuato a essere privati dei loro diritti, in particolare per quanto riguarda l’accesso a una procedura di asilo equa e soddisfacente”, ma critiche al nostro paese sono venute anche dall’Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani, dal Comitato europeo dei diritti sociali, dal Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa: proprio da quest’ultimo comitato arriva un appunto particolarmente pesante, l’assenza di una norma sulla tortura nel nostro codice penale: ciliegina (*) su una torta di cui possiamo essere grati ai nostri “padani”, da non confondere con la generalità dei civilissimi abitanti della pianura Padana.
    (Ivo Ruello)

    (*) http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=46728

  • OLI 318: PUBBLICITA’ – “Alice” e il Lupo Cattivo

    Pubblicità di “non si sa chi” su repubblica.it.

    Non ce ne voglia Telecom se sfruttiamo il nome commerciale della sua connessione a rappresentare l’insieme dei navigatori internet, usando il connubio tra la favola di Alice e quella del Lupo cattivo.
    Questa pubblicità apparsa sul sito di Repubblica.it (edizione di Firenze) ricorda molto le avance del lupo al povero Cappuccetto, divenuto nel nostro caso Alice che, nel paese delle meraviglie di Internet, dovrebbe abbandonare ogni timore e cliccare la soluzione di qualsiasi problema della propria vita. Che i problemi non possano invece cominciare proprio dal seguire un link al buio? Stupisce che sia stato fatto tanto baccano per le pubblicità di UAAR sugli autobus di Genova, mentre nessuno alzi il sopracciglio per un invito tanto spudorato e pericoloso nella sua capacità di creare un’abitudine a cliccare tutto sempre e comunque, stimolando la base australopiteca del nostro intelletto.
    Logica vorrebbe che l’invito fosse di non cliccare affatto simili messaggi pubblicitari, che non rendono giustizia a chi la pubblicità la fa seriamente, con la chiarezza del prodotto proposto e dell’imprenditore che ci sta dietro (un nome, un marchio, tanto per dirla breve). E un appunto aggiuntivo a Repubblica che si espone in modo davvero poco simpatico in questo connubio un po’ trash tra chi nel fango ci si trova per davvero e chi ci annaspa in forma retorica.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 318: PAROLE DEGLI OCCHI – Bambini bene educati

    Foto di Giorgio Bergami ©

    Una mamma a spasso con i figli: il più piccolo in carrozzina; gli altri due dietro a imitarla, spingendo ciascuno un minuscolo passeggino. Anche il maschietto apprende giocando che pure un uomo può occuparsi con la massima naturalezza dell’accudimento dei piccoli, senza prefissate distinzioni di ruoli legate al genere, come troppo spesso ancora accade.

  • OLI 317: VERSANTE LIGURE – BRIVIDI FREUD

    Banali citazioni
    a volte apron mondi
    su astute rimozioni
    di amicizie grandi
    su fobiche ossessioni
    transfèrt di propri sbandi:
    ha dell’inconscio i suoni
    “sic transit gloria mundi”.

    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA

    .

  • OLI 317: CITTA’ E CANDIDATI – Quale sogno per Genova?

    Disegno di Guido Rosato

    Due articoli sul Secolo XIX del 19 ottobre scorso hanno riguardato due diversi interventi previsti a Genova: a Piazzale Kennedy e alla Fiumara.
    Il primo articolo (“Piazzale Kennedy: il solito regalo a Genova Parcheggi”) descrive il progetto di ristrutturazione che realizzerebbe in tale area un parcheggio gestito da Genova Parcheggi, riportando le reazioni (complessivamente negative) dei lettori del giornale, che vanno da chi piange l’eliminazione del Luna Park a chi non desidera più “stipare carrozze di metallo che rubano spazio vitale alla gente”. Insomma, per il senso comune il progetto sembra mirato unicamente a fare cassa, non riuscendo neppure a ridurre il traffico privato verso il centro-città, visto che Piazzale Kennedy si trova di fatto in centro-città.
    Il secondo articolo (“Un nuovo maxi quartiere di fronte alla Fiumara”) è invece dedicato alla trasformazione dell’ex-area Enel di Via Pacinotti i cui lavori, con inizio nel 2012, dovrebbero portare, entro 24-30 mesi, alla realizzazione di un complesso di tipo residenziale e commerciale. Cementificazione o rinascita? Questa la principale domanda al centro dell’articolo, dove si sottolinea la mediazione effettuata dal Municipio Centro-Ovest con la popolazione di Sampierdarena, mediazione che porterà alla realizzazione di una scuola materna, alla riqualificazione del mercato di via Salucci, ed alla sostanziale tutela della visuale dei palazzi già esistenti. Ovviamente nel progetto è incluso un nuovo parcheggio interrato, destinato ai “nuovi residenti della zona”. L’articolo, che fa anche riferimento alle Torri Faro, in avanzata fase di realizzazione in via di Francia, chiude, nelle intenzioni dell’estensore, con una nota positiva: questa riqualificazione prende il via in un momento in cui altri grandi progetti immobiliari (Verrina a Voltri, ex-Boero a Molassana) “segnano il passo”.
    Chi scrive già in OLI 304 lamentava l’assenza a Genova di un qualsiasi anelito culturale al momento della riconversione di aree a disposizione: duole constatare anche in questa occasione la pervicacia con cui tutta la progettualità sullo sviluppo della città sembra esaurirsi nel costruire:
    1. parcheggi;
    2. centri commerciali;
    3. centri direzionali;
    4. appartamenti residenziali/commerciali.
    Per chi si candida a Sindaco di Genova ricordiamo che con la cultura si può anche mangiare.
    (Ivo Ruello)

  • OLI 317: CITTA’ E CANDIDATI – Panchine e poltrone

    Disegno di Guido Rosato

    Panchine.
    Mentre i candidati alle primarie si sforzano di individuare un programma accattivante per la città, ricco di temi, progetti, desideri, c’è un gruppo di cittadini, sotto la sigla “Vivo il centro storico”, che organizza un presidio per protestare contro l’assenza di panchine. Panchine per il centro storico. Non sicurezza o ronde. Ma semplicemente spazi dove sedersi a parlare.
    Il comitato arriva alla spicciolata martedì 18 ottobre ore 17.00 con due panchine e un folto gruppo di ragazzini al seguito, e manifesta in faccia all’ingresso principale di palazzo Tursi. Davanti alla tabaccheria di Via Garibaldi.

    I manifesti del comitato s’ispirano al cinema: Woody Allen, Forrest Gump, Stanlio e Olio. E gli slogan, diventano per se stessi manifesto di un programma possibile: “Le panchine sono la più bella isola democratica di questo pianeta” e “Le panchine sono il posto giusto, e sempre in prima fila per contemplare lo spettacolo del mondo”.
    I bambini del gruppo si arrampicano sulle finestre del distaccamento della Polizia Municipale, cercano un luogo, altri si distendono sulla panchina portata appresso. Le ragazzine si guardano attorno e parlano.
    Gli adulti, piantina alla mano, organizzano un presidio in piazza della Meridiana nel quale invitano i cittadini a collocare la loro panchina ideale nel centro storico. Ci sono pennarelli e suggestioni. Tanta voglia di sedersi e ascoltare.

    Chissà se i candidati alla poltrona di sindaco dimostreranno sensibilità per questo comitato, se ci sarà spazio per far proprie le loro istanze. O se l’assessore competente sarà in grado, magari prima di Natale, di prendere in esame la richiesta di panchine.
    In effetti i dehors dei caffè in città non mancano, nemmeno in via Garibaldi, ma di panchine anche nella strada più importante di Genova nemmeno l’ombra.
    “La panchina è l’ultimo simbolo di qualcosa che non si compra, di un modo gratuito di trascorrere il tempo e di mostrarsi in pubblico. Di abitare la città”, c’è scritto su manifesti del comitato.
    E i candidati sindaco che ne dicono?
    Stanno in panchina?
    (Giovanna ProfumoFoto dell’autrice)

  • OLI 317: CITTA’ E CANDIDATI – Maddalena: meglio nascere fuori dall’Incubatore?

    Porto alcuni vestiti a riparare in una sartoria che ha aperto da pochissimo tempo in Via della Maddalena. Vedere una bella vetrina illuminata e piena di colori, che interrompe la triste sequenza delle saracinesche abbassate è una festa, così dico alla signora: “Allora, l’Incubatore comincia a funzionare …”, ma sono subito smentita: “L’Incubatore? Solo pubblicità ingannevole”. Infatti mi spiega che, dopo aver visitato i locali proposti dall’incubatore, valutate le condizioni di degrado, i costi di ristrutturazione, le voci per cui erano effettivamente previsti finanziamenti a fondo perduto, e gli affitti, ha ben pensato che era meglio andarsi a cercare qualcosa sul mercato privato. Così ha trovato un locale per un affitto più sostenibile (250 euro mensili), di quelli che le erano stati richiesti per gli spazi dell’Incubatore (sui 300 / 350 euro).
    Mi dice: “Non vedi che quasi nessuno ha aderito al bando? La strada continua ad essere deserta”. In effetti è così. Le chiedo: “Ma secondo te che tipo di attività ha senso aprire in una strada come questa? Per che tipo di clienti?” Mi risponde: “Certo non per i turisti! Pochi passano di qui, e il turismo che viene a Genova è un turismo povero. Qui servono artigiani, attività che non si trovano più in giro. Invece, fuori dall’Incubatore, pare che stia per aprire una sala giochi: te la figuri qui la clientela?”
    Indirizzare il tessuto economico, tipo e qualità degli esercizi commerciali, è centrale, perché determina il tipo di vita che poi si svolge in un quartiere. Il centro storico dovrebbe tornare ad attirare la popolazione cittadina perché concentra esercizi commerciali che offrono cose e servizi utili, e ristorazione popolare. Non regalini e souvenirs. Tantomeno slot machines. Pare che il Comune non abbia la possibilità di indirizzare le licenze di vendita: si può trovare una via per superare questo ostacolo? Occorre dare una svolta capace di ripopolare in tempo rapido le zone in abbandono, altrimenti il destino di chi ci prova, uno per volta, è segnato.
    Dalla chiacchierata viene fuori anche un’interessante storia di mancato accesso al credito: l’impossibilità della mia interlocutrice di ottenere un prestito di 2000 euro per completare gli adempimenti necessari all’apertura dell’attività. Prova con la Confapi, che però non prevede prestiti inferiori a 5000 euro, e per cui serve comunque il possesso di un bene da ipotecare, o di un conto corrente con almeno 2500 euro.
    Da noi non è prevista la povertà. Il pensiero corre al microcredito: se ne parla per le donne dei Paesi “svantaggiati”, e invece serve qui.
    In rete scopro l’esistenza del “Fondo Microcredito FSE 2007 -2013” della Regione Sardegna (http://www.sfirs.it/documenti/15_309_20110704004335.pdf ), nulla di simile in Liguria. Forse non ho cercato abbastanza, e magari ci arriverà qualche segnalazione incoraggiante.
    In attesa, resta la poco incoraggiante osservazione della mia interlocutrice: “Chi mi ha aiutato sono stati solo i fornitori, sono stati loro i miei “finanziatori”, perché hanno accettato di farsi pagare a 90 giorni, a 60 giorni, dandomi un po’ di respiro”.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 317: INFORMAZIONE – Reazioni neurologiche di un Pd in fibrillazione

    “Al lupo! Al lupo! Il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo fa perdere la sinistra nelle elezioni regionali 2011 in Molise”. Questo è il messaggio per niente subliminale che la grande stampa e le televisioni hanno veicolato agli italiani. Sui siti internet si scatenano le ovvie deduzioni (Libero “Si scrive Grillo, si legge Berlusconi”), le accuse di populismo, pochi mantengono la calma. Diamo invece un’occhiata ai numeri, al giornalismo basato sui fatti.
    Nel sito del Ministero dell’Interno è possibile consultare i risultati delle elezioni, anche in forma storica. Le precedenti elezioni in Molise, del 2006, furono vinte dalla destra col 54% dei voti, contro il 45% della sinistra. Quest’anno la lista di destra, sempre capeggiata dall’onnipresente Iorio, al terzo mandato come presidente della regione, risulta vincitrice per un risicato 47%, mentre la sinistra si attesa su un punto percentuale in più rispetto alle precedenti consultazioni, salendo al 46%. L’abile mossa di aver candidato Di Laura Frattura, ex esponente di Forza Italia, ha pagato veramente poco, e ha confermato la mancanza di esponenti di spicco nella sinistra locale. Insomma, i dati sbugiardano la stampa, ma siamo certi che nessuna testata si porrà la cenere in testa spiegando ai propri lettori che si sono proprio sbagliati: la sinsitra ha perso “in proprio”.
    Non è che ci volesse poi molto a controllare, sono dati in linea disponibili per tutti, che (solita) figuraccia.
    Elezioni 2006 Elezioni 2011
    (Stefano De Pietro)