Categoria: Politica

  • OLI 316: ELEZIONI – Il candidato sindaco che voterei

    Disegno di Guido Rosato

    Il sindaco che vorrei, io cittadino immigrato che vivo a Genova da trent’anni, è quello che dà particolare attenzione al governo dell’immigrazione; che perciò tiene per sè la delega sull’immigrazione, costituendo un gruppo di lavoro di persone antirazziste, motivate, ed esperti che dipendono direttamente da lui. L’esperienza genovese ha evidenziato, infatti, che non basta più l’assessore all’immigrazione introdotto dalla giunta Sansa e mantenuto dalle giunte Pericu. Il grande lavoro svolto da queste giunte prendendo provvedimenti e realizzando iniziative molto importanti ed utili per l’integrazione stentava a crescere come avrebbe dovuto, proprio perché ciò richiedeva un forte ed autorevole coordinamento tra i vari assessori che governavano ognuno un proprio pezzo riguardante i migranti (lavoro, casa, giovani, cultura, servizi sociali).
    Il sindaco che vorrei è quello che finalmente costruisce una politica chiara del Comune sull’immigrazione. E’ necessario essere schierati per una società solidale, aperta, accogliente ed antirazzista, ma non è sufficiente. Occorre un progetto politico ed un piano di governo dell’immigrazione: quali sono gli obiettivi da raggiungere a fine legislatura? Quali sono le priorità sulle quali lavorare e su cui concentrare le poche risorse disponibili? Le priorità a mio parere sono il problema abitativo, l’integrazione dei giovani migranti e figli dei migranti, l’intercultura e la rimozione delle discriminazioni, in particolare nell’accesso ai diritti e ai servizi.
    Il sindaco che vorrei è quello che abolisce l’assessorato alla “sicurezza”, una parola d’ordine usata dalla destra per discriminare gli immigrati, copiata da una certa sinistra, nonostante ciò perdente nelle varie tornate elettorali.
    Vorrei un sindaco che si attiva fortemente anche a livello nazionale per promuovere iniziative volte a rimuovere norme sbagliate (ad esempio la tassa di 75 euro per rinnovare un permesso di soggiorno), ed introdurne delle nuove necessarie (ad esempio il diritto al voto).
    Infine trovo molte analogie tra le lotte per le pari opportunità dei migranti e delle donne, le quali, hanno una diversa e migliore sensibilità, intelligenza ed efficienza (quando sono orgogliose di tale diversità e non si sono assimilate al maschio). Perciò il sindaco che vorrei (uomo o donna che sia) è quello che riesce a dare un segnale forte sulla questione femminile, costruendo una squadra di assessori con la metà più uno fatta da donne, dimostrando così, anche, grande autonomia dai partiti. Non mi si dica che la questione non deve essere il sesso dell’assessore ma la sua competenza, siamo d’accordo, da una parte non sarà difficile per una persona che intende governare la città trovarvi le donne competenti, dall’altra deve essere chiaro che anche le donne devono avere il diritto come noi maschi ad assessori mediocri che ci sono sempre stati in tutte le giunte di tutte le città.
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 315: ELEZIONI – Marco Doria scende in campo

    Mercoledì 5 ottobre, nella sede del dopolavoro dei portuali a San Benigno, Marco Doria si è presentato alla città come candidato alle primarie per la scelta di chi dovrà contendere alla destra la poltrona di sindaco di Genova, nelle prossime elezioni amministrative.
    Il salone era strapieno: giovani e meno giovani, molta gente in piedi, tante facce estranee ai consueti appuntamenti della politica.
    Su di lui stanno convergendo grandi aspettative, come figura nuova esterna alle nomenklature dei partiti, pur con salde radici nell’esperienza della sinistra. Su alcuni può far colpo il fatto che abbia alle spalle una lunga tradizione familiare di gestione della città e dell’intera regione, fin dal medioevo, ma di questo non ama parlare, pur non rinnegandola: intende offrire il suo contributo come Marco Doria e basta, senza approfittarsi del cognome dei propri avi. Apprezzato storico dell’economia e dell’industria, docente prima in un istituto tecnico e ora all’università. Non è digiuno di politica, ma non ne fa la sua carriera, dichiarandosi soddisfatto e orgoglioso della propria professione di studioso: ha militato nella FGCI, l’organizzazione giovanile del PCI, ed è stato prima in un consiglio di quartiere e poi in consiglio comunale. È sceso in campo non di sua iniziativa, ma rispondendo all’invito di sette esponenti della società civile: Paolo Arvati, Luca Beltrametti, Mario Calbi, Walter Fabiocchi, Silvio Ferrari, Alessandro Ghibellini, Giovanna Rotondi Terminiello, firmatari di un appello pubblicato anche su Il Secolo XIX del 27 settembre scorso, insieme a due pagine dedicate a questa candidatura.
    L’incontro è stato moderato da Silvio Ferrari, che insieme ai suddetti ha introdotto Doria, leggendo due messaggi di Arvati e Rotondi Terminiello impossibilitati a presenziare. A questi si è aggiunto don Andrea Gallo, tra il pubblico, invitato a esporre anch’egli il suo sostegno.
    Prendendo la parola, Doria ha chiarito subito che la sua non è una candidatura “contro” le altre, ma “insieme” alle altre, per offrire ai cittadini un’opportunità di scelta in più. Per un resoconto del suo articolato discorso rimandiamo a quanto pubblicato l’indomani sulla stampa. Ci limitiamo a ricordare che, a chi gli rimprovera di apparire troppo serioso e di sorridere poco, ha risposto che nell’attuale situazione c’è poco da ridere, richiamando l’esempio e la serietà di Enrico Berlinguer, anch’egli avaro di sorrisi fuori luogo.
    E a chi si aspettava anche la presentazione del suo programma, ha fatto sapere che non intende affatto proporre un documento partorito da lui solo o con pochi intimi, ma che vuole costruirlo in un percorso comune, il più possibile condiviso e partecipato da tutti gli interessati, senza nulla di calato dall’alto, mettendosi in ascolto e misurandosi con le diverse componenti della città, operando soprattutto sulle problematiche del lavoro, della cultura – con una valorizzazione degli splendori di Genova non solo come attrazione turistica, ma soprattutto per i suoi abitanti – e dell’articolata policentricità di un grande comune frutto dell’unione di abitati diversi, tuttora caratterizzati da specifiche individualità.
    Il confronto con gli altri candidati è appena iniziato. Sarà interessante seguirne gli sviluppi.

    Video-intervista de Il Secolo XIX a Marco Doria:

    (Ferdinando Bonora, foto dell’autore)
  • OLI 315: POLITICA – Parole nel tempo

    Nel 1970 nasce in Grecia una canzone contro l’apatia di tanti nei confronti della giunta militare, versi che chiamano in causa la corresponsabilità di tutti nei confronti di quel che stava accadendo.

    La canzone (versi di Giannis Markopoulos, musica di Giorgos Skourtis, splendido interprete Nikos Xylouris) è, a nostro giudizio, bellissima. Ma non è tanto per questo che ve la proponiamo. Il fatto è che – fatte salve tutte le differenze – ci capita di trovarla  terribilmente attuale anche in questa Italia 2011.
    Volete provare a vedere se vi succede lo stesso? Leggetene il testo e ascoltatela.

    Nikos Xilouris

    I nemici sono entrati nella città,
    i nemici hanno rotto le porte,
    e noi ridevamo nei nostri quartieri,
    il primo giorno.
    I nemici sono entrati nella città,
    i nemici hanno preso i fratelli,
    e noi guardavamo le ragazze,
    il giorno dopo.
    I nemici sono entrati nella città,
    i nemici ci hanno gettato addosso il fuoco,
    e noi gridavamo nel buio,
    il terzo giorno.
    I nemici sono entrati nella città,
    i nemici portavano le spade,
    e noi le abbiamo prese per portafortuna,
    il giorno dopo.
    I nemici sono entrati nella città,
    i nemici hanno distribuito regali,
    e noi ridevamo come bambini,
    il quinto giorno.
    I nemici sono entrati nella città,
    i nemici erano dalla parte della ragione,
    e noi gridavamo: Evviva! Forza!
    E noi gridavamo: Evviva! Forza!
    Come ogni giorno.

    (a cura di Ivo Ruello e Paola Pierantoni)

  • OLI 313: IMMIGRAZIONE – Cos’è una società multietnica?

    Disegno di Guido Rosato

    Sergio Romano è uno dei pochi intellettuali italiani che non sono scomparsi dalla scena nazionale, quelli che scrivono e pensano in maniera autonoma dal potere. Perciò ha sempre scritto cose interessanti. Già il titolo della sua rubrica sul Corriere della Sera dell’8 settembre (il multiculturalismo, quello cattivo e quello buono) è molto stimolante. C’è una grande confusione, infatti, attorno ai termini multiculturalismo e società multietnica. Se ne parla senza sapere esattamente di cosa si sta parlando. Quando il presidente del consiglio dice che è contro la società multietnica senza spiegare cosa intende per società multietnica e quando le sue parole sono trasmesse ed amplificate dai molteplici mezzi di comunicazione di massa, la confusione regna indisturbata. Una certa società è multietnica solo per il fatto che in essa ci vive un consistente numero di persone che provengono da etnie, culture e religioni diverse. L’Italia è un paese multietnico perché ci vivono più di sei milioni di queste persone. E’ insensato domandarci se siamo pro o contro questa Italia multietnica, dobbiamo invece chiederci: che tipo di società multietnica vogliamo? Vogliamo, ad esempio, una società multietnica democratica, inclusiva, aperta, oppure una società multietnica chiusa, illiberale e razzista? Una società multietnica dove vige lo stato di diritto, l’uguaglianza dei diritti, le pari opportunità, lo scambio culturale e l’intercultura o una società multietnica dove diritti ed opportunità non sono uguali per tutti e dove si vive separati in ghetti etnici, religiosi e culturali? Una società nella quale la convivenza tra diverse etnie e culture sia motivo di pace sociale o di conflitto permanente? E’ da quindici anni, almeno, che viviamo in una società multietnica, cos’aspettiamo ancora per costruirne una democratica ed interculturale? Quando iniziamo a mettere le basi legislative e culturali per costruirla?
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 312: SATIRA – Sora Cesira, divertirsi con la politica

    Il XXXIX Premio di Forte dei Marmi per la Satira Politica è stato assegnato per il web a Sora Cesira. Ecco le motivazioni lette da Filippo Ceccarelli: “sulle macerie della politica svolazza la Sora Cesira. E brandisce la melodia, mette in note la parodia, fa cantare e danzare la tecnologia, in pratica afferra un brano, un video, quindi li piega, li storce, li stravolge, li scaglia nel cyber-spazio. E allora, come per magia, la musica disvela il senso riposto del potere: l’immorale, l’inconfessabile, il tarocco, il cialtrone, il buffonesco. Musicista provetta, interprete virtuosa, poetessa del sottotitolo anglo-romanesco, la Sora Cesira inaugura un tipo di satira che nemmeno si sporca le mani con i suoi bersagli proiettandoli nella più plausibile irrealtà: dalla resistenza alla ri-creazione si misura un mondo parallelo di inaudita allegria.” La rete  restituisce momenti della premiazione, in cui l’autrice nasconde il volto dietro un cappello fiorito, gelosa di un anonimato che nel proteggerla le chiude le porte ad un redditizio successo. “Io pensavo di fare dei video, cantarci sopra e metterci i sottotitoli e invece…Che faccio?”, “Brandisci”, rispondono in coro i componenti della giuria. Incalzata, spiega: “io non sono la Sora Cesira, io rappresento la Sora Cesira, la Sora Cesira è un’entità e sempre lo sarà…E’ un donna romana, è una sora romana, fa parte del popolo, scopre le debolezze, è una paladina della matriciana…”. E dichiara “non ho alcuna intenzione di espormi, non voglio essere un personaggio pubblico, mi diverto così, voglio tenere un profilo molto basso” ma ammette che potrebbe ripensarci per “un programma in prima serata”. Comunque decida, il suo sito ha regalato fino ad oggi istanti di splendida satira, alleggerendo i cuori delle persone prostrate dal pessimo spettacolo che la politica offre di se stessa. Strappare una grassa, prolungata, risata di questi tempi è davvero un bel regalo. Di seguito un imperdibile canzone di Laura Pausini, secondo Sora Cesira. Gli amanti del melodico non ne rimarranno delusi. 

    (Giovanna Profumo)

  • OLI 311: PRIMARIE – Roberta Pinotti, politica tra sofferenza e desiderio

    Genova, 5 settembre 2011, teatrino di Santa Zita, inizio campagna per le primarie del centro sinistra a candidato sindaco.
    Roberta Pinotti rilascia interviste. Un mazzo di palloncini colorati le passa accanto, mentre un tavolo è già allestito per le adesioni di volenterosi collaboratori, c’è anche un’arbanella per la raccolta fondi: “come per Obama” spiega Michela Tassistro. Si organizzeranno cene, aperitivi, e ci sarà una “squadra” per raccogliere idee e sollecitazioni.
    Pinotti’s boys and girls indossano maglietta rossa con la scritta: iostocongenova, tuttoattaccato.
    Legittimo chiedersi la fine che fanno coloro che non la sostengono. Con chi stanno? E stare con Genova cosa significa?
    La senatrice mostra come un elegante ventaglio la copertina dell’ultimo libro di Mario Calabresi “Cosa tiene accese le stelle” e legge un passo di De Rita: “Oggi non sentiamo più lo spazio delle possibilità. L’Italia affonda perché non sa più desiderare, in realtà molti di noi hanno ancora dei sogni, quello che manca è l’ossigeno per raccontarli persino a se stessi, il futuro non esiste e si vive in un presente perenne e sfuocato”. Roberta Pinotti evoca “la morte del desiderio” e cita Padoa Schioppa – quello dei bamboccioni – che aveva individuato nella nostra classe dirigente un’incapacità di guardare lontano, perché attenta solo ai giornali e alla prospettiva delle prossime elezioni. Poi c’è la frustrazione di una politica fatta di annunci mai realizzati.

    La “motivazione” di Roberta “è un grande amore per la mia città” ed è da questo “amore” che nasce la scritta iostocongenova, ma anche “da una sofferenza interiore” data dalla sensazione – passando sulla sopraelevata, non sotto – delle grandissime potenzialità di Genova e dalla percezione che sia tutto fermo. A Genova accade quello che succede a Gulliver, spiega Roberta Pinotti, è come legata da moltissimi lacci e lacciuoli messi dai lillipuziani, “non è a terra come Gulliver, ma potrebbe correre e non lo fa”.
    La senatrice parla di una vocazione internazionale del porto, di imprenditori desiderosi di investire ma privi di condizioni per farlo, di industria e compatibilità sul territorio, di fuga dei giovani, ed anche della scoperta di Genova come meta turistica da parte di molti amici che le dicono “perché non ce l’avete detto prima!”.
    Certo i dubbi, quando è stata sollecitata a scendere in campo, se li è fatti: “sarò in grado?”. Però “se mi sono messa in gioco, penso di potercela fare”. Perché “non arrivo dalla luna” e “ho fatto l’assessore in Comune, conosco le difficoltà”. Ma “va messo in moto un pezzo di risposta alla crisi”. E non bisogna credere che “tutto ciò che non va bene debba rimanere così” dalle deiezioni canine a questioni più grandi, chi amministra deve operare per il cambiamento. Quindi bisogna “dare spazio ai desideri costruendo percorsi possibili” e va tenuto presente che “Genova non è solo dove viviamo Genova è chi siamo”.
    Sulle primarie risponde citando un post sulla pagina “nata spontaneamente” su Facebook “cittadini per Roberta Pinotti Sindaco” in cui viene detto che la politica non deve rimanere un gingillo per pochi.
    Roberta Pinotti ha svolto attività politica a Genova dal 1993, alla Camera dei Deputati dal 2001 per due legislature, attualmente è alla terza, eletta senatrice dal 2008: è in politica da diciotto anni.
    (Giovanna Profumo)

  • LE CARTOLINE DI OLI 7: La Padania si restringe ad Arcore


    Il logo della Lega Nord sarebbe di proprietà di Berlusconi, che nel 1994 ne avrebbe comprato i diritti per salvare la Lega dal fallimento politico (ed economico). Anticipiamo quindi il nuovo logo della Lega Nord, in vista del probabile divorzio con Forza Italia.

  • OLI 310: GENOVA – AAA Cercasi Sindaco

    Ci dicono che non ci sono alternative.
    E che le loro eventuali alternative sono le più ponderate.
    Alcune volte restano senza parole.
    E ci fanno aspettare decisioni prese in stanze segrete e nei loro circoli.
    In alcuni casi chiedono le primarie. Spinte dalle correnti.
    Ma quanti sono i potenziali Sindaci sconosciuti ai cittadini?
    Quanti uomini e donne preparati e sensibili, ignorati dai partiti?
    Ci piacerebbe che il dibattito politico relativo alle elezioni comunali del 2012 per la città di Genova si accendesse attorno a nomi nuovi, persone di cui fosse provata la competenza relativa al territorio, alle molte criticità di Genova, capaci di presentare un programma politico sensibile a mobilità, occupazione, ambiente, integrazione. Persone di cui, oltre ai dati anagrafici, siano chiari ed offerti al pubblico giudizio il percorso scolastico, le esperienze professionali, la conoscenza di lingue straniere e della macchina comunale. E le passioni. Persone, naturalmente, libere da pendenze penali.
    Magari qualcuno tra chi ci legge potrebbe avere qualche interessante proposta da offrire al dibattito e alla speranza di tutti coloro che hanno una forte preoccupazione per il futuro della città, e di tutti quelli che la politica vorrebbero farla ma non possono, frenati dalle dinamiche di partito.
    Le idee potrebbero impilarsi qui sotto, nei commenti a questa piccola sollecitazione.
    (Giovanna Profumo e Paola Pierantoni)

  • OLI 310: ENERGIA – Effetti collaterali del monopolio

    Cassazione, se si scioglie il gelato non è colpa dell’Enel.
    (Foto dal blog persbaglio.ilcannocchiale.it)

    Si potrebbe pensare che gli effetti negativi del monopolio dello Stato sull’energia elettrica si fermino al fatto di non essere liberi di installare un pannello fotovoltaico senza dover obbligatoriamente vendere l’energia alla rete elettrica nazionale. Da oggi invece una sentenza della Cassazione aggiunge un tassello alle vessazioni che il sistema monopolistico italiano infligge ai propri cittadini, ossia che Enel non è più responsabile delle interruzioni di energia derivanti da una mancanza di fornitura da parte della rete elettrica nazionale, al tempo dei fatti GRTN (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale).
    La storia si articola negli anni, con un ristorante che, a seguito di un’interruzione notturna dell’energia elettrica, aveva perduto le scorte refrigerate e congelate, motivo per il quale si era rivolto alle vie legali per chiedere il risarcimento ad Enel. Ma Enel si opponeva, manifestando la propria estraneità alle cause di interruzione, che invece andavano ricercate nella mancanza di fornitura da parte di GRTN (che allora era la società di stato che amministrava la distribuzione monopolistica dell’energia elettrica). Le prime due sentenze, richiamandosi alla responsabilità del venditore rispetto alla qualità del prodotto venduto, avevano dato ragione al ristorante. La sentenza di Cassazione ribalta invece completamente le prime due, chiamando in causa una sostanziale differenza, ossia che Enel non ha la possibilità di rifornirsi da un altro produttore, avendo la rete elettrica nazionale caratteristica di monopolio, per cui Enel è obbligata nella scelta del suo fornitore. Quindi, non può essere responsabile di una scelta che gli viene imposta per legge.
    Si potrebbe obiettare ai giudici di Cassazione che GRTN non aveva però un rapporto commerciale diretto con l’utente finale, per cui non si capisce chi dovrebbe ripagare il danno. Viene di fatto annullato ad Enel il suo rischio d’impresa. In questo ragionamento, la ricaduta sul cittadino delle “beghe” tra Enel e il suo fornitore non viene tenuta in minima considerazione, a riprova che ormai le istituzioni viaggiano su binari celesti, ignari dei reali bisogni dei cittadini.
    Quindi adesso al ristorante non resta che rifare causa ad un’azienda che non esiste più, dovendo innanzi tutto individuare quale tra le centomila che si sono create ai tempi del decreto Bersani sulla liberalizzazione avrà ereditato la responsabilità di tale disservizio di GRTN. E poi attendere altri dieci anni come minimo per un’altra ballerina sentenza di Cassazione, se nel frattempo non avrà preferito emigrare nella spiaggia di un paese sudamericano.
    http://www.dirittoeprocesso.com/index.php?option=com_content&view=article&id=3255:black-out-elettrico-perche-lenel-non-e-responsabile-cassazione-sez-iii-18-gennaio-2011-n-1090&catid=58:risarcimento&Itemid=91
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 309: CITTA’ – Sondaggi segreti e private conversazioni

    Riproduzione di un disegno di G. Cavellini

    Leggendo sui giornali i risultati del sondaggio segreto del PD il mio primo e spontaneo pensiero è stato: soldi gettati via per scoprire l’acqua calda, e cioè che in una città decisamente orientata a sinistra Marta Vincenzi rischia seriamente di non farcela. Ma, probabilmente, i soldi sono stati spesi per dare a questa sensazione diffusa una base “scientifica”, e quindi politicamente utilizzabile.
    Per quel che mi riguarda questa sensazione ha preso forma e si è mano a mano consolidata in questi mesi a seguito del susseguirsi di private e sparse conversazioni con amiche ed amici.
    Certamente non ho costruito la mia rete di rapporti sulla base di un campione statisticamente significativo, e quindi mi si può dire che di quel che pensano gli amici miei …
    Fatto sta che il microcosmo umano che mi circonda è formato da una cerchia di conoscenze e amicizie abbastanza larga, prevalentemente femminile, formatasi a seguito di attività e interessi di vario tipo. Nessun attivista di partito salvo la recente affiliazione di un amico al Movimento 5 stelle, nei più anziani pregresse esperienze nel PCI o nel Manifesto, età variabili dai ventotto anni ai più di settanta, origini nazionali articolate. Gente attenta e informata, che nelle precedenti tornate elettorali ha distribuito il suo voto tra centro sinistra e sinistra, nelle varie accezioni.
    Dopo questa specificazione vengo al punto: molti mi confidano che voteranno Marta Vincenzi con fatica, o che non la voteranno affatto. Alternativa Pinotti? Per carità! Peggio che andar di notte.
    Riporto fedelmente il più recente di questi scambi, intercorso in una riunione di lavoro in cui non tutti i cinque partecipanti si conoscevano tra loro, anche se si poteva dare per scontato un certo terreno comune:
    Speriamo che questo progetto vada in porto prima delle prossime amministrative …
    … Paura, eh?
    … è per la Vincenzi, vero?
    Sento tirare una brutta aria.
    Ma sapete che tutti, ma proprio tutti quelli con cui parlo mi dicono la stessa cosa?
    Se si presenta Musso siamo fritti
    Soprattutto se si presenta con una lista civica
    Ma che alternative ci sono?
    La Pinotti …
    Per la carità del Signore!
    Dalla padella alla brace!
    Non me ne parlate!
    Eh già … dovrebbero cercare qualcuno che ora non c’è …
    Ma devono sbrigarsi …

    I motivi? Per la Vincenzi ricorre un forte fastidio per una auto-referenzialità che la rende incapace di ascolto e di comunicazione con la città, con conseguenti passi falsi.
    Per la Pinotti, in misura ancor più estesa e radicale, una valutazione di irrimediabile inadeguatezza.
    Sul Secolo XIX del 7 luglio un articolo riferisce che le due donne politiche, sullo stesso aereo, non si sono rivolte la parola. Invece farebbero meglio a parlarsi, e a cercare insieme come costruire le condizioni per una alternativa che vada oltre i loro due nomi, oltre l’appartenenza di partito, ma sempre donna. Sarebbe bello, una vera lezione.
    Chi cerca trova, ma deve uscire dalla gabbia del narcisismo.
    (Paola Pierantoni)