Categoria: Politica

  • OLI 289: LETTERE – Donne in piazza

    13 febbraio, Piazza De Ferrari, Genova, un boato accoglie la dichiarazione dal palco – Siamo in trentamila – Allegria ed entusiasmo elettrizzanti pervadono la folla di donne, neanche tante le giovani, qualche ragazzo e alcuni capelli grigi, ma pure mamme con carrozzine, striscioni e foglietti sventolanti una D: Dimissioni o Donna? Interpretazione a scelta.
    A condurre la kermesse è l’animatrice del suq, che si esibisce in pezzi letterari e invita a parlare persone “non note”, precisando che si deve dare spazio a chi normalmente non l’ha.
    Nel “recinto” accanto al palco intanto arrivano assessori, deputati… Personaggi pubblici insomma, soltanto tre donne con incarichi politici fermamente ne restano fuori.
    Si recita l’elenco delle donne per cui “se non ora quando”, da Rita Levi di Montalcini, a Sibilla Aleramo, Grazia Deledda, Nilde Iotti, Eleonora Duse, Serena Dandini… Sguardi un po’ interdetti. Serena Dandini? E le ricercatrici della Sapienza sul tetto, le operaie della Omsa, le badanti clandestine, le laureate medico che fanno le segretarie dal notaio e le donne, cui lo Stato ha delegato il welfare familiare, le lavoratrici tutte e le ragazze che non trovano lavoro?
    Sale sul palco, dopo aver scalpitato nel recinto, l’ideatrice ( insieme ad un uomo) di una manifestazione che si svolge tutti gli anni con grande successo. Donna in gamba, di solida carriera, da segretaria personale a direttrice di eventi, che arringa la folla con parole “di pancia”, chiedendo all’Innominato di dimettersi, che non si possono trattate così le donne, che lei non va più all’estero perchè si vergogna. Una che prima di approcciarsi al microfono sibilava di essere incavolata, di non poter tollerare che facciano strada giovani bellone senza cervello. Dubbio: per cosa era indiavolata, per B, per le giovani o le bellone che passano avanti?
    Si sa le elezioni in città sono vicine e il Sindaco è donna, fuori dal coro per di più e si susseguono interventi sinceri, ma anche tanti discorsi politici di sponda.
    Il pensiero corre ad altre piazze bipartisan, pure se la politica doveva rimanere ai margini.
    Su questo palco la questione femminile sembra interpretata con una tensione di risulta e non di scatto in avanti, una guerra di trincea, come se il tema riguardasse una parte di donne e non tutte, soprattutto il futuro delle nuove generazioni. Quelle che oggi e domani soffriranno per gli stereotipi vigenti, in un Paese diviso tra ipocrisia di un certo pseudo cattolicesimo ed etica comune a tutti i cittadini: una mercificazione dei corpi sì, ma pure deficit e sfruttamento del lavoro femminile senza servizi sociali di supporto, una delle principali cause per cui società e Paese restano al palo.
    Approda anche l’ex sindaco ed ex sindacalista, il mancato segretario di partito, candidatosi alle Europee al posto della governatrice del Piemonte, la quale a sua volta si è riproposta alle Regionali. Perciò il sindaco di Torino non si è presentato e il Piemonte è svaporato alla Lega, colpa di donna cocciuta (e non sostenuta, oltre ai voti grillini). E la filastrocca continua, chapeau, l’uomo è di un certo valore, migliore di tanti. Ma non aveva abbandonato tutto per fare il papà?
    Non soltanto la pioggia comincia a dare fastidio e la gente si affolla al bus.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 288: POLITICA – Benvenuti ad Hardcore

    La luce è assolutamente quella delle sagre di paese. Clima benevolo, un sole che schianta sui giardini dietro al palco e ammorbidisce l’intonaco giallo delle case. Mancano solo le collane di nocciole, ma un venditore di magliette propone gli slogan da portare a casa.
    Ci sono famiglie, passeggini, bambini, biciclette e maschere.
    Bavaglini sporchi di pappe invitano alle dimissioni con adesivi colorati.
    E se il paese è culla di creatività e fantasia qui, nel feudo del capo, la fantasia si scatena.

    Risorge anche Rosa, mamma di Silvio. E’ una befana in cerca del figlio: “Lo avete visto? Quello sporcaccione… Silvio sono tua madre!”.
    E ci sono nonni e nipoti che si palesano con cartelli. SONO IL NONNO DI TUTAKAMEN oppure MI CHIAMO IGOR, PRINCIPE DI KIEV, NIPOTE DI PUTIN! ZIO SILVIO AIUTAMI! SPASIBA.
    I tamburi dei Bandao, gruppo senese, danno ritmo alla protesta colorata di viola. E una donna utilizza il palo della sua bandiera per improvvisare una lap dance.
    Gli interventi dal palco, a tratti rabbiosi, si addolciscono quando si parla di futuro e speranza e possibilità di cambiare le cose.
    Nessuno dei presenti vuole fare a botte.
    Preferiscono buttare in aria mutande e reggiseni.
    E se l’Egitto viene richiamato da cartelli in inglese, i più sanno che l’Italia non è ancora l’Egitto.

    I RISULATI DEL MIO LAVORO LI VEDRETE, DOPO LA MIA MORTE, PERCHE’…SI RIBELLERANNO LE COSCIENZE DEGLI UOMINI DI BUONA VOLONTA’ ricorda uno striscione firmato Paolo Borsellino. Alcuni assemblano le facce dei politici in un unico manifesto che le contiene tutte, invitando i presenti a mandarli a casa.
    Altri son filosofi: LA VERGOGNA E’ L’ULTIMO OSTACOLO ALLA LIBERTA’ e poeti: FATTE NON FUMMO PER ESSERE TRATTATE COME RUBY.
    Tutti, nessuno escluso, sono consapevoli del puttanaio, diventato metafora di un paese a pezzi, e sono ad Arcore per chiedere le dimissioni del premier e cambiare rotta. Ma nessuno vuole fare a botte. Perché è il ghigno che regna in questa piazza, lo sberleffo, il pernacchio napoletano.
    SILVIO MINETITTITI! – NO AL GOVERNO PROSTITUZIONALE! – SE TI FACESSERO UNA STATUA AD ARCORE, SAREMMO I TUOI PICCIONI.
    Nessuno vuol fare a botte.

    E la villa del premier – in fondo ad un viale blindato ben prima che se ne possano scorgere i cancelli – è distante non solo fisicamente dai manifestanti, avvolta da una nebbiolina soleggiata, dimora del potere. La polizia a fare da ponte levatoio.
    Una bambina ciondola le gambe. Non tocca il marciapiede dal gradino sul quale è seduta. Una donna la imbocca.
    Volontari del Pd raccolgono firme, felici che a Milano ci sia Pisapia.
    Sul pullman che la riporta a casa una figlia parla dal cellulare con la madre distante
    – E’ andato tutto bene? Sai, ero preoccupata ci sono stati degli scontri…Qui i tg parlano di scontri!
    – Scontri? Nessuno scontro. E’ stata una manifestazione bellissima! Ma forse, non parlavano della stessa manifestazione.
    ( Giovanna Profumo)

  • OLI 288: EGITTO – Unità tra sessi e religioni nell’Egitto in lotta

    Venerdì 4 febbraio 2011: altra manifestazione milionaria in piazza della Liberazione (maidan al Tahrir). La preghiera del venerdì, che ha un significato particolare nella tradizione musulmana, sta per iniziare in piazza. Tutti vogliono partecipare alla preghiera, anche quelli che fanno servizio d’ordine ai sei ingressi della piazza per proteggere i manifestanti dagli attacchi dei resti delle forze di sicurezza del regime in borghese (sono in abiti civili, per apparire come cittadini sostenitori del regime e sfuggire all’intervento dell’esercito in difesa dei manifestanti) e dai famosi balttagìa (mercenari pagati dalla Mukhabarat – i servizi segreti – del regime, delinquenti comuni e criminali che solitamente impongono il loro controllo del territorio esercitando violenza nei confronti dei cittadini e terrorizzandoli. Ora sono mercenari al soldo del regime. Letteralmente sono i portatori di baltta; cioè ascia o grossa arma bianca). Nei giorni precedenti i balttagìa hanno invaso la piazza su cavalli e cammelli ed hanno attaccato i manifestanti. La notte precedente avevano attaccato i manifestanti con il lancio di bottiglie molotov e pietre.
    Per permettere anche ai membri del servizio d’ordine di partecipare alla preghiera, circa diecimila dei cristiani egiziani presenti in piazza hanno formato una diga umana ai sei ingressi della piazza, proteggendo i loro compagni musulmani durante la preghiera.
    Domenica 6 febbraio 2011: i cristiani egiziani hanno celebrato la messa domenicale in piazza al Tahrir circondati e protetti dai manifestanti musulmani.
    Due scene che evidenziano la forte unità tra egiziani musulmani e cristiani nella lotta contro il regime di Mubarak ed evidenziano il ruolo negativo di questo regime sulla convivenza tra religioni diverse e le sue responsabilità negli ultimi avvenimenti, precedenti alla rivolta, che hanno causato molte vittime cristiane. Una delle caratteristiche dei regimi dittatoriali è quella di creare divisioni tra i cittadini di diverse etnie o religioni proprio per conservare un potere totalitario aggressivo e despota.

    Le donne sono presenti ed hanno un ruolo molto attivo nella rivolta contro il regime, donne giovani e vecchie, con il velo e senza velo, con il vestito tradizionale e con i pantaloni o la gonna, donne laiche e religiose, musulmane e cristiane. I giovani uomini cercano soltanto di evitare che le donne facciano parte del servizio d’ordine agli ingressi della piazza e che affrontino la violenza dei balttagìa. Per il resto partecipano a tutte le attività, sono certamente le più attive negli ospedali di campo a curare i feriti, le più brave a portare cibo e quanto serve in piazza, sono le più brave a rappresentare la piazza quando sono intervistate dai media, sono le più organizzate, sono quelle che più hanno una visione chiara sulla prospettiva politica del paese, su come vorrebbero che si evolvesse la rivoluzione, sono le più determinate: non si tratta con il regime prima della caduta di Mubarak, sanno che è l’occasione della loro vita e della vita delle loro figlie e delle donne in tutta la regione per ottenere parità, libertà e democrazia.
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 287: POLITICA – Mignottocrazia alla romana

    Mentre ch’er ber paese se sprofonna
    tra frane, teremoti, innondazzioni

    mentre che so’ finiti li mijioni

    pe turà un deficì de la Madonna.

    Mentre scole e musei cadeno a pezzi
    e l’atenei nun c’hanno più quadrini

    pe’ la ricerca, e i cervelli ppiù fini
    vanno in artre nazzioni a cercà i mezzi

    Mentre li fessi pagheno le tasse
    e se rubba e se imbrojia a tutto spiano
    e le pensioni so’ sempre ppiù basse

    Una luce s’è accesa nella notte.
    Dormi tranquillo popolo itajiano

    A noi ce sarveranno le mignotte

    Giuseppe Gioachino Belli (?!)

    Da qualche giorno circola in rete questo sonetto a firma di Giuseppe Gioachino Belli (Roma, 1791 – 1863), sul quale si stanno sprecando commenti e riflessioni tra il serio e il faceto:
    http://www.google.it/search?q=Mentre+ch%27er+ber+paese+se+sprofonna&ie=utf-8&oe=utf-8&aq=t&rls=org.mozilla:it:official&client=firefox-a
    Molti lo prendono per buono, ma non occorre essere consumati filologi per capire che il grande poeta vernacolare c’entra ben poco con la paternità di questa sintesi di vita italiana, se non per aver fornito lo spunto all’anonimo autore di questa contraffazione amaramente ironica.
    Gli anacronismi abbondano: nella Roma papalina gli atenei non facevan ricerca più di tanto, né i cervelli più fini migravano all’estero a cercare i mezzi, né i pochi musei e scuole cadevano a pezzi, né si percepivano pensioni per tutti, né alte né basse.
    Si tratta semplicemente di uno dei tanti divertissement con cui si cerca di esorcizzare il baratro in cui è sprofondato “er ber paese”, sempre più ridotto a zimbello del resto del Globo. Uno strumento di resistenza intellettuale, stimolo per mantener desta l’attenzione, aprire gli occhi, reagire.

    Sulle mignotte nel Belli (tra le citazioni, ovviamente, non compare questo componimento):
    http://it.wikipedia.org/wiki/Mignotta

    (Ferdinando Bonora)

  • OLI 287: PAROLE DEGLI OCCHI – Oppio dei popoli

    Foto di Giorgio Bergami ©

    Foto di Paola Pierantoni ©

    Nelle foto di Giorgio Bergami, Venerdì 28 gennaio 2001: locandine in edicola e manifestanti per strada.
    Lo sciopero indetto dalla Fiom contro le politiche di Fiat e governo e a favore dei diritti dei lavoratori ha mobilitato molti settori della società civile e dell’associazionismo, con affollate manifestazioni in diverse città, tra cui Genova. Oltre a tale evento, molte emergenze e criticità stanno investendo l’Italia e il resto del mondo, ma invece di promuovere conoscenza e riflessione su questi temi vitali, la stampa preferisce attirare l’attenzione (e vendere di conseguenza più copie) evidenziando soltanto quanto attira il grande pubblico, in questo caso il calcio. Si perpetua così quell’azione di anestetizzazione e stordimento delle coscienze in atto da tempo attraverso la carta stampata e la televisione.
    Ma non tutti ci cascano…

    Nelle foto di Paola Pierantoni, tre manifestazioni degli ultimi mesi: 27 gennaio 2011, flash mob delle donne alla Stazione Brignole per le dimissioni di Berlusconi; 11 novembre 2010, manifestazione a De Ferrari in difesa delle politiche sociali; 6 giugno 2010, lo sbarco della Nave dei Diritti.

    P.S.: Ecco una perla del Secolo XIX online del primo Febbraio. I tre sondaggi hanno ovviamente un’importanza paragonabile.
    (segnalato da Stefano De Pietro)

  • OLI 286: POLITICA – Nichi Vendola: a “caccia” di un leader

    Dietro al palco un cartello indica le parole d’ordine di Sel.
    Sono collegate l’una all’altra, nodi cardini di una rete: sogni, solidarietà, ambiente, idee, futuro, cultura, partecipazione, diritti, lavoro, impegno, sinistra, giovani.
    E’ la fabbrica di Nichi. Che venerdì 21 gennaio non fatica a Genova a trovare operai e operaie che la sostengano. La sala chiamata del porto è colma di gente, giovani donne e uomini, militanti nostalgici del P.C.I. e delle idee. Persone bisognose più che mai oggi di riconoscersi in un leader.
    Lui, previsto per le 18, arriva con quaranta minuti di ritardo.
    Ma dopo aver aspettato così tanto, che importanza ha?
    Luca Telese, che lo affianca, parla di Mirafiori e degli sconfitti della Fiat, nella quale a perdere è stato Marchionne. E racconta del coraggio di Maria – 37 anni, un figlio a carico di 6 – che ha dichiarato di votare no, consegnando alla stampa nome e cognome.
    Nichi ha carisma e parole gentili. Spiega che è andato a Mirafiori perché si sente erede del meglio delle cultura liberale ed anche della cultura cristiana. Dice che è necessaria la libertà dalla miseria e dalla paura e indica tra il pubblico Rami ed Elias che hanno meno di cinque mesi e non hanno nomi italiani. Ritorna con il pubblico alle parole: prima le 3 i: impresa, inglese, informatica. Oggi tre p: povertà, precarietà, paura, “e nessuno si azzardi a dire che c’è una quarta p…”.
    Accenna a riduzioni di pause e diritto alla malattia, inflitti agli operai di Mirafiori. E richiama alla necessità a “liberarsi da incrostazioni ideologiche” per portare nel “nuovo secolo passione e curiosità. Non è il tempo della nostalgia, ma della ricerca in mare aperto” in ascolto delle nuove generazioni. “Ma non ci si può congedare dal lavoro perché il lavoro è la questione centrale”. Perché “non è in gioco la sconfitta della Fiom ma la solitudine di molti lavoratori”.
    Fatica Vendola ad individuare la “modernità di Marchionne”. E parla al suo pubblico di razzismo e dei 70.000 detenuti oggi nelle carceri italiane e ricorda quando l’allarme scattava a quota 45.000, rimarcando che ormai sono state “buttate via le chiavi” delle galere del paese. Racconta della sua famiglia e delle letture di bambino, e di un mondo nel quale America Latina e Luther King entravano in casa, parte di un’attenzione collettiva. Oggi Il grande fratello mostra una famiglia dalle porte blindate, totalmente ignara di quello che accade.
    Molto simile ad un massaggio dell’anima il discorso di Vendola che, se uno potesse permetterselo una volta alla settimana, ci si butterebbe a pesce.
    Diversa l’opinione di Bersani che, su La7, a “Le invasioni barbariche commenta”: “Dobbiamo proporre alla gente qualcosa di cui fidarsi, non qualcosa di cui essere incantati”.
    Sulla posta, un appello su http://www.lav.it/ denuncia la nuova legge sulla caccia approvata dalla regione Puglia presieduta da Vendola. A rischio – in base all’appello e a relativa raccolta firme – beccacce, storni, tordi. Ma garantita libertà di circolazione ai fuoristrada.
    Sicuramente Vendola saprà spiegare. Per non deludere.
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 283: DIRITTI – Scegliere il tempo del morire

    L’evento questa volta è raccontato “dall’interno” perché siamo in tre – della redazione di OLI – ad avervi partecipato.
    Giovedì scorso, per tre ore, gli uffici dell’Anagrafe di Corso Torino sono stati animati da una insolita agitazione, che si sommava a quella della vicina sala dedicata ai matrimoni: un gruppo di donne di età molto diverse, unite dalla appartenenza al gruppo “Generazioni di donne”, aveva organizzato la consegna collettiva dei propri testamenti biologici per “sollecitare le forze politiche e il legislatore a riconoscere pienamente il diritto alla autodeterminazione” e per affermare il diritto a scegliere il tempo del proprio morire, a rifiutare di diventare esseri puramente vegetativi nelle mani di altri, o di soffrire senza prospettiva per un tempo indeterminato.
    Ognuna delle “testamentarie” sapeva bene quanto sia incerto questo terreno: nessuna legge garantisce la validità di questo atto, e attendere che una normativa rispettosa della pluralità di pensieri possa arrivare nel prossimo futuro richiede un grande ottimismo: gli attacchi a Saviano e Fazio per lo spazio dato a Mina Welby e a Englaro, la minatoria circolare governativa contro i registri comunali, l’isterica reazione al suicidio di Monicelli, il grande attivismo delle gerarchie cattoliche, dicono che tira una brutta aria per la ragione e il rispetto.

    Ma il cammino della politica è lungo, e le prospettive si costruiscono anche nei momenti bui, agendo soprattutto sul piano della cultura e della consapevolezza: per questo le organizzatrici intendevano rivolgersi non solo alle istituzioni e alle forze politiche, ma alle persone, donne e uomini.
    Alle persone però bisogna arrivarci, e non è così facile.
    Il gruppo ha un suo sito (*), ma per questa occasione è stata tentata anche la strada degli organi di informazione. Ripetuti invii di comunicati e diversi giri di telefonate non sono però riusciti a smuovere i redattori della stampa locale oppressi, come hanno lamentato al telefono, “dalle centinaia di segnalazioni” che piovono sui loro tavoli ogni giorno. Così sui giornali di questo evento non vi era traccia.
    Altra assenza sensibile quella della amministrazione comunale: la manifestazione era organizzata da tempo, ma nessuna presenza politica si è affiancata ai gentilissimi funzionari responsabili della redazione materiale degli atti.
    Peccato, poteva essere una buona occasione per richiamare l’attenzione pubblica su un “servizio” – e soprattutto su una questione etica, culturale e politica – pesantemente sotto attacco da parte del governo.

    Il documento che annunciava l’iniziativa osservava che sul testamento biologico “L’informazione è molto carente e si è limitata al momento del lancio della iniziativa” e che “La nostra azione pubblica ha lo scopo di spezzare questo silenzio”. Il sito del Comune, per parte sua, non aiuta, arrivare alla voce “testamento biologico” è cosa ardua: imperizia? Distrazione? Intenzionalità? …
    Per colmare almeno in parte queste lacune, le istruzioni necessarie a compiere questo atto sono state inserite sul sito del gruppo (*).
    Un aiuto è venuto solo dal lungo e bel servizio di Emanuela Pericu sul TGR: avrà giocato la particolare attenzione femminile su questo tema? Il 65 % dei testamenti è stato depositato da donne, e donne erano le organizzatrici di questo testamento plurale.
    Riflettere sulle ragioni profonde di questa differenza può essere un esercizio interessante.
    (*) www.generazioni-di-donne.it
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 283: CITTA’ – Gucci: festa di strada

    Finalmente!
    Dopo Firenze, Portofino, Venezia, Cortina, Milano, Capri, Roma, Porto Cervo, Monte Carlo, Dubai e tanti altri luoghi più o meno d’élite in tutto il mondo, anche Genova ha ora la sua boutique Gucci, nella centralissima Via XXV Aprile, al pianterreno del neoclassico Palazzo Costa Gallera (*1).
    Giovedì 16 dicembre, tra il tardo pomeriggio e la prima serata, s’è tenuto il tanto atteso vernissage.
    Molta bella gente di varia eleganza, dal casual al fashion victim. Impeccabili hostess controllavano gli accessi consentendo soltanto agli invitati l’ingresso nell’area della pubblica via recintata da vistosi cordoni, con l’asfalto coperto da una sobria moquette arredata con grandi cubi di luce. Gli ampi vasi con le piante che normalmente fiancheggiano il marciapiede erano stati spostati da un lato, sia per liberare il fronte del negozio, sia per schermare la postazione del tecnico che gestiva l’accompagnamento musicale dell’evento.
    Grande animazione: fuori sfidando il gelo e all’interno nella raffinata atmosfera caratterizzata da vetri fumé, specchi, legno, marmi e moquette, dove Frida Giannini – la stilista direttore creativo di tutte le linee di prodotto Gucci – ha “voluto esaltare l’aspetto lussuoso della boutique attraverso la luce naturale e i richiami alla tradizione”, come riporta Wanda Valli su la Repubblica / Ed. Genova del 17 dicembre (pag. 3). Nello stesso pezzo, intitolato entusiasticamente “Gucci lancia la sfida all’austerity, ‘Città moderna, noi ci crediamo’ ”, si dà conto anche della compiaciuta visita della sindaco Vincenzi, “convinta che anche l’industria della moda serva a dar lavoro e a rilanciare Genova”, e si nota come pure altrove in città vi siano analoghi segnali di incremento d’offerta di prodotti di fascia alta.
    Andrea Morando, proprietario di questo (in franchising) e di vari altri negozi in centro e altrove, dichiara in un articolo on line (*2): “siamo sicuri di avere successo. Per noi portare una griffe così importante al livello mondiale qui a Genova significa credere in un progetto ambizioso. […] Il nostro è stato un investimento molto rilevante, il livello del brand è altissimo, per cui, essendo questa una nicchia del lusso, ci aspettiamo dei riscontri importanti”.
    Auguri!
    Ma casi come questo sono indici di ripresa o non piuttosto di un persistere – se non di un aggravarsi – della crisi?
    Da che mondo è mondo, si sa che i consumi di lusso si intensificano nei periodi di recessione economica, quando si accentua il divario tra i pochi che dispongono di ingenti mezzi – e amano investirli anche in status symbol di una presunta superiorità reale o agognata – e i troppi che ne hanno pochi o niente affatto e restano a guardare, ora con invidioso rammarico, ora con indifferenza, ora con disgusto sdegnato o rabbioso.
    Nel primo Seicento, momento di grave congiuntura in tutta Europa, proprio qui a Genova, quando schiere di mendicanti invadevano le strade (e infatti si eresse l’immenso Albergo dei poveri per rinchiuderveli), chi poteva permetterselo innalzava palazzi o chiese sfarzosi e le signore esibivano abiti che costavano quanto una nave di medio tonnellaggio o un caseggiato. Tutto ciò non era simpatico, almeno per certe sensibilità odierne.
    Nessuno intende adesso contestare chi può e desidera comprarsi borse di pitone da 2800 euro o abitini da 1400 euro: liberissimo di farlo, buon per lui.
    Non è però simpatico che – per quanto “prestigiosa” possa essere la griffe – per una festa privata d’inaugurazione – si dice con 1500 invitati, ma pare ne siano venuti assai meno – si chieda e si ottenga di occupare non uno spazio pubblico marginale, bensì una centralissima strada di grande traffico, per giunta in orario di punta – dalle 18,30 alle 21,30 – costringendo i mezzi a variazioni di percorso con l’intervento straordinario della polizia municipale e disagi per migliaia di cittadini.
    Voci critiche si sono già levate, sia on line (*3), sia come riportato da Il Secolo XIX del 17 dicembre (pag. 26, a firma R.C.).
    Vorremmo aggiungere ai competenti uffici alcune domande che ci paiono legittime, in un’ottica di trasparenza amministrativa: a fronte di tutto ciò, quale è stato il beneficio per la collettività? Quanto è stato versato al Comune dagli organizzatori per l’occupazione del suolo pubblico e altre spese? Qual è il ricavato netto per le nostre disastrate casse?
    Grazie.
    (*1) http://www.gucci.com/it/home
    (*2) http://www.genova24.it/tag/gucci
    (*3)http://www.genovaogginotizie.it/cronaca-cronaca-locale/2010/12/17/news-4848/genova-via-xxv-aprile-chiusa-ieri-per-100.html

    Per i non addetti ai lavori, sul significato di termini quali “brand”, “casual”, “fashion victim”, può essere d’aiuto Wikipedia:

    http://it.wikipedia.org/wiki/Casual
    http://it.wikipedia.org/wiki/Fashion_victim

    (Ferdinando Bonora, foto dell’autore)

  • OLI 283: SOCIETA’ – La parabola di Marta tra Gucci, Littizzetto e Tenco

    Giovedì 16 dicembre 2010 il traffico di Via XXV Aprile è stato interrotto nel pomeriggio perché veniva inaugurata la nuova boutique Gucci a Genova.

    All’evento erano presenti molte personalità – Very Important Persons – del jet set genovese tra le quali la Sindaco Marta Vincenzi convinta, secondo la Repubblica / Ed. Genova, che l’industria della moda serva a rilanciare la città.
    Nel Settembre 2010 Victor Uckmar, presidente dell’Airc, partecipava ad una serata a Palazzo Lomellino interamente dedicata alla raccolta di fondi per la ricerca sul cancro. Mostra di quadri di personalità dello spettacolo e asta di tali opere facevano da cornice all’iniziativa. Ad ogni partecipante veniva richiesto un contributo.
    Né Marta Vincenzi, né alcun assessore della sua giunta hanno partecipato all’evento.
    Ma veniamo alla politica, con alcune domande per le quali attendiamo risposte:
    Quanti soldi sono entrati nelle casse del Comune per l’interruzione del traffico cittadino a causa dell’inaugurazione di una boutique? Quale l’impatto in termini di gestione della mobilità per AMT e vigili urbani?
    Sulla base di quale progetto politico Marta Vincenzi programma la sua agenda?
    Ai primi quesiti si risponderà semplicemente mostrando i conti, per provare ai cittadini, vessati da prossimi aumenti di tariffe, che il gioco è valso la candela.
    Alla terza domanda si potrà dare risposta con una vision – parafrasando il linguaggio dei corsi di formazione – condivisibile che, ultimamente, è assai faticoso cogliere.
    Qui non stiamo parlando solo dell’assenza all’Airc, ma di un’assenza generale della Sindaco Vincenzi dalle cose che la renderebbero più vicina ai cittadini che l’hanno eletta. Dalla manifestazione del 1 marzo a favore dei migranti, colma di gente, partita in un lungo corteo da piazza della Commenda che ha visto la Sindaco partecipare, solo con un saluto, quando la manifestazione è stata costretta ad uno stop sotto palazzo Tursi, per aggiungere i molti cortei cittadini e terminare con il mitico sportello delle multe del secondo piano del Matitone – botta di realtà per tutte le anonime Marte della città – nel quale i numeri di prenotazione scendono alla velocità di un bradipo.

    Luciana Littizzetto ha dato spazio a Marta Vincenzi, in prima serata, in relazione all’ordinanza relativa alle prostitute:

    La “Sindachessa” è finita tra le notizie “balenghe” di Che tempo che fa.
    Non si chiede qui alla Sindaco di esserci sempre e comunque. Ma di selezionare, in base al clima pesante che grava sulle spalle di molti, le occasioni nelle quali la sua firma e presenza istituzionale possa avere spessore.
    La boutique di Gucci non fa parte della lista.
    Ai nostri lettori lasciamo, come augurio natalizio, l’ascolto della canzone del genovese Luigi Tenco, diventata bandiera della richiesta di cambiamento della sinistra.
    Con la speranza che Marta Vincenzi nel 2011 ne faccia buon uso.

    (Giovanna Profumo)

  • OLI 283: POLITICA – Tre voti

    Da qualche giorno circola in rete – per iniziativa di Alessandro Fiorani – questo spezzone da Gli Onorevoli, di Sergio Corbucci, con Totò (1963):

    (a cura di Ferdinando Bonora)