METTERCI UNA PIAZZA
In ottant’anni e rotti
la destra i propri vizi
non li ha guariti tutti
ma di provar dà indizi:
adesso a Matteotti
fa solo dei comizi.
Enzo Costa
enzo@enzocosta.net
www.enzocosta.net
METTERCI UNA PIAZZA
In ottant’anni e rotti
la destra i propri vizi
non li ha guariti tutti
ma di provar dà indizi:
adesso a Matteotti
fa solo dei comizi.
“Quarantamila voti in meno” (al centro sinistra); “Voto complesso”; “Fuga dalle urne”. Così Repubblica del 29 maggio 2007, giorno successivo all’apertura delle urne. Ora, si annuncia, comincerà l’analisi del voto. Repubblica registra le dichiarazioni di due protagonisti DS. Tullo, il segretario regionale, ribadisce più volte: “paghiamo la difficoltà a far capire l’azione del governo”. Margini, super assessore con delega allo Sviluppo economico, consigliere di amministrazione di Iride Spa, forse futuro assessore, si muove sulla stessa linea. “c’è un giudizio generale negativo sull’azione del governo (Prodi, nda)”.
Nei titoli a più colonne è stata presentata come “la truffa dell’ossigeno”; in realtà ha tutta l’aria di una tristissima beffa la storia che vede coinvolti anche non pochi medici della buona sanità. L’accusa sostiene che a Genova a dintorni c’è stato un abuso in eccesso di prescrizioni di ossigeno per moribondi, con bombole destinate addirittura a persone defunte e interessamento sospetto dei sanitari presso le ditte fornitrici. Un ennesimo scandalo?
Nel primo decreto Bersani sulle liberalizzazioni vi è una norma che obbliga le società informatiche regionali a lavorare solo per il proprio committente, cioè le regioni. Questo per rimediare al fatto che la presenza di grandi società pubbliche (in Liguria Datasiel) sul libero mercato è di fatto un elemento di distorsione della concorrenza. In soldoni, Datasiel non solo si occupa di tutta l’informatica regionale, ma gli vengono assegnate senza gara anche commesse per moltissimi altri enti locali, dai Comuni alle Asl (la Provincia di Genova no, perché anch’essa è dotata di propria azienda informatica, Athena).
Riceviamo:
Sono un ragazzo di Napoli che lavorava nel call center 892-892. La società che gestiva i nostri contratti, non li ha prolungati forse perché, secondo le nuove leggi, doveva inquadrarci. E’ successo così anche al call center della Spezia: i loro ex-dipendenti (schiavi) non si stresseranno più con 30-35 chiamate l’ora. Ora i nuovi operatori 892-892 sono albanesi e altri italiani si ritrovano senza lavoro.
Non c’è dignità nell’uomo, non si capisce o meglio non si vuole capire; tanti pensano che un bel piatto di lasagne nel proprio piatto sia quello che conta; e poco importa se e agli altri non resta niente. Beh, così uno muore per molti grassi e l’altro muore di fame. Sarebbe meglio una minestra per tutti.
Il caso dell’892-892 non è certo isolato. La H3G (che a Genova ha una unità produttiva con più di 200 dipendenti) recentemente ha chiuso a Genova la linea produttiva “consumer” (caratterizzata dal più alto livello di ritmi e di stress), decentrandola parte in Romania e parte ad una cooperativa sociale che opera nel carcere di Bollate, dove l’attività del call center è stata introdotta già da quattro anni, come a San Vittore dove opera Telecom, che ha un suo call center anche a Rebibbia.
Il segretario dell’Associazione ligure dei giornalisti, Marcello Zinola, risponde a stretto giro di e-mail, e con reale apertura, alle amarissime critiche mosse al sindacato di categoria da un giovane lavoratore precario dell’informazione. Tra le contestazioni contenute nella lettera di Nur El Din commentata nel numero precedente di Oli , si avanzava il sospetto di una discriminazione, una sorta di “solidarietà pelosa”, verso i “giornalisti di serie B”, freelance, pubblicisti, articoli 2, autonomi, al punto da non riconoscere neppure il contributo di maternità a queste colleghe neo-mamme.
Ricordate il meccano? Prima della televisione non stop c’era lui. Quando nei lunghi pomeriggi il palinsesto offriva uno schermo grigio, puntellato dalle onde del fuori programma, i ragazzi aprivano le scatole di montaggio e con quei pezzi – barrette piatte e bulloni – facevano miracoli. Pomeriggi in cui il tempo rallentava, in cui i giochi respiravano con i bimbi, in cui nonni facevano il riposino e bisognava stare zitti, fare piano. Ed anche il tempo sembrava allungarsi come in uno sbadiglio di sollievo. Il meccano. Che meraviglia.
A Lecce, invitato dall’Unione degli studenti, ho avuto un esempio non proprio edificante di come può essere utilizzato il problema dell’ordine pubblico. I ragazzi avevano programmato al mattino una manifestazione per ricordare Carlo e Genova e al pomeriggio un dibattito presso l’università. Il ritardo dell’aereo non mi ha permesso di prendere parte al corteo, ma ho potuto constatare che erano state allestite misure di sicurezza quanto meno esagerate.