Categoria: 155

  • VERSANTE LIGURE

    PER UN PARTITO DEMOCRITICO
    L’unanimismo espello
    dai miei mentali tic
    l’alternativa avallo
    la scelta è giusta, è rock:
    ci sia, dove c’è un Tullo,
    un’Olivari Flick.


    Enzo Costa
    enzo@enzocosta.net
    www.enzocosta.net

  • Cambiare è possibile?/1 – In marcia il partito chiamato Walter

    All’aeroporto, mentre partivo per il Malwi con una scolaresca di un liceo, uno dei ragazzi – sapete di quelli che fanno casino, che hanno i jeans che cadono e le mutande che spuntano fuori dei calzoni – si avvicina e mi chiede: “Signor sindaco? Vuole saper cosa c’è scritto sulle mie mutande?”, “Va bene…Dimmi cosa c’è scritto…”, “Sala giochi!”. Ecco – pensate – proprio lui è quello che si sta impegnando di più oggi per la gente di quel posto. Al ritorno dall’Africa piangeva e mi abbracciava. Questa mattina mi ha chiamato sul cellulare parlandomi di tutti i suoi progetti. Questi sono i giovani ed il problema è nostro! Non loro! Loro ci cercano ma non ci trovano!

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  • Cambiare è possibile?/2 – Il sermone laico di una cattolica

    Con la Bindi all’Unità il clima è austero. Nessun siparietto musicale per una platea esigente per età, estrazione, genere e fede. Pubblico meno festoso, ma solidale e vicino ad una scelta già data per sconfitta. A differenza di Veltroni, la candidata è intervistata da Manzitti direttore di Repubblica-il Lavoro. La Bindi si augura che davanti a lei ci siano coloro che avevano abbandonato la politica e che adesso vogliono ritornare. Per questo parlare di regole “è un fatto essenziale” perché i tre milioni di lettori di “La casta” e i trecentomila firmatari dell’appello di Grillo, non vanno sottovalutati. Devono essere messi in condizione di cambiare senza essere utilizzati per legittimare l’esistente.

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  • Cambiare è possibile?/3 – Giovani e di sinistra stregati da Grillo

    Il 60% dei “grillanti” si trova tra gli elettori del PD”. Lo scrive Ilvo Diamanti su Repubblica il 14 settembre precisando che, del 43% degli intervistati d’accordo con il comico, il 58% vota centro sinistra, mentre il 32% sta con la CdL. Hanno tra i 35 e 55 anni, un titolo elevato di studio e sono lavoratori autonomi, ma, soprattutto, impiegati, tecnici e dirigenti. Quindi, senza grilli per la testa.

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  • Giovanni Novi – Se la politica non vuole sentire parlar chiaro

    Più della metà dei visitatori della festa genovese de l’Unità (Repubblica 16 settembre 2007) ha detto di aspettarsi dal Partito democratico che metta fine ai “privilegi che il sistema politico e amministrativo ha costruito per sè in questi anni”. Ma di quali privilegi si tratta? Gettoni, cariche, parcheggi gratuiti, tessere per lo stadio…? Non si sa. Forse la materia sarà occasione di ulteriori approfondimenti.

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  • Cattedre – La scuola ingiusta parte da lontano

    Nella grande sala affrescata l’aria è umida, pesante. I presenti cercano di assestarsi alla meglio sulle scomode sedie e parlottano tra loro, nervosi, mani che stringono borse voluminose, portacarte professionali, sacche da spiaggia, obsolete cartelle di cuoio nero. Di fronte a loro, i funzionari della Direzione scolastica regionale, seminascosti da montagne di tabulati e di moduli: una sorta di giudizio universale in minore, dove molti saranno i chiamati, ma pochi gli eletti.

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  • Ssis – Corsi universitari per precari a vita

    Fra gli insegnanti precari in attesa da anni -chi sette, chi otto, alcuni addirittura dieci o più- è in corso una lotta fra poveri che vede in opposizione i vincitori di concorso ordinario (l’ultimo si tenne nel 1999) che pur avendo vinto il concorso non arrivarono in posizione utile per avere una cattedra, e gli abilitati attraverso gli otto cicli di SSIS (Scuola di Specializzazione all’Insegnamento Secondario) effettuati dalle Università italiane con frequenza obbligatoria e un costo variabile fra i 1.500 e i 2.500 euro all’anno per due anni, a seconda delle sedi.
    Ora, nonostante ogni anno le scuole facciano addirittura uso di giovani laureati senza abilitazione tramite apposite graduatorie, dimostrando in tal modo la continua necessità di personale, per lo meno per sostituzioni di breve durata, le tanto annunciate annuali assunzioni di 30.000, 50.000, 75.000 nuovi insegnanti bastano a coprire gli eventuali pensionamenti, e forse qualche posto in più, ma non certo a sfoltire l’elenco degli abilitati in attesa. Si parla di 500.000, 550.000 iscritti, un numero mastodontico che comprende chi ormai da anni vive nel basso precariato scolastico, da SSIS o da concorso. Che però ogni anno, da settembre a giugno, deve lavorare (con contratto a termine), perché senza di loro le nostre scuole non potrebbero andare avanti.

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  • Test – Ma alla scuola interessa un docente di qualità?

    Come si sceglie un potenziale insegnante? Buttando là delle ipotesi avevo pensato a qualcosa tipo una prova scritta in cui si cerca di capire se il candidato ha la minima idea della materia che andrà a insegnare; un successivo colloquio per cercare di scremare eventuali soggetti affetti da evidenti turbe psichiche; una prova pratica per capire se l’esaminato è in grado di gestire una lezione in classe. Niente di tutto questo. Sono invece i test a crocette ad effettuare la prima scrematura dei futuri docenti. Una soluzione che a me pare demenziale. Ma non voglio personalizzare troppo perché – a parte il buon senso – non ho le competenze per dare un giudizio sul tipo di prova. Ma le domande… Sentite: “Il clima di tipo mediterraneo influenza l’agricoltura delle coste sud-occidentali dell’Australia, brasiliane, meridionale della Nuova Zelanda o settentrionali dell’India?”. Ancora. “Chi è Attilio Bertolucci, un regista, un poeta, un uomo politico o un pi ttore?”. E qui mi gioco il jolly, perché coi nomi di battesimo faccio sempre confusione.

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  • Turismo – L’inglese gestuale addotato a Tursi

    Credo che non vi sia chi non conosca la storiella del genovese che decide di farsi un viaggio a Londra. Un po’ intimorito perché non sa l’inglese si confida con un amico che lo rassicura: “guarda, basta che parli molto, molto lentamente in genovese, e vedrai che te la cavi benissimo”. Il tipo parte, e mette alla prova il consiglio con il cameriere di un ristorante: “mi sûn o Beneito de Buggiascu, vurrieiva mangiâ” La cosa va a meraviglia, infatti l’altro risponde: “Mi sun u Luigin de Ceive, se vuscià scia me dixe cosse scia veu mi gh’a portu”. E il nostro: “Scià me scûse ma se mi sun o Beneito de Buggiascu e vuscià l’è u Luigin de Ceive, cumme a lè che parlemmu ingleixe?”
    La storiella mi è tornata in mente stamattina, nel prestigioso locale di via Garibaldi adibito a biglietteria e bookshop per il complesso museale genovese dove, per la seconda volta a distanza di tempo, mi capita di assistere a questa scena: quando si presenta un turista straniero, la signora dietro al bancone gli parla molto, molto lentamente in italiano. Quando il turista conosce un po’ la nostra lingua, la cosa funziona a meraviglia. Ma quando il poveretto sa solo l’inglese, dopo qualche tentativo di linguaggio gestuale, resta solo il rifugio in un sorriso imbarazzato (e imbarazzante).
    (Paola Pierantoni)

  • La morte di Tempo – Una vita per la musica chiusa senza una nota

    Risuonavano solo le note degli angeli, ha riferito con tocco lieve Silvana Zanovello, sul Secolo XIX, nella sua puntuale cronaca dei funerali di Claudio Tempo. La musica, quella espressa dal suono di un violino, di un pianoforte o di una voce, non c’era proprio; allo stesso modo mancava, grande assente, la musica come istituzione, ente preposto non solo all’allestimento di opere e concerti, ma anche e forse soprattutto a tenere vivi i valori di questo mondo culturale. Il mesto silenzio che regnava nell’antica chiesa di San Siro, la vigilia di ferragosto, per l’addio al più famoso e impegnato critico musicale che Genova abbia avuto negli ultimi trent’anni, esprimeva il grado di partecipazione, o di indifferenza, esistente da queste parti verso la migliore “intellighenzia”.

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