Categoria: OLI 327

  • OLI 331: LAVORO – I cinquantenni ignorati ricevono risposta

    Cogliamo con interesse la critica di S.D.P. (OLI n. 327 ) che richiama sostanzialmente la questione del ruolo dei servizi pubblici per l’impiego nella gestione del mercato del lavoro e del loro posizionamento rispetto alla “legge della domanda e dell’offerta” di lavoro.
    La normativa nazionale e regionale attribuisce ai Centri per l’Impiego lo svolgimento di attività fra le quali rientra la “preselezione ed incontro tra domanda ed offerta di lavoro” con l’obiettivo principale di agevolare la conoscenza reciproca e quindi l’incrocio fra le imprese in cerca di nuovi collaboratori e le persone in cerca di lavoro. Per la Provincia di Genova tale servizio è denominato “Match – aziende e lavoro” e raccoglie le richieste di preselezione presentate dalle imprese del territorio, offrendo in tempi brevi una rosa di candidati preselezionati secondo quanto richiesto dall’impresa e nel rispetto della legge. Esistono poi servizi e/o progetti dedicati a particolari target di disoccupati che consentano una presa in carico più strutturata e che va oltre il semplice “agevolare” l’incontro domanda e offerta.
    Restando però al servizio Match, dal 2002 la Provincia si è impegnata per offrire un servizio di qualità sia per i disoccupati sia per le imprese, cercando di mediare tra esigenze spesso non coincidenti. Si tratta da un lato di favorire l’accesso dei lavoratori alle opportunità di impiego presenti sul territorio, dall’altro di fornire un servizio di qualità alle aziende che, non essendo tenute a utilizzare i servizi dei CPI, possono scegliere liberamente chi assumere e a quali servizi di preselezione rivolgersi.
    Già da tempo stavamo valutando l’opportunità di eliminare la possibilità per le aziende di segnalare un range di età all’interno del quale chiederci la preselezione. Fino ad oggi si è ritenuto di andare incontro a questo tipo di richiesta, nei casi in cui fosse possibile preselezionare un numero congruo di lavoratori rispondenti alle richieste aziendali, soprattutto perché di fatto i CV di lavoratori “fuori target” segnalati all’azienda non vengono dalla stessa generalmente presi in considerazione anche se spesso i nostri operatori provano a proporre comunque curricula anche non perfettamente rispondenti a tutti i requisiti dettati dall’azienda.
    Non si può negare però che la platea delle persone in cerca di occupazione sia oggi sempre più vasta e variegata e che la normativa vigente spinga sempre più verso quello che viene definito “invecchiamento attivo”. In questo contesto, l’obiettivo di stimolare le imprese a una maggiore responsabilità sociale può passare in effetti anche attraverso il tipo di cambiamento che ci avete suggerito e che porta a non porre limiti di età (se non giustificate dalla disponibilità a certi tipi di contratto, che al limite di età sono subordinati) e a preselezionare i CV senza tenere in conto l’età del candidato rispetto alla richiesta del datore di lavoro potenziale.
    Abbiamo quindi già provveduto a rimuovere il limite d’età dal format per le richieste aziendali sul sistema match on line e stiamo lavorando ad altre modifiche che possano garantire una maggior trasparenza e possibilità di accesso alle opportunità di lavoro.
    Per quanto riguarda l’altra tematica toccata dall’articolo (esenzione ticket) pur non essendo di nostra competenza facciamo presente che da tempo la Provincia di Genova sta segnalando in tutte le sedi che sarebbe opportuno non utilizzare l’iscrizione al Centro per l’Impiego come requisito per l’accesso a benefici, esenzioni e contributi (accesso a case popolari, abbonamenti AMT ridotti ecc.) che vogliano agevolare fasce di popolazione disagiate essendo a tal scopo meglio utilizzare ad esempio l’ISEE o altri indicatori che esprimano la capacità economica del cittadino piuttosto che il suo stato occupazionale o – più precisamente – il suo grado di attivazione rispetto alla ricerca del lavoro. Grazie per il vostro lavoro di informazione e critica.
    (Giovanni Danieledirigente dei servizi per l’impiego della Provincia di Genova disegno di Guido Rosato)

  • OLI 328: GRECIA – Cronache di vita vissuta: l’isola

    Moschoùla, insegnante e dirigente di scuola superiore nell’isola di Ikaria, mi scrive: “Sì, le notizie che girano in televisione sono queste (Ndr: episodi di carenza di farmaci essenziali e di inedia; aumento dei suicidi e delle rapine …), ma soprattutto riguardano le grandi città. A Ikaria, il cibo non dipende solo dal nostro stipendio, ma anche da quello che coltiviamo (orti, animali, olive, vino): non credo che qui potranno verificarsi situazioni d’inedia. Quello che probabilmente succederà qui è che si perderanno case e proprietà, perché non c’è denaro liquido. Nelle città invece penso che ci siano veri e propri problemi di fame, perché i salari sono scesi tantissimo, e le persone si sono caricate di rate per la casa, per l’automobile … Per cui, se cercano di pagare tutte queste rate, non avranno i soldi per le loro necessità immediate. E se spendono i loro soldi per le spese necessarie non pagheranno le rate e perciò perderanno la casa, l’automobile … “.
    In Grecia infatti l’entità di stipendi e pensioni è stata “ridefinita”, con una riduzione secca del 25 – 35%. Salve solo le pensioni minime, che non superano i 450 euro mensili.
    Continua Moschoùla: “Non so verso dove ci porterà tutto questo; se si apriranno occasioni di lavoro per i disoccupati, in qualche modo la situazione potrà aggiustarsi. La verità è che siamo tornati agli anni tra il 1950 e il 1960, quando tutti cercavano di andare via per trovare migliore fortuna, solo che allora il mondo era molto diverso, e la maggior parte di quelli che se andavano era gente non qualificata. Ora se ne va chi ha una laurea e un dottorato. E questo è un fenomeno che indebolisce tutto il Paese”.
    In un’isola un pò selvatica come questa i redditi falciati dalle misure governative sono sostenuti non solo dalla micro economia dell’orto, del piccolo allevamento, delle manutenzioni auto gestite, ma anche dal fatto che è davvero difficile inventarsi modi per spendere soldi. Ma la crisi sta colpendo duramente anche qui. Durante queste vacanze di capodanno, rispetto a un anno fa, la differenza salta agli occhi: quasi introvabili le trattorie aperte. Pochissima la gente in giro.

    La bella nave moderna (anno di costruzione 2005) che in poco più di sei ore faceva servizio col Pireo, è sparita. Girano voci che sia stata venduta agli spagnoli. La sostituta Ierapetra di anni ne ha 36, e capita anche l’episodio eccessivo: cinquanta persone per protesta le impediscono di attraccare, coi passeggeri portati in giro per un giorno intero, inclusa una bara inutilmente attesa dai parenti che dovevano celebrare il funerale.

    Il primo gennaio, in quest’isola, c’è il rito di andare a salutare tutte le case, per portare il buon anno. Si inizia al pomeriggio, e spesso si finisce la mattina dopo. Quest’anno la compagnia di giro arriva a casa di Moschoula alle due di notte. Come in tutte le case la tavola è imbandita, e tra i canti e le chiacchiere uno degli ospiti dice: “Amici, fotografiamo questa bella tavola, tutti i cibi, uno per uno. Così l’anno prossimo quando ci ritroviamo a cantare, sul tavolo, invece del mangiare, ci mettiamo le fotografie”.
    Vedi Oli 327: “Grecia, una nazione a perdere?” – Nel prossimo Oli le cronache da Atene.
    (Paola Pierantoni – foto dell’autriceManifestazione contro la nave Ierapetra da Internet)

  • OLI 327: VERSANTE LIGURE – AGGETTIVO SOGGETTIVO

    Io non mi sento euforico
    ma neanche catatonico
    da risultar laconico:
    l’umor non è ipotonico
    e non sono sardonico
    se adesso vi comunico
    che il mio privarmi atavico
    (mai amico ebbi munifico)
    di résort faraonico
    mi fa, destino ironico,
    per niente…malinconico.

    Versi di ENZO COSTA
    Vignetta di AGLAJA
    .
  • OLI 327: PRIMARIE – Pinotti, primarie, programmi e cittadini

    Roberta Pinotti Iostocongenova. Marta Vincenzi La scelta forte, Come noi! Marco Doria Unimpegnoxgenova. Ecco i tre principali slogan della campagna elettorale delle primarie della sinistra genovese. Ma forse non stanno funzionando perché il 12 febbraio si vota, ma secondo Roberta Pinotti la gente è ancora poco informata sull’appuntamento. Bisogna fare di più.
    Teatro della Gioventù di Genova, pomeriggio del 16 gennaio. E’ il primo giorno di autentico gelo invernale e chi è presente ha soffocato la tentazione di stare o tornare a casa a caldo.
    Sul palco della sala Roberta è in due versioni: carne ed ossa e su totem. Nella seconda immagine emerge tra le ombre molto sfuocate di due persone in primo piano, la candidata illumina la fotografia, un occhio azzurro che guarda oltre, un sorriso accennato capace di cogliere quello che altri non sanno. In qualsiasi modo Roberta è tra la gente ed i suoi sostenitori ne sono consapevoli, infatti la sala, troppo piccola, non li contiene tutti. In molti si devono accontentare di sentire l’incontro affacciati sulle entrate laterali, il naso in aria e l’orecchio teso.
    Meglio delle parole del volantino di Roberta – io amo Genova per questo mi sono candidata a Sindaco che ricordano le già storiche l’Italia è il paese che amo – sono quelle che lei dice ai presenti sulla necessità di ricucire una relazione forte tra comune e municipi, tra ente e persone. Quando deve parlare a freddo – ammette – fa fatica perché lei ama più fare che parlare. Lo sanno i tre sindacalisti di Fiom, Fim e Uilm dei cantieri di Sestri Ponente che insieme superano la lacerazione in corso alla Fincantieri pur di sostenerla. Vogliono “un sindaco che rappresenti tutti”.
    Ma c’è anche una giovane del Pd che vive la politica come progetto e si sente “una mosca bianca” ed è felice che ci siano le primarie. E poi ancora un giovane dalla Valpolcevera che ricorda il problema amianto – suo padre ha ricevuto un avviso di garanzia – e segnala quanto sia importante difendere e valorizzare le moto, quasi fossero persone, saper comunicare con i cittadini le motivazioni delle proprie scelte e gestire bene le emergenze.
    E’ la candidatura dell’ascolto quella di Roberta. A ricordalo è Graciela del Pino del coordinamento donne latino americane, che da nuova cittadina si augura venga riattivato l’assessorato all’immigrazione. Chissà potrebbe essere forse lei a ricoprire la carica?
    E poi Bernini e Repetto in un appoggio che va da Ponente a Levante, sostegni importanti a livello di voti e consenso. L’uno chiede che arrivino risposte alle domande delle persone, nel nome di un’idea di città che va condivisa, l’altro ricorda quanto la Pinotti abbia ricevuto stima specialmente dal mono economico e finanziario.
    Il cittadino comune sarà forse poco informato, ma i militanti del centrosinistra sono pronti.
    Ma queste primarie riguardano davvero il cittadino comune?
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 327: PRIMARIE – Doria, che differenza c’è?


    – Perché dovrebbero votarti? – chiede il direttore del Secolo XIX a conclusione dell’intervista al cinema Ritz lunedì 16, e Marco Doria risponde: “Perché la mia è una storia diversa, faccio il docente universitario, sono contento del mio lavoro mentre le signore candidate la politica la fanno di mestiere”.
    Nessuna replica da parte del giornalista, apparso eccitato alle parole del candidato “indipendente” sulla Gronda, rimessa in discussione da Doria come risoluzione della mobilità a ponente, a suo dire un problema di traffico cittadino e non di chi corre da La Spezia a Savona.
    Genova turistica come Nizza o no? incalza l’intervistatore, riferendosi alla liberalizzazione degli orari dei negozi, ma riceve come risposta: “Sogno una città diversa”, e un “no” ad una città all’americana: le piccole imprese, come i negozi, vanno salvaguardati, fanno parte del tessuto sociale; si riveda invece la politica del centro commerciale: follia prevedere due megastore nel nuovo Piano urbanistico come a Sestri, al posto di aree produttive, là dove c’è un vecchio centro storico. Non si parla solo del  centro storico dei Rolli, ma pure di altri presenti a Genova, da Nervi a Voltri, assurdi i percorsi obbligati dei turisti in via Garibaldi e non alla Maddalena o in via del Campo.
    Perplessità nel pubblico mentre “Il sogno di una città diversa” appena s’intravvede, delineata nel pomeriggio nell’incontro sul Piano Urbanistico Comunale: tra i relatori, ex di qualcosa, forse in attesa di ricollocamento.
    La città com’era, da ritrovare, da presidiare, pare un refrain di Doria, il solo candidato che parli con numeri alla mano, dal calo e invecchiamento demografico, ai 90mila addetti dell’industria negli anni ’70, ridotti alla metà nel 2001 e ancor meno nel 2011. Si deve dunque cercare lavoro “di qualità”, rifiutando l’idea però che comandino soltanto bilancio e mercato; l’Italia e Genova non avranno più i ritmi passati di sviluppo industriale, bisogna prenderne atto, ma si devono comunque salvaguardare eccellenze come Ansaldo Energia e Fincantieri, aiutandole come Comune a ritrovare spazi e sinergie.
    Favorire il lavoro d’innovazione e di ricerca, cercando di attirare nuovi abitanti e nuove imprese, offrendo loro spazi e agevolazioni. Basta territorio a centri commerciali, così si cambia il tipo di lavoro, non lo si aumenta, si dirotta semplicemente il consumatore verso altra direzione.
    Ah, se al posto della Fiumara e dei grattacieli si fosse dato lo sbocco a mare all’Ansaldo, sospira qualcuno.
    Argomenti che toccano le corde degli astanti nell’incontro al PalaQuinto, venerdì 14, dove più che delle solite manutenzioni si parla ancora di occupazione e tanto di salvaguardia del territorio e del verde. – Non sono troppi però i numeri degli addetti all’azienda Aster, non c’è invece verifica di quanto viene fatto e di come si lavora – Preziosa e da recuperare la partecipazione dei cittadini, vero presidio della città.
    Anche qui sala gremita di persone di mezz’età, che in attesa del candidato davanti ai giardini sentono dire da giovani passanti: – Ma chi è ‘sto Doria? –
    E alla domanda di un cittadino al direttore del Secolo XIX se abbia ricevuto da Roma o da Piazza De Ferrari l’input ad una campagna pro Roberta Pinotti nemmeno tanto velata, il giornalista risponde che “l’attuale sindaco e i suoi assessori paiono l’armata Brancaleone e poi c’è già la Repubblica pro Vincenzi”
    Siamo contenti per l’informazione democratica.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 327: CITTA’ – Cantieri e Moschea un progetto per il futuro

    La notizia circola già da diverso tempo in ambito marittimo. E si riferisce ad un grandioso progetto che metterebbe la parola fine alla nota polemica scaturita in un quartiere cittadino in merito all’edificazione di un tempio islamico sul territorio comunale.
    Chi ha visto il disegno – il modello è ancora in costruzione da un noto artigiano – ne è rimasto piacevolmente colpito poiché, pur essendo un natante, assolverà la funzione di moschea consentendo alla nostra città di diventare meta di pellegrinaggio da tutta Italia.
    Più grande della moschea di colle Val d’Elsa e di Roma, quella a progetto avrà una fila di lumini a punteggiare la tolda, una biblioteca, una sala congressi, diverse cabine alloggio, e sarà rifornita di piastrelle provenienti da Marocco. Inoltre un’immancabile area SPA potrà accogliere per massaggi e bagni turchi le persone dedite principalmente al culto del proprio corpo. Il prestigioso design italiano farà della moschea attraccata in porto una meta turistica oltreché religiosa.
    Il tempio galleggiante che darà lavoro alle maestranze dei cantieri navali, risponde chiaramente alla necessità di progetti innovativi di cui mai come in tempi di crisi si sente il bisogno per garantire il futuro occupazionale nella nostra città.
    Fonti di ambiente navale, nel divulgare la notizia, confermano che pare vi siano in corso contatti informali con gli Emirati per valutare la possibilità di mettere in cantiere una flotta di moschee galleggianti tutte di stile italiano.
    Il portavoce del pontefice non ha voluto rilasciare dichiarazioni ma è evidente che in Vaticano si stanno valutando risposte adeguate per far fronte ad una futura, possibile ondata di templi islamici galleggianti in tutto il mediterraneo.
    Certamente il progetto, se attuato, potrebbe dar corso ad un cambiamento epocale in ambito marittimo ed essere chiave di volta per natanti futuri. I cantieri del nuovo secolo potrebbero riguardare asili, scuole, ospedali, ospizi, luoghi di lavoro e tutto quello che rende tale una città, attraccati o alla deriva a seconda del tempo e delle stagioni. Pare che il Capo dello Stato abbia accolto con vibrante soddisfazione la nuova prospettiva occupazionale. Inoltre, fa notare un architetto del comune, tali progetti consentirebbero il superamento di estenuanti modifiche del Puc dando respiro alle risorse creative in ambito marittimo.
    Un noto esponente del Pd si è detto entusiasta per la moschea galleggiante che a suo parere incarna la storica vocazione di integrazione, occupazione, promozione della nostra città.
    (Giovanna Profumoimmagine da http://www.ilgiornaledellarchitettura.com/immagini/IMG20090911154844703_900_700.jpeg)

  • OLI 327: INFORMAZIONE – Vittorio Feltri spiegato da Pavlov

    Su Il Giornale di lunedì 16 gennaio, in un editoriale dedicato al disastro della nave Costa Concordia (“Quella gara di stupidità tra uomo e tecnologia”) (*), Vittorio Feltri ci spiega come non sia prudente fidarsi troppo della tecnologia: negli ultimi anni “l’umanità ha dato troppo spazio e troppa fiducia al computer e derivati”.
    Siamo sicuri, continua l’articolo, “che nella sala comando del Concordia qualcosa non sia andato storto? Che un computer non abbia fatto i capricci, mancando di segnalare il pericolo dello scoglio?”. A riprova di quanto la tecnologia possa essere inaffidabile, episodi professionali e personali, dal guasto al sistema editoriale che impedì l’uscita del giornale già pronto alla stampa, all’ultimo rasoio elettrico, con manuale di 70 pagine (?), per arrivare alla cancellazione dell’intera rubrica del cellulare per aver sbagliato la digitazione di un tasto. Sarà …
    Tutte le opinioni sono legittime. E’ vero, ad esempio, che affidandoci ciecamente al navigatore GPS, non apprendiamo nulla della geografia dei luoghi attraversati, rischiando, non aggiornando le mappe, di finire in un senso vietato. Ma Feltri sfida la realtà parlando della coppia di coreani rimasta prigioniera in cabina: la responsabilità è da attribuire alle “porte delle cabine funzionanti con tessera magnetica”, infatti “se la tessera magnetica si smagnetizza, stai fresco: l’uscio non si spalanca”. Peccato che in questo caso, per elementare sicurezza, le porte di cabine e alberghi si possono sempre aprire dall’interno girando la maniglia, come facevano i nostri nonni …
    Ma perché tanta ostinazione contro la tecnologia? Sarà dovuta all’età? Non lo crediamo. La lettura della prima metà dell’editoriale però incomincia a farci capire: “Il primo responsabile è stato identificato nel comandante … l’impressione è che lo abbiano già condannato, secondo costume giudiziario”. L’arresto sarebbe ingiustificato, non esistendo la possibilità di reiterazione del reato, né la possibilità di fuga, sostiene Feltri, che infarcisce l’articolo con la sua tipica ironia in punta di penna (!), e conclude: “in Italia è così: si comincia con il carcere, poi si vedrà”. Ah, ecco! La spiegazione ce la dà Pavlov! Quello che aveva compreso il meccanismo del riflesso condizionato, definito da Wikipedia (**) “reazione prodotta nell’animale in cattività da un elemento esterno, che l’animale si abitua ad associare ad un preciso stimolo (presentato subito dopo, durante la fase di condizionamento; subito prima, una volta effettuato il condizionamento). Il primo agente diventa perciò lo stimolo chiave, ciò che attiva il riflesso condizionato”.
    A questo punto il percorso mentale seguito da Feltri risulta chiaro: l’elemento esterno è costituito da una persona in carcere, che l’animale in cattività (Feltri in questo caso) si abitua ad associare ad uno stimolo: scrivere un articolo contro la magistratura.
    Il resto dell’articolo, la critica del computer padre-padrone, è frutto dell’abile penna del nostro capace maestro del giornalismo.
    Però, che bravo Pavlov, aver capito tutto ciò già agli inizi del secolo scorso!
    (Ivo Ruello)
    (*) http://www.ilgiornale.it/interni/quella_gara_stupiditatra_uomo_e_tecnologia/concordia-giglio-vittorio_feltri-isola-tencologia-nave-capitano/16-01-2012/articolo-id=567245-page=0-comments=1
    (**) http://it.wikipedia.org/wiki/Riflesso_condizionato

  • OLI 327: LAVORO – I cinquantenni ignorati dal collocamento

    Per chi si iscrive oggi al collocamento come disoccupato il futuro lascia intravedere un cielo nuvoloso e un’aria nebbiosa. Le previsioni per il 2012 sono terribili, solo 5 aziende su 100 potranno offrire qualche posto di lavoro, mentre si delineano periodi di licenziamenti di massa e di aumento vertiginoso della povertà.
    Se poi ad essere iscritto alle liste di mobilità sono i cinquantenni provenienti dal lavoro autonomo, la situazione non lascia dubbi: si è arrivati al capolinea, tanto vale cancellarsi. Ma andiamo con ordine.
    La nuova normativa sull’esenzione dal ticket sulle spese sanitarie entrata recentemente in vigore indica come “disoccupato” solo colui che sia iscritto all’anagrafe del collocamento e proveniente da un lavoro subordinato, quindi coloro che avessero perso la propria attività autonoma per colpa della crisi economica non potranno usufruire delle agevolazioni sanitarie. Si resta stupiti, perché mentre un disoccupato (così come inteso dal Parlamento italiano) potrebbe percepire un assegno di disoccupazione, e avere quindi un reddito anche se minimo, un “inoccupato” (ossia colui che proveniene da uno status lavorativo autonomo) non percepisce alcun assegno, non ha alcun reddito e, in più, resta senza alcuno sconto sanitario.
    La differenza non si ferma qui, anche lo stesso ufficio di collocamento si pone ad ostacolo dei lavoratori ultracinquantenni con il filtro sui curriculum. Come funziona? Semplice, inserendo tra i parametri dell’offerta di lavoro indicata dalle aziende anche l’età massima del lavoratore. E’ evidente che questa possibilità fornita alle aziende si traduce nel nefasto “massimo 35”, il numero magico che condanna ad una morte per mancanza d’occasioni di colloquio chiunque superi l’età indicata.
    La Provincia, raggiunta in una telefonata, ammette che il parametro funge da alabarda tagliateste per i cinquantenni, che cominciano ad essere un numero davvero considerevole nelle liste di collocamento, al tempo stesso difende la propria posizione affermando che i propri operatori cercano di aumentare il filtro dell’età, senza però riuscire ad ottenere alcun risultato perché le aziende, su tale parametro, sono irremovibili.
    Mentre l’età massima associata all’offerta di lavoro potebbe apparire un parametro di servizio utile per le aziende quando si parli di un’agenzia di collocamento privata, nel caso del pubblico si potrebbe prefigurare una incostituzionalità, in quanto il servizio è pagato dalle aziende ma anche dai lavoratori con le proprie tasse, quindi nella pratica i cnquantenni si vedono defraudati di un proprio diritto (quello di trovare nel servizio pubblico il servizio di contatto con chi offre lavoro). Può sembrare un sofismo ma così non è: basta consultare il numero di curriculum inviati alle aziende dal servizio Match della Provincia, nel caso di un cinquantenne il blocco dell’operatore per non rispondenza dei requisiti di età è quasi totale, la probabilità di avere un contatto con chi offre lavoro quasi nullo. Che ci sta a fare quindi un cinquantenne iscritto al collocamento?
    La Costituzione italiana indica all’articolo 3 che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Nel caso del collocamento, la pari dignità sociale di avere un lavoro trovato da un servizio pubblico e l’uguaglianza di fronte alla condizione personale e sociale vengono meno, sono superate dalla legge della domanda e dell’offerta dell’economia privata.
    (Stefano De Pietro – disegno di Guido Rosato)

  • OLI 327: IMMIGRAZIONE – Paradosso di una norma

    Il ministro dell’Integrazione Andrea Riccardi, in audizione alla commissione Affari Costituzionali, ha proposto di allungare da sei mesi ad un anno il tempo per poter cercare un nuovo lavoro per gli immigrati disoccupati. E’ certamente un passo avanti ma non basta: moltissimi continueranno a perdere il permesso di soggiorno a causa della perdita del lavoro e soprattutto continuerà ad accadere che tra questi ci siano persone che hanno vissuto nel nostro paese regolarmente anche per 20 anni. La norma che il ministro propone di modificare produce più clandestini di quanto producono gli ingressi clandestini, gli sbarchi della morte ed i trafficanti criminali di mano d’opera clandestina. Si pensi che nel solo 2010 i permessi di soggiorno non rinnovati sono stati 684.413 (Dossier Caritas 2011).
    Paradossalmente tale norma è stata concepita, come evidenzia tutta la sua traiettoria legislativa (fino alla Bossi – Fini), per tutelare la regolarità del soggiorno delle persone che fanno il primo ingresso in Italia e che perdono il lavoro. Era, infatti, inclusa nella prima legge italiana sull’immigrazione (L. 943/86), per adempiere alle disposizioni della Convenzione 143/75 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ratificata dal nostro paese nel 1981: “il lavoratore migrante non potrà essere considerato in posizione illegale o comunque irregolare a seguito della perdita del lavoro, perdita che non deve, di per sé, causare il ritiro del permesso di soggiorno”.
    Soltanto un’interpretazione restrittiva ed infondata ha permesso che tale norma (evidentemente concepita a tutela della regolarità degli immigrati entrati in Italia per via dei decereti flussi, al primo rinnovo del titolo di soggiorno) sia stata usata finora, e possa ancora esserlo, per danneggiare i regolarmente soggiornanti anche da 20 anni, con conseguenze tragiche, ricacciando nella clandestinità chi si era faticosamente regolarizzato, inserito, formato ed integrato nel nostro paese. Inoltre, questa norma lancia un messaggio eticamente e culturalmente molto negativo: quello di non riconoscere i migranti come donne e uomini, cittadine e cittadini, ma soltanto come braccia e mano d’opera che possono rimanere nel paese solo se servono.
    Un governo di tecnici competenti (non di “acerbi tecnici”, come si è autodefinito il ministro Riccardi dinanzi alla commissione), ripristinerebbe le funzionalità originarie di questa norma limitandone l’applicazione ai casi del primo rinnovo del permesso.
    Infatti, per il secondo rinnovo il legislatore non prevede, come unica condizione, l’essere titolari di un contratto di lavoro; in mancanza basta dimostrare “la disponibilità di un reddito sufficiente da lavoro o da altra fonte lecita”. E per chi soggiorna regolarmente da più di 5 e 10 anni le intenzioni del legislatore sono quelle del rilascio della carta di soggiorno con validità a tempo indeterminato e della concessione della cittadinanza italiana.
    Un governo di tecnici competenti farebbe un provvedimento straordinario per restituire il permesso di soggiorno alle centinaia di migliaia di persone che l’hanno perso negli ultimi tre anni di crisi per motivi diversi da quelli di pericolosità sociale o di ordine pubblico. Inoltre regolarizzerebbe tutti coloro che dimostrano di avere un rapporto di lavoro anche se non hanno mai avuto un permesso di soggiorno attraverso piani permanenti di emersione dal lavoro nero che prevedano il rilascio del permesso di soggiorno al lavoratore immigrato irregolare, anche nel caso di opposizione del datore di lavoro. Governare l’immigrazione nel nostro paese dopo il disastro degli ultimi vent’anni, richiede, esattamente come per l’economia, una grande competenza, serietà, ricerca, innovazione. Ci vuole una grande intelligenza del sapere e della conoscenza delle leggi e delle circolari al servizio della grande sensibilità, dell’attenzione e dei buoni sentimenti di cui è portatore il ministro Riccardi. Caro ministro si faccia aiutare da tecnici antirazzisti esperti in materia.
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 327: GRECIA – Una nazione a perdere?

    Da mesi la Grecia ha assunto per noi una doppia faccia: ci spaventa, facendoci intravvedere il possibile “baratro” prossimo venturo, quello in cui potremmo cadere anche noi; ma nello stesso tempo ci rassicura, perché in fondo siamo convinti che a quel punto non ci arriveremo: i greci hanno più colpe di tutti, la loro inefficienza e corruzione sono ancora più profonde ed endemiche che da noi, l’evasione fiscale pure. E poi alle spalle non hanno una storia industriale, non producono nulla, quindi è naturale che davanti non abbiano un futuro. Una nazione a perdere.
    Di fatto i mezzi d’informazione riportano sulla Grecia notizie sempre più allarmanti: aumento del 30% dei suicidi in una nazione che vantava il più basso tasso europeo; sparizione di farmaci essenziali dagli ospedali, addirittura mancherebbe l’insulina; bambini che svengono a scuola per la fame, e altri abbandonati da genitori che non possono più mantenerli; aumento delle rapine; sindacalisti arrestati durante le proteste.
    All’immagine del greco-cicala, che si merita la tegola che gli è caduta in testa, se ne affianca un’altra: quella della vittima ridotta allo stremo dalle politiche della finanza internazionale, e che combatte nelle strade, sotto la repressione della polizia.
    Le informazioni che ci arrivano corrispondono alla realtà? Giro la domanda ad alcuni amici greci. Alcuni vivono in una piccola isola, altri ad Atene. Nei prossimi Oli una testimonianza dall’isola e le voci da Atene. Come vedrete la situazione sull’isola è un po’ migliore, come lo era quella dei nostri “sfollati”, durante la guerra.
    (Paola Pierantoni – foto dell’autrice)