OLI 327: LAVORO – I cinquantenni ignorati dal collocamento

Per chi si iscrive oggi al collocamento come disoccupato il futuro lascia intravedere un cielo nuvoloso e un’aria nebbiosa. Le previsioni per il 2012 sono terribili, solo 5 aziende su 100 potranno offrire qualche posto di lavoro, mentre si delineano periodi di licenziamenti di massa e di aumento vertiginoso della povertà.
Se poi ad essere iscritto alle liste di mobilità sono i cinquantenni provenienti dal lavoro autonomo, la situazione non lascia dubbi: si è arrivati al capolinea, tanto vale cancellarsi. Ma andiamo con ordine.
La nuova normativa sull’esenzione dal ticket sulle spese sanitarie entrata recentemente in vigore indica come “disoccupato” solo colui che sia iscritto all’anagrafe del collocamento e proveniente da un lavoro subordinato, quindi coloro che avessero perso la propria attività autonoma per colpa della crisi economica non potranno usufruire delle agevolazioni sanitarie. Si resta stupiti, perché mentre un disoccupato (così come inteso dal Parlamento italiano) potrebbe percepire un assegno di disoccupazione, e avere quindi un reddito anche se minimo, un “inoccupato” (ossia colui che proveniene da uno status lavorativo autonomo) non percepisce alcun assegno, non ha alcun reddito e, in più, resta senza alcuno sconto sanitario.
La differenza non si ferma qui, anche lo stesso ufficio di collocamento si pone ad ostacolo dei lavoratori ultracinquantenni con il filtro sui curriculum. Come funziona? Semplice, inserendo tra i parametri dell’offerta di lavoro indicata dalle aziende anche l’età massima del lavoratore. E’ evidente che questa possibilità fornita alle aziende si traduce nel nefasto “massimo 35”, il numero magico che condanna ad una morte per mancanza d’occasioni di colloquio chiunque superi l’età indicata.
La Provincia, raggiunta in una telefonata, ammette che il parametro funge da alabarda tagliateste per i cinquantenni, che cominciano ad essere un numero davvero considerevole nelle liste di collocamento, al tempo stesso difende la propria posizione affermando che i propri operatori cercano di aumentare il filtro dell’età, senza però riuscire ad ottenere alcun risultato perché le aziende, su tale parametro, sono irremovibili.
Mentre l’età massima associata all’offerta di lavoro potebbe apparire un parametro di servizio utile per le aziende quando si parli di un’agenzia di collocamento privata, nel caso del pubblico si potrebbe prefigurare una incostituzionalità, in quanto il servizio è pagato dalle aziende ma anche dai lavoratori con le proprie tasse, quindi nella pratica i cnquantenni si vedono defraudati di un proprio diritto (quello di trovare nel servizio pubblico il servizio di contatto con chi offre lavoro). Può sembrare un sofismo ma così non è: basta consultare il numero di curriculum inviati alle aziende dal servizio Match della Provincia, nel caso di un cinquantenne il blocco dell’operatore per non rispondenza dei requisiti di età è quasi totale, la probabilità di avere un contatto con chi offre lavoro quasi nullo. Che ci sta a fare quindi un cinquantenne iscritto al collocamento?
La Costituzione italiana indica all’articolo 3 che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Nel caso del collocamento, la pari dignità sociale di avere un lavoro trovato da un servizio pubblico e l’uguaglianza di fronte alla condizione personale e sociale vengono meno, sono superate dalla legge della domanda e dell’offerta dell’economia privata.
(Stefano De Pietro – disegno di Guido Rosato)