Categoria: Città

  • OLI 313: CITTA’ – Signore in rosso

    Disegno di Guido Rosato

    Candidatasi a sindaco di Genova, Roberta Pinotti è ormai ospite fissa a Porta a Porta. Siede spesso alla destra di Bruno Vespa che sembra quasi se la coccoli perché, come afferma lei stessa “amo la verità e quel che c’è da dire anche sulla sinistra lo dico”. Nel bene e nel male.
    “Per questo l’apprezziamo e la invitiamo” blandisce pronto il mellifluo Neo più famoso del teleschermo.
    La senatrice parla di politica, etica e B., qualunque sia il tema senza furia, dice con tatto:
    “Noi siamo diversi però e nel caso Penati accerterà la magistratura, intanto lui si è dimesso e il Pd lo ha sospeso”. Mentre il dito birichino del presentatore le fa segno come a darle della monella.
    Che consolazione per chi guarda e ascolta, un rodimento che Penati fosse dell’entourage Bersani. Come la Roberta un tempo, un’ex passata ora con Franceschini, divenuta presidente commissione Difesa per la Camera nel governo Prodi: mai vista ai convegni e agli incontri della Grande Industria del settore, c’era quasi sempre il languido saltafossi senatore Di Gregorio.
    E dunque che competenze ci offre l’ennesima Prof.? Essere under 60, di buona presenza, non sbagliare i congiuntivi e che altro chissà, certamente nel partito da quasi vent’anni, ma non è una colpa per carità.

    Magari quelli del Pd non potevano chiedersi da subito se il sondaggio andava fatto non soltanto sulla Marta ma anche per altri?
    Così se a destra si fa a gara a tirare giù più candidati- birilli possibili, a sinistra corre il teatrino delle primarie, del comitato istituito ad hoc e i genovesi di fronte all’Italia che frana sono contenti di sapere che Pinotti farà la gara podistica nei vicoli.
    La sera ci inquieta non poco in tv la bionda Roberta dall’abito rosso fiamma e manichine a fronzoli neri, ci tormenta quel film “sotto il vestito niente”, pur se comunicazione e immagine sono importanti: B. ha fatto scuola fin troppo.
    Ci conforta un’altra signora anche lei ultimamente in rosso, la presidente del Pd Rosy Bindi, che dichiara sul Mattino di domenica 24 settembre: “Lo strumento delle primarie resta valido, bisogna rinnovare la classe dirigente senza fare tabula rasa, svolta su Napoli, siamo lontani dalla città…”.
    Parole sante, anche per Genova, dove ci sono facce nuove, ma sono ancora troppo poche e magari spedite lontano.
    A quando un cavaliere o una dama che ci porti la buona novella.
    (Bianca Vergati)

  • LE CARTOLINE DI OLI.2: CITTA’ – Corso Carbonara: i tagli del cantiere


    Genova, 8 agosto 2011 – Un comunicato stampa del Comune di Genova datato 4 agosto 2011 avvisa gli abitanti di quanto avverrà a decorrere dal giorno 8 fino al 1 agosto 2012, in Corso Carbonara a Genova.
    Il cantiere deve essere attivato per “la realizzazione di un pozzo di ventilazione della galleria ferroviaria San Tommaso” ed è previsto “nell’ambito della realizzazione del sestuplicamento della tratta Genova Principe – Genova Brignole del nodo ferroviario di Genova”
    Il comunicato informa che l’allestimento del cantiere prevede la rimozione delle alberature di “scarso pregio presenti su entrambi i lati della carreggiata”, intervento necessario per garantire durante i lavori il “doppio senso di circolazione nel tratto indicato”.
    Viene garantita la sostituzione degli alberi a fine lavori. Ma non viene scritto il numero di piante da abbattere.
    Nemmeno un cenno relativo ai posti auto di cui i residenti dovranno fare a meno, nonostante il rinnovo del permesso – in scadenza il 30 luglio – sia stato appena effettuato.
    Pare che gli alberi da eliminare siano 30 (ma 6 giovani piante dovrebbero essere graziate e messe a ricovero in vivaio). Una ventina di alberi sono stati abbattuti questa mattina. I parcheggi di cui fare a meno, dice un abitante, sembra siano 85.

    (Giovanna Profumo)

  • OLI 310: CITTA’ – Il Puc e l’urbanistica di mezza estate

    Sconti di fine stagione alla commissione urbanistica del comune, dove arriva tutto o quasi e non si decide niente, fra pretestuose polemiche che si concludono spesso al grido di “aula”, ovvero decisione in consiglio quando la sinistra voterà come da maggioranza e l’opposizione contro, in un tedioso dejà vu: qui il voto conterà e non si filosofeggia. E poi le ferie incalzano.
    In nome di parole abusate come riqualificazione e preoccupazione per il lavoro che non c’è, si susseguono infaticabili funzionari con pratiche su aree ex industriali, centri commerciali, residenze, parcheggi.
    Il nuovo Puc incombe e così c’è fretta d’approvare progetti che non rientrerebbero nelle suggestioni dell’agognato piano: per chi è seduto in Sala Rossa una palla di neve, ricordi di bambino.
    Work in progress è stato definito, in realtà un caleidoscopio d’immagini diverse ogni volta, con modifiche al documento iniziale; variazioni – si ribadisce – “rigorosamente suggerite dal territorio”, cioè dai nove Municipi che altrettanto rigorosamente consulteranno i cittadini dopo l’approvazione in consiglio comunale, in virtù di una partecipata partecipazione, peraltro non di legge, ma sempre annunciata.
    Forse visitando la mostra sul Puc alla Loggia di piazza Banchi la gente saprà se vicino a casa passerà una nuova strada o ci saranno altri palazzi.
    Intanto si esamina quello che nel Puc non c’è, ma conta.
    Così all’ex Verrina di Prà per combattere il degrado – contro cui protestano a gran voce circa 120 cittadini – si faranno un grattacielo vista mare di 25 piani in cambio di un asilo per 50 alunni (due classi), un centro commerciale con tetto a verde piantumato: il campetto da tennis, peccato, non ce l’ha fatta, non sarà regolamentare e poi chi gioca a tennis ormai.
    Le aree ferroviarie di Trasta, Fegino e Mura Zingari ospiteranno residenze, uffici, alberghi con modifiche di destinazione d’uso da subito, poichè gentilmente Ferrovie concederanno nuovi binari e fermate per metropolitana di superficie con trattative in atto dal 2000 circa.
    Nel frattempo Esaote per andare agli Erzelli avrà garantito per la sede che dismetterà un indice di edificabilità di 2 per mq, mentre all’Expò di Milano si concede lo 0,57: si spera garantisca davvero l’occupazione, con il Municipio che parla di trenta milioni di oneri di urbanizzazione per il suo quartierino, ma non si occupa di come arriveranno in collina lavoratori, studenti di ingegneria e abitanti. Per un ascensore o una nuova fermata di treno s’interpellerà Roma, per ora strada allargata e una nuova fermata di treno bus ad hoc, investendo ecologicamente su gomma.
    Agli incontri sul Puc si alterna pure l’architetto del Lido, che presenta la sua fresca fatica, il progetto dell’ospedale Galliera, per il quale la Regione darà un terzo di 180 milioni di euro, un altro terzo lo si ricaverà dalle dismissioni di immobili e l’ultimo terzo da un mutuo che si ripagherà con i risparmi logistici e quelli energetici. Si propone infatti una centrale di cogenerazione, che probabilmente avrà la potenza di quella in porto, visti i risparmi… Bocche cucite per il residenziale della curia, zero soldi per l’ospedale a Ponente con sede fantasma.

    Circa la mobilità suggerimenti di Puc alla grande, con la tramvia in Val Bisagno, il cui costo è di 15 milioni a chilometro, due nuovi ponti e via il vecchio di Sant’Agata. Per ora ci sono soltanto 14 milioni, che serviranno per questioni idrogeologiche, ma ci si sta attrezzando. Per le autorimesse grandi progetti per dove farle, vedi lo stadio Carlini, vagheggiando la dismissione di quella della Foce, con Boccadasse ancora in “pre scavi”.
    E i parcheggi dove li mettiamo? Popolazione invecchiata ma agguerrita pare, dato il numero di box proposti in tutta la città, tante pantere grige al volante o collezionisti di auto i nostri concittadini.

    Si può scegliere: dai cinque piani di via Dino Col, in faccia al matitone, a stretto contatto con la galleria del treno e palazzi sovrastanti, ai box del muraglione del convento vincolato, nei pressi degli Emiliani a Nervi, passando per Quarto Castagna con riqualificazione di ex fabbrica (Till Fisher): case e box, e che importa se si massacrano ciottoli di creuza in contesto millenario.
    Centomila euro a box in vicoli stretti a levante o a Castelletto, in via Preve. Indovina chi investe.
    Come dice il vice sindaco: “Ci hanno messo i loro soldini, i costruttori, bisogna aiutarli se non vendono…” Perciò non prezzi più bassi per i cittadini, ma una bella variante perchè diventino pertinenziali i box a dieci chilometri da casa per pagare meno tasse. Danno erariale? Fuffe. A settembre i particolari sulle delibere passate a ferragosto.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 310: PAROLE DEGLI OCCHI – Dieci anni dopo

    Ricorre il decennale del G8 tenutosi a Genova nel luglio 2001, con un intenso programma di iniziative per ricordare la gravità di quei giorni cupi culminati nell’uccisione di Carlo Giuliani, nella macelleria della scuola Diaz e nelle torture (*) alla caserma di Bolzaneto – con conseguenti depistaggi e mistificazioni da parte di organi dello Stato – ma che videro anche importanti occasioni di dibattito e di elaborazione di idee per “un diverso mondo possibile, nonostante tutto e tutti”. Momenti indimenticabili per chi vi partecipò e su cui occorre continuare a riflettere, senza smettere di lottare per un differente modo di concepire i modelli di società, di ambiente, di economia, di rapporti sociali e politici in questo nostro Paese sempre più devastato culturalmente, oltreché socialmente ed economicamente:

    Da qualche tempo, alla base del neoclassico Palazzo Serra tra Piazza Santa Sabina e Via delle Fontane, sede della facoltà di Lingue e Letterature straniere, campeggia un variopinto murale che s’apre con la citazione di uno slogan delle lotte operaie dello scorso inverno, qui dedicato a Carlo Giuliani, per proseguire con una fantasmagoria di forme e di colori il cui valore estetico innesca l’ennesimo conflitto tra arte di strada e monumentali preesistenze ambientali.

    Foto di Giorgio Bergami ©
    (*) reato non contemplato dal Codice Penale italiano
  • OLI 309: SOCIETA’ – New economy, tra “Compra oro” e Monte di Pietà

    Sulle pagine genovesi di La Repubblica del 6 luglio sono apparsi alcuni articoli sul boom dei “compra-oro”: in questo momento di crescente difficoltà economica, molte famiglie, spesso anziani, trovano nella vendita dei gioielli di famiglia il modo più veloce di affrontare una spesa imprevista, o semplicemente di arrivare alla fine del mese. I “compra-oro” nascono e muoiono in pochi mesi, i negozi sono sparsi un po’ in tutta la città: l’oggetto venduto viene valutato sul momento, il prezzo, non contrattabile, si aggira a circa la metà della quotazione dell’oro (16-18 euro contro 33), il giro d’affari di un piccolo negozio è valutato sui cinquemila euro mensili, ma altri raggiungono cifre ben più elevate. I vari articoli affrontano altri aspetti, quali la comparsa di compratori che offrono valutazioni a domicilio, ed in tal caso il passo verso la truffa è a portata di mano.
    Un commento al problema è dato dall’intervista a Don Marco Granara (rettore del Santuario della Guardia e presidente della Fondazione Antiusura) che, se da un lato invita ad una prevenzione del fenomeno attraverso una maggior coscienza critica su consumi necessari e superflui, dall’altro lato punta il dito contro la classe politica, spesso pronta ad autorizzare l’apertura di nuovi casinò, sicuramente redditizi per le finanze erariali, ma portatori di fenomeni di dipendenza.
    La panoramica si conclude con un trafiletto riguardante il Monte di Pietà, gestito dalla Carige, sito nel palazzo di fronte al teatro Carlo Felice: qui, recita l’articolo, “un grammo d’oro lo pagano 6-7 euro, circa un terzo della quotazione ufficiale”: trascorsi 4-6 mesi dalla scadenza, gli oggetti non riscattati vengono venduti all’asta.
    Naturalmente tale servizio non è confrontabile con quanto offerto dai negozi “compra-oro”: infatti, mentre al Monte di Pietà gli oggetti sono riscattabili, i “compra-oro”, per il bene venduto, offrono un corrispettivo in denaro e la transazione è conclusa ed irreversibile.
    A livello legislativo, l’ordinamento dei Monti di Pegno è regolato dalla Legge 10 maggio 1938, n. 745 (*), parzialmente modificata dal Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (Decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385) ed ancora dal Decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 342: sulla stima rimane comunque valido l’art.12 della legge del 1938, che recita: “Il giudizio di stima è fatto da un perito, il quale deve garantire all’ente mutuante in caso di vendita all’asta della cosa costituita in pegno, l’integrale ricupero dell’importo del prestito e dei relativi interessi ed accessori”.
    Da qui la diversità di valutazione tra i “compra-oro” ed il Monte di Pietà, istituzione antica che ha svolto un indubbio ruolo sociale.
    Che continui a svolgerlo ancora oggi, mentre sono così carenti forme di microcredito e di sostegno al reddito meno penose e umilianti, lascia però un senso di disagio.
    A maggior ragione sarebbe interessante avere un’evidenza pubblica delle rese finali delle vendite all’asta, di come vengono svolte, dei guadagni dei compratori che frequentano abitualmente questo mercato della miseria.
    (*) http://www.isaonline.it/s/gestione/show-main-frame.inc.php?url=/mag/Legge745-1938.html
    (Ivo Ruello)

  • OLI 309: CITTA’ – Sondaggi segreti e private conversazioni

    Riproduzione di un disegno di G. Cavellini

    Leggendo sui giornali i risultati del sondaggio segreto del PD il mio primo e spontaneo pensiero è stato: soldi gettati via per scoprire l’acqua calda, e cioè che in una città decisamente orientata a sinistra Marta Vincenzi rischia seriamente di non farcela. Ma, probabilmente, i soldi sono stati spesi per dare a questa sensazione diffusa una base “scientifica”, e quindi politicamente utilizzabile.
    Per quel che mi riguarda questa sensazione ha preso forma e si è mano a mano consolidata in questi mesi a seguito del susseguirsi di private e sparse conversazioni con amiche ed amici.
    Certamente non ho costruito la mia rete di rapporti sulla base di un campione statisticamente significativo, e quindi mi si può dire che di quel che pensano gli amici miei …
    Fatto sta che il microcosmo umano che mi circonda è formato da una cerchia di conoscenze e amicizie abbastanza larga, prevalentemente femminile, formatasi a seguito di attività e interessi di vario tipo. Nessun attivista di partito salvo la recente affiliazione di un amico al Movimento 5 stelle, nei più anziani pregresse esperienze nel PCI o nel Manifesto, età variabili dai ventotto anni ai più di settanta, origini nazionali articolate. Gente attenta e informata, che nelle precedenti tornate elettorali ha distribuito il suo voto tra centro sinistra e sinistra, nelle varie accezioni.
    Dopo questa specificazione vengo al punto: molti mi confidano che voteranno Marta Vincenzi con fatica, o che non la voteranno affatto. Alternativa Pinotti? Per carità! Peggio che andar di notte.
    Riporto fedelmente il più recente di questi scambi, intercorso in una riunione di lavoro in cui non tutti i cinque partecipanti si conoscevano tra loro, anche se si poteva dare per scontato un certo terreno comune:
    Speriamo che questo progetto vada in porto prima delle prossime amministrative …
    … Paura, eh?
    … è per la Vincenzi, vero?
    Sento tirare una brutta aria.
    Ma sapete che tutti, ma proprio tutti quelli con cui parlo mi dicono la stessa cosa?
    Se si presenta Musso siamo fritti
    Soprattutto se si presenta con una lista civica
    Ma che alternative ci sono?
    La Pinotti …
    Per la carità del Signore!
    Dalla padella alla brace!
    Non me ne parlate!
    Eh già … dovrebbero cercare qualcuno che ora non c’è …
    Ma devono sbrigarsi …

    I motivi? Per la Vincenzi ricorre un forte fastidio per una auto-referenzialità che la rende incapace di ascolto e di comunicazione con la città, con conseguenti passi falsi.
    Per la Pinotti, in misura ancor più estesa e radicale, una valutazione di irrimediabile inadeguatezza.
    Sul Secolo XIX del 7 luglio un articolo riferisce che le due donne politiche, sullo stesso aereo, non si sono rivolte la parola. Invece farebbero meglio a parlarsi, e a cercare insieme come costruire le condizioni per una alternativa che vada oltre i loro due nomi, oltre l’appartenenza di partito, ma sempre donna. Sarebbe bello, una vera lezione.
    Chi cerca trova, ma deve uscire dalla gabbia del narcisismo.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 309: PAROLE DEGLI OCCHI – Pranzo turistico

    Foto di Giorgio Bergami ©

    I sempre più numerosi turisti che giungono a Genova, attratti dal fascino di una città inaspettatamente ricca di suggestioni e di testimonianze d’arte e di storia, non sempre hanno la possibilità o la voglia di spendere altri soldi in costosi ristoranti, specie quando si è in tanti in famiglia.

    Da qualche tempo le panchine tra le aiuole di Spianata Castelletto, rinomato belvedere, si animano all’ora di pranzo di forestieri che si concedono una pausa nel verde, mangiando tutti insieme quanto portato da casa o acquistato nei vicini negozi di alimentari.
  • OLI 309: LETTERE – A proposito di safari urbani

    Come si sottolinea nell’articolo Safari in città di Ivo Ruello e Ferdinando Bonora (Oli 308), non è semplice commentare l’episodio della famigliola di cinghiali (o porcastri?). Ma provo a proporvi un po’ di riflessioni sparse.
    Il concetto di “equilibrio ecologico” è in sé un concetto dinamico, che con il variare dei fattori (clima, popolazione umana e non, ecc.) varia anch’esso. È forse utile riportare la voce dell’Enciclopedia Treccani:
    Ecologia umana – Nata come disciplina biologica l’e., da quando ha cominciato a occuparsi dell’ambiente dell’uomo, è divenuta una scienza trasversale, che interessa anche le discipline sociali e che ha contatti con la geografia. Questa, infatti, è stata a lungo interpretata come studio delle relazioni (varie, mutevoli e complesse) tra l’ambiente e le società. In realtà, la geografia non è tanto lo studio delle relazioni dell’umanità con l’ambiente quanto la scienza dell’organizzazione umana dello spazio; ma nell’organizzare il suo spazio l’uomo, se per un lato subisce certe influenze ambientali, dall’altro modifica profondamente e incessantemente l’ambiente (e anche lo sconvolge e lo degrada), rimettendo continuamente in discussione il suo rapporto con l’ambiente stesso.
    Da questa definizione si capisce che parlare di “nostro alterato equilibrio ecologico” non ha molto senso.
    Come non ha senso umanizzare gli animali, dividendoli in buoni e in quelli di cui non si deve parlare, atteggiamento al quale sono dediti purtroppo molti dei cosiddetti animalisti. A ben vedere, anche dei “buoni” bisogna parlare prendendo in considerazione solo alcuni aspetti. Una mia amica ha posto una mangiatoia per uccellini sul balconcino di casa, che dà sul giardino. Quello che non mangiano i supernutriti uccellini, attira la notte famigliole di ratti di campagna. Lei ne è deliziata e in fondo orgogliosa. Ma guai se i suddetti roditori si arrampicano sul tetto o entrano in casa!
    Amabili vecchine vagano per la città dispensando sacchi di cibo a piccioni, gabbiani e topi.
    I cani sono graziosi surrogati di figli, e lo stesso i gatti. Se sono randagi vanno sterilizzati. Ma non si tiene conto dei branchi che si aggirano fuori città e che fanno danni anche a chi alleva animali, oltre che alla fauna selvatica. Questa, peraltro, si arrangia benissimo da sola e non disdegna di entrare nelle sacre Città dell’Uomo per nutrirsi di ciò che trova, o di ciò che i sopracitati animalisti danno loro come se fossero i loro animali di casa. E questo non riguarda solo i cinghiali, ma anche volpi, ricci, donnole, faine, ecc. che poi rimangono vittime dell’Uomo, sotto forma di automobilisti, guardie municipali, ecc. Peraltro gli “animalisti” non si scandalizzano delle derattizzazioni e delle disinfestazioni che periodicamente si fanno in tutte le città, se non in funzione del pericolo che queste comportano per i loro propri beniamini, cani o gatti che siano.
    L’uomo deve regolare la natura? E se sì, come? Proteggendo certe specie e distruggendone altre? E se no, come? Noi per primi, da millenni (e non da pochi decenni, come si blatera in giro) stiamo stravolgendo l’ambiente che ci circonda: abbiamo trasformato i grandi boschi che coprivano l’Italia in campi prima, e in distese costruite poi. E continuiamo, basta guardarci intorno, anche noi in Liguria! Si dice che questo porterà alla fine dell’Umanità, della vita sulla Terra!
    Ma dove è il problema? La Terra può fare tranquillamente a meno degli uomini, come di qualsiasi altra specie: cambierà semplicemente l’“ecologia”. Noi non ci saremo, ma ci saranno altre specie capaci di sopravvivere e prosperare, fino a che non saranno soppiantate da altre più adatte ai mutamenti che interverranno, e così via.
    (Carlotta Bombrini)


  • OLI 308: AMBIENTE – Safari in città

    In due articoli, usciti lo scorso 2 luglio su Il Secolo XIX (“Allarme cinghiali, strade chiuse e caccia grossa a Castelletto”) ed il Corriere Mercantile (“Cinghiali a spasso in centro città, presi e abbattuti”), è narrata la triste vicenda di una famiglia di otto cinghiali in Corso Carbonara. Dell’episodio si è occupata anche la sezione genovese del sito di Repubblica (http://genova.repubblica.it/cronaca/2011/07/02/news/cinghiali-18509601/).
    La storia è scarna, i cinghiali girano in zona cittadina, tra auto, bus, moto e pedoni, vicino alla scuola media Don Milani, nella giungla raramente falciata di quelle che erano un tempo aiuole curate: segnalati, vengono costretti in una piccola zona e quindi abbattuti, otto animali, una femmina sui 70 kg e sette piccoli sui 25 kg; ad agire sono gli agenti della Polizia Provinciale coadiuvati da Polizia Municipale.
    La cruenta conclusione sembra però lasciare aperta qualche polemica: era proprio necessario uccidere tutti gli animali? Anche i piccoli? Dal resoconto emerge come la Prefettura avesse dato indicazione di catturare gli animali, per decidere solo in seguito il da farsi, mentre gli eventi hanno poi preso la mano (“ha caricato e siamo stati costretti a fare fuoco”), per arrivare alle dichiarazioni dell’assessore provinciale Piero Fossati. L’assessore, mentre ricorda l’esistenza di due leggi regionali che obbligano ad uccidere gli animali sul luogo della cattura invece di trasferirli altrove (per evitare il diffondersi di epidemie, nel caso gli esemplari fossero malati), invita i genovesi a non dare cibo ai cinghiali in città; ma, evidentemente, sente il peso dell’uccisione degli animali (“non sono contento di queste scene”), infatti “la voce si fa seria quando spiega che catturati vuol dire abbattuti”.
    Nella vicenda si affrontano due esigenze, la sicurezza di un ambiente cittadino e la salvaguardia degli animali: se da un lato i cinghiali non sono certamente mansuete bestiole, d’altro lato una femmina adulta, ma comunque di piccola taglia, e sette piccoli in cerca di cibo non dovrebbero essere poi così difficili da gestire, da un corpo (la Polizia Provinciale) che ha proprio questo tra le proprie mansioni (http://it.wikipedia.org/wiki/Polizia_provinciale).
    La notizia ha suscitato in molti sconcerto e rabbia, ma c’è anche chi ha mostrato comprensione per una scelta di sicuro impopolare, ma che forse era l’unica praticabile nel nostro alterato equilibrio ecologico.
    Vale la pena di scorrere i numerosi commenti – 31 per l’esattezza, a tutt’oggi – in calce al citato articolo on line di Repubblica. Ben 21 sono quelli che esprimono indignazione per la soluzione adottata, con toni più o meno aspri, e solo 5 l’accettano come ineluttabile. I rimanenti 5 sono interventi di Eraldo Minetti, il Commissario Superiore della Polizia Provinciale di Genova che ha gestito l’operazione e che cerca di renderne conto, con ragionevolezza e non senza amarezza.
    In ogni caso non se ne esce bene. Non occorreva certo questo episodio per evidenziare che nel sistema in cui viviamo qualcosa si è rotto da tempo, ma può essere un’occasione in più per riflettere. Come nella Danimarca di Amleto, “something is rotten…”, c’è qualcosa di marcio, di corrotto. Stavolta nel rapporto tra l’uomo e il resto della natura, un tempo assai più sano di oggi. Non solo in certe soluzioni sbrigative per risolvere problemi complessi, ma anche nell’approccio di tanti animalisti che con le loro azioni in buona fede spesso arrecano in realtà danni agli oggetti delle loro attenzioni, fornendo cibo fuori luogo e con altri comportamenti.
    Correndo il rischio di sembrare sentimentali o idealisti, non si riesce comunque a trattenere un moto di tristezza cercando “cinghiale” con Google, al veder apparire molte proposte gastronomiche (“in umido, brasato, in salmì…”), né a togliersi dalla mente un’immagine evocata da uno degli articoli, “i cuccioli dietro la mamma, a seguire un pezzo di pane”.
    (Ivo Ruello e Ferdinando Bonora)

  • OLI 308: PAROLE DEGLI OCCHI – Tutta mia la città

    All’una di notte, in Via del Campo si gioca a dama
    Foto di Paola Pierantoni