Categoria: Città

  • OLI 395: CITTA’ – Scuola Daneo, la nuova Genova

    Nei giorni scorsi la scuola Daneo ha tenuto tra Via Cairoli e Piazza della Meridiana il suo mercatino annuale. Con la vendita dei piccoli oggetti prodotti dai bambini vengono finanziate attività che senza questo sforzo straordinario di speranza e fantasia non potrebbero esistere, in un mondo in cui la scuola è abbandonata da tanti anni alla deprivazione di risorse tanto indispensabili quanto negate.
    A un certo punto inizia il coro, diretto dalla Maestra Giusi Giannubilo. In tanti a Genova ormai lo abbiamo sentito, ed è sempre una festa.
    Giusi mi dice che sono in trecentocinquanta oggi le bambine e i bambini. La metà italiani, l’altra metà ancora no, anche se ne avrebbero, a rigor di logica, diritto perché sono nate e nati qui, seconde e terze generazioni, che iniziano regolarmente la scuola a inizio anno, diversamente da come avveniva anni fa, quando bambine e bambini di famiglie appena immigrate arrivavano quando capitava.
    Non era facile fare fronte a queste classi a geometria variabile; oggi il problema non c’è quasi più perché di immigrati nuovi ne arrivano pochi. La maestra lo dice senza sollievo e senza allegria.
    Già, si fermano in mare, o nei ‘centri di accoglienza’.
    Un bambino propaganda la vendita: “Comprate! Per piacere comprate! E’ per il nostro futuro!” Sullo sfondo due striscioni recitano: “Per la scuola pubblica, per la scuola di tutti” e “Un piccolo mondo unito a sostegno della buona scuola e della cultura”.
    Buon 2014, Genova.
    (Paola Pierantoni – Foto dell’autrice)

  • OLI 394 – PUC: Alla fine della Fiera

    Mercoledì 11 dicembre presso il Municipio Medio Levante si è avuto un pacifico esempio di come si può ragionare tra cittadini e rappresentanti delle Istituzioni senza perdere la bussola, lontano dai disastri in parlamento, piazze e web. L’occasione è stata un incontro organizzato dal Movimento 5 Stelle con giovani volontari esperti e garbati, per discutere sul destino della Foce e dei suoi spazi degradati, luoghi su cui si è ormai ipotizzato di tutto, dallo stadio alla Fiumara 2.
     Una prova di percorso di partecipazione, un concorso di idee, “un interpelliamo i residenti”  auspicato e mai avvenuto, al di là dei comitati.
    Si apprende dai giornali ( Repubblica, e Mercantile 29/11) di un megaprogetto sul palazzo dell’ex Nira-Ansaldo, edificio dismesso da tempo, per il quale si erano prospettati dapprima nuovi uffici. Per quali società? visto il lavoro che non c’è; e poi un grande albergo per le manifestazioni in Fiera, quali? se pure il Salone Nautico s’è ristretto.
    Aste deserte per l’ex Nira, ma gli uffici di Sviluppo Genova – altro mistero di partecipata – da agosto stanno studiando in segreto la proposta di un’immobiliare di Torino, presentata a tre giorni dalla scadenza del 2 dicembre, in Commissione comunale. Si prevedono megastore alimentare e altri servizi commerciali per circa 7mila metri mq, più magazzini , perché si comprendono alcune costruzioni precarie intorno al palazzo, un albergo, palestre per quattromila mq, residenze, non manca proprio nulla: 23mila mq di superficie, a cui aggiungere un migliaio di posti auto. Finalmente, ironizza il consigliere comunale 5 Stelle in Municipio, potrà sbarcare in città la grande firma alimentare che mai v’è riuscita ed uno pensa a tutte le aiuole cittadine che da anni cura l’azienda in questione, una fortuna in giardinieri per aprire supermercati a Genova.

    Premesso che qualcosa se ne dovrà pur fare di quel palazzo, a tirarlo giù nemmeno se ne parla, del resto è un immobile pubblico in un posto bellissimo, vista mare e quant’altro, come ci si arriverà? Un bel problema che l’Amministrazione dovrebbe assolutamente risolvere prima di ogni “ sì” a qualunque ipotesi, la stretta stradina sotto la sopraelevata non reggerebbe il traffico, visto il maxiparcheggio proposto: il quartiere della Foce ne ha già abbastanza di servitù di viabilità.
    Nel limbo l’ipotesi stadio, il patron ha ora grosse grane con il fisco. Anche in questo progetto si prevedevano però centri commerciali, mentre è recentissima la presentazione di un Polo permanente della Nautica in Fiera da parte degli operatori del settore. Oddio che affollamento e quanto interesse tutti insieme!
    E se invece si puntasse ad una rigenerazione urbana, in una visione d’insieme globale, riqualificando tutto il litorale da Boccadasse al Porto Antico, spiagge comprese, recuperando gli edifici dismessi per puntare ad una vocazione turistica? Follia cedere patrimonio pubblico in una posizione di pregio per uno stadio, attrattiva soltanto per una parte di genovesi, i tifosi di una squadra. Al di là dell’impatto urbanistico, dei max trenta posti di lavoro, come dice la brochure della Sampdoria, non se ne vedono i vantaggi per città e quartiere. Restituire invece agli abitanti il desolato piazzale Kennedy per farne un “belvedere-giardino” sopraelevato all’altezza della scogliera, vista mare con dei gradoni a rovescio come gli antichi teatri, per ricoverarvi sotto le auto dei residenti e di chi vuole passeggiare fino a Boccadasse o arrivare, tornare dall’Acquario, lungo un nuovo collegamento pedociclabile. In Fiera una cittadella del tempo libero, aperto tutto l’anno, polo per gli sport del mare e del benessere, parco acquatico, albergo: un’offerta turistica permanente per chi viene a Genova a visitare l’Acquario, fare una scappata in Riviera, si ferma un po’ e scopre che Genova è bella e non vuole morire.
    L’equilibrio economico? Un po’ di permute tra enti e riordino, una volta per tutte, negli intrecci di autorità portuale, comune, fiera e altro ancora.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 394 – POLITICA: Pinotti, Genova e la lentezza

    Genova è una città che ha grandi potenzialità a volte sembra di non crederci in queste sue potenzialità. Invece si deve poter cambiare, si deve poter andare in fretta, questa è una città che va troppo lenta e oggi abbiamo bisogno di correre proprio perché la crisi morde più forte, se non corriamo rischiamo di non risollevarci più. La prima emergenza è il lavoro 
    Intervista a Roberta Pinotti TGR Liguria del 9.12.2013

    Genova si è materializzata in tutta la sua identità nella dichiarazione della Sottosegretaria alla Difesa che ha consentito agli spettatori liguri di cogliere le ragioni del perché si è arrivati a questo punto. Lei (la città) non crede in se stessa e va troppo lenta. Genova è persona, è autonoma e responsabile delle sue azioni. Il trucchetto dialettico è noto, non è la prima volta che i politici fanno queste dichiarazioni sul paese, sull’industria, sul turismo, e su tutto quello che dovrebbero gestire e non gestiscono. Ma qui Roberta Pinotti, va oltre, sprona la città, lenta, ad andare in fretta.
    Abbiamo bisogno di correre. Dice
    Ma dove? Con chi? In base a quale progetto?
    Probabilmente dipende solo da Genova e dai genovesi.
    Se non fosse andata veramente in onda si poteva pensare che questa intervista fosse tratta da un film di Checco Zalone.
    Chi, eletto Renzi, temeva il cambiamento, non si preoccupi. Nel Pd locale, per ora, è tutto come prima
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 393: M5S – La politica secondo Grillo

    Il palco dà le spalle al sole. C’è il rischio di un Beppe in controluce a confondere la visione, penalizzare inquadrature, ma a scaldare i presenti. Sono giovani donne e uomini che già all’una del pomeriggio hanno occupato parte di piazza della Vittoria, la più grande di Genova.
    Lo spettacolo, dicono i cinici, non è pagamento.
    Ma questi sono venuti da tutta Italia e si sono accollati un viaggio lungo, noioso su pullman dondolanti. Inoltre c’è un freddo cane e il teatro di Grillo, se solo di quello si trattasse, si può tranquillamente godere al caldo delle proprie case, su un pc.
    Sono tanti? Sono pochi?
    Dal belvedere di Carignano appaiono compatti e numerosi, spezzati da un triangolo di sole. Adesso hanno anche le bandiere, sono organizzati e riconoscibili. Difficile immaginare Renzi, Cuperlo o Civati davanti a una folla così grande. Difficile anche immaginare gli eletti nei partiti storici, in piazza, a disposizione dei cittadini che li hanno mandati il Parlamento.
    Beppe si rivolge alla folla con un ecumenico ed ironico venite a me,  invitando chi è rimasto in fondo alla piazza ad avvicinarsi. Gioca le carte del genere comico, del genere politico ma è anche dal sacro che attinge paragonando il movimento alla Chiesa e, indirettamente se stesso al papa.
    L’esclamazione Italiani! cara a Benito è stata cancellata dal copione. Che copione rimane anche per lui quando gli scappa riferendosi alla piazza la parola platea.
    Tutto è oltre a Genova, nella politica secondo Grillo. Vanno resi due miliardi e sette di rimborsi elettorali, va cancellata la truffa semantica con la quale i vecchi politici hanno ingannato i cittadini e per la quale un inceneritore è diventato termovalorizzatore, va fatto un referendum sull’euro. Chi segue Grillo sente cose già dette, ma può anche scoprire che la piazza in cui si trova è stata affittata per cento anni ad un’azienda americana per trarne i ricavi del parcheggio. Le aziende italiane svendute e il lavoro diventato ricatto fanno breccia nei cuori dei presenti.
    E se lui ti promette che tutto questo si può superare perché non credergli? Lui che da solo ha portato in parlamento sessanta cittadini. Con lui e il Movimento si può reinventare il lavoro, superare i sindacati identici ai partiti. Sapendo che oggi, nella culla della civiltà, sette persone su dieci non capiscono un discorso se è leggermente complicato.
    Lui no. Non andrà in TV. La rete è una delle cinque stelle. E sarà l’accesso ad internet, per nascita, un diritto costituzionale che a Grillo pare più importante dello jus soli, tanto da non citarlo nemmeno. La carta dei diritti dell’uomo non è in agenda nella politica secondo Grillo che parla di dazi per difendere i prodotti italiani e fa la lista delle aziende nazionali vendute agli stranieri. Bisogna salvaguardare il “made in itali” (come lo scrive Beppe lo pronuncia) quello vero!
    Il sole è tramontato quando Dario Fo evoca paradisi fiscali per manigoldi e ricorda il tempo in cui si reagiva, insieme alla storia di ducati e signorie con la cultura e la potenza del passato. Ma il Nobel cita anche l’Ilva.
    Come tanti preti, i militanti dei cinque stelle daranno l’estrema unzione ai partiti.
    E dopo, grazie anche a questa piazza, chi non è con il movimento o non lo comprende si dovrà aspettare l’oltre tomba metaforica e politica.
    Ma è un’apocalisse da venire.
    Martedì sera Fassino, Alfano, Camusso sono in prima serata a Ballarò.
    E Grillo a Sant’Ilario.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 392: TEATROGIORNALE – Lo sciopero dei miei sogni

    [Il Teatrogiornale è un racconto di fantasia liberamente tratto dalle notizie dei giornali].

    A Genova c’è lo sciopero generale e il vento. Non è una novità a Genova, c’è sempre vento ma non tutti sanno che a volte questo si incanala tra i pilastri e fa cantare la sopraelevata. Il suo canto oggi non è disturbato dal rumore delle macchine perché dopo una settimana di sciopero dei mezzi pubblici i genovesi hanno deciso che è stupido prendere tutti la macchina e rimanere imbottigliati nel traffico. Molti motorini, biciclette, monopattini, pattini a rotelle, passeggini e anche un sidecar. Le poche macchine che girano vanno ai venti all’ora e si fermano a chiedere alle donne incinte o agli anziani se desiderano un passaggio.
    -Io ho fatto la partigiana!
    Urla una vecchina brandendo il bastone a tre piedi contro una punto classic grigia che si è fermata ad offrirle uno strappo.
    -Non mi spavento per due passi, belinun! E scendi da quella macchina che ti si rammollisce il cervello!
    La punto classic rimane interdetta e poi continua il suo viaggio solitario, all’altezza del secondo semaforo di Corso Aurelio Saffi posteggia e un signore sui cinquant’anni apre la portiera ed esce, il vento gli scompiglia i capelli radi. Il mare è grigio blu, le nuvole toccano l’orizzonte.

    All’entrata del porto antico, all’altezza dei giochi, dei controllori dell’AMT hanno un banchetto dove chi desidera può versare un euro a sostegno dei lavoratori precettati e multati dalla prefettura: c’è la fila.
    -Alla fine oggi avrei dovuto spendere tre euro e trenta per l’autobus, ne do due e ci ho guadagnato un euro e trenta.
    Una signora bionda, con una borsa di Prada, parla con un’altra sciura con medesima pettinatura e borsa; le scarpe basse da ginnastica Hogan invece del solito mezzo tacco fanno trasparire l’eccezionalità del momento.
    -Ma non avrei mai detto di trovarti qua, cara.
    Dice l’altra tirando fuori il suo portafoglio Gucci non taroccato.
    -Ragazza, non è una questione di comunisti o di facinorosi, io non voglio che tolgano i mezzi pubblici perché non mi piace guidare e voglio il mio 35.
    Per chi non lo sapesse il 35 è l’autobus che va a Carignano.

    Poco più in là, davanti alla palestra del Mandraccio, c’è la scuola della Maddalena che fa lezione in piazza: i bambini hanno i cartellini identificativi come durante le gite e scrivono sdraiati a terra sopra un enorme telone colorato. I maestri e le maestre hanno portato la lavagna di ardesia e vi hanno attaccato degli striscioni che dalla lavagna vanno fino alle ringhiere del Porto Antico, un gabbiano passeggia sul filo. Sugli striscioni c’è scritto: “GIU’ LE MANI DALLA SCUOLA PUBBLICA- SCUOLE IN SICUREZZA ORA E SUBITO”.

    La scolaresca del convitto Colombo aiuta gli addetti dell’AMIU a raccogliere la spazzatura.
    -Ma perché non siete in sciopero?
    Chiede Homar di dieci anni a Pamela, la netturbina più bella di tutto il centro storico.
    -Ma siamo in sciopero.
    Risponde lei porgendo il sacchetto dove lui mette una bottiglia di plastica vuota.
    -Siamo in sciopero perché vogliamo vivere meglio e non peggio quindi raccogliamo la spazzatura ma poi la portiamo in comune.

    Via Garibaldi è presidiata dalla polizia, sia in Piazza Fontane Marose che in Piazza della Meridiana c’è una camionetta con relativi agenti, ad ogni vicolo ci sono poliziotti in tenuta anti sommossa pronti a fermare qualunque assalto da parte dei cittadini. I netturbini però passano da via della Maddalena e, grazie all’aiuto degli abitanti di quei palazzi, calano i sacchetti dell’immondizia dai tetti in via Garibaldi come tanti palloncini neri che volano dall’alto verso il basso, dolcemente, senza far rumore.

    I negozianti, per venire incontro a tutti in questo momento di emergenza, hanno abbassato i prezzi degli articoli di prima necessità.
    -Se loro non guadagnano è giusto che neanche noi guadagniamo.
    Dice la panettiera di via Lomellini, dietro il bancone il collega guarda duro il giornalista, un ragazzo di venticinque anni in giacca blu; quest’ultimo vorrebbe fargli una domanda ma poi ci ripensa, forse i trecento euro che prende a fine mese col suo contratto a progetto non valgono il confronto con quell’omone grosso dai capelli neri.

    In porto tutto è fermo e i portuali hanno circondato la zona rossa creata dal comune così che sembra che la giunta e il sindaco siano in gabbia, ostaggio della loro stessa città. Anche gli operai e gli impiegati dell’Ansaldo hanno aderito alla protesta e si incamminano tutti insieme verso Tursi, il comune, per aiutare i loro concittadini.
    -Ma come ci arrivo in centro da mia figlia?
    Chiede un signore in cappotto e coppola a un gruppo di impiegate in corteo.
    -Non lo so, signore, gli autobus non passano da giorni, qua c’è sciopero generale, le strade sono tutte un corteo.
    -E va beh, se non passa l’autobus dovrò prendere il corteo. Dice il signore e si mette a camminare dietro la scritta: -LO STATO SIAMO NOI! GIU’ LE MANI DALLA NOSTRA CITTA’!

    Dal secolo XIX: Genova nel caos, oggi quarto giorno di sciopero

  • OLI 391: CITTA’ – Puc, Regione e autorimesse AMT

    Dunque va bene o non va bene quanto hanno deciso gli Uffici Comunali riguardo le Osservazioni della Regione in materia Ambientale? Un bel parere secco e se ti va un bel malloppo da leggere, quasi duecento pagine di verbali, tabelle, recepimenti, inviati ai Municipi per approvare un qualcosa che neanche in consiglio comunale hanno ancora visto.
    Tra le pagine di quegli stizziti verbali si è consumata invece una bella lotta tra Enti per decidere il futuro assetto edilizio della città con abitanti in calo irreversibile, costruire o non costruire nei famigerati Distretti di trasformazione, ovvero nelle aree dismesse di fabbriche, vallette verdi, autorimesse, quante residenze, quanti centri commerciali, quanti parcheggi è permesso fare. In un raptus di fine mandato la Regione ha sparato una serie di diktat ambientali, che ha entusiasmato ambientalisti e spiazzato la controparte, sentenziando osservazioni non meramente indicative come di solito avviene, ma le ha blindate a “prescrittive” , nel senso che è obbligo vadano recepite: la Vas, Valutazione ambientale strategica.
    Una spallata da ente sovraordinato, cioè da chi conta di più, sta più in alto nella scaletta d’importanza. Un bel destro per gli Uffici, nel frattempo passati direttamente dal via con il nuovo sindaco come nel gioco dell’oca, tornando a fidata gestione Pd, Fds, Ds, ante Vincenzi, un’ambientalista pura al confronto.
    Si scopre così dai verbali che il Comune “evidenzia come non sia possibile destinare sistematicamente le aree esondabili a verde, (ndr. come richiesto dalla Regione nelle sue Osservazioni) in quanto si tratta nella maggior parte dei casi di aree già insediate o sulle quali pesano interessi anche pubblici notevoli e -conseguenti affidamenti- , come la rimessa AMT della Foce ..sarà necessario esplicitare che alcune previsioni di grande trasformazione di PUC, ad esempio Corso Sardegna e Via Maddaloni, (ndr. dove c’è la rimessa Foce Amt ), per ragioni giuridiche (…!!) non possano che essere confermate, ovviamente evidenziando in norma … il raggiungimento di adeguate condizioni di sicurezza idraulica, come previsto dal Piano di Bacino..” (ndr., Il Piano di Bacino, per dirla semplice, stabilisce come e quanto è sicura una zona rispetto ad un fiume)..”evidenzia il Comune che sta approvando il progetto definitivo dello scolmatore del Ferreggiano-Noce-Rovare (…) L’intervento comporterà una revisione delle zone rosse nel Piano di bacino del Bisagno.”
    Quindi anche se “La Regione, evidenzia la necessità di individuare i distretti in contrasto con le norme di Piano di Bacino… “, il Comune non arretra, vuole lasciare a residenze, commercio, parcheggi magari interrati,  più di quattromila metri quadrati dell’autorimessa della Foce. Un’ipotesi remota si dirà, visto che la Foce è l’unica autorimessa rimasta nel Levante, quella di Boccadasse già venduta, al suo posto un palazzone ed è tramontato il progetto di ricoverare i bus allo stadio Carlini.
    Per ripianare Amt se pare corretto mettere in campo i gioielli immobiliari, posti in luoghi di pregio, altro discorso è il non arretrare rispetto ad una riqualificazione in area rossa cioè esondabile, ipotizzando che prima o poi con i lavori ancora da farsi sullo scolmatore Fereggiano, la Foce zona rossa non sarà più. Portandosi dietro a cascata progetti in soffitta di park interrati nei dintorni, come Caravelle e via Casaregis.
    Intanto già si sa come sono finiti i soldi della rimessa Boccadasse: in un’altra società, una bad company per presentare un‘Amt sana al socio francese, che nel frattempo s’è volatilizzato, riprendendosi il suo capitale tutto intero. Di sicuro Amt fu società giuridicamente inadempiente, ma il Comune fece proprio un bell’affare: soldi e immobili spariti e debiti rimasti.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 390: CITTA’ – Spiagge, Corso Italia, Genova e Ballarò

    Cinque minuti di Maurizio Crozza il 12 novembre su Raitre e milioni di italiani ora sanno com’è il litorale a Genova, sbarrato e cementificato.
    Chissà se una risata scioglierà i cuori dei nostri governanti, se si attueranno mai le Norme, eternamente rinviate per trame fino alla Ue, Progetto di Utilizzo del demanio, Piano della Costa, Pianificazione del litorale, Piano Urbanistico Comunale, Legge Regionale, Codice della Navigazione, .. e vai, tutte legiferazioni che prevedono mare raggiungibile da tutti e quanto più libero ora e per il futuro. Una presa in giro per i cittadini, cui si aggiunge la parodia di questi giorni al Patto di Stabilità del viscido emendamento Pdl sulla vendita delle spiagge d’Italia, segretamente fiancheggiato in modo piratesco da altri partiti.

    Se si votasse a scrutinio segreto anche in Liguria l’emendamento passerebbe perché Regione e Comuni hanno sempre avuto riguardo per gli addetti del settore, balneari e associazioni sportive, portatori d’interessi e consensi, così si spera e ogni partito coltiva il suo giardino blu marin.
    Così la proposta della Regione Liguria di aumentare il canone sul metro quadrato di spiaggia sta scatenando proteste sul web e presso il governatorato, mentre il povero assessore regionale al Demanio fa retromarcia, chiosando “vabbè mi basta un aumento del trenta, facciamo cinquanta per cento, in fondo volevo soltanto qualche soldino da reinvestire sul litorale, pigola, mi avete sempre considerato un amico..” Il canone passerebbe al doppio di 1,8 euro al mq, una fortuna per il basito cittadino che ogni anno vede aumentare tasse e abbassarsi il reddito: mille metri quadri di spiaggia costano ora al gestore balneare meno di duemila euro all’anno di canone demaniale. (Repubblica 13/11).

    Poi, siccome tutto è fermo e nulla si può toccare fino al 2020, termine di scadenza concessioni balneari, compare sul sito del Comune di Genova, un Avviso dell’ Ufficio Demanio per richiesta di ampliamento concessione Demaniale ad una società sportiva. Spesso una fuffa le società sportive, quando va bene due o tre partecipazioni l’anno a gara di pesca o vela, alcuni trofei e voilà, ecco la concessione. Mai generalizzare sì intende, dunque chi chiede la concessione a Sturla è campione nazionale di “ bollentino”, ha una sede ultranuova, bianco, corde e fregi marinareschi, pavimenti con riquadro a mosaico, bagni e docce perfetti, biliardo, sala da gioco e da tè, terrazza sul mare, un clubbino à la page insomma con soci compiti: si paga 250 euro l’anno, posto barca compreso.
    Lo stato ne incasserà meno di mille l’anno, con sconto Coni per la sede e un consistente pezzo di spiaggia occupato da 180 barche e quasi duecento cabine.

    La sede dell’Associazione si affaccia però su un altro punto dei litorale, che è spiaggia libera: ci si lamenta dei rumorosi bagnanti, magari con ombrelloni di giorno, uso delle docce di non soci, meno male la toilette è sottochiave, spiacevoli incursioni notturne, perciò si chiede di avere in concessione la spiaggia libera davanti a scanso del tutto. Chi fa un giro a borgo Sturla può intanto vedere il litorale occupato e vietato anche da tre alaggi di barche, società sportive, bar, club e un unico pezzetto di spiaggia per tutti.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 390: CITTA’ – Lagaccio in piazza per la ex-caserma Gavoglio

    (scorcio della caserma Gavoglio di Genova)

    Festa in piazza sabato 16 novembre al quartiere Lagaccio: la rete di associazioni “Voglio la Gavoglio” che si batte per una riqualificazione degli spazi occupati un tempo dalla caserma Gavoglio organizza una festa dalle 16 alle 18 nella piazza antistante la caserma
    Chi conosce il Lagaccio ha ben presente la carenza di spazi verdi, parcheggi, servizi che contraddistingue questo quartiere genovese, per il quale i 60000 metri quadrati dell’ex-caserma potrebbero costituire un polmone capace di cambiare il futuro del quartiere: in particolare la festa di sabato si oppone alle indiscrezioni che vorrebbero gli spazi dedicati allo smaltimento di detriti di lavori delle grandi opere.

    http://vogliolagavoglio.blogspot.it/ 
    http://www.ilsecoloxix.it/p/multimedia/genova/2013/11/12/AQJQhPw-lagaccio_quartiere_gavoglio.shtml?hpar=1
    (Ivo Ruello – Foto di Sandro Lorenzetti)

  • OLI 390: TEATROGIORNALE – Evasione

    Corro, sono anni che sono rimasto rinchiuso.

    La cella, i guardiani, il cibo schifoso, gli occhi dei compagni: non posso più vedere quello sguardo rassegnato, quei movimenti languidi, quelle caviglie gonfie. Libero, giustamente, meritatamente libero perché io ho lottato.

    Niente più compagni di lavoro infidi, serpenti a sonagli pronti a morderti se solo ti avvicini troppo; altri invece erano apertamente aggressivi, feroci: tirano fuori gli artigli per ogni minima sciocchezza. Libero.

    Non devo far vedere che sto’ scappando, devo muovermi in maniera disinvolta, come se niente fosse: un passo dopo l’altro e poi via, di corsa dietro quel muro. Appiattirmi e nuovamente ricominciare a camminare, guardando di qua e di là in maniera disinvolta.
    Disinvolta, disinvolta…. Non ci riesco.

    Io, io me lo ricordo quello che ho lasciato qua fuori, lo so, me lo sono ripassato nella memoria per trenta lunghi anni, una forma di lotta silenziosa e tenace: ricordare, sforzarsi di non dimenticare: ogni notte prima di addormentarmi io ripensavo a quello che c’era fuori, l’ho sognato, l’ho immaginato, ho pianto di nostalgia e ora?
    E ora sono fuori ma questa terra non è la mia terra, è diversa, è più dura, più grigia.
    Provo ad appoggiarmi a queste piante ma si piegano e fanno un rumore strano, alcune poi si spostano. Non sono piante sono pietre colorate che si muovono da sole! No, queste non me le ricordavo proprio. Gli alberi hanno i tronchi lisci e delle foglie luminose. Provo ad odorarne una ma puzzano. Diciamo che puzza un po’ tutto qua intorno e non ci sono corsi d’acqua. Forse è una savana?
    Attorno a me le pietre si fermano ed escono dei tipi che mi ricordano i guardiani, meglio telare.
    Sento odore d’acqua, non ne sento il rumore, non so se è per colpa del frastuono creato da queste rocce mobili o a causa della musica assordante che mettevano i guardiani durante le ore di lavoro.
    C’era una canzone che non era male, faceva più o meno così: “non importa quel che muovi e allora muovi! tatattattatta e allora muovi!” . Questa musichetta mi fa ballare il naso, una volta che mi prende poi…

    Aspetta, aspetta, devo trovare la strada di casa, non mi devo distrarre: odore d’acqua. Ma queste montagne io non me le ricordo. Il mondo è così cambiato in trent’anni? Ci sarà ancora qualcuno ad aspettarmi? E soprattutto dove? Acqua e… che cosa è questo odore? Un odore dolce, verde diverso da questa puzza che mi invade le narici. Ci sono delle strane grotte sempre piene di quegli esseri… li schiaccio o li soffio via, o li sposto con una mossa di quelle ….”tatattattatta e allora muovi! ” No, no, non li schiaccio che iniziano tutti a urlare… che male alle orecchie! Arrivano a fare degli ultrasuoni.
    Verde, c’è una grotta piena di verde, vorrei provare a prenderne un po’, sembra meglio della sbobba della galera. Perché urlano sempre questi umani? Io provo a soffiarli via, via, via sparite.
    Io voglio solo tornare a casa ma qui non c’è più una casa per me. Qui non c’è più nessuno che mi conosca, che si ricorda chi io sia. Voi siete ovunque ma non parlate con me, non mi vedete. Chi sono io per voi? Un animale da circo, una cosa grossa di cui ridere per mezz’ora. Io sono, io esisto perché ho dei ricordi, ho una storia ma se voi mi togliete anche questo, cosa rimane? Una pelle ruvida con due zanne d’avorio. Via, via, volate via. Vi siete presi tutto, anche il mio ricordo del mondo e cosa mi avete dato in cambio? Puzza, grigio e rocce mobili. Vorrei urlare, uccidervi tutti a furia di “tatattattatta e allora muovi! ” ma a cosa servirebbe? A nulla, solo a farvi urlare più forte.

    Mi state accerchiando, ora inizierete a sparare le vostre siringhe dormiglione? No, vi avvicinate? Mi arrendo, non c’è nulla qua fuori per me, chiudo gli occhi, rimettetemi le manette, riportatemi in cella, domenica sarò di nuovo in pista, solo un po’ più triste, solo un po’ più solo: ora so che non ho più un luogo dove tornare.

    Da blizquotidiano: Elefante fugge e passeggia per Roma: ripreso al mercato di Ponte di Nona.

    (Arianna Musso- video da internert)

  • OLI 389: CITTA’ – Dieci anni dalla morte di Albert Kolgjegja

    L’8 novembre cade il decennale della morte di Albert Kolgjegja. Una targa all’interno del Galata – Museo del mare, ricorda l’operaio albanese che perse la vita nel crollo delle solette di cemento dell’edificio, nel cantiere che lavorava per concludere i lavori per l’inizio del 2004, e per Genova capitale europea della cultura.

    Albert aveva trent’anni ed era figlio del medico di Lura, ma aveva deciso di non seguire la strada del padre per non gravare sulla famiglia durante gli studi. Aveva passato la frontiera attraverso la Grecia ed era arrivato in Italia da Corfù, dopo aver pagato tre milioni di lire agli scafisti.
    Dal 2000 aveva deciso di vivere a Genova, dapprima lavorando nei cantieri stradali (di notte, però: essendo clandestino, la ditta che lo aveva assunto pensava fosse più prudente), poi – una volta ottenuto il permesso di soggiorno – come muratore nei cantieri edili.

    Albert aveva iniziato a lavorare al Galata, attraverso la Impreval, ditta bergamasca che aveva in subappalto cantieri della Carena e della Cemedile. La Impreval, grossa azienda con cinquemila dipendenti, aveva molta fretta di finire. Per trovare operai e terminare il lavoro, raccontò uno dei colleghi di Albert, non andava per il sottile: “Lavoravamo senza sicurezza e in nero, a sei euro l’ora, ci chiedevano solo la fotocopia del permesso di soggiorno. Se ce l’avevi, potevi lavorare, non ti chiedevano altro”. “Volevano accorciare il tempi, abbiamo disarmato la soletta troppo presto, il cemento era ancora fresco”.

    Albert quindi da Lura in Albania finì a lavorare a 6 euro l’ora in nero al Galata, fino a che una mattina (era un sabato) un ammasso di cemento e macerie lo seppellì. Il suo regolare contratto di lavoro gli fu spedito il 10 novembre 2003, due giorni dopo la sua morte.
    Tanti altri operai rimasero feriti, ma fuggirono dopo l’incidente e si fecero medicare in incognito negli ospedali genovesi.
    Ci furono numerosi indagati, fu nominata una commissione d’inchiesta e designato un commissario straordinario per la lotta al lavoro sommerso.

    Il Galata fu inaugurato a fine luglio 2004: oggi ospita anche il Mem, museo delle migrazioni.
    Una cerimonia al MuMa ricorderà il decennale, l’8 novembre alle 18, alla presenza del console onorario d’Albania.

    (Eleana Marullo)