Categoria: Città

  • OLI 374: POLITICA – Fave e governo

    Qualche giorno fa, dal fruttivendolo marocchino, in Via del Campo a Genova: voglio comprare delle fave, il loro aspetto non mi convince troppo. Conosco il fruttivendolo, gli chiedo: “scusi, come stanno le fave?”.
    La risposta è lapidaria: “così così, ma sempre meglio del vostro governo”.
    (Paola Pierantoni – immagine da internet)

  • OLI 373: PAROLE DEGLI OCCHI – Assolibro, veglia per una libreria

    Fotografia di Giovanna Profumo
    18 aprile 2013. Ore 17.40, Genova, via San Luca, Assolibro. Arrivano i tamburi. Una libraia scoppia a piangere. La gente vaga tra gli scaffali. Marta Vincenzi passa davanti alla libreria, sorride e va oltre.
    “Contro la chiusura di Assolibro e l’apertura di Mac Donald”.
    I tredici musicisti suonano i tamburi. La gente applaude. Un “bravi”.
     I libri ormai sono già resi.
  • OLI 373 – CITTA’: L’ultimo stadio e il patron della Samp

    “Perché, vede, noi abbiamo una tradizione in città, noi rappresentiamo qualcosa che quelli del Genoa non hanno, non c’è la cultura, non potremmo fare uno stadio con il Genoa, il nostro è un brand da difendere… per restare in serie A”  sottolinea il figlio di Edoardo, durante  il buffet offerto ai Consiglieri dopo la Commissione-fiume, in cui è stato presentato il progetto Stadio in Fiera.

    Comprensibile l’incompatibilità con la squadra rivale di sempre, non si capisce però la storia della serie A, non è che la Sampdoria brilli: e comprare qualche giocatore in più? direbbero i tifosi, anche loro presenti tra il pubblico di Sala Rossa, pazzi per uno stadio tutto Samp come per il Manchester, l’Arsenal, la Juve.
    Il progetto è interessante, non si evidenziano però operazioni finanziarie da capogiro, come per  il nuovo impianto dell’Arsenal: emessi persino dei bond per 250 milioni sterline, occupati 24 ettari di una fabbrica dismessa, edificati migliaia di appartamenti, bar, ristoranti al posto del leggendario stadio Highbury di Londra.
    Sono altri numeri, milioni di sterline e giri di sceicchi.
    E perché noi no? Il gruppo Union Calcio Sampdoria accarezza l’idea, è un fatto che con gli stadi nuovi i grandi club europei stanno guadagnando parecchio, pure la Juventus, con un aumento di quasi il 12 per cento di abbonamenti e del 30 per cento di ricavi. Nessuna intenzione speculativa, sottolineano.
     L’iniziativa nasce su input del disegno di legge per gli stadi, presentato ma non approvato che, con  generose agevolazioni, cercava di risolvere l’annoso problema dell’impiantistica di proprietà pubblica: anche a Genova abbiamo un problemino, perché Genoa e Samp fanno a gara a chi paga per ultimo l’affitto di Marassi; spesso interviene la Carige.
    L’Union Club Sampdoria nella sua brochure di presentazione, distribuita ai Consiglieri comunali, elenca sette buoni motivi per fare lo Stadio in Fiera e li citiamo in ordine: miglioramento della sicurezza contro la violenza negli stadi, qualificazione dell’impianto come polo sociale e culturale, diminuzione dei costi per la collettività con la riduzione di spese di manutenzione, nuove opportunità occupazionali, riqualificazione urbana, ambientale e territoriale, diversificazione delle forme di ricavo della Società, maggiore competitività dello sport italiano.
    Alcuni si commentano da sé, su altri si potrebbe discutere. Su tutti però il tema del lavoro: un migliaio di edili impegnati, mentre, ad opera finita, i lavoratori saranno tra le 15 e le 30 unità. Cifre da sballo.
    Per contro la Società potrebbe avere “un riequilibrio delle voci del conto economico e, in ragione della titolarità dell’impianto, la conseguente patrimonializzazione”: bel colpo, si tratta delle aree più pregiate di Genova, in riva al mare e in centro città, valutate sui venti milioni di euro dalla presidente di Fiera Armella, che intanto vuole mandare a casa 31 su 54 lavoratori e un indotto di quasi cinquecento piccole imprese.

    E’ sulla crisi di Fiera che conta la Sampdoria, sui conti che non tornano per il Comune, principale azionista?
    Sorvolando pure sull’impatto paesaggistico di uno stadio piéd dans l’eau da trentamila posti e mille parcheggi, ci si chiede perché farlo proprio lì. Di certo fa gola anche l’eventuale saldo dell’ex palazzo Nira-Ansaldo e qualche immobile del Comune nei dintorni. In cambio si avrà un modesto palazzetto dello Sport per altre discipline, alto circa trenta metri, al posto della ariosa tensostruttura; un po’ di centro commerciale che non guasta mai. E sperando nei nuovi accessi di ponente, che si otterrebbero tirando giù 500 metri di fine sopraelevata per arrivare direttamente in Fiera (costo un milione al metro, fonte Autostrade), trentamila persone si riverserebbero nell’arco di poche ore in un luogo già intasato.
     Ma l’interesse pubblico qual è?
    Il disastro è che non s’intravede proprio una visione di potenzialità economico-lavorative per la città, ma soltanto un progetto dall’utilizzo alterno, rivolto essenzialmente ai tifosi e non per attrarre turismo, forse la nostra ultima speranza. 
    (Bianca Vergati – immagine da internet)
  • OLI 373: CITTA’ – Maddalena on the Road

    Sabato 13 Aprile 2013 si è svolta Maddalena on the road: commercianti, abitanti, artigiani, accompagnati da un gruppo di attori, musicisti e clown, hanno invaso il quartiere per cercare di restituirgli la vita. Anche le attività dei negozi si è svolta in strada.
    E’ da qualche mese ormai che il Civ della Maddalena, l’associazione A.Ma. e il Formicaio, sostenuti da altre realtà del quartiere, animano i sestriere ogni secondo sabato del mese.
    Galleria fotografica di Paola Pierantoni, Giovanna Profumo, Ivo Ruello

  • OLI 373: CITTA’ – Una marcia contro il cemento, a Genova il 21 aprile

    Disegno di Guido Rosato

    Una marcia contro il cemento e a favore della tutela e valorizzazione dei suoli agricoli; una manifestazione contro la speculazione edilizia e a favore del paesaggio come risorsa anche economica; un corteo colorato di nero e giallo (come le api), che collegherà due luoghi simbolici di Genova, l’Acquasola, dove è stato sventato uno degli scempi più inauditi in un giardino pubblico storico, e Valletta Carbonara, dove negli antichi orti dell’Albergo dei Poveri un simile pericolo non è ancora scongiurato.
    L’evento, che non conosce precedenti a Genova, è la ‘Marcia per la Terra’, proposta dal coordinamento genovese di ‘Salviamo il paesaggio’, e organizzata insieme alle associazioni sotto elencate, nel capoluogo ligure domenica 21 aprile, in concomitanza con analoghi eventi promossi in Piemonte, Lazio, Veneto, Puglia, Sicilia e dagli altri coordinamenti locali del Forum nazionale Salviamo il paesaggio, per celebrare l’Earth Day, la Giornata Mondiale per la Terra promossa dalle Nazioni Unite.
    L’obiettivo è dire STOP! al consumo scellerato di suolo che nei decenni ha devastato il capoluogo ligure e l’intera regione, compromettendo in modo irreversibile il paesaggio e i naturali assetti idrogeologici del territorio, con le drammatiche conseguenze che tutti conoscono: devastanti alluvioni come quelle del 2010 a Sestri Ponente e del 2011 in via Fereggiano e nello spezzino, incendi boschivi e frane, ultima quella drammatica di via Ventotene, che ha riportato alla memoria la tragedia della non lontana via Digione a fine anni ’60, quando la città aveva già iniziato ad essere brutalizzata dal cemento.
    Guardando a un orizzonte semplice ma apparentemente ambizioso quale la salvaguardia del pianeta Terra, la manifestazione intende sottolineare la necessità di conservare le risorse naturali e i suoli agricoli e fertili, fermando il consumo indiscriminato di suolo.
    Per restare a Genova e provincia, l’elenco dei casi di cementificazione realizzata o minacciata, in alcuni casi sventata con grandi mobilitazioni, è infinito: dai progetti di parcheggi spuntati ovunque (dopo l’enormità dell’Acquasola ci sono stati fra gli altri Salita della Misericordia, le Caravelle di piazza della Vittoria, il Bosco Pelato a San Fruttuoso, Nostra Signora dell’Orto in pieno centro storico di Chiavari), alle edificazioni in zone di alto pregio paesaggistico o storico (Valletta Carbonara, l’ex scalo ferroviario di Camogli e l’ex Mercato di corso Sardegna, per non parlare dell’ex Ospedale psichiatrico di Quarto, monumento su cui incombe una gigantesca speculazione).
    IL PROGRAMMA DELLA MARCIA: MUSICA, BAMBINI E MERENDA CON I CONTADINI DI VESIMA
    La marcia partirà alle 14 dai giardini dell’Acquasola e approderà ai Giardini Pellizzari (circonvallazione a monte, sopra l’Albergo dei Poveri e Valletta Carbonara) intorno alle 16.

    http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/marcia-per-la-terra-in-liguria/

  • OLI 373: TEATROGIORNALE – Maschere in una città che muore

    Dal fattoquotidiano.it: Comuni in rosso, i cittadini di Alessandria a Montecitorio: “La città così muore”

     – Stiamo camminando tra le strade di una città che fu. La guida ha un ombrello alzato, dietro i croceristi camminano in fila per due, macchine fotografiche e adesivi SMC. A fianco le guardie giurate scortano il gruppo.

     – Questa città è pericolosa? Chiede una grassa cinese con i capelli biondi che escono da un cappello di paglia.

     – No signora, è che in questi paesi decaduti non si sa cosa può succedere. Gli abitanti sono perlopiù impauriti e rimangono chiusi nelle loro abitazioni, ma non bisogna abbassare la guardia. Un tempo questa città era ricca, è stata la prima città che ha venduto una strada, via Garibaldi, al governo Indiano aprendo così il “mercato delle città”. Finché era solo via Garibaldi gli abitanti potevano passare per altre strade o carrugi, come le chiamano qui le strade strette. In breve la situazione era diventata ingestibile: sembrava che tutto il modo volesse accaparrarsi un pezzo d’Italia.
    A furia di vendere strade, per ripianare i debiti del comune, le case private sono diventate delle prigioni, gli abitanti non potevano più uscirne, pena multe salatissime. La legge del 2015 ha dato la possibilità di passaggio sulle strade, non più pubbliche, solo indossando abiti tradizionali.

    Ecco, potete ammirare alla vostra sinistra una Colombina con un Pulcinella insieme a un piccolo putto alato.
    Sull’altro lato del marciapiede una famiglia in abiti sintetici e colorati sta litigando.

     – Osservate l’uso delle mani, gli Italiani hanno una gestualità esasperata, il teatro nel sangue. Se fate silenzio potete ascoltarne la lingua, un canto.

    Il Pulcinella alza il braccio destro e stringe le dita, rivolto verso la Colombina in lacrime:
     – Ma che cazzo vuoi?
     – Che bello, possiamo dare qualche spicciolo all’angioletto? – chi parla è una Turca dallo smalto verde con degli Swarovski.
     – Signora, aspetti che la guardia li chiami. La guardia fa segno al Pulcinella di avvicinarsi.
    Pulcinella smette di urlare e fa segno alla donna di andare dalla fila di turisti col bambino alato.

    La Colombina saluta e ringrazia aprendo il grembiule mentre il bambino passa tra le signore a raccogliere Yen, Lire Turche, Dollari e per gettarli tra le gonne della mamma.

    Il Pulcinella si toglie il cappello e declama:
     – Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura che la diritta via era smarrita.
    I turisti applaudono, la guida fa segno alle guardie di allontanare la famiglia Pulcinella.

    Sono ancora in Via Balbi e devono arrivare a San Lorenzo prima di pranzo per la performance dell’orchestra del Carlo Felice, ormai ridotta a orchestra di strada.

    La moglie della guida è il primo violino, i turisti non devono finire tutti i soldi con i Pulcinella, gli Arlecchini e i Pantaloni improvvisati che incontrano.
    Suoneranno Vivaldi, la primavera. I brasiliani l’adorano. Genova, la sua città, una città che fu.

    E da qualche parte risuonano le parole del poeta: Genova palpitante. Mio cuore. Mio brillante.
     (Arianna Musso – foto da internet)

  • OLI 367: ANIMALI – Il circo delle norme e l’adeguatezza delle gabbie

    Da qualche tempo c’è in città il Circo Togni, e un gruppo di cittadini, contrari all’utilizzo di animali negli spettacoli, ha reagito con una raccolta di firme per sollecitare il Comune a svolgere i controlli che gli competono, e cioè verificare il rispetto delle “Linee guida” sui criteri di mantenimento e detenzione degli animali stabiliti nel 2000 dalla Commissione Scientifica CITES del Ministero dell’Ambiente. In caso contrario chiedono che il Comune “ne vieti l’attendamento”.
    Notizie di stampa del 23 febbraio (Il Secolo XIX, Il Mercantile) informano che l’ispezione è avvenuta, e riportano il comunicato del Comune: “Il reparto Ambiente della Polizia Municipale ha effettuato una prima visita, senza preavviso. L’ispezione ha verificato che, contrariamente a quanto segnalato, gli animali sono mantenuti in buone condizioni e in gabbie apparentemente adeguate”.
    Questo episodio apre tre diversi livelli di riflessione.
    Il primo riguarda la normativa vigente. La legge che disciplina la materia, la 337 del 1968, è una vecchia legge in cui non compare mai la parola ‘animali’. Non ci si pensava ancora agli animali, in allora. Nei quasi cinquanta anni successivi si sono sviluppate nuove conoscenze scientifiche e consapevolezze riguardo al comportamento, la psiche e la sensibilità animale, ma in Italia da tutto ciò non è conseguita alcuna evoluzione della legge sui circhi, diversamente da molti altri paesi, europei e no, dove l’utilizzo di animali per gli spettacoli è totalmente o parzialmente proibito (*).
    Così, nella sua immobilità, la L. 337/68 continua a valorizzare “la funzione sociale dei circhi equestri e dello spettacolo viaggiante” e a sostenerli con “contributi pubblici” senza porsi, in merito, altre domande. In assenza di norme di leggi vincolanti l’unico riferimento sono le citate ‘Linee guida’ CITES.
    In questa indeterminatezza si aprono tutte le possibili gamme di comportamento, da quella di Comuni che non se ne occupano, a quella dei Comuni che vietano l’attendamento di circhi con animali.
    Che fa in proposito il Comune di Genova? Qui si apre la seconda riflessione. Infatti il telegrafico comunicato stampa afferma che gli animali sono “mantenuti in gabbie apparentemente adeguate”. Ma a chi spetta il compito di stabilire una connessione tra apparenza e realtà? Se la Polizia Municipale non è in grado di assumersi la responsabilità di una valutazione che ci sta a fare? E perché travisare contenuti e senso della lettera dei cittadini affermando che questa (apparente) adeguatezza sussiste “contrariamente a quanto segnalato”? I firmatari infatti non ‘segnalavano’ nulla: esprimevano le ragioni culturali e filosofiche della loro contrarietà all’utilizzo degli animali nei circhi, e chiedevano al Comune di valutare se il Circo Togni rispetta o meno le ‘Linee guida CITES’, che riguardano una molteplicità di aspetti, e non solo le gabbie. Il che, ad ispezione effettuata, non è dato sapere.
    Patetica infine la sottolineatura sull’ispezione fatta ‘senza preavviso’: presentare l’ovvio come merito induce più ai cattivi che ai buoni pensieri.
    La questione filosofica di fondo, e questo è il terzo ordine di riflessione, è ancora un’altra. E cioè l’accettabilità, e il valore educativo e sociale, di utilizzare gli animali per ‘fare spettacolo’, costringendoli alla detenzione e a comportamenti innaturali. Tanto più spettacolari quanto più innaturali.
    Il fascino e l’incanto del nostro rapporto con le altre specie viventi è nella relazione che possiamo costruire con loro, rispettandole. Si impara di più dal gatto di casa che dalla tigre nel circo.
     
    (*)  http://www.oipaitalia.com/campagne/circo_cosasuccede.htm
    (Paola Pierantoni – Foto dell’autrice)
  • OLI 365: CITTA’ – Il miracolo di Vico Papa

    Vico Del Papa si trova nella zona della Maddalena.

    Il miracolo si manifesta con particolare evidenza ai passanti alla sera, attraverso una fila di vetrine illuminate che improvvisamente interrompono l’oscurità dei vicoli.
    Che sia giorno o che sia sera, comunque, chi guardi attraverso i vetri vedrà persone che ballano, oppure cantano, parlano tra loro con parole o gesti, come i giovani sordi di ‘Mani in movimento’, fanno yoga, ginnastica, suonano, oppure recitano, giocano con bambini piccolissimi, guardano insieme dei video, fotografano, discutono, ascoltano, si scambiano libri, oppure imparano a comunicare tra loro nell’oscurità.

    Il gruppo “Mani in movimento”

    Le attività che si svolgono all’interno spaziano su territori molto articolati, espressione di una produzione culturale diffusa di cui sono produttrici e attrici una quantità di associazioni, gruppi, insiemi di persone.
    Scorrendo il calendario che definisce gli orari di occupazione degli spazi se ne contano a decine. In alcuni casi sono appuntamenti di confronto e discussione episodici, o almeno non sistematici, in altri invece si tratta di attività permanenti che si svolgono per tutto l’anno, settimana dopo settimana.

    Il gruppo “Le vie del Canto”

    Come è avvenuto? Che storia c’è dietro? E dove stava, prima, tutta la gente che si avvicenda ora i questi spazi?
    Inaugurato meno di un anno fa, il 24 aprile 2012, questo spazio ha preso materialmente vita a partire dallo scorso settembre. Il nome che lo identifica è: “Laboratorio Sociale di Vico Papa” (lo trovate su Facebook ), concepito e realizzato nell’ambito del “Progetto Integrato Territoriale” della Maddalena promosso dal Comune di Genova e finanziato dalla Regione Liguria con i fondi del POR (Programma Operativo Regionale) 2007 / 2013, Asse 3 / sviluppo urbano. Soggetto attuatore RiGenova Srl, società partecipata dal Comune.
    Lo scopo, si legge nel dépliant del Comune che nel 2009 fissava caratteristiche e tempistiche del progetto, è “dare valore alle energie esistenti nel quartiere che non hanno luoghi e modi di esprimersi; sostenere le forme aggregative presenti, attrarne di nuove, favorendo l’integrazione col quartiere; rompere l’isolamento dell’area … favorire lo scambio di esperienze e punti di vista dei residenti; aggregare attorno al laboratorio un soggetto culturale collettivo in grado di leggere i bisogni del territorio ed interloquire col sistema decisionale”.

    Le frasi di questo dépliant hanno alle spalle un lavoro collettivo, un’esperienza già compiuta, quella del laboratorio sociale “50 rosso” della Maddalena, e si sente.
    Negli anni di attuazione del progetto, dalla identificazione dei locali alla loro ristrutturazione, sono intercorsi continui rapporti con le realtà culturali e associative che si candidavano ad utilizzare questi spazi.
    Sostenere la produzione culturale diffusa, farla uscire dal sottosuolo dove la spaventosa mancanza di spazi di questa città la relega da anni, metterla in comunicazione con la città, è un progetto politico. Aggiungo: un progetto politico di sinistra.
    Paola Borelli, entusiasta ed appassionata responsabile della gestione di Vico Papa, mi dice che è in cantiere una realtà analoga in Via Pre.
    Bisogna andare oltre, estendere questi spazi in tutti i quartieri. La vita culturale di Genova non può esaurirsi a Palazzo Ducale.
    (Paola Pierantoni –  Foto dell’autrice)

  • OLI 360: FEMMINICIDIO – Il privato è politico

    Lunedì 10 dicembre a Staglieno si è svolta una semplice cerimonia, frutto della relazione che si è creata tra la giunta Doria e le donne, attraverso i diversi gruppi che le rappersentano: nel viale che fiancheggia il ‘tempio laico’, a cura del Comune, è stata scoperta questa targa:

    Una cinquantina di persone, donne e uomini, hanno fatto arco intorno, e hanno ascoltato le brevi parole pronunciate dall’assessore comunale a Legalità e diritti Elena Fiorini, da una rappresentante di “Usciamo dal silenzio” e da una donna dell’associazione Arcilesbica.

    Un minuto di raccoglimento, e un applauso. Tutto qui. Lo scopo è che le persone che transiteranno nel viale, volta dopo volta, si confrontino con la parola, femminicidio, e ci pensino su.
    Bice di “Usciamo dal silenzio” ringrazia il Comune proprio per avere accettato di nominare questa parola: “le parole sono importanti”.
    Il termine femminicidio – utilizzato per la prima volta nel 1992 dalla criminologa Diana Russel – dichiara senza equivoci il fatto politico che molte donne sono uccise proprio perché donne. La presa datto di questa realtà è un passo per cambiare una cultura che fino a poco fa è stata sostenuta e santificata dalla legge italiana: solo nel 1981 sono stati abrogati il delitto d’onore e il matrimonio riparatore, un pugno danni ci separa da questa barbarie legislativa.
    L’assessore Fiorini ad un certo punto dice che il femminicidio “non è un problema privato”. Intende che è un problema sociale e politico che va assunto da tutti.
    Non concordo. Le violenze verso le donne, il loro estremo esito nell’assassinio, sono un problema privato, e in quanto tale politico, perché hanno radici in quello che, sotto la superficie di una legislazione finalmente più moderna, si muove nell’intimità dei rapporti tra i sessi, in molti casi ancora segnate da elementi arcaici.
    Se non si trova la strada per agire su questo piano le cose non cambieranno.
    (Paola Pierantoni – foto dell’autrice)

  • OLI 359: ILVA – Trasversalità

    Sono stata contenta di aver fatto un giro insensato per tornare a casa in motorino. Averci impiegato troppo tempo. Così ho potuto assaporare il desiderio di arrivare a casa presto per scrivere, e ho colto davvero il senso di quella piazza bloccata per l’intera giornata, con la voce che gridava forte dentro di me: “perché con loro non si è fermata e non si ferma l’intera città?” Loro sono gli operai dell’ILVA. 
    Di questi minuti il “decreto salva Ilva” che Monti ha definito più ampiamente “salva ambiente, salute, lavoro”. Hanno battuto le mani, quando Grondona ha detto – la voce distorta dalle casse – che c’era il decreto, che si tornava a lavorare. Hanno fischiato e cantato, io con loro, il corteo studentesco partito da Caricamento e solidale alla loro lotta, con loro. Sono arrivata passando sotto i fili di plastica bianchi e rossi della polizia, ho camminato in piazza Corvetto con la mia idea romantica della fabbrica, della lotta. Ho le mani pulite, le fabbriche le ho visitate con la scuola, da bambina. Uno di loro potrebbe essere mio padre? Potrebbe essere mio fratello, un amico, un compagno? Certo. Lo sono, o sento come se lo fossero, forse con idealismo ed emozione, senz’altro senza retorica. 
    Solo uomini davanti alla prefettura, e un odore acre di bruciato che mi è rimasto impigliato nel maglione, che non si addice alla piazza di una città. Due cassonetti sono capovolti. Chiedo cos’hanno bruciato, mi dicono “carta”, mi dicono “per scaldarci”. Certo. È freddo. Parlo con alcuni di loro, sono in imbarazzo, io, loro non mi pare, parlano a capannelli, le ruote delle macchine alte come me, fischiano e gridano. Chiedo se li stanno ascoltando. Un signore grande, con le mani in tasca, gli occhi stanchi, mi dice “certo che no, ci stanno prendendo per il culo”. 
    Nel suo sguardo c’è anche un “come sempre”, ma non lo pronuncia, lo sento io. Cammino con le mani in tasca anch’io, tra quell’umanità a cui non sono avvezza ma a cui mi sento legata. Arriva il corteo, piccolo ma determinato, slogan e solidarietà: “il nostro futuro, non si tocca, studenti e operai, uniti nella lotta”! Banale, certo. Ma sta accadendo, è una dimostrazione, siamo qui, sono qui. Si può essere, mi chiedo, femminist* senza essere contro il razzismo? Si può essere ambientalist* senza lottare contro l’omofobia? Ci si può spendere per i propri diritti pensando esclusivamente a quelli? Si può essere contro la mafia e non contro il sessismo? Il concetto di trasversalità è scivoloso a volte ma in questo senso, in questo caso, nel non lottare cioè “a compartimenti stagni”, considerando con coscienza che ciò che viene tolto ad un compagno (che sia il nostro migliore amico o un perfetto sconosciuto) viene tolto, in quell’esatto istante, anche a noi, forse è uno strumento chiave. Credo che il cambiamento reale possa avvenire, di qualunque lotta si tratti, quando ogni persona si sente realmente coinvolta. Gli operai hanno bloccato la città, il disagio che manifestavano non ha niente a che vedere con il disagio che ha avuto chi ha fatto tardi, o ha faticato a rientrare a casa. Perché? Perché il primo – e la lotta che ne consegue – ci ricorda che nessun diritto è per sempre e che se non poniamo attenzione e scrupolo ogni giorno un mattino potremmo non aver bisogno di arrivare in orario da nessuna parte, tanto meno al lavoro, poiché – nell’assordante silenzio che a volte si sente – ci avranno tolto anche quello.

    (Valentina Genta – Foto dell’autrice)