Categoria: Città

  • OLI 359: LETTERE – Sindaco e Anna

    Caro Sindaco, oggi ti farò un regalo.
    Questo è un invito a cena: minestrone, torta di verdura, torta di mele.
    Tutto all’insegna di “kilometro zero” e “decrescita felice”.
    Già, queste frasi, che martellano come magli le nostre giornate, sono incarnate in piazza Tavarone al mercoledì, e il martedì in largo Lanfranco e poi nel succedersi della settimana, qua e là in città. Hanno il volto di Anna e di altri coltivatori che portano in città i loro prodotti, davvero buoni. Tutto fila liscio, meteo permettendo. Se invece tu fossi lì quando piove, resteresti senza parole.
    Mi domando, ti domando, ma è una città civile, una città che non offre loro un riparo in caso di pioggia? Piccola, ma concreta soluzione in caso di maltempo: offrire loro lo spazio antistante il teatro Carlo Felice? Per Galleria Mazzini non ci provare nemmeno se non vuoi attirarti gli strali dei negozianti che la abitano. Intanto corro a fare la spesa ed accendo il forno.
    (Maria Profumo)
  • OLI 355: DON FARINELLA – I quaranta anni di un ottimo parroco

    Giovedì 1 novembre alla Chiesa di San Torpete è in programma un concerto della “Accademia dei virtuosi”, ensemble della Scuola Musicale Giuseppe Conte e della Cappella Musicale della Chiesa di San Torpete, direttore Luca Franco Ferrari. Musiche di Josquin Des Prez. Ci vado, è la prima volta che entro in questa chiesa, e scopro che non si svolgerà un concerto in senso proprio: le musiche sono previste ad accompagnamento della liturgia. Ma la vera scoperta è che non si tratta di un giorno qualsiasi, perché si festeggiano i quaranta anni di sacerdozio di Don Farinella, famoso prete ‘diavolo’ per una parte della gerarchia ecclesiastica e della politica genovese.
    Anche a chi come me non era mai andato in questo luogo salta agli occhi che quella lì riunita è una comunità molto coesa. Sembra che tutti si conoscano tra loro, e si dividano i compiti necessari. Dopo un numero indeterminato di anni mi trovo ad ascoltare una messa senza esserci portata da un matrimonio o da un funerale.

    La musica è bella, e l’insieme musicale di ottimo livello, ma diversamente dalle aspettative con cui sono venuta quello che mi prende di più sono le parole, quelle promunciate e quelle scritte. Ognuno riceve infatti un plico di 12 pagine, con note sulla musica che verrà eseguita, parole e letture della liturgia, ‘spunti di omelia’, suggerimenti per la riflessione personale, esegesi dei testi, avvisi, programmi e appuntamenti futuri, religiosi, musicali, culturali. Dietro ogni incontro in questa chiesa c’è davvero un gran lavoro. Nella sua introduzione all’evento Don Farinella dice “Ringrazio Dio di avermi chiamato ad essere prete con un cuore laico”. Ringrazio anche io, laica e non credente, perché ho potuto ascoltare e leggere parole che mi sono vicine, che posso condividere. Ad esempio la chiara coscienza della parzialità e del limite di qualunque espressione umana, inclusa l’appartenenza ad una determinata religione.
    Don Farinella ricorda quanti di più siano e siano state le persone che non hanno alcun legame con la religione cattolica, ma in questa presa d’atto non c’è l’ansia di “farli propri”, ma il riconoscimento della loro appartenenza comunque alla divinità e santità. Nel discorso di Farinella i santi e le sante diventano così persone quotidiane e sconosciute. Dice che bisognerebbe superare il monopolio della promozione a santità esercitato dalla Chiesa secondo un dubbio modello ispirato alla mortificazione e alla sofferenza come condizione essenziale della vita. La cosa più giusta, dice Farinella, sarebbe proprio eliminare dal calendario i nomi di questa piccola manciata di santi e sante, perché il mondo ne è invece pieno, ed “essere santi significa in primo luogo essere se stessi, esserlo sempre, esserlo senza paura … se nel lavoro, nelle scelte di vita, nella vita di famiglia, con gli amici, in viaggio, ovunque, diamo un senso a tutto quello che operiamo e che facciamo, noi estendiamo la santità di Dio attraverso la normalità e la ordinarietà della nostra vita vissuta come un pellegrinaggio verso la tappa conclusiva che è l’inizio di un’era nuova: il Regno escatologico di Dio”.
    Da laica non credente non posso che fermarmi alla ‘tappa conclusiva’, ma fino a lì la compagnia di persone come questo ‘ottimo parroco’ mi pare preziosa.
    (Paola Pierantoni – foto dell’autrice)

  • OLI 354: MEDIO LEVANTE – Passerà la trasparenza?

    Dalla mozione per Accesso agli atti amministrativi dei progetti edilizi in Municipio: “Da molto tempo ci sono contestazioni e lamentele che sfociano in iniziative di singoli privati o comitati contro le decisioni dell’Amministrazione in materia urbanistica. Le proteste sono purtroppo spesso motivate perché si compromettono salute, ambiente, beni pubblici, beni culturali e artistici o anche la semplice quotidianità. Le Istituzioni devono perseguire il bene della collettività e questo fine va salvaguardato, anche a costo di decisioni impopolari o non condivise da tutta la cittadinanza. In ambito urbanistico si rileva che in più occasioni è stato invece privilegiato maggiormente l’interesse privato rispetto agli interessi della Comunità. Chiunque può constatare di persona l’iter macchinoso per accedere agli atti, tanto che non è possibile figurarsi come possano riuscirci dei semplici cittadini che non ricoprano ruolo istituzionale o facciano parte di Associazioni accreditate. Per evitare conflittualità “a posteriori”si ritiene dovere dell’Amministrazione impegnarsi per semplificare l’accesso agli atti amministrativi e renderli davvero “pubblici”. Sempre nel pieno rispetto degli operatori e degli investimenti. Oltre a tale sostanziale inaccessibilità per i cittadini, si constata che anche gli uffici del Municipio non sono in grado di fornire informazioni, vuoi per eccesso di burocratizzazione, vuoi perché non se n’è sentita la necessità. Né quindi di far sì che si possa esercitare alcun controllo sistematico sui progetti di pertinenza del territorio municipale. Risulta infatti sovente disatteso “ il passaggio” dei Progetti presso il Municipio interessato: benché il parere del Municipio non abbia “Carattere Vincolante”, esso potrebbe avere comunque valenza positiva per la conoscenza del territorio, supportare il lavoro degli uffici preposti, senza per questo intralciare i tempi di approvazione. Sarebbe quindi più che opportuno rendere “obbligatorio” e puntuale tale passaggio “prima” dell’approvazione degli Uffici e ovviamente, rendere in primis “obbligatoria l’informazione” degli uffici del Municipio, nonché del Consiglio in toto”. (Continua)
    (Bianca Vergati)
  • OLI 354: CITTA’ – Sfilata d’altri tempi in universo parallelo

    E’ il 16 ottobre e In Consiglio Comunale il Sindaco sta tentando di spiegare gli arresti dei funzionari indagati per l’alluvione del novembre 2011 a Genova. Parterre della stampa affollatissimo, atmosfera elettrica, palpabile la furente incredulità e lo sconcerto dei cittadini. C’è molta preoccupazione, l’autunno è alle porte insieme ad anniversari dolorosi, lutti incolmabili. Niente di tutto ciò pervade un’altra atmosfera, quella ovattata e “sciccosa” al palazzo della Borsa, dove si sta svolgendo nelle stesse ore la festa della Croce Rossa, sfilate di abiti e gioielli. La sala è piena, le crocerossine in blu, foularino vezzoso al collo bianco e rosso, accolgono le ospiti, tutte signore bene “anta” in crescendo venerando. L’evento è atteso, un’occasione mondana con una spolverata di benevolo “sociale”. Ecco s’inizia, dopo un prologo appassionato per sottolineare il ruolo tanto importante dell’ente benefico. Le luci si spengono e in un clima da talk show avanzano, nei loro vestiti ammiccanti al “classico” le modelle volontarie, belle donne non proprio “giovani”, c’è un occhio di riguardo all’età di tante signore in platea, dai tailleur e filo di perle su camiciole in seta. Alcune indossatrici sono però così magre da ciabattar le scarpe e non per una questione di numero inadatto, così lo sguardo delle possibili clienti spesso in carne, scivola via su quegli abiti certo classici ma con azzardi di righe da ape maia, sciarpone svolazzanti, abiti talvolta audaci ma rigorosamente al ginocchio. Come dire chiunque può indossarli. Molti applausi per i gioielli tutto perle, per i modelli tubino o giacchina con tocco appena frou frou di fiocchi e e balze. Nessuno si muove a conclusione del tutto e poi si spiega il perché: all’offerta si è abbinato un biglietto, che dà diritto a partecipare alla lotteria finale, in palio premi frivoli, ma anche preziosi e le signore non intendono certo rinunciare a collane e orecchini di gioiellerie di grido. Si sbuffa per la lentezza dell’estrazione, si fa tardi, c’è l’aperitivo e chiacchiere lievi. Per carità, non si può essere sempre seriosi ma qui sembra dì essere in universi paralleli.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 352: CITTA’ – Cultura produce politica

    Il nome, prima di ogni decisione ufficiale, è già stato attribuito da chi ci abita: “Piazza Princesa del Ghetto”, e l’amministrazione comunale, se è saggia, darà ascolto a questa investitura popolare.
    Luogo diseredato con palazzi ancora distrutti alla guerra, questa piazza dietro Via del Campo sta recuperando dignità grazie al “Contratto di quartiere” che, oltre ad una serie di interventi urbanistici, prevedeva anche iniziative sociali.
    Tra queste, la creazione della “Casa di quartiere del Ghetto” che in due anni è diventata un punto di aggregazione sociale, di servizio e di produzione culturale.

    Quel che sta avvenendo in questa parte di Genova dimostra l’importanza di offrire strumenti, spazi, e un po’ di sostegno economico alle energie che circolano, inespresse, nella città: il poco che viene dato ritornerà alla collettività moltiplicato di parecchi fattori, il guadagno è certo.
    Venerdì 5 ottobre la piazza di cui parliamo si è trasformata in un cinema–teatro all’aperto: un banchetto con vino e focaccia per uno spartano “apericena”, un centinaio di sedie presto tutte occupate, un grande schermo fissato alla facciata di un palazzo, una pedana, altoparlanti, proiettori, la lampada che illumina la piazza genialmente schermata con un secchio.
    Uno degli organizzatori mi dice che “tutto questo sarebbe stato impensabile senza l’aiuto della gente del quartiere”.

    Sotto il titolo “Le città e i suoi abitanti si raccontano” inizia la proiezione di brevi filmati realizzati nel corso di due anni da diversi autori che hanno frequentato un corso di formazione per la realizzazione di materiale video. Nel volantino dell’iniziativa si legge: “Uno sguardo fatto di immagini in libertà, insofferenti scomode nervose, irriducibili alle tesi precostituite. Ma anche tenere fragranti poetiche. Immagini che non temono di guardare in faccia la realtà”.
    Passano due ore, e l’attenzione, il coinvolgimento, non vengono mai meno.
    Qualche giorno dopo vado a parlarne con Gianfranco Pangrazio che, con altri due professionisti aveva tenuto il corso video, e con tre persone che l’avevano frequentato, divenendo poi autrici/autori: Mustafa Aatif, Maria Di Pietro, Sara Hermans.
    Del centinaio di persone che si sono accostate a questa esperienza, una decina ha consolidato la propria passione, acquisendo competenze, e ora portano avanti le loro idee. Da qualche mese è nato anche GhettUP tv, un notiziario aggiornato con un ritmo quindicinale / mensile.
    Per definire i materiali prodotti Pangrazio usa uno strano termine: “smithireens” , che può intendersi come frammenti, “piccoli pezzi informali”, che hanno “urgenza” di essere mostrati, perché tenerli al chiuso in attesa di perfezionamento vorrebbe dire condannarli a marcire.
    La cosa interessante, dice Pangrazio è il “processo di creazione”, che mette in moto relazioni, scambi, idee, che apre finestre sulla realtà, e produce politica. La bella politica.
    Si progetta, immagina, sogna una diffusione di iniziative simili in tutti i quartieri, la creazione di una rete.
    Maria, Sara, Mustafa parlano di tutte le diversità che si incrociano in questa attività: donne, uomini, transgender, età diverse, nazionalità, mestieri, culture diverse. Ogni individualità si esprime con il suo personale progetto, ma l’interscambio è continuo.
    Una parte dei lavori è stata pubblicata su You Tube ( http://www.youtube.com/user/ghettuptv?feature=results_main ).
    Il consiglio è di dedicare un po’ del vostro tempo per andarli a guardare. 
    Alcuni titoli (pubblicati e no): La vita degli altri; DEC: derive e cantieri; L’Italia sono anch’io; Software libero_Società libera; Palestinese; Racconti dai terriori occupati di Palestina; Vagonero (venditore ambulante); Il matrimonio; Summertime; Sbirri in action; Pane Miele Sartoria; TransParenti Serpenti; Masgid (Moschea); La comunità.
    Le autrici e gli autori: Aatif Mostafa, Pascal Bernhardt, Erica Rosso, Federico Telari, Riccardo Navarone, Maria Di Pietro, Ehecati Sanchez, Gianfranco Pangrazio, Sara Hermans, Lollo Navarone, Maddalena Bartolini, Alessandro Diaco.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 351: CITTA’ – Il Salone dimezzato

    Salone Nautico, ragazzini felici veleggiano in surf e laser nella vasca della Federazione Italiana Vela, accanto c’è lo stand dell’Istituto Nautico San Giorgio con due barchine modeste e un banco di lavoro. Un ragazzo è intento a modellare il legno per costruire un piccolo accessorio, mentre più in là due giovani, che scopri essere uno il professore e l’altro l’alunno, stanno preparando un esperimento: una “gettata” di vetroresina su stampo costruito dai ragazzi. Il giovane insegnante (precario) spiega al pubblico che gli alunni ogni anno preparano un lavoro di pratica, un modellino o uno strumento per barche, affinché possano conoscere i materiali e le tecniche per quando si diplomeranno come “costruttori”. C’è una tale passione nel guidare i “suoi” ragazzi, nello spiegare a chi si è avvicinato a curiosare, che molti restano parecchi minuti per assistere all’esperimento, per vederlo completare.
    La folla è tanta, spira aria di festa e di protesta, vigili urbani contro Comune, invalidi contro Regione, disoccupati della Nautica contro Governo, ma quando ti inoltri colpisce il tanto vuoto, di solito si vedono barche grandi e piccole che riempiono ovunque gli spazi. Invece no purtroppo, il grande padiglione all’ingresso è transennato a metà, pochi stand all’esterno, ma è il solo spazio Blu di Nouvel ad essere tutto esaurito. Buona parte dei moli verso ponente sono deserti e lo specchio d’acqua che l’anno scorso era un brulicare di passerelle, pontili, uno sventolare di vele, ora ha i natanti accatastati soltanto verso levante, spesso uno o due per azienda invece della solita sfilata. E’ crisi davvero, te la sbattono in faccia i cartelli desolati degli operai in cassa integrazione da due anni e mezzo degli storici cantieri Baglietto.
    Intanto si compie l’immancabile rito del faccia a faccia fra il rappresentante del Governo e gli operatori, che hanno disertato l’inaugurazione ufficiale, scaricando accuse pesanti: scarsa attenzione al settore, alle persone che hanno perso il lavoro e soprattutto contro le tasse. “Basta!”grida l’associazione della Nautica, si è fatta una caccia alle streghe su chi si compre la barca, anche il redditometro è ingiusto, la barca “pesa” di più, ma non è vero che i proprietari di barche sono evasori. C’è crisi, però all’estero si vende ultrabene, una semplice tassa sul sostare in un porto ha fatto scappare invece le barche dai porti nostrani, una vile persecuzione quei “fastidiosi” ed eclatanti controlli. Colpa del fisco, sono tutti d’accordo, Governatore ligure compreso, che invero a nuovi porticcioli finalmente proclama: ”no, grazie”. Era ora.
    E’ passato il messaggio che soltanto in Italia si devono pagare le tasse, ma invece da buon cittadino l’indignato presidente dell’Ucina, portavoce delle aziende della Nautica, sostiene che le tasse vanno pagate e gli elusori-evasori puniti. Omette di evidenziare che la tassa sulla sosta nei porti la si è voluta trasformare proprio per insistenza del settore in tassa “sul possesso”: così i proprietari di barche sono “spariti”, annegati nel mare di carta dei Registri Navali, sparsi nelle innumerevoli Capitanerie. Quasi impossibile incrociare i dati, che a volte conducono pure a società di facciata, gelosamente custoditi nei registri cartacei e non ricompresi in un unico Registro nazionale, tantomeno digitale. Ecco perché lo Stato ha incassato 26 milioni invece dei 155 previsti.
    E ti viene in mente quel ragazzo con la passione del legno ereditata dal padre ceramista-scultore, che ti aveva mormorato sconsolato : “Mi piacerebbe tanto costruire barche, ma non so se riuscirò a farlo quando avrò finito la scuola”.

    (Bianca Vergati)

  • OLI 350: URBANISTICA – Il Puc di Italia Nostra riparte dai Parchi Storici

    Occorre inserire all’interno del Puc molte cose che sono state dimenticate, primi fra tutti i parchi storici, che nel progetto presentato sono mappati come semplici aree verdi. Questo uno dei commenti che Italia Nostra ha avanzato all’incontro sul Puc a Tursi, giovedi 28 giugno, presente il vice sindaco Bernini, in qualità di assessore al territorio. E in effetti la lacuna è evidente e davvero sensazionale, ma non è l’unica.

    Andrea Bignone, che espone le osservazioni al Puc con la preparazione di chi riesce a far immaginare le slide che si rifiutano di uscire dal suo computer (come si vedrà nel video), parla di tanti altri particolari, di edifici storici spariti dall’ultima versione, della Valletta Carbonara che diventa un parcheggio, della torre saracena di Sampierdarena scomparsa in mezzo alle case che hanno distrutto il suo centro storico, e tante altre ferite inflitte a Genova da una gestione superficiale dell’argomento.
    Bignone si ribella alla direzione che il Puc pretende di far prendere a Genova, una città multicentrica con tanti centri storici, dimenticati a vantaggio dell’unico riconosciuto come tale, quello del porto antico. La confusione che viene fatta nei termini “viabilità” e “mobilità” disegna una città fatta di auto e arterie di scorrimento veloce, di cittadini indaffarati tra semafori e doppie corsie che si muovono da casa a un centro commerciale, ad un centro divertimenti, ad un giardino di plastica sovrastante un posteggio, con alberi “finti” che non avranno modo di crescere nella poca terra che sarà loro destinata. E tanti distretti di trasformazione che sono sinonimo di ulteriori centri commerciali con nuove edificazioni. Nessuna attenzione alle vie ciclabili, un’idea di città antiquata e per niente in linea con i nuovi sentieri dell’urbanistica partecipata.
    Alessandro Ravera, esperto urbanista indipendente legato al Movimento 5 Stelle, fa invece un’analisi sulla popolazione, per dimostrare che la presenza del Comune ha creato danni ingenti in quei quartieri dove gli interventi come Fiumara hanno di fatto svuotato Sampierdarena della sua natura di microcittà indipendente, facendolo diventare una “downtown” da periferia americana, per effetto della caduta a precipizio dei valori immobiliari a causa delle nuove edificazioni accanto al centro commerciale.
    Altri interventi completano il quadro della sostanziale sconfitta della sfida lanciata da Marta Vincenzi alcuni anni fa, con la costituzione dello staff di Urban Lab. Scherzando con il Prof. Diego Moreno dell’Università di Genova, intervenuto ricordando che Genova è prima di tutto una città rurale, agricola, e solo dopo marinara, faccio notare che “da una barca in mezzo al mare non avremmo certo potuto attenderci che a Genova si parlasse di verde e di agricoltura”. Ride, ci salutiamo, finisce la conferenza. E si spera anche questo Puc.

    (Stefano De Pietro – disegno di Guido Rosato)
  • OLI 350: CITTA’ – Maddalena la bella

    Nel cuore del cuore di Genova si estende la zona della Maddalena, ricchissima di motivi d’interesse storico, ambientale, urbanistico, architettonico, artistico, alla pari del resto della città antica, ma da tempo in condizioni di grave sofferenza.
    Da un lato la crisi e la chiusura di esercizi commerciali, gallerie d’arte e altri luoghi d’incontro, sovente conseguenza di richieste d’affitto esorbitanti da parte di proprietari più sensibili al proprio portafoglio che all’interesse collettivo, dall’altro la presenza di malavita più o meno organizzata legata soprattutto a una diffusa prostituzione e allo spaccio di sostanze stupefacenti, non riescono però ad aver la meglio sulla volontà degli abitanti – sia d’antica data, sia recenti – di resistere e continuare a risiedervi, godendone il fascino che vi si respira.
    Da alcuni anni la civica amministrazione, d’intesa con soggetti pubblici e privati e con la partecipazione attiva della popolazione, sta promuovendo una serie di iniziative concrete col Patto per lo sviluppo della Maddalena, che vede facilitazioni per l’apertura di nuove botteghe e attività (tra cui In sciä stradda, “Per la strada”, che vende prodotti di Libera e della comunità di don Gallo in locali confiscati a un condannato), il cantiere per la costruzione di un asilo nido al posto di spazi mal frequentati, la realizzazione di laboratori sociali a disposizione di tutti, interventi di ripavimentazione stradale, arredo e segnaletica, organizzazione di eventi, studio di percorsi di visita e di occasioni di conoscenza rivolti in primo luogo ai genovesi, la maggior parte dei quali ignorano la straordinarietà del patrimonio presente in quest’area tagliata fuori dai grandi flussi di traffico pedonale che la circondano.
    Sabato 16 giugno s’è inaugurata la mostra Maddalena la bella, costituita da foto attuali di Giorgio Bergami, ingigantite su teli appesi per tutto il quartiere. Partendo dalla Loggia di Banchi – dov’è in corso fino a tutto luglio Emozioni dal Centro storico, un’altra mostra di immagini dell’intera città antica scattate nei decenni scorsi dallo stesso fotografo, integrata dalla proiezione del suo filmato Genova alla finestra, del 1977, vincitore del Premio Qualità – si è passeggiato per i vicoli e le piazzette alla loro scoperta, alternando spiegazioni e narrazioni con le esibizioni della squadra de I Raccogeiti, provenienti da vari gruppi di Trallallero, la forma di canto polifonico esclusivamente maschile (ma da un po’ di tempo con qualche eccezione) tipica del Genovesato, con i canterini rigorosamente in cerchio.
    Il giro si è concluso nel laboratorio di una coppia di giovani falegnami, all’angolo tra via delle Vigne e vico Lepre, che da poco hanno scelto di investire nella zona – grazie anche alle facilitazioni disponibili – e che hanno offerto un rinfresco a tutti i partecipanti, esponendo anche scorci di altre botteghe nei dintorni, opera dello stesso Bergami che instancabile continuava intanto a fotografare l’intera manifestazione.
    (Ferdinando Bonora – foto di Giorgio Bergami e Maria Deidda)

  • OLI 349: CITTA’ – Artrè chiude

     A fronte dell’apertura nel centro storico genovese di nuove iniziative che scommettono sul futuro nell’ambito del Patto per lo sviluppo della Maddalena, altre attività chiudono i battenti.
    È il caso di Artrè, la galleria d’arte contemporanea aperta nel 2004 in piazza delle Vigne da Bruna Solinas, architetto che affittò una piccola bottega con uno scantinato reso praticabile a sue spese, divenendo con passione e competenza un punto di riferimento per artisti giovani e meno giovani, più o meno affermati, offrendo loro la possibilità di esporre le proprie opere in una delle più belle piazze della città vecchia, abbandonata da tempo al degrado e che solo ultimamente sta ritrovando condizioni di vita accettabili. Ma molto resta ancora da fare, per completare quel recupero avviato nel 1994 con la costituzione dell’Associazione piazza delle Vigne fra abitanti e proprietari e il conseguente programma organico di intervento, in un’epoca in cui il degrado fisico e sociale era ai massimi livelli.(*)

    Merita di essere ricordata la clamorosa protesta della compianta Enrica Percoco, che esasperata dall’insolente spaccio di stupefacenti che avveniva a tutte le ore davanti alla sua profumeria – nello stesso locale che sarebbe stato poi occupato da Artrè – intraprese nel luglio 1993 uno sciopero della fame che da un lato innescò una forte coesione tra i residenti, i quali a turno l’assistevano giorno e notte, seduta su una sdraio in piazza, e dall’altro ottenne alla fine lo stazionamento permanente di un’autovettura della polizia. Presidio indubbiamente utile, ma ben poco risolutivo se non si fosse poi giunti all’apertura di nuovi richiami per una frequentazione “sana” – come il caffè e il ristorante coi tavolini all’aperto, nonché la stessa galleria Artrè – e ai restauri delle facciate condotti dai proprietari, in parte favoriti da contributi e sgravi fiscali quando nel 2004 Genova fu capitale europea della cultura.
    Ora però Bruna Solinas – determinata a riaprire e proseguire altrove – è stata costretta a chiudere alle Vigne, strozzata dall’esorbitante richiesta per il rinnovo del contratto di affitto, da 500 a 800 euro mensili, da parte di una famiglia che già utilizza da molti anni un proprio ex negozio nello stesso palazzo come autorimessa: una vetrina che potrebbe portare vitalità rimane sempre sbarrata, con tanto di cartello del passo carrabile, aprendosi solo per far entrare e uscire l’auto. Ora un’altra saracinesca s’è chiusa, chissà fino a quando.
    È il libero mercato, Bellezza! e ben poco valgono i desideri e le buone intenzioni di tanti quando prevalgono le ragioni del profitto di pochi.

    (*) Vedi Dalla parte degli abitanti. Il libro delle Vigne. Un progetto di riqualificazione urbana a Genova, a cura di Mariolina Besio, Umberto Allemandi & C., Torino, 1999.
    (Ferdinando Bonora – foto dell’autore e da internet)