Categoria: Città

  • OLI 340: NUOVO GALLIERA – Quando si specula su un ospedale

    Plastico del progetto del Nuovo Galliera, da http://www.galliera.it/

    La più grande operazione immobiliare nel centro di Genova dopo via Madre di Dio. Così i comitati di Carignano definiscono il progetto che dovrebbe far nascere il Nuovo Galliera.
    Sul sito del Galliera se ne parla invece come di un “Ospedale a misura di paziente”, modellato sulla “centralità del paziente”, e che si configurerà come “un’opera a basso impatto ambientale”.
    L’interessamento dei comitati di cittadini di Carignano ha portato a conoscenza di un progetto di dimensioni ciclopiche: un volume del costruito cinque volte superiore all’esistente, uno scavo di 25 metri nella roccia per ricavare piani e parcheggi sotterranei; i vecchi padiglioni, dismessi e in parte venduti per finanziare l’operazione. Il Pef (Piano Economico-finanziario) del progetto illustra un costo di 180 milioni di euro (113 milioni di opere edili, il resto per impianti elettrici, meccanici, attrezzature, apparecchiature, trasporti), con la copertura di spesa che segue: 51 milioni di euro coperti dal finanziamento regionale, 48 dalla vendita degli attuali padiglioni, 4 milioni e 400mila dalla vendita di beni e terreni a Voltaggio e Coronata, 75 milioni di mutuo bancario. I padiglioni che dovrebbero essere demoliti, tra l’altro, sono stati ristrutturati negli ultimi 5 anni per una cifra di 8 milioni di euro (“Nuovo Galliera, un altro piano finanziario”, La
    Repubblica-Il Lavoro, 10 marzo).
    I comitati cittadini di Carignano hanno presentato ricorso al Tar contro l’enorme costo pubblico ed impatto ambientale del progetto. La stampa ha accolto la sentenza del Tar in un primo momento come una vittoria del Galliera (“Carignano, Comitati sconfitti, il Tar sblocca il nuovo Galliera”,
    Il Secolo XIX, “Nuovo Galliera Comitato del no bocciato dal Tar”, Il Corriere Mercantile, 7 aprile 2012). Il Cittadino, settimanale cattolico genovese, titola “Tar, sentenza pro-Galliera” (17 aprile). Poi, in un secondo tempo, è apparso chiaramente che i lavori sono bloccati e la questione è tutta da ridefinire (“Stop al Galliera: De Martini e Viscardi, grande vittoria dei comitati civici”, Il Secolo XIX, 11 aprile).

    La sentenza, di fatto, da un lato ammonisce i ricorrenti (comitati di Carignano) sul fatto che non è possibile ricorrere contro un progetto preliminare e li invita ad aspettare la versione definitiva, dall’altro annulla la delibera di approvazione della variante urbanistica che avrebbe consentito la costruzione del Nuovo Galliera. Tale variante è quella che prevede di trasformare la destinazione di 5 dei 20 padiglioni in spazi residenziali e commerciali, rendendoli maggiormente appetibili sul mercato immobiliare, con un’operazione che i comitati di Carignano hanno definito “di natura speculativa” (Il Secolo XIX, 8 aprile).
    Quindi, per ora, il progetto è fermo: sarà una delle eredità roventi lasciate dalla giunta Vincenzi alla prossima amministrazione.
    (Eleana Marullo)
  • OLI 337: ELEZIONI – Lista Doria, la sfida della partecipazione

    Foto di gruppo delle candidate e candidati della lista Doria

    La lista viene presentata nella piccola sala del punto di incontro in salita Santa Caterina, affollata da giornalisti, simpatizzanti e da cadidate e candidati che si rendono riconoscibili appuntandosi la spilla bianca e arancione “marco Doria X Genova”.
    Il candidato sindaco ne spiega le “particolarità”. La prima è quella più fortemente simbolica: l’elenco è di 39 nomi, non di quaranta. Il quarantesimo candidato non può esserci perché la legge italiana non consente ancora agli immigrati di essere eletti ed elettori. Questa provocazione politica viene applaudita con convinzione, e troverà spazio sulle notizie di stampa del giorno dopo.
    Non trova invece spazio un’altra notazione di Doria, che commentando la forte presenza femminile, il 59 % dei nomi, dice “E’ un dato significativo, ma non è stato difficile ottenerlo, perché in giro ci sono un sacco di donne capaci, in gamba, oneste”. Certo che bisogna cercare dove non si sono già consolidati i meccanismi del potere, con i loro tetti di cristallo.
    I 39 nomi sono allineati in ordine alfabetico perché “Non esistono candidati o candidate più importanti di altri”. Doria, nel parlare, usa con attenzione i generi maschile e femminile. Aggiunge: “Sono tutte persone serie, oneste, competenti, disinteressate. Tutte con una grande passione per l’impegno civile”.
    Tra loro anche una componente storica della redazione di Oli, Eleana Marullo.
    A mia memoria la democrazia dell’alfabeto non è mai stata molto praticata nelle competizioni elettorali, e ci sarà ben un motivo. Ma questa scelta comunica un messaggio che va oltre la materiale concretezza di non favorire la piccola cerchia dei predestinati. Doria lo esplicita dicendo che la sua lista “E’ un tassello di democrazia partecipata. Sono singole e singoli cittadini non in rappresentanza di organizzazioni o associazioni”.
    La sfida ora è garantire un futuro all’esperienza di partecipazione che ha entusiasmato il popolo dei comitati per le primarie di Doria. Tutte le esperienze collettive dopo l’entusiasmo della crescita, del riconoscimento reciproco, incontrano inevitabilmente fasi di crisi, difficoltà nel riconoscere e gestire le differenze interne, nel coniugare partecipazione e democrazia con i ruoli di direzione. Questa è la sfida politica più importante, e più difficile.
    L’intenzione c’è. Doria nel suo brevissimo discorso ha detto che la spinta delle primarie “deve vivere per cinque anni”.
    L’obiettivo, dice Doria, è di “provare a rinnovare un po’ la politica cittadina, dando spazio ad una società civile che rivendicava di avere parola”.
    Ora intenzioni e speranze devono diventare vita vissuta.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 337: CITTA’ – Ma è proprio il caso?

    Da qualche anno in tutta Genova si nota la progressiva sostituzione di molte delle targhe marmoree con cui la città stessa comunica i nomi delle sue strade e piazze a coloro che la percorrono.
    Con l’evidente buona intenzione di curare il decoro urbano, i competenti uffici comunali stanno portando avanti un’opera sistematica, con nuove smaglianti targhe al posto delle vecchie, in certi casi tanto malandate da essere quasi indecifrabili, ma il più delle volte appena patinate dal trascorrere del tempo, invecchiate sì, ma ancora ben leggibili.
    Un’innovazione palese è l’introduzione di caratteri tipografici con maiuscola iniziale e il resto minuscolo per distinguere i nomi, lasciando le lettere capitali solo per i cognomi e altre scritte. Poco male se s’infrange una millenaria tradizione epigrafica: oggi con le moderne frese computerizzate che hanno sostituito gli scalpellini si può far di tutto. Assai più discutibile è l’annullare una varietà di manufatti realizzati in tempi diversi, con differenti caratteri, stili e impaginazioni; talvolta con scritte e sigle accessorie che richiamavano precedenti sistemi di suddivisione e gestione della città. Brevi testi sui quali si erano posati gli occhi di migliaia e migliaia di persone prima dei nostri, contribuendo a farci sentire più o meno inconsciamente parte di una comunità nel suo fluire nel tempo e non appiattita in un presente lindo ma senza storia. Oltre che il significato, qui è importante anche l’oggetto significante.

    Alcuni ammodernamenti rasentano il grottesco. Ad esempio, in Albaro in una targa si legge ora “VIA / Renzo RIGHETTI / MEDAGLIA D’ORO / AFRICA ORIENTALE 1936 – XIV”, con quel curioso e inspiegabile “XIV” finale. Per comprenderne il significato basta andare all’altra estremità e a metà della strada, dove sono ancora rimaste le vecchie scritte col nome “RENZO” in lettere capitali e due lettere puntate che appena si intravvedono, abrase ma non cancellate del tutto, le quali spiegano il numero romano che le precede: “E.F.”, ovvero “quattordicesimo anno dell’Era Fascista”. L’aver copiato solo ciò che è più evidente, forse senza neppure capirne il senso, ha cancellato la memoria di un periodo di certo esecrabile, ma che appartiene comunque alla nostra storia e di cui la targa rimossa era testimonianza concreta risalente a una settantina d’anni fa.

    Assai più increscioso è quanto accaduto tra via Garibaldi e piazza Portello, dove corre “VIA / ROCCO LURAGO / ARCHITETTO, INSIGNE ARTISTA DEL 1500 / AUTORE DEL PALAZZO TURSI”, come si leggeva nella vecchia insegna e si continua a leggere nella nuova da poco rifatta con identico testo (a parte il “Rocco”). Si è di fronte a un grave svarione, risalente all’opera di Raffaele Soprani e Carlo Giuseppe Ratti, Vite de’ pittori, scultori e architetti genovesi del 1768, ripreso dal trattatista neoclassico Francesco Milizia nel suo Memorie degli architetti antichi e moderni, del 1781, e poi acriticamente da tutti i successivi autori di guide e libri d’arte, finché nel 1968 Ennio Poleggi, col fondamentale Strada Nuova, una lottizzazione del Cinquecento a Genova, non ristabilì la verità storica: da un lato inoppugnabili fonti d’archivio assegnano la paternità del palazzo di Nicolò Grimaldi, poi Doria Tursi, agli architetti Domenico e Giovanni Ponzello; dall’altro la figura di Rocco Lurago viene drasticamente ridimensionata a collaboratore minore, un semplice piccapietra, per giunta in subordine al fratello Giovanni e addirittura un po’ pasticcione, se nel 1582 si becca una multa dall’Ufficio dei Padri del Comune per aver scassato il fondo stradale trascinando un carico di pietre giù da Carbonara.
    Mantenere la vecchia targa, nella quale il nome era decentrato per la presenza a sinistra di un elemento aggiunto – forse uno stemma o simbolo metallico – di cui restavano i fori di fissaggio a ricordarlo, aveva un senso anche come testimonianza di storia della storiografia e dei suoi fraintendimenti, che si sarebbero potuti opportunamente aggiornare apponendo una seconda targa esplicativa, mentre appare assai disdicevole che il nuovo marmo riproponga e legittimi l’errore perpetuandolo.
    È proprio il caso di continuare con queste sostituzioni, per lo meno con questo ritmo, con tali modalità ed esiti? Non sarebbe forse il caso di limitarsi alle situazioni davvero illeggibili, lasciando sopravvivere tutte le altre, magari sottoponendole a una semplice pulitura? Quanto ci è costato finora questo malinteso maquillage omologante e stravolgente di cui non si avvertiva il bisogno? Le targhe rimosse sono state conservate da qualche parte o distrutte?
    (Ferdinando Bonora)


  • OLI 336: CITTA’ – Levante, park a piacere

    A conclusione di legislatura arriva in Commissione Urbanistica una pratica del 2000 su viale Quartara, dodici anni per decidere sugli oneri di urbanizzazione, cioè che cosa il committente di un intervento edilizio deve fare per la comunità, per il Comune, per poter costruire.
    L’area in questione fa parte di una vecchia villa con parco, dove il pollaio della vecchia villa è servito a suo tempo per fare volume alla costruzione di una nuova palazzina, mentre sul lato sinistro della strada dove c’erano delle serre, e vincolato per questo motivo, di edificio se n’è fatto un altro. Tutto superato.
    Per avere il permesso di edificare venne stabilito di realizzare parcheggi ad uso pubblico con le opere necessarie all’accesso, che sarebbe dovuto avvenire “attraverso il varco esistente mantenendo lo stesso cancello posizionato sempre aperto”.
    Nel 2008 si dichiara un importo di 28 mila euro per i lavori del parcheggio, mentre i proprietari firmano per “ vincolo permanente di destinazione d’uso a parcheggio pubblico”.
    Passano anni e proprietari, che se ne assumono i vincoli di cui sopra.
    Sorpresa però. La Polizia Municipale della sezione di Quarto nel 2009 esprime parere contrario per la disciplina della circolazione nell’area a parcheggio pubblico: “ condizioni non ritenute superabili anche con l’eventuale installazione di specchi parabolici”.
    Niente parcheggi pubblici dunque e si passa alla richiesta per monetizzare: mq 276 moltiplicato per 267 euro, valore stabilito dalla delibera comunale 20/2009, un totale di circa 70 mila euro.
    Tanto vale il suolo per il Comune in uno dei quartieri più belli della città, ma la delibera comanda!
    E si sa che Genova ha gli oneri di urbanizzazione fra i più bassi d’Italia. E aggiornarli un pò?
    Nel frattempo nell’area della vecchia villa si sta costruendo un’autorimessa per box interrati, il cui ingresso forse passerà proprio su quegli ex parcheggi pubblici, che nel frattempo potranno però sempre essere parcheggi ma “pertinenziali” della palazzina.
    Infatti il Comune propone nel nuovo accordo che le aree “non più destinate ad uso pubblico, saranno destinate a parcheggio del complesso residenziale”.
    Ecco quindi la proposta presentata in Commissione, che ha suscitato perplessità per il cambio di uso del parcheggio e per la somma corrisposta, al di là dei tempi biblici per istituzioni e committenti.

    “In questo momento il Comune ha gravi problemi di Bilancio e i soldi servono” dichiara la Sindaco. E’ vero, ma perché non altre opere pubbliche sul territorio, ci sono marciapiedi da rifare, giardini da riordinare, c’è soltanto da scegliere, dubbi a parte sul parere di allora della polizia Municipale e contrario ora.
    “La pratica non è stata aperta dai miei uffici ed io cerco di rimediare, non ho interessi personali” dichiara allora la Sindaco, che annuncia altresì che ritirerà la pratica: è stata soltanto il portavoce, le crediamo, ma si è aspettato tanto, perché non verificare meglio?
    Intanto, ignoti ogni tanto infilano sul segnale P. parcheggio pubblico, un bel sacchettone nero della spazzatura e neppure il portatore di handicap osa parcheggiare.
    (Bianca VergatiFoto dell’autrice)

  • OLI 335: CITTA’ – La Biblioteca e i giornalisti creativi

    “Cornigliano, i bulli terrorizzano la biblioteca” titolano le pagine genovesi di Repubblica del 1 marzo (*), l’incipit dell’articolo è netto (“una biblioteca sotto scorta perché è ostaggio di una banda di bulli”), in un virgolettato vengono anche riportate le parole che sarebbero state pronunciate da Maria Teresa Bartolomei, responsabile del Polo culturale di Genova Cornigliano (“Adesso abbiamo paura”): lo stesso giorno, i fatti sono descritti da Il Secolo XIX sotto il titolo “Branco annoiato devasta biblioteca”.
    Qualche giorno dopo ne parliamo con Maria Teresa Bartolomei, molto scontenta per come i giornalisti hanno travisato, almeno in parte, i fatti avvenuta alla biblioteca Guerrazzi di Cornigliano: il gruppo di ragazzi, circa una quindicina, di età compresa fra i quindici e i diciassette anni, è noto da tempo ai frequentatori della biblioteca e ai suoi dirigenti: si radunano in giardino, fanno i “bulli”, procurano qualche piccolo danno, danno fastidio a chi studia, ma in genere i responsabili della biblioteca sono sempre riusciti a gestire la situazione. Lo scorso 28 febbraio le cose si erano svolte in modo analogo, fino a quando i ragazzi, alle sei di sera venivano allontanati dalle aule di lettura, ma al momento di allontanarsi le parole di rimprovero di due studenti non vengono accettate, e scoppia la rissa, uno scazzottamento abbastanza vivace.
    Viene chiamata la polizia, e nel frattempo i ragazzi si dileguano.
    Episodio molto spiacevole, ma è molto spiacevole anche l’atteggiamento dei mezzi di informazione, che come accade molto frequentemente forzano i toni, e mettono tra virgolette parole che non sono state pronunciate.
    La biblioteca non è stata devastata, questi ragazzi vengono descritti da chi conosce bene la situazione come molto fastidiosi, ma non “dediti a distruggere tutto quello che trovano”.
    Bene una maggiore sorveglianza del luogo, ma anche una maggiore sorveglianza del linguaggio.
    (Ivo Ruello)

  • OLI 334: CITTA’ – Refoli elettorali ai Parchi di Nervi

    Parchi di Nervi

    Come polverina di Campanellino vola frizzante aria d’elezioni, giunge in periferia, scuote pure le fronde dei Parchi di Nervi, luogo spesso presente sui giornali, vuoi per le strade, i parcheggi, lo smog, evidente terreno di caccia per candidati sindaci e non solo.
    Esemplare il serrato confronto svoltosi tempo fa fra il Municipio Levante e l’assessore al Verde del Comune Pinuccia Montanari che, tecnici al seguito, voleva riferire sui lavori al Parco storico e si è trovata di fronte un consiglio in gran spolvero.
    A turno il Municipio con presidente, consiglieri e l’ipercinetico assessore Alfieri , inesorabile fustigatore dal suo blog, si sono lanciati contro la povera Pinuccia.
    Chi dice: “C’è un’idea di città devastante in questa Amministrazione, nella sinistra che governa da così tanto tempo. Si è mortificato il turismo a Genova e i nostri ragazzi se ne vanno, non trovano lavoro…”, condivisibile, mentre Alfieri tuona “Non si vogliono fare i balletti a Nervi, vanto per 40 anni della città, manifestazione mondiale…”. Visi smarriti dei cittadini presenti.
    Invano l’assessore Montanari precisa: “Sì ai balletti, ma no a una spianata di cemento, alle vostre proposte di strutture inamovibili in un parco storico”. I politici difendono le loro tesi, con discorsi dal sapore elettorale, presidente e assessore si candideranno per il futuro consiglio comunale.
    Un’altra brillante carriera li attende, sarà lo stop alle prebende per i Municipi deciso dal nuovo governo.
    Si avversa il bando sulla gestione, emanato dal Comune, che già assegna ad associazioni di volontari fondi, organizzazione, cura e manutenzione di Villa Pallavicini e Duchessa di Galliera, affiancati da Aster.
    Per Nervi sono state presentate solamente proposte singole come caffetteria o corsi di ginnastica, mentre gli Amici dei Parchi sono per una “gestione pubblica” e controlli efficaci: “a che servono le tasse?”.
    Non fa breccia l’istituzione del “curatore scientifico”, che vigilerà sulla cura di piante e giardini e la pianificazione, per una volta tanto rigorosa dei lavori, partiti comunque tardi rispetto alle richieste del Municipio del 2005.
    “Ma io sono qui dal 2009” ribadisce l’assessore comunale e i soldi (ancora quelli delle Colombiane), erano bloccati. Si concluderà tutto nel 2013, già una prima tranche per fine febbraio 2012 e poi via al Roseto, adottato dall’appassionato re del Belgio.
    Il parlamentino di quartiere fa muro e il Giornale (20 gennaio) titolava poi come “Municipio fantasma” quello del Levante che si fa scippare i Parchi e non si accorge che il Comune vuole dare in gestione il polmone verde di Genova. Il quotidiano definiva la seduta “confusa con discorsi senza né capo né coda”.
    Strana destra che invoca trasparenza ed efficienza, ma non ama gare ed appalti.
    Si è evocato un boicottaggio della vocazione turistica del Levante cittadino, omettendo che proprio a Nervi si è poco pedonalizzato per l’avversione dei commercianti, non si sono richiesti parcheggi pubblici, anzi il Municipio ha caldeggiato parcheggi soltanto privati, in spazi utili all’accesso di parchi e centro cittadino.
    In tempi di saldi l’ultima domenica di gennaio il centro di Nervi aveva le vetrine buie o quasi e tre soli negozi aperti: spiccava in piena luce in piazzetta l’abitino frou-frou da circa 2mila euro.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 334: CITTA’ – Un pony express per i Municipi del Levante

    Capo San Rocco a Priaruggia

    E’ tempo di elezioni e con il sottosopra che c’è stato ci si dimentica che si rinnovano anche i rappresentanti di quartiere, ma iniziative e incontri fervono. A Levante capita d’incrociare la pizza dell’assessore, il carnevale in piazzetta, l’evento letterario e persino l’incontro segreto ma non troppo fra le associazioni sportive e l’assessore comunale al Demanio Farello. Ognuno perora il suo orticello, chi vuole la scaletta, chi il dragaggio, chi la sabbia e compare pure la signora ex assessore, avvisata all’insaputa dell’altro, mentre il Municipio dichiarerà poi di esserne all’oscuro. Nell’occasione Farello rende noto che è prossima l’approvazione della delibera sul Demanio e così alcuni cittadini gli chiedono che ne pensa del loro lavoro sul litorale in collaborazione con il Municipio. “Mai ricevuto”, è la risposta.
    Forse occorre un pony express per comunicare.
    Ancora a Levante, ecco Margini, assessore ai Lavori Pubblici del Comune, per il progetto di Capo S.Rocco, promontorio di Priaruggia un po’ inselvatichito e trascurato: l’assessore al Municipio Alfieri presenta un piano con scale alla Wanda Osiris e terrazzamenti in cemento, lampioni da set, per via della sicurezza, uno stravolgimento delle proposte ecosostenibili elaborate (gratis) da residenti, esperti volontari. Per il sito, primo laboratorio di biologia marina in Italia nel 1912, si suggerivano ad esempio scala, piattaforma e panchine in legno con accesso libero a tutti, rispettoso di passeggini e carrozzine per disabili.

    Il progetto dell’Arch. Salvagno 

    Dove sono finite tali proposte? Margini non le conosce ed Alfieri ammette che non sono state inoltrate, si è preferito lasciar fare al Comune: “D’altronde è loro compito” dichiarerà in seguito “che ci stanno a fare sennò? E i tempi erano stretti”.
    Ma le proposte giacciono lì da due anni!
    Margini fa da paciere, chiedendone l’invio, si cercherà di fare “sintesi”.
    Mercoledi 29 febbraio si è svolto l’incontro e sabato 3  il Mercantile dedica mezza pagina al progetto “leggero” senza Wc che sporca, niente doccia per la spiaggia libera e stop al bar, che richiamerebbe assembramenti. A raccontarlo è Alfieri, che assicura l’inizio lavori prima delle elezioni “ma non per fare pubblicità”. Intanto si candida per il Comune.
    A quale progetto si riferirà? E perché non lo ripuliamo solo un po’questo Capo?
    “Un angolo di paradiso” , assicura, grazie al Municipio, pensando al benessere dei cittadini, arruolati in percorsi partecipati che poi si lasciano nei cassetti.
    Così in altro contesto la bionda consigliera Pd del Municipio Medio Levante evoca una suggestione di spiagge libere per tutti, bambini e disabili, parla d’inclusività, di ascolto dei cittadini…
    Lei, che da dieci anni siede nel parlamentino di centro destra, forse era distratta, si sarà votata a sua insaputa (all’insaputa dei cittadini) l’unanimità per le case sul mare al Lido e alla rimessa di Boccadasse.
    Mai un rimpianto del Municipio per i chilometri di spiaggia occupata in corso Italia,dove c’è una sola spiaggia libera, (S. Giuliano) e gli accessi sono un terno al lotto. Anzi il Municipio si è inventato un passo carrabile ma non per chi ha necessità vere: le sbarre in Lungomare Lombardo. un tempo con lucchetto, vengono ora rimosse da signore in city car, che parcheggiano comodamente insieme a quelli dell’AAA, Associazione Arma Aeronautica, che non paghi del privilegio delle casine sul mare, piazzano pure la Smartina sui sanpietrini dell’area pedonale.
    (Bianca Vergati – foto archiportale.it)

  • OLI 333: GENOVA – Fabrizio e le sue anime salve

    Il 25 febbraio festa in Via del Campo e dintorni per l’apertura del negozio–museo nato dove fino a qualche anno fa c’era lo storico e amato negozio di Gianni Tassio. Per tutto il pomeriggio concerti e poesia in ogni angolo.
    In piazzetta dei Fregoso per due ore ha risuonato la musica di Fabrizio De Andrè.
    Guardando i volti di chi c’era la sensazione è che De Andrè continui a raccogliere intorno a sé il popolo di cui parlano le sue canzoni, mischiato a tanti visitatori e passanti, accompagnati dai loro bambini.
    Non potendo utilizzare le canzoni di Fabrizio, come sottofondo alle immagini abbiamo messo una canzone che appartiene ad una tradizione musicale lontana, la Rebètika, nata in Asia Minore, e giunta in Grecia nel 1922 quando due milioni di profughi espulsi dalla Turchia approdarono ad Atene e Salonicco, precipitando nella miseria e nella illegalità. L’uso della droga, in particolare dell’hashish, era diffuso. Vite al margine, ma anche piene di ironia, vitalità e amore. Un mondo molto vicino a quello cantato da De Andrè.

    Le parole della canzone dicono:
    Giannusena, Giannusena
    dove eri che non ti si è vista?
    Ero nascosta con i ragazzi, manghes! E ho acceso il fuoco.
    Vieni, preparaci un caffè,
    accendi il narghilè
    e porta da fumare, che abbiamo voglia di stare allegri!
    Porta l’hashish, di quello buono,
    quello che ti fa girare la testa
    e suona il baglamà, facci ascoltare della musica come si deve!
    (Paola Pierantoni – Foto dell’autrice)

  • OLI 333: CITTA’ – Modern Art in Via del Campo

    3 Febbraio 2012, il ghiaccio congela la spazzatura nella fontana di Via del Campo.
    Una natura morta urbana offerta ai turisti che vanno a spiare la cosiddetta colonna infame nostrana.

    25 febbraio 2012, il gelo è passato, il ghiaccio è tornato acqua, e la stessa identica spazzatura fluttua liberamente nella fontana, offerta al popolo che affolla la strada per festeggiare la riapertura, sotto forma di shop/museo, del negozio di Gianni Tassio.
    Ma attenzione: forse non è incuria, forse si tratta di una “installazione”, in cui la persistenza nel tempo della spazzatura diviene metafora della persistenza del male, mentre il cartello posto subito sopra diventa simbolo della vanità degli sforzi della creatura umana che tenta di conciliare il “dover essere” con gli invalicabili limiti dell’essere.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 330: PRIMARIE – Il win win di Roberta Pinotti

    Per un impegno fissato in precedenza Roberta Pinotti non era presente all’incontro organizzato lo scorso venerdì da “Se Non Ora Quando”, ma compensa l’assenza inviando una lettera.
    Nel breve messaggio ricorda che “In Italia la donna accudisce i bambini al posto degli asili che non ci sono, si occupa degli anziani invece di un’assistenza pubblica alla terza età inesistente, arrivando a lavorare 80 minuti al giorno più di un uomo”.
    E’ probabile che le donne in indirizzo, e non solo loro, queste cose le sapessero già, ma il centro sta nella soluzione proposta: “La politica … può trovare alleanze (forse inaspettate) con le imprese, o almeno con quella parte di esse che ritengono di contribuire al “bene comune” in un’ottica ‘win win’, per società e impresa stessa”.
    E qui apre un’allettante prospettiva di “asili nido aziendali, centri estivi, ‘maggiordomi’ aziendali che sbrigano le commissioni, baby sitter che accudiscono i bambini se malati, spesa online recapitata in ufficio, colf che fa le pulizie e stira mentre la donna lavora… “.
    Non si tratta di sogni, precisa Pinotti, “ma buone pratiche già realizzate da aziende italiane socialmente responsabili”. Certo, si tratta di azioni “più facilmente realizzabili da aziende medie e grandi, con disponibilità di risorse economiche e umane … Tuttavia le micro imprese possono attivare su queste tematiche collaborazioni e progetti di rete interaziendali. E il Comune può giocare, da questo punto di vista, un ruolo strategico, di facilitatore”.

    Indubbiamente è un forte invito all’ottimismo, in un periodo in cui molte imprese licenziano, premono per l’abolizione dell’articolo 18, mantengono le donne in condizione di maggior precarietà e salari più bassi, rendono difficile il rientro al lavoro dopo la maternità, fanno firmare dimissioni in bianco, e guardano con approvazione e spirito di emulazione alla linea Marchionne di limitazione dei diritti sindacali, taglio delle pause e aumento dello straordinario obbligatorio.
    E poi: asili e “maggiordomi” aziendali? Col Comune nel ruolo di semplice “facilitatore”? In tempi antichi le donne lottarono per destinare i contributi delle aziende (il “salario sociale”) al rafforzamento della rete pubblica di servizi sul territorio, a vantaggio di tutti, con la convinzione che la qualità non si costruisce in una costellazione di mondi chiusi e separati. A Genova si conquistarono così asili e consultori.
    Il “salario sociale” è perduto da tempo, un sindacato indebolito dal rivolgimento economico e industriale che abbiamo alle spalle, è stato incapace o impossibilitato a difenderlo. Ma è molto dubbio che l’alternativa possa essere il surrogato aziendalista vagheggiato da Roberta Pinotti.
    Marta Vincenzi, nel corso dell’incontro, aveva difeso i suoi risultati: “Il comune ha aumentato di 600 posti la disponibilità degli asili, che ora coprono il 33% della domanda, percentuale tra le più alte in Italia, e ha mantenuto in questo settore la sua competenza diretta e la sua capacità di programmazione e controllo”. Per il futuro aveva ipotizzato forme di articolazione e flessibilità ma sotto il “coordinamento, controllo, e garanzia di formazione da parte del Comune”.
    Quanto ai due candidati di sesso maschile, la posizione di Sassano è che “Il Comune deve mantenere un ruolo forte, una gestione diretta, in un settore che ha sempre espresso un’eccellenza”. Per Doria è necessario “difendere strenuamente lo stato sociale nel momento in cui viene attaccato e messo in discussione”, e “Stabilire un rapporto più intenso col tessuto associativo che c’è in città”.
    Pubblico e privato a confronto?
    (Paola Pierantonifoto dell’autrice)