Categoria: Bianca Vergati

  • OLI 392: COMUNE – C’è verde e verde

    Non più una giungla ma un bel parco finalmente, avranno pensato i cittadini vedendo all’opera giardinieri e operai in Villa Gambaro.
    Da un mese il Comune ha iniziato i lavori per rimettere a posto il Parco di Villa Gambaro,l’unica area verde preservata a monte fra Albaro e S.Martino, del cui passato, dopo lo spezzettamento della pesante urbanizzazione, restano alcune Ville d’epoca, pure se ancora ci si ricorda degli uliveti e del verde di non tanto tempo fa. Ceduta anche una parte all’Università, in pochi decenni è sopravvissuto il polmone verde circoscritto assai degradato del parco, un suggestivo saliscendi di vialetti e piazzette, spazio ideale e quasi unica meta di chi possiede il cane.
    Il Municipio Medio Levante nel piano triennale dei lavori pubblici ha richiesto la riqualificazione del parco di Villa Gambaro, per cui si è stanziata la somma di 231mila euro.
    I lavori sono partiti e si è proceduto alla ripulitura del sottobosco, potatura delle alberature, messa in sicurezza dei percorsi, abbattimento delle barriere architettoniche, persino nuovi cestini per i rifiuti. Un bel lavoro.
    Il Verde è quasi tutto in ordine: peccato per le nuove ringhiere, quelle esistenti erano particolari, in sintonia e tono con il Parco.
    Nel rifare i vialetti, però, che davvero ne avevano bisogno, orrore, quello di accesso è stato asfaltato alla vecchia maniera, ovvero totalmente ricoperto di materiale impermeabile. E’ vero, rimuovere il fondo esistente avrebbe comportato più tempo e risorse, ma perché non farlo nel modo adatto? Perché si è proceduto apponendo uno strato sopra l’altro di asfalto e via, come un marciapiede? Ma siamo in un parco! Già si sono visti in questi giorni d’autunno i luttuosi disastri del “tutto asfaltato, tutto cementificato, tutto tombinato, canali , rii, fiumi “..i danni dell’incuria e di interventi malfatti.
    Così nel Parco di Villa Gambaro quando pioverà da quei vialetti la pioggia dilaverà e scorrerà a raffica in discesa, mentre le radici degli alberi a margine aventi a ridosso l’asfalto impermeabile soffriranno.
    Il Regolamento Comunale del Verde (articolo 7), prevede la “Tutela dell’area di rispetto delle alberature esistenti” dove “Per area di rispetto delle alberature, sia relativamente alle radici sia allo spazio aereo, si intende l’area della circonferenza ideale tracciata sul terreno…della chioma a raggiunta maturità”…Qualora attorno agli alberi si realizzino pavimentazioni impermeabili, quali, ad esempio, di asfalto o in calcestruzzo, si dovrà lasciare permeabile, l’intera superficie dell’area di rispetto”…

    Ci si chiede se davvero siano state utlizzate bene le risorse a disposizione, per un intervento che sarà irripetibile per gli anni a venire. E pensare che Aster in altre circostanze è da lodare, come per la festa dell’Albero alla scuola elementare Perasso di S.Martino, dove su proposta e volontariato di Legambiente  ha riqualificato l’aiuola del cortile della scuola, pulita dai Genitori del Rastrello, ma desolata. Ora al posto di pitosfori incolti, erba qua e là e un vecchio tronco secco ci sono un albero di prunolo, fiori , piante dei sapori di Liguria ed uno spazio da coltivare ad orto di aromatiche multietniche, per gli alunni stranieri. Una proposta di Legambiente che ha avuto successo l’anno scorso alla scuola Govi e e quest’anno oltre alla Scuola Perasso anche presso  la scuola elementare di Marassi.
    (Bianca Vergati, Ester Quadri – immagini di Ester Quadri, Giorgio Bocci)

  • OLI 391: CITTA’ – Puc, Regione e autorimesse AMT

    Dunque va bene o non va bene quanto hanno deciso gli Uffici Comunali riguardo le Osservazioni della Regione in materia Ambientale? Un bel parere secco e se ti va un bel malloppo da leggere, quasi duecento pagine di verbali, tabelle, recepimenti, inviati ai Municipi per approvare un qualcosa che neanche in consiglio comunale hanno ancora visto.
    Tra le pagine di quegli stizziti verbali si è consumata invece una bella lotta tra Enti per decidere il futuro assetto edilizio della città con abitanti in calo irreversibile, costruire o non costruire nei famigerati Distretti di trasformazione, ovvero nelle aree dismesse di fabbriche, vallette verdi, autorimesse, quante residenze, quanti centri commerciali, quanti parcheggi è permesso fare. In un raptus di fine mandato la Regione ha sparato una serie di diktat ambientali, che ha entusiasmato ambientalisti e spiazzato la controparte, sentenziando osservazioni non meramente indicative come di solito avviene, ma le ha blindate a “prescrittive” , nel senso che è obbligo vadano recepite: la Vas, Valutazione ambientale strategica.
    Una spallata da ente sovraordinato, cioè da chi conta di più, sta più in alto nella scaletta d’importanza. Un bel destro per gli Uffici, nel frattempo passati direttamente dal via con il nuovo sindaco come nel gioco dell’oca, tornando a fidata gestione Pd, Fds, Ds, ante Vincenzi, un’ambientalista pura al confronto.
    Si scopre così dai verbali che il Comune “evidenzia come non sia possibile destinare sistematicamente le aree esondabili a verde, (ndr. come richiesto dalla Regione nelle sue Osservazioni) in quanto si tratta nella maggior parte dei casi di aree già insediate o sulle quali pesano interessi anche pubblici notevoli e -conseguenti affidamenti- , come la rimessa AMT della Foce ..sarà necessario esplicitare che alcune previsioni di grande trasformazione di PUC, ad esempio Corso Sardegna e Via Maddaloni, (ndr. dove c’è la rimessa Foce Amt ), per ragioni giuridiche (…!!) non possano che essere confermate, ovviamente evidenziando in norma … il raggiungimento di adeguate condizioni di sicurezza idraulica, come previsto dal Piano di Bacino..” (ndr., Il Piano di Bacino, per dirla semplice, stabilisce come e quanto è sicura una zona rispetto ad un fiume)..”evidenzia il Comune che sta approvando il progetto definitivo dello scolmatore del Ferreggiano-Noce-Rovare (…) L’intervento comporterà una revisione delle zone rosse nel Piano di bacino del Bisagno.”
    Quindi anche se “La Regione, evidenzia la necessità di individuare i distretti in contrasto con le norme di Piano di Bacino… “, il Comune non arretra, vuole lasciare a residenze, commercio, parcheggi magari interrati,  più di quattromila metri quadrati dell’autorimessa della Foce. Un’ipotesi remota si dirà, visto che la Foce è l’unica autorimessa rimasta nel Levante, quella di Boccadasse già venduta, al suo posto un palazzone ed è tramontato il progetto di ricoverare i bus allo stadio Carlini.
    Per ripianare Amt se pare corretto mettere in campo i gioielli immobiliari, posti in luoghi di pregio, altro discorso è il non arretrare rispetto ad una riqualificazione in area rossa cioè esondabile, ipotizzando che prima o poi con i lavori ancora da farsi sullo scolmatore Fereggiano, la Foce zona rossa non sarà più. Portandosi dietro a cascata progetti in soffitta di park interrati nei dintorni, come Caravelle e via Casaregis.
    Intanto già si sa come sono finiti i soldi della rimessa Boccadasse: in un’altra società, una bad company per presentare un‘Amt sana al socio francese, che nel frattempo s’è volatilizzato, riprendendosi il suo capitale tutto intero. Di sicuro Amt fu società giuridicamente inadempiente, ma il Comune fece proprio un bell’affare: soldi e immobili spariti e debiti rimasti.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 391: LETTERA – Solidarietà al Sindaco Marco Doria

    Volevo esprimere la mia piena solidarietà al Sindaco Marco Doria, che sta cercando di preservare un diritto di tutti cittadini, quello alla Mobilità. Sta tentando come può di risolvere una bella “eredità”, mentre nessuno ha ancora chiesto conto a chi ha gestito in questi anni una situazione al limite dell’incompetenza, se non dell’illegalità.
    E’ ben vero che in qualunque parte d’Europa il trasporto pubblico in teoria non “rende”, anzi, almeno però si cerca un equilibrio economico ed a maggior ragione quando le risorse sono scarse perchè se un privato cerca (pericolosamente per un servizio pubblico) “il profitto” è altrettanto vero che non si può tamponare sempre anche tanti errori di gestione.
    E guai a cedere le reti essenziali per la società, per la vita dei cittadini.
    Per quelle immagini in Sala Rossa non ci sono parole però.
    Mi aspettavo un atteggiamento responsabile da parte dei sindacati: finito il feeling al circolo amt del Pd, fondato agli albori dal capogruppo Pd Farello in Comune?
    Ritengo sia essenziale salvare il servizio pubblico dei Trasporti ed essenziale scindere la questione Amt dalle altre Partecipate, che a parte Amiu pare siano tutte in rosso… E gli Amministratori che ne dicono, come giustificano tali risultati?
    Come mai tutte le Farmacie sono boccone ghiotto e non è tanto lontana la guerra del settore per impedire le liberalizzazioni, intanto il Comune vende le sue Farmacie? Perchè ad esempio nessuno, dicasi nessuno dei Gestori balneari molla la sua concessione e i Bagni Comunali sono in rosso? E a cosa servono Sviluppo Genova e le altre?
    Ora si ipotizza palazzo Nira o altro per tentare di coprire il buco e fariseicamente la Regione ha messo in campo la vendita del palazzo del Provveditorato agli Studi di via Assarotti, il suo Assessore dichiarava che “privatizzare “ è una scelta politica ed il giorno dopo quando gli si è chiesto come fare, sentirlo rispondere che risorse non ce ne sono più.
    Come viene gestito il patrimonio immobiliare pubblico è un bel mistero.
    Un esempio piccolo piccolo dal territorio, che poco ci azzecca, ma dà la misura. Nel mio Municipio c’è una scuola che da anni paga trecentomila euro di affitto l’anno a Religiosi: ora forse si arriverà a completare il restauro del Nautico per trasferirvi la suddetta scuola.

    Non si può più tollerare che i sindaci passino e i funzionari restino, mentre i grand commis (pure mediocri) si riciclano. Privatizzare, liberalizzare, rimanere pubblico, ma sull’efficienza e sui diritti dei cittadini chi risponde?
    (Bianca Vergati)

  • OLI 390: CITTA’ – Spiagge, Corso Italia, Genova e Ballarò

    Cinque minuti di Maurizio Crozza il 12 novembre su Raitre e milioni di italiani ora sanno com’è il litorale a Genova, sbarrato e cementificato.
    Chissà se una risata scioglierà i cuori dei nostri governanti, se si attueranno mai le Norme, eternamente rinviate per trame fino alla Ue, Progetto di Utilizzo del demanio, Piano della Costa, Pianificazione del litorale, Piano Urbanistico Comunale, Legge Regionale, Codice della Navigazione, .. e vai, tutte legiferazioni che prevedono mare raggiungibile da tutti e quanto più libero ora e per il futuro. Una presa in giro per i cittadini, cui si aggiunge la parodia di questi giorni al Patto di Stabilità del viscido emendamento Pdl sulla vendita delle spiagge d’Italia, segretamente fiancheggiato in modo piratesco da altri partiti.

    Se si votasse a scrutinio segreto anche in Liguria l’emendamento passerebbe perché Regione e Comuni hanno sempre avuto riguardo per gli addetti del settore, balneari e associazioni sportive, portatori d’interessi e consensi, così si spera e ogni partito coltiva il suo giardino blu marin.
    Così la proposta della Regione Liguria di aumentare il canone sul metro quadrato di spiaggia sta scatenando proteste sul web e presso il governatorato, mentre il povero assessore regionale al Demanio fa retromarcia, chiosando “vabbè mi basta un aumento del trenta, facciamo cinquanta per cento, in fondo volevo soltanto qualche soldino da reinvestire sul litorale, pigola, mi avete sempre considerato un amico..” Il canone passerebbe al doppio di 1,8 euro al mq, una fortuna per il basito cittadino che ogni anno vede aumentare tasse e abbassarsi il reddito: mille metri quadri di spiaggia costano ora al gestore balneare meno di duemila euro all’anno di canone demaniale. (Repubblica 13/11).

    Poi, siccome tutto è fermo e nulla si può toccare fino al 2020, termine di scadenza concessioni balneari, compare sul sito del Comune di Genova, un Avviso dell’ Ufficio Demanio per richiesta di ampliamento concessione Demaniale ad una società sportiva. Spesso una fuffa le società sportive, quando va bene due o tre partecipazioni l’anno a gara di pesca o vela, alcuni trofei e voilà, ecco la concessione. Mai generalizzare sì intende, dunque chi chiede la concessione a Sturla è campione nazionale di “ bollentino”, ha una sede ultranuova, bianco, corde e fregi marinareschi, pavimenti con riquadro a mosaico, bagni e docce perfetti, biliardo, sala da gioco e da tè, terrazza sul mare, un clubbino à la page insomma con soci compiti: si paga 250 euro l’anno, posto barca compreso.
    Lo stato ne incasserà meno di mille l’anno, con sconto Coni per la sede e un consistente pezzo di spiaggia occupato da 180 barche e quasi duecento cabine.

    La sede dell’Associazione si affaccia però su un altro punto dei litorale, che è spiaggia libera: ci si lamenta dei rumorosi bagnanti, magari con ombrelloni di giorno, uso delle docce di non soci, meno male la toilette è sottochiave, spiacevoli incursioni notturne, perciò si chiede di avere in concessione la spiaggia libera davanti a scanso del tutto. Chi fa un giro a borgo Sturla può intanto vedere il litorale occupato e vietato anche da tre alaggi di barche, società sportive, bar, club e un unico pezzetto di spiaggia per tutti.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 388 – PATTO di STABILITA’: Balneari, la disfida di Baretta?

    Mentre il Patto di Stabilità pare assomigli sempre più a una fiera del bue grasso, il 25 ottobre la deputata Claudia Mannino, Movimento 5 Stelle, ha presentato una interpellanza urgente al viceministro dell’Economia Stefano Fassina  in merito ad indiscrezioni di stampa su una strisciante privatizzazione delle spiagge. Infatti il sottosegretario Pierpaolo Baretta, Pd, con delega al Demanio, ha più volte manifestato l’intenzione del Governo di inserire la riforma del demanio marittimo nella legge di stabilità, sbandierando il suo progetto di sdemanializzazione che porterebbe alla fin fine a cedere con prezzo calmierato stabilimenti, bar, cabine, ristoranti, agli operatori balneari già concessionari. Sostiene Baretta la vendita, anzi la svendita, a prezzi inferiori di mercato, delle costruzioni esistenti sulle spiagge, già dello Stato: un saldo di beni della collettività, un regalo per i concessionari, titolari senza gara alcuna e supportati ora anche dal progetto elaborato dall’Agenzia del Demanio, sempre in tandem con Baretta.
    La questione delle concessioni demaniali in Italia era stata oggetto di procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea per mancanza di libera concorrenza secondo la normativa Bolkestein  e soltanto con la legge n.217 del 2011 veniva sanata, stabilendo che non può esservi concessione “d’insistenza”, ossia il sistema di preferenza per il concessionario uscente che si vedeva rinnovata in automatico la concessione, inoltre i beni appartenenti al demanio marittimo non entrano a far parte del patrimonio “disponibile” delle Regioni, ma restano assoggettati a codice civile, codice della navigazione, leggi statali, norme comunitarie, ecc.
    Cioè, non possono Comuni o Regioni alzarsi una mattina e decidere di vendere un pezzetto di mare con annessi e connessi.
    “L’uovo di Colombo”, sottolinea l’Espresso del 22 ottobre, “sta nel documento elaborato dall’Agenzia del Demanio spedito al Ministero dell’Economia,  un’occasione da goal per chi ha già una licenza in mano, in quanto non si fa menzione di aumentare il canone”,  la novità è invece nella procedura di gara, in cui l’offerta più vantaggiosa viene valutata tale sulla base di un piano economico-finanziario d’investimenti: come per le concessioni autostradali chi più ha investito in nuove strutture ha più possibilità di aggiudicarsi la concessione.
    Non è una buona notizia per chi pensa che le spiagge italiane siano già abbastanza costruite. Inoltre il 40 per cento del punteggio complessivo si basa sulla professionalità acquisita dall’offerente nell’esercizio di concessioni di beni demaniali marittimi per finalità turistico ricettive. Insomma, chi ha già in gestione un’area e concorre per essa, parte con un bel vantaggio, con diritto di prelazione de facto per comprarsi gli immobili e farsi assegnare la spiaggia in concessione, pur se corretto il riconoscimento degli investimenti.
    A ciò si aggiunga che i proventi degli ombrelloni e dei lettini andranno alle Regioni e non più allo Stato, ma a questa cifra corrisponderà una pari decurtazione dei trasferimenti dallo Stato alle Regioni. E a questo punto  che cosa ci  guadagnano le Regioni a litigare con i balneari e i loro sindacati?  Ad oggi i Comuni, che gestiscono le spiagge, non beccano un euro perché tutti i soldi vanno a Roma. Nella migliore delle ipotesi, ai sindaci interessa davvero poco tirare sul prezzo dei canoni, nella peggiore, vanno d’amore e d’accordo con i balneari, che portano magari voti, consensi, benessere.
    In barba alle norme comunitarie e in vista del semestre europeo 2014. Risponde piccato il viceministro di non preoccuparsi, nessuna intenzione di trasgredire le norme comunitarie, il documento in esame e l’iniziativa del sottosegretario di Stato non sono la posizione del Governo, ma sono il riflesso delle questioni in discussione con i rappresentanti delle associazioni balneari.
    Un bel traguardo per il PD, che ha fatto campagna elettorale sui beni comuni.
    (Bianca Vergatifoto di Giovanna Profumo)

  • OLI 387: URBANISTICA – Medio Levante, Case, casine e cavalli

    Dalla  Direzione Urbanistica “ .. per informare che il 16/8/ 2013 è stato disposto l ’annullamento del Permesso a Costruire .. del 7/12/2011 limitatamente agli interventi edilizi che riguardano il manufatto esistente nel parco in considerazione del fatto che la suddetta costruzione non risulterebbe realizzata antecedentemente  al 1942 come indicato in sede istruttoria ed è invece risultata priva di regolarità edilizia”.

    Evviva, dunque non solo Villa Raggio non aveva mai avuto un’antica foresteria ma vi è pure stato un abuso edilizio. E finalmente lo si è riconosciuto. Peccato, spiace proprio per quella  villetta progettata nel bel mezzo del parco della Villa grande, all’ombra di alberi centenari.
    Spacciato come dépendance di Villa secentesca vi era in realtà un precario, una costruzione che aveva tutta l’aria di un prefabbricato anni ’60, come si evidenzia dalle foto ritrovate per caso, unica traccia, presso il faldone corpulento che la Soprintendenza ai Beni Artistici e Culturali custodisce come storia cartacea di Villa Raggio, bene vincolato. Fungeva da palestrina , ricordi personali,  per l’istituto ortopedico S.Giorgio, che vi aveva sede perché la Villa era stata donata alla comunità per scopi sociali, ma ci si è dimenticati di chiedere il permesso di tirarla su.
    Appena aperto il cantiere, di gran carriera la palestrina è stata dunque demolita, insieme al grottesco nel sotterraneo della Villa, dato che  il progetto prevede la trasformazione in appartamenti dell’intero edificio con sei unità immobiliari in più sottoterra, che vedranno la luce per l’inserimento di una vetrata a tolda di nave scavata nel sedime anch’esso vincolato (Oli 342).
    L’architetto però ha buon gusto e il risultato sarà magari gradevole, è un esperto nel rimaneggiare antiche ville, in Albaro se ne ha prove: residenze di lusso, anche se l’edificato non è più quello di prima, dentro e fuori, ma non si può preservare tutto, dice l’architetto e va pure in giro a lamentarsi che non gli si concede  il sottosuolo dei parchi per fare parcheggi. Eh già, s’è visto come tratta i parchi, come quello di villa Candida, con un edificio di finti uffici, annessi cucina e servizi, bloccato troppo tardi dai ricorsi. Ha conciliato con una sanzione di oltre un milione di euro, ma intanto addio al verde e “tardivo” il vincolo apposto dalla Soprintendenza secondo il Consiglio di Stato, concedendo il completamento degli “uffici”, che però rimarranno tali e non diverranno residenze. Di questi tempi gli uffici vanno forte.

    Ci ha riprovato l’architetto, una bella villetta in sovrappiù nel parco di Villa Raggio.

    Per avvalorare la tesi che la Villa aveva una dèpandance si è persino scomodata la non più giovane nipote del custode, che asseriva suo nonno raccontarle della casina del maniscalco, dove ancora negli anni ‘50 ci si ferrava i cavalli. Negli stessi anni però, altro testimone, c’era un galoppatoio di fronte alla villa e chi lo frequentava afferma che nella villa i cavalli non c’erano, il maniscalco aveva bottega altrove, andava in giro con i suoi attrezzi e lo si ricorda alla stalla del galoppatoio per ferrare le bestie. Tra il galoppatoio e la villa esisteva già la strada percorsa allora da due linee di tram, il 52 e il 53: pericoloso per gli animali attraversarla.
    Memorie d’altri tempi, ville, cavalli, vecchi ricordi e funzionari distratti, almeno il parco è salvo.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 386: IMMIGRAZIONE – Il sogno americano sarà mai italiano?

    “Rachid il laureato”, titolava così pochi giorni fa Repubblica e i Tg hanno dedicato gioiosi servizi alla storia del giovane marocchino, 26 anni, arrivato quattordici anni fa con i fratelli e laureatosi al Politecnico di Torino, vendendo accendini e fazzoletti. I compagni stralunavano ad incontrarlo fuori dalle aule, ma poi è diventato uno di loro, la gioventù non è così classista.

    Un vanto per la nostra Università, frequentata da 66 mila stranieri, di cui 52 mila extracomunitari, un bel traguardo per il ragazzo immigrato e anche per il Bel Paese perché significano nuova linfa, nuovi talenti, che diventeranno parte della nostra società, così vecchia e così giovanilmente “ignorante”per competenze alfabetiche, secondo l’Ocse in coda ai Paesi occidentalizzati.
    Il Sole 24 ore, nel suo inserto di Economia e Società del 29 settembre, pochi giorni prima di Lampedusa, dedicava una pagina  “all’immigrazione che fa profitti”, gli immigrati sono anche produttori e consumatori. Provocatorio e un po’ “leghista”,  l’articolo analizzava invece pacatamente il saggio di Alvaro Vargas Llosa “Global Crossing:immigration, civilization, and America”: riguardo l’immigrazione non c’è nulla di nuovo e nulla da temere, si sottolineava, se non i luoghi comuni.
    Oggi l’immigrazione internazionale pesa per il 3% della popolazione mondiale e la questione islamica ne riguarda una percentuale modesta,  mentre l’argomento migliore su cui giocano i “chiusisti” è l’idea che la ricchezza, ovvero l’occupazione, sia una torta da fare a fette, ogni lavoro ad un immigrato sottrae pane ad un lavoratore autoctono. Ma, rileva l’autore, se così fosse, come mai negli Usa dal 1950 fino alla crisi del 2008, quando si è triplicata la forza-lavoro composta pure da tanti  immigrati, non si era mai registrato alcun aumento a lungo periodo nel tasso di disoccupazione?
    Si dirà poi che gli immigrati competono in prevalenza per lavori a bassa specializzazione, vanno a danneggiare una categoria di lavoratori fra i più deboli; ma sostiene Vargas, “gli immigrati hanno quasi per definizione spirito imprenditoriale”: un sesto delle start up  statunitensi è sorto per iniziativa di un americano di prima generazione. Cita esempi illustri, come Sergey Brin di Google, che lasciò la Russia da bambino, Pierre Omidyar, fondatore di Ebay, figlio di immigrati iraniani, Jerry Jang, di Yahoo, arrivato da Taiwan.
    Nel nostro Paese una larghissima maggioranza di nuovi imprenditori sono stranieri, anche sotto casa vediamo tanti negozi di frutta e verdura un tempo spariti e ora riaperti da immigrati, che cercano una chance di vita dignitosa, aiutano la nostra economia. Eppure in Italia ci vogliono fino a ventiquattro mesi per ottenere lo stato di rifugiato, e aridi, realistici conti rilevano che un rifugiato costa trenta euro rispetto ai centosedici di un detenuto.
    Curiosamente, nell’Europa, che pure considera la libertà di movimento uno dei suoi pilastri, solo un europeo su dieci è nato da genitori stranieri: al di là della pietas per il cimitero del mare, forse siamo noi del civile Antico Continente i veri chiusisti.
    (Bianca Vergati – foto di Giovanna Profumo)

  • LE CARTOLINE DI OLI: Marinella di Nervi, concessione per pochi intimi?

    Fulmini e acquazzoni parevano essersi portati via l’estate, spiagge quasi deserte, tutti rientrati in città, soltanto gli Uffici del Demanio del Comune di Genova quasi non hanno fatto ferie, anzi sono stati e sono tuttora a disposizione per accogliere le “manifestazioni di interesse” circa la Marinella, ristorante-bar-minihotel sulla passeggiata di Nervi. L’invito è comparso sul sito il 9 agosto 2013 con scadenza a trenta giorni ed è per concorrere all’acquisizione della concessione demaniale dello storico locale, che il vecchio gestore ha perduto per non aver pagato i canoni, ritenuti troppo onerosi. Dopo annose cause ed l’inevitabile fallimento, il Comune si è ripreso la concessione, Sorpresa però: pare che il curatore fallimentare dell’azienda abbia già fatto più o meno una “garetta” e sia ad un passo dal cedere intanto la licenza commerciale. Dunque il Comune mette in palio una concessione demaniale su una struttura per ristorazione e simili, la cui licenza commerciale potrebbe essere già in mano ad un terzo, che magari concorrerà ad ottenere quella demaniale, ma non è detto. Potrebbe verificarsi che chi compra la licenza non ottenga la concessione, ma si dubita, o viceversa, aprendo così a trattative parallele di licenze e concessioni, da cui soprattutto il privato e non  l’amministrazione trarrebbe vantaggio.

    Potrebbe anche succedere come lo scorso anno quando, sempre a Ferragosto, si sono aperte le iscrizioni alle manifestazioni d’interesse per i bagni Maria nei pressi del Gaslini: il concessionario ne aveva restituito la concessione perché voleva garanzie di durata del contratto per investire, richiesta legittima peraltro. Di fatto, a fronte di neppure una decina di concorrenti, inaspettati oltretutto, visti i tempi ristretti e il periodo, la concessione è comunque ritornata al vecchio proprietario, che ha vinto la gara ed ottenuto i tempi di durata che voleva, almeno ventennali e rinnovabili.
    Ma non era tutto fermo per la Bolkestein? Tutto legittimo, secondo la legge.
    Nei criteri per partecipare non risulta traccia di incentivazione ad “imprese giovanili” , le norme comunitarie prevedono garanzia di accesso per tutti e il Comune è tenuto giustamente a fare gli interessi dello Stato, così da incamerare sontuosi canoni, due euro al metro quadrato di spiaggia. Mentre i giovani, per riuscire ad entrare nel circuito delle imprese balneari devono adattarsi alla “sub-concessione”, a subentrare nella gestione dell’azienda che il titolare può tranquillamente cedere, secondo il Codice della Navigazione, un insieme di disposizioni a dir poco feudali, che prevedono pure l’ereditarietà della concessione di un bene demaniale, un bene di tutti i cittadini.
    E per acquisire si devono scucire fior di quattrini.
    Ad esempio,  in Corso Italia uno stabilimento balneare, che circa un mese fa ha perso al primo grado di giudizio il ricorso contro i canoni e non ne sta pagando “l’aggiornamento”, pare abbia trattative in corso per cedere la gestione ad alcuni ragazzi per centinaia di migliaia di euro. Così a Cala dei Montani, a Quinto, dove altri giovani hanno rilevato la gestione di un chiosco-bar per migliaia di euro all’anno e per il quale anni fa , tramite l’Ufficio per l’impiego, che aveva procurato l’abboccamento, due ragazzi si erano sentiti chiedere trecentomila euro, mentre il canone demaniale previsto per il chiosco non raggiungeva i mille euro.
    Quando si porrà fine al mercato milionario dell’appropriazione permanente di un bene pubblico come mare e spiagge e per di più con profitti per pochi?
    (Bianca Vergati – immagine di Guido Rosato – foto da internet)

  • LE CARTOLINE DI OLI: Croazia, mare ecocompatibile

    La costa croata è una miriade di isole, insenature e calette, ma arrivare a fare un bagno in quell’acqua meravigliosa è spesso arduo se non impossibile. Le spiagge sono rarissime e il litorale è un susseguirsi di scogli puntuti. Così ogni tanto, vicino ai centri abitati o comunque frequentati dai turisti sono state costruite alcune piattaforme in pietra e cemento, giusto la larghezza di una sdraio, a volte più ampie, per ospitare docce e buffe cabine tonde colorate ad uso comune.
    Tutti vi possono accedere liberamente, prendere il sole, sostare, passeggiare in libertà, mentre alle spalle ci sono magari piste ciclabili all’ombra di pinete soprastanti.
    Se a prima vista si può restare interdetti o scandalizzati per questi interventi di cementificazione, percorrendo la costa, ci si rende conto che le spiaggette artificiali sono davvero un infinitesimo a fronte delle frastagliature infinite.
     In realtà per un Paese che vive praticamente di solo turismo balneare tali interventi paiono tutto sommato rispettosi , certamente più di quanto si vede sui litorali italiani, assediati da case, stabilimenti balneari, chioschi pièd dans l’eau: là tamerici profumate lambiscono le passerelle artificiali e tanti sono i bagnanti che godono della loro ombra, qui in Italia paesaggi con spiagge (e in primis libere) a ridosso di boschi lussureggianti sono ormai davvero una rarità, se non ricordi sbiaditi.
    (Bianca Vergati)
  • OLI 375: CITTA’ – Il Grifo d’argento a Settis, voce nel deserto

    Lunedì 29 aprile Genova ha premiato con il Grifo d’argento Salvatore Settis, archeologo, storico, ex direttore della Normale di Pisa, professore con incarichi prestigiosissimi e lauree ad honorem, ma balzato alla notorietà perché costretto a dimettersi dalla direzione della Commissione per i Beni Culturali, dopo aver aspramente criticato la gestione del Ministero dei Beni Culturali durante il governo Berlusconi.
    Nella sala degli affreschi cinquecenteschi di Luca Cambiaso di Villa Imperiale, restaurata grazie al Fai, il professore è apparso particolarmente combattivo, forse grato per essere stato candidato da un comitato ad hoc (e dal blog di Caterpillar di Rai2) alla Presidenza della Repubblica.
    Nel suo libro più famoso, “Paesaggio Costituzione e cemento” del 2010, Settis si è confrontato con il baratro che separa i principi di difesa e tutela del territorio sanciti dalla Costituzione, dalla realtà di degrado dello spazio che abitiamo.
    “Il degrado di cui stiamo parlando non riguarda solo la forma del paesaggio e dell’ambiente, e nemmeno solo gli inquinamenti, i veleni, le sofferenze che ne nascono e ci affliggono, è una forma di declino complessivo delle regole del vivere comune, reso possibile da indifferenza, leggi contraddittorie, aggirate con disinvoltura, malcostume diffuso e monetizzazione di ogni valore.
    Un’indagine che risale alle radici etiche e giuridiche del saccheggio del Bel Paese, per reagire, preservare e fare “mente locale”, contro speculazioni, colpevole apatia e conflitti tra poteri. Oggi più che mai pare necessario parlare di paesaggio. Quanto mai attuale, pensando all’Ilva di Taranto, dove il diritto al lavoro si è contrapposto al diritto alla salute, ad un ambiente salubre. E la mente è corsa all’altro candidato alla Presidenza, Stefano Rodotà, alla sua lotta in difesa della Costituzione, dei diritti.
    Ma indignarsi non basta. E nell’ultimo libro “Azione popolare Cittadini per il bene comune” Settis si batte contro l’indifferenza che uccide la democrazia, contro la tirannia antipolitica dei mercati per rilanciare l’etica della cittadinanza.
    “Puntare su mete necessarie come la giustizia sociale, la tutela dell’ambiente, la priorità del bene comune sul profitto del singolo. Far leva sui beni comuni come garanzia delle libertà pubbliche e dei diritti civili. Recuperare spirito comunitario, sapere che non vi sono diritti senza doveri, pensare anche in nome delle generazioni future. Ambiente, patrimonio culturale, salute, ricerca, educazione incarnano valori di cui la Costituzione è il manifesto per la libertà, l’eguaglianza, il diritto al lavoro di tutti. La comunità dei cittadini è fonte delle leggi e titolare dei diritti, deve riguadagnare sovranità, cercando nei movimenti civici il meccanismo-base della democrazia, il serbatoio delle idee per una nuova agenda della politica. Occorre dare nuova legittimazione alla democrazia rappresentativa, facendo esplodere le contraddizioni fra i diritti costituzionali e le pratiche di governo, che li calpestano in obbedienza ai mercati”.
    Dunque per ricreare la cultura che muove le norme, ripristina la legalità, progetta il futuro, serve oggi una nuova consapevolezza, una nuova responsabilità con un actio popularis, che risale al diritto romano, un’azione di un cittadino qualsiasi nell’interesse pubblico.
    In un’intervista a Repubblica del 28 aprile Settis arriva addirittura a rivalutare le lotte dei comitati, definendoli sentinelle e anticorpi in difesa del bene comune.
    Perbacco!Quanti condividono?
     Il sindaco Doria sembrava convinto nel consegnare il premio e come buona pratica ha avviato un “percorso di partecipazione” per far conoscere a tutti i cittadini, Municipio per Municipio, il nuovo Piano Urbanistico Comunale messo a punto da Marta Vincenzi. Un Puc da rivisitare, prima dell’approvazione definitiva, per la crisi economica, per sopravvenuti eventi luttuosi come l’alluvione, ma in particolare per le Osservazioni della Regione, che ad esempio in ottemperanza alle liberalizzazioni della Normativa europea, elimina i vincoli alla presenza di esercizi commerciali, restringe ulteriormente le maglie sull’edificabilità in aree agricole…
    Un percorso più che condivisibile, pur nel pieno rispetto del ruolo degli uffici e degli investimenti.
    Peccato che appaia una partecipazione più sulla carta che effettiva, visti i tempi, entro giugno si dovrà concludere presso i Municipi: più che altro appare un’informativa, di cui forse non se ne sentiva la necessità. Si apprezza comunque la “sperimentazione della Partecipazione”.
    (Bianca Vergati – immagine di Guido Rosato)