Categoria: Bianca Vergati

  • OLI 358: COMUNE – Se ognuno guarda il suo cortile

    Nel Piano Triennale dei Lavori Pubblici il Comune di Genova ha dato priorità agli interventi per il dissesto idrogeologico e al riordino di edifici scolatici, scelta la prima, su cui hanno brontolato i Municipi.
    Che cosa potranno dire gli “eletti”agli elettori se non gli rimetteranno a posto strade, aiuole e marciapiedi? Preoccupazione legittima e necessità evidente in tutta la città, ma fra mettere in discussione il Piano e la sicurezza dei cittadini ce ne corre, tanta acqua appunto, purtroppo. Altri malumori si evidenzieranno sicuramente in Consiglio Comunale, dove si prevedono le più disparate istanze per il territorio e ognuno avrà nel cuore, se non a cuore, il proprio elettorato. Nel Levante però una contraddizione spiacevole, infatti è stato proposto il tombinamento di Rio Penego, in via Shelley, ineludibile eredità di Coop bianche ansiose di tirar su sei palazzine nell’ultimo verde di collina quasi tutta costruita.

    Intanto per circa 20 edifici scolastici, che aspettavano da sei anni di poter mettere in ordine aule, refettori, laboratori, impianti idrici, si sono stanziati due milioni e seicentomila euro e quasi un milione per le norme antisismiche.
    Provvedimenti dovuti ci mancherebbe e le risorse (esigue) comandano. Un impegno di spesa importante, scivolato sulle ultime pagine dei media: dove vanno i nostri bambini a scuola interessa soltanto ai genitori e agli insegnanti che ci lavorano.
    Eppure ben altre sorti hanno subito le scuole nel passato.
    Proprio in questi giorni è stato presentato il progetto di residenze nell’ex scuola elementare Collodi di Sturla, collocata vicino ad un complesso di palazzi popolari, citato nei libri di architettura per il contesto di verde, spazi per giochi, tranquilli vialetti, sogno di edilizia pubblica finito presto per l’accerchiamento intorno del cemento, dalle stradine ingombre di auto modellate, in uno stretto “rebigo” di sensi unici, macchine ai lati, che per uscire da lì si passa in rassegna un piccolo mondo.

    Sul complesso di cui sopra si affaccia la scuola elementare, situata in un pezzo di un vecchio parco, smembrato poco a poco per fare posto a tanti palazzi; era rimasto giusto un lotto di verde e lì si era costruito l’edificio scolastico, cui si accedeva anche da una creuza. Bella scuola, luminosa, un bel giardino, durata poco, giudicata inutile per riduzione di alunni, dismessa e lasciata degradare. Mentre poco più in su nel quartiere di S.Martino scuole elementare e media stentano a contenere gli alunni e poco più in giù nel quartiere di Sturla il liceo King sarà costretto a distribuire i suoi alunni su tre plessi per mancanza di spazi e gli verrà negata la scuola Collodi.
    Poi l’Amministrazione mette in vendita il sito: un milione e quattrocentomila la base d’asta, che si conclude a tre milioni di euro per quattromila metri quadrati di residenze e un centinaio di box. Contro il piano di edificazione ricorrono alcuni cittadini e ottengono lo stop del Tar. Ora il via ad un progetto ridimensionato.
    Addio scuola Collodi. Unica nota positiva: come oneri di urbanizzazione“orti urbani” da affidare ai cittadini nel pezzo di verde, una scarpata, che avanza al committente. E nei dintorni un’altra scuola di cinque piani giace inutilizzata, vi abitano soltanto i vigili urbani al pianterreno.
    (Bianca Vergati – foto dell’autrice)

  • OLI 357: SCUOLA – Un albero per la speranza

    Tra il malessere e il disastro la scuola va avanti e tanti sono gli insegnanti, la stragrande maggioranza, che operano con serietà, rigore ed entusiasmo. Così accade nella scuola elementare Govi, dove si è aderito ad una felice iniziativa di Legambiente “Per cambiare aria in città pianta un albero!”: piantare un albero è un gesto d’amore e di fiducia nel futuro, un’azione generosa che porterà benefici a tutti, recita lo slogan.

    Bisogna sapere che la scuola in questione, pur essendo in uno stabile moderno e decoroso, è situata in una delle vie a più alto traffico ed inquinamento della città ed ha un cortile per giocare proprio sulla strada. Fu costruita negli anni settanta nel terreno di un ex convento, abitato da poche suore e poi abbandonato per anni. In seguito gli edifici religiosi sono stati recuperati e nell’ultimo decennio persino la cappella è divenuta residenza, ma siccome alcune abitazioni non avevano “sfogo” esterno (e quindi meno appetibili immobiliarmente) si è rilasciata una concessione sessantennale per fare terrazzi-giardino sul tetto della scuola, espropriando di fatto la copertura che un tempo la si definiva addirittura non calpestabile.
    Ora vi svettano palme, aiuole, grandiose fioriere.
    Si è costruita anche una piscina che ha interessato il muro del modestissimo spazio di cespugli e rovi sul retro, tutto al sole, l’unico rimasto alla scuola, dieci metri per cinque circa, mentre intorno l’edificio scolastico è circondato da prati alla moda. Su richiesta delle maestre lo spazio incolto è stato rimesso in ordine, bontà loro, dai “piscinanti”, in cambio della servitù di confine.
    È qui che verranno messe a dimora un ulivo, alcune piante aromatiche caratteristiche della Liguria e i bambini armati di zappa e guanti potranno lavorare al loro minuscolo “orto”, supportati dalle loro meravigliose insegnanti e da qualche esperto volontario dell’Associazione o dell’istituto agrario Marsano di Sant’Ilario, che suggerirà loro che cosa coltivare.
    Ecco, la scuola è anche questo: rispetto e amore per il verde, lavoro di gruppo per imparare a stare insieme, cercando di rendere più accoglienti anche i modesti spazi che abitiamo perché non resti un’utopia il tentativo di migliorare la qualità della vita anche in città. Bisogna imparare a sognare da piccoli.
    (Bianca Vergati – immagini dell’autrice) 

  • OLI 356: REGIONE – L’eccellenza abita anche qui

    Bisogna inerpicarsi sulle colline ma poi da qui il panorama toglie il fiato, tra fasce di ulivi e il mare in lontananza, lo sguardo che spazia dall’azzurro del cielo al monte di Portofino fino a Capo Noli e una particolarità nel paesaggio: vetri scintillanti incastonati nel fitto verde argenteo.
    Sono le serre del basilico, nella nostra regione con un sapore unico e speciale.
    Non sempre si sa però quanta fatica costano quelle piantine fragili dal gambo trasparente perché è così che va raccolto per fare un pesto autentico come tradizione vuole. Foglie piccole su un fusto sottile di una piantina colta a poche settimane dalla semina.

    È il segreto del successo del basilico genovese. È anche il successo di un’azienda familiare, un’eredità paterna di poche serre trasformate in efficienti vivai a diversi livelli di crescita, secondo un progetto portato avanti con tenacia e premiato dalla Comunità Europea: dalla serra dove il terreno viene nuovamente zollato e disinfettato con il vapore, a quelle con le piantine appena nate. Pazientemente seduti su tavole di legno che via via si riposizionano, i raccoglitori, in prevalenza asiatici, tuffano nel manto fitto le mani sottili e selezionano le piantine giuste per farne mazzetti profumati, avvolgendo le radici in una manciata di segatura. Fino a cena nessuno si ferma, dai raccoglitori ai titolari, la famiglia intera, mogli, nipoti, tutti intenti a confezionare i plateau di mazzetti per i mercati del mattino dopo. Un ciclo continuo di lavoro e fatica. Battute a parte del ministro del Lavoro, che al convegno degli agricoltori di Bologna la settimana scorsa ha dichiarato: “lavorare l’orto rilassa”.
    Cinquemila metri quadrati di basilico per tre, quattro volte l’anno di raccolto che ha un supporto straordinario nella centrale a biomassa, che va a “cippato”, scarti del legno. Unica in Liguria. Camion di riccioli d’albero, sottobosco, avanzi di segheria alimentano un impianto perfetto, trasformandosi al massimo in una carriola di cenere, tengono al caldo il basilico; provengono dal Piemonte, peccato, in Liguria, regione fra le più boscose d’Italia, non s’incentiva la raccolta di questi scarti.
    L’Europa ha sovvenzionato con i fondo rurali 2006-2013 quest’azienda, riconoscendone il lavoro d’eccellenza. Una buona notizia a fronte di quanto informa La Repubblica del 2 novembre riguardo l’agricoltura in Liguria: “aziende dimezzate”, un meno 46,1 per cento e una contrazione delle superfici coltivate del 32,6 per cento. Sforzi di Governo e Regioni, non più di tanto però e molti stentano a ricevere aiuto, tranne qualche eccezione come sopra. Sono più ghiotti i terreni edificabili.
    Invece il futuro del nostro Paese non dovrebbe più prescindere dalla valorizzazione di chi coltiva: infatti la costante sottrazione di superfici alle coltivazioni, dovuta alla cementificazione (oltre 100 ettari al giorno secondo i dati Istat), da un lato abbatte la produzione agricola, dall’altro aumenta esponenzialmente il rischio idrogeologico che ogni anno costa vite umane oltre a danni per miliardi di euro.
    Servirebbe un’attenzione nuova sul mondo agricolo, la si dovrebbe porre al centro dello sviluppo e fissare intorno ad esso i meccanismi della costruzione del paesaggio: essenziale il suo contributo alla manutenzione del territorio e gli eventi di questi giorni lo dimostrano.
    Una diversa percezione non solo a livello economico ma anche sociale perché, oltre ad operare per ridurre l’impatto dell’uomo sull’ambiente, l’agricoltura significa lavoro. E di questi tempi non è poco.
    (Bianca Vergati – foto da internet)

  • OLI 354: MEDIO LEVANTE – Passerà la trasparenza?

    Dalla mozione per Accesso agli atti amministrativi dei progetti edilizi in Municipio: “Da molto tempo ci sono contestazioni e lamentele che sfociano in iniziative di singoli privati o comitati contro le decisioni dell’Amministrazione in materia urbanistica. Le proteste sono purtroppo spesso motivate perché si compromettono salute, ambiente, beni pubblici, beni culturali e artistici o anche la semplice quotidianità. Le Istituzioni devono perseguire il bene della collettività e questo fine va salvaguardato, anche a costo di decisioni impopolari o non condivise da tutta la cittadinanza. In ambito urbanistico si rileva che in più occasioni è stato invece privilegiato maggiormente l’interesse privato rispetto agli interessi della Comunità. Chiunque può constatare di persona l’iter macchinoso per accedere agli atti, tanto che non è possibile figurarsi come possano riuscirci dei semplici cittadini che non ricoprano ruolo istituzionale o facciano parte di Associazioni accreditate. Per evitare conflittualità “a posteriori”si ritiene dovere dell’Amministrazione impegnarsi per semplificare l’accesso agli atti amministrativi e renderli davvero “pubblici”. Sempre nel pieno rispetto degli operatori e degli investimenti. Oltre a tale sostanziale inaccessibilità per i cittadini, si constata che anche gli uffici del Municipio non sono in grado di fornire informazioni, vuoi per eccesso di burocratizzazione, vuoi perché non se n’è sentita la necessità. Né quindi di far sì che si possa esercitare alcun controllo sistematico sui progetti di pertinenza del territorio municipale. Risulta infatti sovente disatteso “ il passaggio” dei Progetti presso il Municipio interessato: benché il parere del Municipio non abbia “Carattere Vincolante”, esso potrebbe avere comunque valenza positiva per la conoscenza del territorio, supportare il lavoro degli uffici preposti, senza per questo intralciare i tempi di approvazione. Sarebbe quindi più che opportuno rendere “obbligatorio” e puntuale tale passaggio “prima” dell’approvazione degli Uffici e ovviamente, rendere in primis “obbligatoria l’informazione” degli uffici del Municipio, nonché del Consiglio in toto”. (Continua)
    (Bianca Vergati)
  • OLI 354: CITTA’ – Sfilata d’altri tempi in universo parallelo

    E’ il 16 ottobre e In Consiglio Comunale il Sindaco sta tentando di spiegare gli arresti dei funzionari indagati per l’alluvione del novembre 2011 a Genova. Parterre della stampa affollatissimo, atmosfera elettrica, palpabile la furente incredulità e lo sconcerto dei cittadini. C’è molta preoccupazione, l’autunno è alle porte insieme ad anniversari dolorosi, lutti incolmabili. Niente di tutto ciò pervade un’altra atmosfera, quella ovattata e “sciccosa” al palazzo della Borsa, dove si sta svolgendo nelle stesse ore la festa della Croce Rossa, sfilate di abiti e gioielli. La sala è piena, le crocerossine in blu, foularino vezzoso al collo bianco e rosso, accolgono le ospiti, tutte signore bene “anta” in crescendo venerando. L’evento è atteso, un’occasione mondana con una spolverata di benevolo “sociale”. Ecco s’inizia, dopo un prologo appassionato per sottolineare il ruolo tanto importante dell’ente benefico. Le luci si spengono e in un clima da talk show avanzano, nei loro vestiti ammiccanti al “classico” le modelle volontarie, belle donne non proprio “giovani”, c’è un occhio di riguardo all’età di tante signore in platea, dai tailleur e filo di perle su camiciole in seta. Alcune indossatrici sono però così magre da ciabattar le scarpe e non per una questione di numero inadatto, così lo sguardo delle possibili clienti spesso in carne, scivola via su quegli abiti certo classici ma con azzardi di righe da ape maia, sciarpone svolazzanti, abiti talvolta audaci ma rigorosamente al ginocchio. Come dire chiunque può indossarli. Molti applausi per i gioielli tutto perle, per i modelli tubino o giacchina con tocco appena frou frou di fiocchi e e balze. Nessuno si muove a conclusione del tutto e poi si spiega il perché: all’offerta si è abbinato un biglietto, che dà diritto a partecipare alla lotteria finale, in palio premi frivoli, ma anche preziosi e le signore non intendono certo rinunciare a collane e orecchini di gioiellerie di grido. Si sbuffa per la lentezza dell’estrazione, si fa tardi, c’è l’aperitivo e chiacchiere lievi. Per carità, non si può essere sempre seriosi ma qui sembra dì essere in universi paralleli.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 352: AMBIENTE – Come acqua che scivola sui tetti

    L’estate è ormai finita e se non ci assilleranno più le ondate di caldo dai nomi mitici ora inizieranno altre piogge esotiche dalle bizze nefaste, mentre gli annunci meteo dei media già ci tamburellano peggio della grandine.
    Così se poco tempo fa l’Italia bruciava per la siccità, il vento e la mano dell’uomo, adesso forse dovremmo vedere, Dio non voglia, persone e case spazzate via dalle tempeste. Nei prossimi mesi la nostra vita sarà scandita da un bollettino di guerra ineluttabile, forse sott’acqua paesi, strade e ponti.
    Ci saremo dimenticati degli incendi, dei parchi distrutti e fino all’afa estiva nessuno se ne ricorderà più.”Quanti sono stati condannati e quanti stanno scontando la pena per essere stati colti in flagrante ad appiccare un fuoco?” si domandava Giovanni Sartori sul Corriere della Sera del 24/8, invocando misure urgenti per combattere lo scandalo degli incendi impuniti. Era passato da poco ferragosto e faceva ancora caldo, mentre una burrasca distruggeva gli alberi centenari di uno dei giardini botanici più belli d’Europa, Villa Taranto a Verbania.
    Sullo stesso giornale Ernesto Galli della Loggia tre giorni dopo definiva il nostro un paesaggio “preso a schiaffi”, elencando immagini e costi dell’incuria delle coste calabresi per l’abusivismo, il degrado e i gioielli storico-artistici imprigionati da una crescita urbanistica cancerosa quanto brutta. Tanti i luoghi bellissimi che non esistono più e per sempre, dalle riviere liguri ai golfi della Sardegna, dalle piccole alle grandi città, raramente riuscite a scampare ad una modernizzazione spesso devastatrice.
    Non solo stiamo perdendo i “luoghi del cuore”, un patrimonio millenario, ma stiamo perdendo anche una gigantesca occasione economica, un possibile futuro di lavoro per i nostri figli. Un dibattito a cui hanno partecipato esperti, appassionati , anche difensori dell’operato delle Soprintendenze: a Genova la Corte dei Conti ha quantificato in due milioni e mezzo di euro i danni per l’Acquasola, indagando i funzionari di quell’ente.
    Tre regioni estese come la Campania, il Veneto e la Lombardia sono sparite in questi anni: il ministro dell’agricoltura Catania ha firmato a luglio la campagna contro il “consumo di suolo agricolo” ed ha presentato un disegno di legge, che chissà se vedremo in Parlamento.
    Tanto aveva fatto sperare la modifica del Titolo V della Costituzione che tutela il Paesaggio con l’art.9: si demandava alle Regioni, a chi lo abitava, la cura del territorio. Certo avrebbe avuto uno sguardo più attento.
    La cementificazione delle coste, gli abusi edilizi, le alluvioni, i boschi divorati dal fuoco ci raccontano un’altra storia.
    Il Giornale della Giunta regionale Liguria del 4 settembre, n.137, comunica che “Nel 2012 gli incendi boschivi in Liguria sono aumentati rispetto alla media degli ultimi otto anni, ma sono diminuiti gli ettari di bosco distrutti”. Ovvero sono bruciati soltanto mille ettari di verde secondo la Protezione civile. Che bellezza.
    Intanto dalla Regione Liguria la delibera con discussione del 13/9/2012 sottolinea “l’esigenza di addivenire ad una maggiore omogeneizzazione delle discipline vigenti avuto riguardo ai regimi normativi applicati dall’Autorità di bacino del fiume Magra; (..) la necessità di un maggiore coordinamento tra pianificazione di bacino e la pianificazione di livello comunale, ..la necessità di garantire mediante la previsione di un’apposita verifica di compatibilità tra le limitazioni d’uso della pianificazione di bacino e le previsioni urbanistiche comunali; (..) con particolare riferimento agli aspetti relativi alla problematica della impermeabilizzazione del suolo, nonché all’individuazione di idonee modalità per la conduzione delle attività agro-forestali”.
    Buone intenzioni, aspettando le prossime piogge d’autunno in Val Magra e in Via Fereggiano. 
    (Bianca VergatiFoto Paola Pierantoni)

  • OLI 351: PRIMARIE – All’arrembaggio

    Gran folla venerdì 5 ottobre in salita Pollaioli, al Caffè degli Specchi c’era il primo raduno genovese dei pro-Renzi. Accoglienza amicale, tavole imbandite per l’aperitivo ed esordio di un quasi giovane del Pd, che con la sua lettera a Repubblica ha fatto increspare le acque placide del partito a Genova, in massa fan di Bersani. La gente si guarda intorno, pare fare la conta e già si annunciano in favore del sindaco di Firenze il Comitato Sanità ed il Comitato del Levante.
    Le buone intenzioni ci sono tutte, ma si ha l’impressione che i volti noti siano qui più per insofferenza locale che altro, tra i fedeli di SuperPippo, assessore regionale e gli ex margheritini mentre qualcuno sussurra che arriverà forse Massimiliano Costa. Un brivido corre tra i “giovani” del Pd nostrano, mentre interviene con un discorso appassionato Federico Berruti, sindaco di Savona, promotore di spicco in Liguria per la corsa del rottamatore.
    Capelli grigi tanti, Under trenta nessuno, non mancano però i coetanei di Renzi, impiegati, professionisti, persone comuni al di fuori della mischia, che parlano di attese deluse, di occasioni perdute. Hanno la faccia di chi il loro turno nella vita pare non giunga mai. E così si saltano generazioni di classi dirigenti, che dalla società e dall’agone politico sono tagliati fuori. Un’esistenza ai margini, si sentono afoni. Nutrono speranze e non ci stanno ad essere lì nel limbo, ecco perché si rivolgono a chi, non importa se davvero nuovo o no, parla di rimetterli in gioco. In fondo è l’unica chance che resta a questi bravi ragazzi invecchiati.

    (Bianca Vergati – foto da flickr / unita36)

  • OLI 351: CITTA’ – Il Salone dimezzato

    Salone Nautico, ragazzini felici veleggiano in surf e laser nella vasca della Federazione Italiana Vela, accanto c’è lo stand dell’Istituto Nautico San Giorgio con due barchine modeste e un banco di lavoro. Un ragazzo è intento a modellare il legno per costruire un piccolo accessorio, mentre più in là due giovani, che scopri essere uno il professore e l’altro l’alunno, stanno preparando un esperimento: una “gettata” di vetroresina su stampo costruito dai ragazzi. Il giovane insegnante (precario) spiega al pubblico che gli alunni ogni anno preparano un lavoro di pratica, un modellino o uno strumento per barche, affinché possano conoscere i materiali e le tecniche per quando si diplomeranno come “costruttori”. C’è una tale passione nel guidare i “suoi” ragazzi, nello spiegare a chi si è avvicinato a curiosare, che molti restano parecchi minuti per assistere all’esperimento, per vederlo completare.
    La folla è tanta, spira aria di festa e di protesta, vigili urbani contro Comune, invalidi contro Regione, disoccupati della Nautica contro Governo, ma quando ti inoltri colpisce il tanto vuoto, di solito si vedono barche grandi e piccole che riempiono ovunque gli spazi. Invece no purtroppo, il grande padiglione all’ingresso è transennato a metà, pochi stand all’esterno, ma è il solo spazio Blu di Nouvel ad essere tutto esaurito. Buona parte dei moli verso ponente sono deserti e lo specchio d’acqua che l’anno scorso era un brulicare di passerelle, pontili, uno sventolare di vele, ora ha i natanti accatastati soltanto verso levante, spesso uno o due per azienda invece della solita sfilata. E’ crisi davvero, te la sbattono in faccia i cartelli desolati degli operai in cassa integrazione da due anni e mezzo degli storici cantieri Baglietto.
    Intanto si compie l’immancabile rito del faccia a faccia fra il rappresentante del Governo e gli operatori, che hanno disertato l’inaugurazione ufficiale, scaricando accuse pesanti: scarsa attenzione al settore, alle persone che hanno perso il lavoro e soprattutto contro le tasse. “Basta!”grida l’associazione della Nautica, si è fatta una caccia alle streghe su chi si compre la barca, anche il redditometro è ingiusto, la barca “pesa” di più, ma non è vero che i proprietari di barche sono evasori. C’è crisi, però all’estero si vende ultrabene, una semplice tassa sul sostare in un porto ha fatto scappare invece le barche dai porti nostrani, una vile persecuzione quei “fastidiosi” ed eclatanti controlli. Colpa del fisco, sono tutti d’accordo, Governatore ligure compreso, che invero a nuovi porticcioli finalmente proclama: ”no, grazie”. Era ora.
    E’ passato il messaggio che soltanto in Italia si devono pagare le tasse, ma invece da buon cittadino l’indignato presidente dell’Ucina, portavoce delle aziende della Nautica, sostiene che le tasse vanno pagate e gli elusori-evasori puniti. Omette di evidenziare che la tassa sulla sosta nei porti la si è voluta trasformare proprio per insistenza del settore in tassa “sul possesso”: così i proprietari di barche sono “spariti”, annegati nel mare di carta dei Registri Navali, sparsi nelle innumerevoli Capitanerie. Quasi impossibile incrociare i dati, che a volte conducono pure a società di facciata, gelosamente custoditi nei registri cartacei e non ricompresi in un unico Registro nazionale, tantomeno digitale. Ecco perché lo Stato ha incassato 26 milioni invece dei 155 previsti.
    E ti viene in mente quel ragazzo con la passione del legno ereditata dal padre ceramista-scultore, che ti aveva mormorato sconsolato : “Mi piacerebbe tanto costruire barche, ma non so se riuscirò a farlo quando avrò finito la scuola”.

    (Bianca Vergati)

  • LE CARTOLINE 2012 – Concessioni balneari, nonostante l’Europa

    Il Gaslini visto con Google Maps

    “Il bando è stato pubblicato per scelta su il Giornale perché l’unico quotidiano nazionale con pagina locale in Liguria e anche il meno costoso”. Risparmiosi gli uffici del Comune.
    Dunque la gara per riqualificare i famosi Bagni Maria di Genova Quarto è stata resa nota sul ben diffuso quotidiano il 4 agosto, con scadenza entro trenta giorni per partecipare. Come sottolinea il Secolo XIX del 3 settembre: ”Scadrà domani alle ore 12. E qualora non vi fossero partecipanti Tursi sarebbe libero di trattare direttamente con la società interessata la concessione ventennale”. Pare che tanti leggano il Giornale e che tanti siano accorsi a leggere sotto Ferragosto il sito del Comune alla voce Mostra tutto il menù, dove compariva a destra “Avviso manifestazione d’interesse concessione demanio marittimo a Quarto ad uso stabilimento balneare e ristorazione”. Infatti sembra abbiano risposto più d’uno e così la gara si farà, inesorabile Bolkestein.
    La Regione aveva sollecitato la pratica, pur se la scadenza per le concessioni balneari è il 2015, su richiesta del concessionario e il Comune ha dovuto obbligatoriamente indire la gara, facendo da “gestore” per l’iter burocratico senza ricavarne un euro.
    Dal 2007 tutto il costruito su area demaniale è divenuto proprietà dello Stato e come nel caso dei Bagni Maria, se ristrutturati , lo Stato si ritroverà uno stabile nuovo pièd dans l’eau. Peccato che poi scatti la concessione per decenni a canoni irrisori per queste imprese, trovate dal fisco nei mesi scorsi al 90 per cento non in regola, con scontrini record fino al 500 per cento in più rispetto all’anno precedente (Secolo XIX, 5 settembre 2012). A dispetto della crisi e con tutto il rispetto per chi fa impresa, ma anche per il valore di un bene pubblico, qual’è il litorale, dato che per un centinaio di metri di battigia il costo del canone è di circa mille euro annue. Un vero affare per le casse pubbliche, con abbattimenti anche del 50 per cento se trattasi di Società sportive, presidio sociale quando funzionano sul serio per accoglienza e sport.
    A quando un monitoraggio “vero” delle concessioni demaniali?
    Forse sarebbe opportuno che gli Enti locali reclamassero decreti attuativi della Normativa europea, visto che incasserebbero anche loro dai canoni aggiornati. Invece le Regioni difendono a spada tratta i privilegi di tali rendite a carattere ereditario perpetuo, che neanche negli Emirati…
    Già si ventilano progetti qua e là, da Corso Italia a Nervi: un bell’esempio la gigantesca piattaforma di cemento costruita quest’inverno presso i Bagni Italia per ospitare cabine-suite e vasca idromassaggio con concessione balneare fino al 2030 o giù di lì.
    I Bagni Maria consistono in un manufatto fatiscente e insicuro, con tanto di cartelli di preavviso per il pubblico e a cui le mareggiate lambiscono spesso le fondamenta. Il suo rifacimento comporterà non una ristrutturazione, bensì una costruzione ex novo in riva al mare e imprescindibili opere a mare: pagate da chi?
    Lo stabilimento in questione confina con un lembo di spiaggia riservato all’ospedale Gaslini, abbandonato al degrado.
    Perché non rimettere la spiaggia a posto per i piccoli pazienti e le loro famiglie? Basterebbe fare pulizia e un po’ di beneficenza a chi davvero ne ha bisogno.
    L’Europa prevede una durata massima di sei anni per le concessioni, ma se è giusto tenere conto degli investimenti, ancora una volta si favoriscono privati che hanno casualmente una concessione a disposizione, concessione prolungata per vent’anni, se si fanno un po’ di lavori.
    Perché non ipotizzare un’opportunità di libera impresa e di occupazione per i giovani?
    Intanto l’estate è agli sgoccioli e al mare per i bambini malati ci si penserà un’altra volta.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 350: SOCIETA’ – Cartolina dalle Fiandre

    La partita è rigorosamente al pub fra amici-colleghi belgi, tedeschi, inglesi, italiani, davanti a una birra, fieri di una Nazionale di calcio, che ridà l’orgoglio di appartenenza, con il timore della sconfitta, la speranza segreta della vittoria. La telecronaca è in una lingua gutturale, quasi cacofonica e si sta assiepati, spiando i vicini di bancone.
    Esulteranno per gli errori dell’Italia o applaudiranno comunque il bel gioco?
    Sono lì in attesa trepidi, i ragazzi migranti dall’Italia, laurea in tasca e una punta di nostalgia per le pizzate durante le partite di calcio in tv, quando facevano l’università. Ora sono lontani, in giro per l’Europa, non quella del club Med, ma quella del Nord, che li cerca, li recluta, li paga generosamente.
    Mentre qui l’Istat sforna le sue statistiche sempre più desolanti sull’occupazione, un giovane su tre senza lavoro, il 36 per cento dei ragazzi disoccupati, il dato più dato di sempre, come recitano i tg, in qualche parte del vecchio continente c’è ancora posto per la nostra gioventù.
    Così a Genova si disquisisce da anni sugli Erzelli, solo mattone o altro, andrà o no Ingegneria, ma il Piano scientifico qual è: una favola meravigliosa di cittadella tecnologica come l’isola che non c’è e forse mai ci sarà.

    Intanto la terra di Rubens e della sua pittura cupa, chissà perché, forse dipingeva soltanto d’inverno e ignorava volutamente quei cieli azzurri, luminosi, lo smeraldo dei suoi boschi e la lavanda tanto violetta da sembrare finta, ecco, questa terra accoglie e coccola con garbo i talenti venuti da lontano.
    Nel verde del parco le palazzine del campus, camerate o piccoli appartamenti, ben attrezzati, internet compreso. A disposizione la club house con terrazza vista lago e impianti sportivi: campi da tennis, calcio, beach volley, palestra e campetto al chiuso. Lungo il canale e nel parco piste ciclabili, che conducono ai laghetti, uno dalla spiaggetta in fine sabbia bianca e l’altro, quasi un chilometro di diametro, ospita le barche a vela.
    Chiunque lavora nel Centro di Ricerche può accedere a tutto ciò, biciclette incluse, si organizzano regate, gare di atletica, tornei e i bambini hanno la european school.
    Proprio come in Italia, come  per l’IIT (Istituto italiano di tecnologia)  di Genova, collocato a Morego, in un palazzone in cima ad una landa desolata con intorno un po’ di spazio di strada sbertucciato per posteggiare..
    “Un modello per il rilancio del Paese, che interagisce e funziona con l’Università, un grande inseminatore e integratore della ricerca italiana”: così i  tre ministri dell’Istruzione, dell’Economia, dello Sviluppo, in visita il 23 aprile di quest’anno.
    E pensare che magari lo si sarebbe potuto collocare in uno splendido campus negli spazi dell’ex ospedale di Quarto, ospitando degnamente le centinaia di ricercatori di tutto il mondo che vi lavorano, un attrattore per venire ad abitare a Genova, per far rivivere questa città comunque bella, nonostante l’arida lungimiranza dei suoi Amministratori.
    Persino Angela Merkel si è fatta fotografare accanto ad un robottino dell’IIT
    (Bianca Vergati – foto dell’autrice)