Categoria: Comune

  • OLI 355: SPRECHI – Vizi privati e pubbliche virtù della città “smart”

    Che cosa ci si potrebbe aspettare da una città smart? Secondo il programma del Comune, interventi da milioni di euro per effettuare investimenti utili al risparmio energetico, alla produzione di energie rinnovabili, alla digitalizzazione e alla connettività diffusa.
    Dopo i sogni da milioni di euro che riempiono bocche e carte patinate, veniamo alla cruda realtà, solo un piccolo esempio, invero. In via Garibaldi 14, il cosiddetto Palazzo delle torrette ospita gli uffici dei gruppi consiliari. Quelli del Movimento 5 Stelle, della Lista Musso e una stanza della Lega Nord occupano il primo piano, sette stanze abbastanza grandi, più i servizi, regolarmente riscaldati a dismisura da caloriferi prebellici, con le valvole bloccate.
    Il Movimento occupa lo spazio che fino a prima delle ultime elezioni era della Lista Musso, le due segretarie ora spostate in altre stanze adiacenti ci avevano già messo in guardia i primi di settembre dal fatto che saremmo stati d’inverno con le finestre aperte. Le valvole dei termosifoni sono bloccate, appositamente, e quindi la richiesta di installare delle valvole termostatiche ci è sembrata una cosa logica e doverosa. Ma, perché quando si tratta di fare un passo in avanti in Comune il “ma” è di rigore, scopriamo che di fare modifiche all’impianto non se ne parla, perché è in corso “La Gara”. La parola “gara” appare come il sancta sanctorum dell’immobilismo, la ragione di tutti i mali, e riesce a compenetrare i peggiori concetti: impossibilità, insieme a scarsa trasparenza, talvolta ai limiti del segreto di stato (vedi la gara per l’affidamento delle riprese televisive del Consiglio comunale, la cui bozza è stato impossibile vedere prima della pubblicazione). La “gara” uccide le buone intenzioni: “eh, c’è la gara …”. Insomma, il Comune da una parte spinge i cittadini al buon comportamento di installare a casa propria le valvole termostatiche, ossia quelle valvole che sentono la temperatura ambiente regolando in modo automatico il flusso di acqua calda, interrompendolo se necessario. Ma in casa propria, nella città smart, si comporta in modo ben poco “clever”: resteremo anche questo inverno con le finestre aperte a dicembre. Un simile scempio non può restare invendicato: proveremo con un 54, ovvero un’interrogazione, per vedere cosa risponderanno gli alti gradi dell’amministrazione di fronte alle telecamere che portano la voce del Comune nelle case dei genovesi, ai quali è appena stata aumentata l’Imu per far fronte agli “ingenti non risparmi” dell’Amministrazione.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 354: POLITICA – Come ti condisco il libro mastro

    L’immagine ritrae la definizione di “mastro” o “maestro” che ne dà il Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana di Ottorino Pianigiani, pubblicato su etimo.it. Mastro sta quindi per “grande”, “principale”, denotando la posizione centrale della persona o dell’oggetto in questione all’interno di un’organizzazione logica.
    In contabilità, il libro mastro è il registro nel quale sono annotate con rigorosa precisione tutte le operazioni contabili, di solito separate per conti e sottoconti, al di là delle motivazioni economiche che possano averle fatte intraprendere, con i riferimenti alle entrate o uscite, ai dati degli intestatari, date e quant’altro utile. Si capisce quindi come mai questo libro sia tenuto gelosamente custodito da sguardi indiscreti.
    Oggi la contabilità è stata dematerializzata e il nostro “magister” è diventato una tabella in un database, conservando la funzione di insegnare a chi lo legge come viene gestita l’azienda giorno per giorno.
    Mentre il bilancio aggrega i dati contabili in poche paginette, il libro mastro mette a nudo la contabilità nella sua interezza.
    Dopo questa necessaria premessa, veniamo al fatto. Nel Consiglio comunale del 25 settembre 2012 il Consigliere Grillo (Pdl) presenta un ordine del giorno per chiedere alla giunta di relazionare sulle attività delle aziende partecipate, bilanci alla mano e con la presenza dei responsabili amministrativi. Il Movimento 5 Stelle propone con un emendamento che sia aggiunta la parola “e i libri mastri” al bilancio, aprendo la possibilità di una rivoluzione in ambito di trasparenza.  L’emendamento viene accolto da Grillo, diventando quindi parte integrante della sua mozione. Il silenzio del Segretario generale avvalla la liceità della richiesta, per altro già precedentemente confermata in una seduta di commissione a gennaio 2012. La giunta accetta parzialmente la mozione di Grillo ma esclude l’emendamento sul mastro, adducendo il problema tecnico della stampa di migliaia di fogli. Dalla sala un consigliere urla alla volta dell’assessore “ci sono i pdf!”, lui sente, cerca di articolare una risposta anche su questo. La mozione va alla votazione insieme a molte altre, alcuni forse non capiscono esattamente cosa stiano votando, se la mozione originale o quella emendata o addirittura quella prima o quella dopo.
    Alla fine la maggioranza dei votanti decide per il si. L’opposizione vota praticamente in blocco insieme ai consiglieri del movimento 5 stelle, anche una “doriana” alla quale qualcuno lancia un sorriso di approvazione. Molti astenuti testimoniano che anche in seno alla maggioranza esiste una spaccatura con chi vorrebbe veder cambiare qualcosa e fatica ad accettare ordini di scuderia. Ma ormai il cambiamento è in: la giunta è impegnata a produrre in sede di commissioni consiliari i libri mastri delle partecipate del comune. In aula un po’ di sguardi attoniti, l’assessore al bilancio rompe la sua caratteristica flemma inglese alzando un sopracciglio, il Sindaco (che ha votato no) appare contrariato.
    Qualche giorno dopo, in occasione della prima commissione sulla Spim, l’azienda del comune che gestisce il patrimonio immobiliare, i mastri non arrivano, Sono richiesti, l’assessore al bilancio Miceli adduce la solita motivazione, poi s’inventa la riservatezza, poi che un odg è meno cogente di un emendamento, forse pensava che fosse solo folclore e che nessuno avrebbe insistito, ma così non è. Sull’insistenza, fornisce dei files che nulla hanno a che fare con i mastri, come si dice “è nelle curve”, combattuto tra la necessità di difendere la propria posizione e l’obbligo che deriva dalla votazione in consiglio.
    Il giorno dopo il movimento fa partire una mozione al sindaco firmata da molti consiglieri, e successivamente una richiesta di elencare tutti i software in uso per la contabilità delle aziende controllate. Si attendono risposte.
    Stay tuned!
    http://www.genova5stelle.it/sara-possibile-visionare-i-libri-mastri-delle-partecipate/
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 351: COMUNE – M’illumino d’immenso (spreco)

    Una visita alla Sala consiliare del Comune di Genova è occasione per vedere al lavoro 40 consiglieri, la giunta, il sindaco, gli addetti alla segreteria, i commessi. Ancora: i giornalisti e i fotografi, i cameraman, prima fra tutti Silvana Bonelli che con la costanza della goccia che scava la moquette rossa segue da anni i lavori consiliari per un’emittente che li ritrasmette in televisione. E il pubblico, silenzioso, qualche volta meno. Altri ospiti sono i ragnetti che popolano l’aula, per cui si assiste a qualche urletto aracnofobico, e all’immediato soccorso di un consigliere che trasla il pericoloso mostriciattolo (quando non viene impietosamente schiacciato col polpastrello) al di fuori, in giardino: starà meglio lì, lontano dagli scanni della politica, in mezzo alle foglie.
    Tutti condividono lo stesso cielo bianco, con un rosone centrale che lascia passare la luce solare, quella luce che filtrando in mezzo a lampade accese contribuisce all’innalzamento della temperatura dell’aria. Lampade “a basso consumo”, come si dice oggi in Italia mancando la cultura dei “led”, già diffusissima invece all’estero. Sono 120 lampade a fluorescenza, consumo stimato ad una lontana occhiata di 20 Wh l’una, per un totale di 2400 Wh, corrispondente al consumo di un appartamento quando la lavatrice sta scaldando l’acqua e il frigo dando uno spunto di raffreddamento al prosciutto. Accese per tutta la durata di ciascuna delle 4C, ossia consigli, commissioni, concerti e congressi, quindi sempre. Accese a far concorrenza alla luce del sole e alle altre sei lampade ad alta efficienza, che svolgono il vero lavoro. Queste 120 invece sono l’espressione del nulla, del “senso dell’arredamento”, del “però è bello”. Come se “bello” e “intelligente” dovessero per forza essere concetti divergenti.
    Montate a quindici metri d’altezza, senza aver progettato alcunché per abbassarle a livello del suolo come si faceva nell’antichità, richiedono per la loro manutenzione il montaggio di un’impalcatura, quindi per sostituirle si attende che la loro mortalità assuma livelli da peste bubbonica: due di quelle appena cambiate in agosto sono già spente ai primi di ottobre. Voci di corridoio parlano di prezzi fuori mercato, di provenienze olandesi. Chiedendo di spegnerle la risposta è evasiva, non si sa bene come fare, forse si spengono anche le altre, insomma modificare è difficile.
    Vedremo in una prossima puntata, dopo la risposta ad una interrogazione, per ora la città del Patto 20-20-20 dei Sindaci, della Smart City, non riesce a spegnere le luci in sala rossa, in sala giunta, nella bouvette, nei corridoi assolati, nei bagni. Si chiede ai cittadini con una campagna pubblicitaria a spese del comune di installare le valvole termostatiche ai caloriferi promettendo grandi risparmi di riscaldamento, ma negli uffici comunali del gruppo consiliare dove opero non sono state installate, anzi, le valvole manuali esistenti sono opportunamente bloccate, per evitare di starare l’impianto, mi viene spiegato dai servizi tecnici. E le termostatiche? Si deve attendere la gara di fine anno, per la gestione della climatizzazione, adesso non si può. Così si preannuncia un inverno con caloriferi a palla e finestre aperte, mi viene altrettanto spiegato da chi quelle stanze le ha abitate fino a ieri. E di luci accese in sala consiglio a far concorrenza al sole. A luglio almeno erano tutte bruciate.
    (Stefano De Pietro – foto dell’autore)

  • OLI 348: IMMIGRAZIONE – Una delega per Doria

    Sono convinto che i genovesi abbiano scelto il sindaco giusto e mi trovo in sintonia con la maggiore parte delle prime scelte e mosse del nostro sindaco. Naturalmente egli potrebbe aver sbagliato qualche scelta ma, fosse vero, avrà tutto il tempo per aggiustare le cose.
    Molto probabilmente non è stata azzeccata la scelta di dare la delega all’immigrazione ad un assessore che ne detiene altre importanti. Infatti, in continuità con la precedente giunta, la delega all’immigrazione è stata assegnata all’assessore alle politiche sociali. Le giunte Sansa e Pericu, che hanno lavorato bene sull’immigrazione, avevano un assessore con delega principale all’immigrazione. L’assessore era prima di tutto assessore all’immigrazione. Ciononostante, quelle esperienze avanzate avevano evidenziato un limite: da una parte sembrava che pensare e fare sull’immigrazione fosse compito soltanto dell’assessore all’immigrazione e dall’altra, quando questi si occupava di una questione riguardante i migranti di competenza di un altro assessorato, le cose non procedevano senza problemi. Perciò, per fare un salto di qualità nel governo dell’immigrazione, la scelta avrebbe dovuto essere, allora come oggi, attribuire la delega all’immigrazione al sindaco stesso, l’unico in grado di garantire che tutti gli assessori svolgano la parte di loro competenza riguardante i migranti (lavoro, casa, giovani, cultura, servizi sociali ecc.) e al contempo, un forte ed autorevole coordinamento tra i vari assessori.
    Infatti, malgrado si fossero realizzate iniziative molto importanti per l’integrazione, il Comune di Genova non aveva, e non ha ancora, una chiara politica sull’immigrazione: è necessario essere schierati per una società solidale, aperta, accogliente ed antirazzista, ma non è sufficiente. Occorre un vero e proprio progetto politico, un piano di governo dell’immigrazione, per la precisione di governo dell’integrazione, con chiari obbiettivi da realizzare da qui a fine legislatura e chiare priorità sulle quali lavorare e su cui concentrare le poche risorse disponibili. Il problema abitativo, l’integrazione dei giovani migranti e figli dei migranti, la rimozione delle discriminazioni, in particolare nell’accesso ai diritti e ai servizi, e l’intercultura sono obbiettivi prioritari. Se il governo dell’integrazione è veramente importante per il futuro della nostra città, di tutta la città, occorre una vera e propria struttura comunale stabile e durevole che pensi, progetti e realizzi le politiche per l’integrazione. Una piccola struttura, ma dignitosa, con personale (e dirigente) qualificato, motivato ed interessato.
    (Saleh Zaghloul – disegno di Guido Rosato)

  • OLI 346: COMUNE – Doria, Repetti, giunta: una telefonata cambia la vita

    Qualcuno osserva: “Ma perché non l’ha chiamato? Insomma vede il suo nome sui giornali per un mese e non gli dà un colpo di telefono? Ma non ha senso! Bastava che lo chiamasse!”
    Però, no. Dalla lettura di giornali pare non funzioni così la politica locale. Sembra invece caratterizzata da molti sussurri. Così è successo quando Burlando non parlava con Vincenzi e quando Vincenzi non veniva invitata a cena da Bersani e per quella passata alla storia come la cena dei bolliti, in cui si era parlato molto di sanità in assenza dell’assessore competente, Claudio Montaldo.
    Una politica in cui gli interessati anche se diretti, non si parlano direttamente e si affidano a “amici” comuni o personalità della vita pubblica per comunicare. La stampa asseconda questo sistema, agendo da portavoce, mescolando tempi istituzionali e gossip politico. Così da parer fuori dal mondo anche a me, lettrice, che il direttore del Teatro Stabile Carlo Repetti potesse chiamare Doria.
    Certo di cariche da vicesindaco non si può parlare al telefono, ma forse ha ragione chi suggerisce che un incontro vis a vis potevano concederselo.
    Il piatto più amaro è riservato ai lettori di Repubblica, edizione genovese, il 2 e 3 giugno con l’intervista a Carlo Repetti e la relativa risposta di Marco Doria .
    Il primo che – pur ammettendo di non aver “mai parlato” con il nuovo sindaco – dichiara che forse la sua presenza come vicesindaco era “troppo ingombrante” per Doria, “per età, esperienza amministrativa” e schiettezza. E aggiunge che il suo nome “è stato usato come coperchio di una pentola a pressione, il tam tam sulla giunta”, chiedendosi perché Doria non abbia avuto la cortesia di chiamarlo per avvisarlo che non se ne faceva nulla.
    Doria che risponde all’intervista riconoscendo che il nome di Repetti gli era stato fatto dal Pd, che “trova irriguardoso” che venga ipotizzato che franchezza ed autonomia siano ragioni che possano indurlo a “non avvalersi della collaborazione di persone valide e competenti”, che non ha bisogno di yes men o yes women e che a fronte di “un compito impegnativo” – quello di formare una giunta – ha compiuto autonomamente scelte in maniera meditata, senza chiamare tutti quelli che la stampa citava come possibili assessori.

    Che il nuovo sindaco abbia agito in totale autonomia non ci sono dubbi. Giunta più nuova non ci poteva essere. Peccato che in squadra ci sia anche chi, “disgustato dall’attuale sistema politico”, non ha nemmeno votato ma esita a lasciare la propria occupazione per calarsi nel ruolo politico di assessore perché non può “stare fuori dal mercato per cinque anni”.
    Peccato che Marco non abbia chiamato Carlo, e che Carlo non abbia chiamato Marco e che tutti i nomi che apparivano sui giornali non abbiano chiamato Marco perché, fedeli ai tempi istituzionali, aspettavano di essere chiamati.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice e di Ivo Ruello)

  • OLI 346: COMUNE – Assessori: il curriculum non basta

    Sono a una riunione con altre amiche, e il Secolo XIX del 4 giugno passa di mano in mano lasciandosi dietro una scia di cattivo umore. Il titolo dell’articolo sotto esame è: “Lanzone: Io part time? Potrei lasciare la giunta”, e dà conto di una intervista fortemente “rivendicativa” della nuova assessora, che suona come una sorta di contrattazione pubblica della sua collocazione politico – professionale. Magari è anche vero che l’attività che Lanzone prefigura “nelle retrovie della Asl3” possa essere compatibile col suo ruolo di assessore, anche se l’attività di amministratore mi pare così impegnativa e assorbente, talmente di elevata responsabilità, che fatico a pensarla se non svolta a tempo pieno, ma la definizione di questa evetuale compatibilità non dovrebbe avvenire sulle pagine della stampa.
    L’intervista pone una questione di rilievo. Lanzone dice di aver inviato il suo curriculum a Doria, che poi “Mi ha telefonato domenica, chiedendomi se volevo fare parte della sua squadra. Ammetto che, all’inizio, sono rimasta un po’ spiazzata. Ma poi alla fine ho accettato”. Ora per le “assunzioni” i curriculum sono importanti, ma servono almeno altrettanto i colloqui faccia a faccia, in cui fare le domande che servono, guardarsi negli occhi, mettere in chiaro i punti spinosi, farsi – dall’una e dall’altra parte – un’idea ben chiara dello scambio che sta per compiersi, ed essere ben certi della condivisione del progetto politico. La sensazione è che nel caso di Lanzone, ed anche in quello di Oddone, per cui sono state necessarie forti pressioni pubbliche perché lasciasse Datasiel, qualche passaggio sia stato saltato.
    (Paola Pierantoni – Foto di Giovanna Profumo)

  • OLI 344: LETTERE – Caro Marco

    Caro Marco,
    qualche pensiero immaginando la città che andrai a governare.
    Se arrivi in cima a via Serra potrai vedere che a distanza di pochi centimetri uno dall’altro vi sono due targhe di marmo con scritto ‘ VIA SERRA’.
    Di sicuro sono due costi, di sicuro sono due i tempi di montaggio, di sicuro non è ad alcuno venuto in mente che forse sarebbe bastato un poco di smalto per rinfrescare la scritta della prima targa.
    Poco più avanti salita della Misericordia chiusa da anni .
    L’interesse di pochi è costato e sta costando disagi a molti.
    Il primo tratto, è in ordine e pulito e serve l’accesso al Tennis Club, il successivo, se pur non esattamente concesso, serve d’accesso a tossici e disperati.
    Sarebbe un sogno poterla ancora utilizzare come comoda scorciatoia, facile anche per passeggini per bimbi e sedie per invalidi.
    Poi il problema dei mezzi pubblici in città.
    Quando nevica, o a causa di altre forze maggiori, è possibile attraversare la città da Nervi a Sampierdarena in pochi minuti.
    Già, perché quando nevica le auto private non vi sono.
    Sicuramente sarebbe all’inizio scelta impopolare, ma se la città venisse inibita al traffico privato…
    Ti ricordi come è insorta quando è stato deciso di pedonalizzare via San Vincenzo, via San Lorenzo o Via Cairoli? Ed ora pensi che qualcuno vorrebbe tornare indietro su queste scelte?
    La città che andrai a governare ha necessità di scelte coraggiose che ci permettano di tornare a sentire questa, come la nostra città.
    Ha bisogno di un governo agito con buon senso, di buon senso che torni ad essere senso comune.
    Ti auguro buon lavoro,
    (Maria Profumo)

  • OLI 342: ELEZIONI – Movimento 5 Stelle, intervista a Paolo Putti

    Lunedì 7 maggio, al Sottosopra di Via dei Giustinani di Genova, Paolo Putti si dice tre volte stanco, perché da settembre il Movimento ha cercato di coniugare la sua comunicazione classica, quella della rete, con un gran lavoro sui territori, molto impegnativo e bello. In questi mesi il suo obbiettivo è stato di partecipare a tutti gli incontri con i gruppi di cittadini in cui veniva invitato per dare il segnale che dietro al movimento che si muove sul web ci sono delle facce che si fanno guardare, ascoltare, annusare.
    A chi gli ricorda la sfida della politica praticata risponde:
    Noi abbiamo sicuramente della strada da fare, ma abbiamo già dimostrato di avere una capacità di costruire e di prendere decisioni condivise e partecipate, cosa che i partiti non sono assolutamente capaci di fare. Loro ragionano per alleanze, per consenso costruito sul do ut des: cioè se ti do la mia alleanza, tu cosa mi dai? Un assessorato oppure un posto in quella partecipata… Questa roba qua a noi non interessa. E secondo me questo è un grande vantaggio. Noi, per contro, lavoriamo molto sul consenso, sul far in modo che tutta l’assemblea arrivi a condividere un percorso comune su vari temi, confrontandosi, discutendo le basi per un dialogo al centro del quale c’è la consapevolezza che lì in mezzo si vuole costruire il bene comune. Questo i partiti non lo fanno più, quindi non lo capiscono neanche, ragionano solo davvero per io devo stare nell’alleanza, se no non riesco ad avere nemmeno un assessorato, se non ho un assessorato magari non mi arriva qualche soldo attraverso l’assessore e quindi non riesco a mantenere la sede, la sezione oppure quell’altro. Sono pensieri che a noi non interessano e non ci riguardano e quindi per noi questo è un grande vantaggio.
    Nessun posto in giunta dice Paolo Putti (Vincenzi ne aveva dato uno ad Ottonello Pdl, ndr.) perché tradirebbe il mandato degli elettori e delle persone. Un sì a tutte le proposte che avranno l’obbiettivo di costruire un bene comune, di promuovere i diritti della cittadinanza, di sostenere un lavoro magari legato a conservare le risorse piuttosto che a consumarle. Per tutto questo, noi diremo sì. Per tutto il resto diremo no sicuramente. Credo che creeremo un po’ di scompiglio perché potremmo sostenere cose della maggioranza e dell’opposizione e non saremo legati come gli altri a sostenere tutto quello che dice la maggioranza, se si è in maggioranza, e tutto quello che dice l’opposizione, se si è in opposizione. Noi sosterremo le cose che hanno un senso per il bene dei cittadini.
    A chi lo accusa di ambiguità – per i voti intercettati dalla lega, l’immigrazione e la battuta di Beppe Grillo sulla mafia – risponde:
    La frase di Grillo sicuramente è stata molto strumentalizzata perché lui si riferiva ad uno degli aspetti della mafia che è quello dell’usura (in precedenza Putti aveva dichiarato “sono parole che lasciano l’amaro in bocca” ndr). Per quanto riguarda invece il discorso dello ius soli io ho sempre detto che invece sono favorevole a tutto quello che va nella costruzione di un ampliamento dei diritti dei bambini. L’ho dichiarato in campagna elettorale, l’ho fatto scrivere sui giornali e Grillo non mi ha mai detto niente e il Movimento non ha mai detto niente. Io credo che davvero ci sia la possibilità di discutere, di affrontare le questioni e di farle capire. E la cosa che secondo me è importante è che una comunità è fatta di tante sfaccettature, di tante persone diverse che anche hanno paure diverse o forze diverse. E se io non penso di poter dialogare anche con chi votava lega – per il timore che gli stranieri possano rappresentare in qualche modo un pericolo per lui – ed arrivo con lui a fare un percorso, per cui alla fine si capisce che in realtà magari sono le banche e i poteri che hanno interesse affinché lui abbia paura degli stranieri – perché così concentra lì la sua attenzione e non su quelli che sono i reali problemi – se io non penso questo e do per scontato di non voler dialogare con chi votava la lega, sbaglio assolutamente, perché la comunità è fatta di gente che votava lega, di gente che votava Pdl, di gente che votava Pd e di gente che non votava. Io devo parlare con tutti loro e costruire assieme un progetto diverso di futuro.
    Putti si distanzia dalle logiche di centro, destra e sinistra e sulle aziende comunali dichiara:
    Sia sulle partecipate che sugli assessorati abbiamo il pensiero che i posti strategici e di valore possano essere dati a persone competenti, quindi anche con bandi. Per cui non ci debbano andare persone solamente fidate, persone che in qualche modo abbiano delle collaborazioni o degli interessi con il partito di turno. A noi interessa che ci siano le persone più competenti per quel ruolo.
    Sulla Fondazione Carige, vorrebbe capirci un po’ di più. No, non ha visto il bilancio della Fondazione, ma crede che non ci debba andare qualcheduno che rappresenta le istituzioni o i partiti che sono nelle istituzioni, lì ci deve andare qualcheduno che è in grado di dare il massimo livello di competenza per analizzare quali sono i bisogni sociali della città, e quali sono i diversi bisogni sociali a cui ogni anno bisogna rispondere. Di anno in anno. A seconda delle strategie necessarie. Putti vuole che lì ci siano le persone più preparate per fare un’analisi sociale e  individuare tra i progetti presentati quelli che garantiscono questo tipo di approccio, un livello di qualità alto e che si fanno valutare quindi comprendano un modello di valutazione importante, credo che siano questi i modelli con cui affrontare questo tipo di cose.
    Sollecitato sull’estate in arrivo e sulle spiagge libere assenti in città, Putti dice che sì, anche quelle erano indicate nei molti cartelli gialli usati a Palazzo Ducale per protestare contro l’informazione schierata di certa stampa. Perché l’ambiente e le risorse naturali devono essere accessibili a tutti. Con il Movimento dovrà capire come garantire queste spiagge libere e con quali risorse.
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 340: ELEZIONI – Invito ai candidati

    I candidati e le candidate che si riconoscono nel progetto della newsletter, se lo desiderano, possono inviare ad OLI una loro breve presentazione all’indirizzo info@olinews.it entro il 29 aprile.
    Sarà cura della redazione pubblicare i contributi per quanto possibile.

  • OLI 339: MIGRANTI – Il Centro Servizi più vulnerabile dei suoi assistiti

    (foto da internet)

    Nel palazzo di Via del Molo dove un tempo aveva sede l’asilo notturno Massoero, si trova il Centro Servizi integrati per immigrati. Salendo per le scale dell’edificio in ristrutturazione, si arriva in una saletta gremita: per motivi di tempo si sbrigano solo i primi venti arrivati, bisogna essere tempestivi. La maggior parte delle persone in attesa sono stranieri, ma ci sono anche italiani: chi fa le commissioni per il coniuge, chi sbriga pratiche per l’assistenza domestica. L’idea che ci si fa, osservando, è di un ufficio vitale e molto sollecitato dal pubblico. Il Centro ha una storia ventennale: nacque nel 1991 all’interno della Federazione Regionale Solidarietà e Lavoro, con l’intento di offrire un punto di riferimento per l’immigrazione. Si tratta di una struttura in convenzione col Comune di Genova, che offre servizi di accoglienza, assistenza per i bisogni essenziali della persona, orientamento lavorativo e consulenza legale. E’ apartitico e apolitico: chi ne usufruisce non deve versare alcuna quota associativa. Il servizio è gratuito, e coordinato con la rete di associazioni del territorio. La gratuità è un valore di non poco conto: le spese sostenute dagli immigrati sono già numerose; fra tutte, la tassa per la carta di soggiorno ammonta a 272 euro, per il permesso della durata di due anni si pagano 172 euro, per quello di un anno, 152. Per una famiglia di 4-5 persone il rinnovo del titolo di soggiorno può significare il tracollo economico e il conseguente passaggio alla clandestinità.
    Oggi il Centro servizi integrati ha un futuro più precario ed incerto dei suoi assistiti. Da principio, il Centro riceveva finanziamenti con una programmazione biennale, successivamente si è passati ad una cadenza annuale. Attualmente, il Centro presta assistenza e servizio con una programmazione mensile, senza sapere il destino che attende la struttura e le persone che ci lavorano. Al momento in cui si scrive, infatti, il Bilancio 2012 del Comune di Genova non è stato approvato e rimarrà come pesante eredità alla nuova amministrazione: nel frattempo si procede giorno per giorno. Altro fattore di debolezza per il Centro Servizi, è la sua dimensione cittadina: è una struttura piccola, che vive grazie al finanziamento del Comune e non afferisce a strutture regionali o nazionali. Si viene a creare, quindi, una situazione per cui chi assiste è in una situazione precaria e vulnerabile come chi è assistito. Ma chi lavora non sapendo se il suo ufficio funzionerà ancora dopo dieci, quindici giorni, con che tranquillità può procedere? Che servizio può offrire?
    (Eleana Marullo)