Categoria: Comune

  • OLI 336: COMUNE – Gettoni: una semplice domanda

    La semplice domanda è questa: era necessaria, a fine legislatura, la pazienza di Raffaele Niri per “rivelare” su la Repubblica (vedi articoli dal 13 al 17 marzo) lo scandalo delle fulminee presenze di un bel numero di consiglieri alle commissioni consiliari, giusto il tempo per aver diritto ai 100 euro lordi previsti per questa attività? La giunta, la sindaco, non lo sapevano? Impossibile.
    La cosa non poteva non essere nota, ed è stata tollerata.
    Il caso apre due questioni, una sul piano dell’etica, l’altro su quello dell’organizzazione del lavoro e della funzionalità delle commissioni consiliari.
    Proviamo ad illustrare la questione etica con qualche esempio comparativo. In molti posti di lavoro un minuto di ritardo alla timbratura costa al lavoratore fino a mezz’ora di ferie. Chiunque abbia lavorato in fabbrica da operaio sa che ci si deve presentare alla timbratura d’ingresso già cambiati di abito; all’uscita, al contrario, ci si cambierà solo dopo la timbratura. Per venire ad esempi più moderni, nei call centers i lavoratori devono essere alla loro postazione dieci minuti, un quarto d’ora prima dell’inizio dell’orario effettivo: “Dobbiamo logarci, aprire tutto il programma, controllare le pubblicazioni che giornalmente ci vengono fornite e … dimenticavo: per prima cosa dobbiamo metterci alla ricerca di un posto di lavoro, perchè non ci sono postazioni fisse … alle 8 in punto dobbiamo essere attive e collegate” (*). Sul lavoro si contano i minuti, e a volte i secondi. Sarebbe etico, anzi, normale, farlo anche in Comune, per rispetto dell’Istituzione in cui si è stati eletti, per rispetto degli elettori, per rispetto dei lavoratori.
    Però c’è anche una fondamentale questione di funzionalità: quale è la finalità, il risultato atteso, il contributo dovuto da ogni singolo, in gruppi di lavoro formati da venticinque, trenta persone che partono al gran completo, ma in capo ad un’oretta sono ridotti alla metà o a un terzo delle presenze? Nessuna organizzazione può permettersi una tale irrazionalità.
    Sembra evidente che in queste commissioni alcuni lavorino, gli altri invece vi figurino solo per una formale rappresentanza politica e per totalizzare un guadagno. Sollevare il problema ed aprire uno scontro, evidentemente, non è stato giudicato finora politicamente produttivo o interessante.
    Su la Repubblica del 15 marzo, viene citata la dichiarazione di “uno degli assessori più influenti della Giunta Vincenzi” che – giustamente – considera demagogiche le affermazioni per cui cinque milioni di euro spesi per i lavori delle commissioni consiliari siano da considerare buttati al vento: “Le commissioni fanno parte dei costi della democrazia. L’importante è farne meno e farle tutte utili”. Ineccepibile, ma perché non è stato fatto? Perché per parlarne pubblicamente e scoprire che un problema analogo c’è anche nei municipi, è stata necessaria una campagna di stampa?
    Dedichiamo ai “furbetti” che fanno presenza per un minuto per intascare i 100 euro, il video che segue, frammento della rappresentazone in forma teatrale di “La spiaggia“, in cui viene messo in scena, con ironia, un altro minuto importante: quello che paghi tu se tardi a timbrare all’Ilva, con la trattenuta di mezz’ora di ferie.


    (Paola Pierantoni)
    (*) Da “Idee per un cambiamento – Una ricerca sulle condizioni di lavoro nei call center” – 2007 – Ed. Inail Liguria

  • OLI 335: COMUNE – Focus sulla trasparenza

    La legge n. 69 del 18 giugno 2009 (“Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”) stabilisce che tutte le pubbliche amministrazioni debbano rendere accessibili al pubblico, attraverso i propri siti internet, le informazioni relative ai dirigenti (curriculum vitae, retribuzione, recapiti istituzionali) e i tassi di assenza del personale. Come è stata recepita questa norma dalle pubbliche amministrazioni a Genova ed in Liguria? Con questo contributo, primo di una serie, si verificheranno la trasparenza e l’accessibilità delle informazioni, a cominciare dal sito del Comune di Genova (http://www1.comune.genova.it/trasparenza_finale/welcome.asp). Oltre ai dati relativi a dirigenti, amministratori e posizioni organizzative, il Comune di Genova pubblica anche alcune informazioni relative agli incarichi esterni, alle auto blu, alle società partecipate. Per conoscere curriculum, retribuzioni e premi dei dirigenti, si può effettuare una ricerca per area, per nominativo oppure avere una visione d’insieme suddivisa per anno (http://www1.comune.genova.it/trasparenza_finale/dirigenti.asp). Per l’anno 2010, ad esempio, i dirigenti nell’elenco generale sono circa 115, quelli accessibili per nominativo dall’elenco 99. Tra questi, 9 non hanno pubblicato il proprio curriculum (la dicitura riportata è “curriculum in fase di inserimento”), 11 ne hanno pubblicato uno quasi inesistente (ossia con l’indicazione del ruolo attualmente occupato e poco altro) oppure non aggiornato alla posizione attuale, gli altri invece hanno inserito un curriculum dettagliato ed aggiornato. Facendo una ricerca sulle retribuzioni dei dirigenti, sempre per il 2010 (i dati del 2011 non sono ancora presenti sul sito in questa sezione), si ricava una retribuzione media lorda di circa 100mila euro all’anno, nei quali è compreso un premio di risultato la cui media si aggira intorno ai 14mila euro. Un documento consultabile sul sito spiega che il premio di risultato ai dirigenti viene assegnato in base al raggiungimento di obiettivi e ai comportamenti organizzativi. Gli obiettivi possono essere al massimo 4: tre proposti dallo stesso dirigente ed uno generale (“assegnato a tutti trasversalmente”, cit.). Possono essere comunque modificati nel corso dell’anno. Nell’assegnazione del premio hanno un peso, continua il documento, anche fattori quali l’impatto esterno (ossia con i cittadini e gli utenti esterni) e quello “interno”, la “disponibilità al cambiamento”, la “comunicazione e relazione e orientamento all’utenza”. Come si evince dai dati del 2010, alcuni ruoli possono ricevere retribuzioni liberamente adeguate alla responsabilità affrontata: esiste infatti un articolo del CCNL dei segretari comunali (art. 44), per cui al segretario comunale che sia investito anche del ruolo di direttore generale “viene corrisposta in aggiunta alla retribuzione di posizione in godimento una specifica indennità, la cui misura è determinata dall’ente nell’ambito delle risorse disponibili e nel rispetto della propria capacità di spesa”. Questo è stato il caso di Genova, e nel 2010 il segretario comunale nonché direttore generale ha percepito una retribuzione lorda di 213mila euro, somma che pare lontana dalle attuali capacità di spesa del Comune di Genova. (si veda anche http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/12/30/danzi-addio-al-veleno-il-sindacato-attacca.html). Si chiude la carrellata sulla trasparenza del Comune di Genova con la tabella delle assenze, aggiornata all’anno in corso. Il tasso di assenza è riportato mese per mese in tabelle riassuntive che elencano tutto l’organigramma del comune (http://www1.comune.genova.it/trasparenza_finale/assenze.asp ); la percentuale di assenza va dallo 0 per cento in uffici particolarmente virtuosi e mesi particolarmente fortunati, fino a superare in alcuni casi la soglia del 30 per cento.

    (Eleana Marullo)
  • OLI 335: COMUNE – Puc e fiuto per gli affari

    Ultimi giorni di mandato per l’Amministrazione comunale, poi scatterà il limbo pre-elettorale e non si potrà più approvare nulla e così come sotto ferragosto parte la corsa a proporre di tutto e di più.
    La Commissione urbanistica si riunisce praticamente tutti i giorni con sedute al mattino e al pomeriggio per portare poi il tutto in approvazione al Consiglio Comunale.
    Sono sfilati grandi progetti come l’ex area Enel di Sampierdarena, con nuovi grattacieli e in cambio un asilo per 100 bambini e l’ex Piombifera con altre residenze: “ Basta con un Ponente solo di fabbriche”, proclama Vincenzi.
    Passano piccoli progetti, dall’edificio incongruo produttivo da trasformare in residenze, in via Piombelli a Sampierdarena come in via Quartara o in via Bosio a Levante e poi parcheggi a gogò. “Tutta roba vecchia”, si dice , invano si chiedono chiarimenti, specifiche, anche in linea con il nuovo Puc e accordi vantaggiosi per Comune e territorio.
    Esemplare la proposta di costruzione di autopark in zona S.Vincenzo, per cui l’autorizzazione della Soprintendenza, essendo zona di reperti medievali, nonché il piano delle aree esondabili e il riferimento al Puc si presentano dopo insistenza della Commissione; e, a sorpresa, il progetto si scopre inserito nelle Norme Speciali (Puc AR-UR5), ovvero dove esistono già progetti che vanno avanti al di là della nuova normativa, che entrerebbe in vigore.
    Perciò la costruzione a gradoni di sette piani, cinque seminterrati e due interrati, prevederà circa cento box e posti auto e moto su iniziativa dei commercianti, il Civ, ma non per parcheggi a rotazione per i clienti; eppure la zona è commerciale, non per vendere ai residenti come pertinenziale, cioè vicino a casa: basta abitare nel raggio di alcuni chilometri.
    A che servono dunque? Per riqualificare un’area degradata, giusto, (e lasciata degradare), ma non per rimettere in ordine le stradine annesse come salita della Misericordia o della Tosse: troppo costoso, manca l’equilibrio economico, sostengono i tecnici. In cambio il Comune dopo aver ceduto il diritto di superficie riceverà fra un dare e avere forse duecentomila euro di oneri di urbanizzazione, panchine, verde pubblico attrezzato, qualche locale per farne non si sa cosa e l’uso gratuito a fini scolastici per due mattine alla settimana della palestra che si costruirà.
    Un affarone per il Comune questi project financing!
    Lo stesso fiuto per i parcheggi di area della Marina sotto via Madre di Dio, già costruiti anche con finanziamenti pubblici e i cui proprietari indignatissimi, hanno chiesto audizione. Motivo? La stessa società di cui sopra, Cemedile, chiede un’integrazione al prezzo pattuito, ovvero tremila euro in più dei 23 mila pagati per sopraggiunti costi aggiuntivi. I proprietari vogliono che sia il Comune ad intervenire perché altrimenti si annulla la Convenzione, ovvero il contratto fatto a suo tempo con l’Amministrazione. Le regole sono regole e vanno rispettate, sostengono, ma il Comune invoca la Corte dei Conti che potrebbe rivolere indietro il finanziamento pubblico.
    Complimenti agli uffici tecnici e a quelli legali per le Convenzioni che fanno.
    Ardimentosi però i cittadini: un box in quella zona costa più del doppio.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 333: MOVIMENTO 5 STELLE – Putti, human lab e i coccodrilli

    New Yorl stories – foto dal web

    Grillo sovrasta sulla parete nel piccolo info point del movimento Cinque Stelle di Genova.
    Ricorda lontanamente la mamma di Woody Allen in New York stories che, trasformatasi in nuvola, incombe sul figlio, ossessionandolo dallo sky line della città.
    Venerdì 24 febbraio alla conferenza stampa al punto di incontro del gruppo genovese il portavoce Paolo Putti non stringe più tra le mani un passamontagna, come nel settembre scorso. I mesi di campagna politica hanno forse influito a modificare il copione a beneficio di maggiore concretezza. I sostenitori del movimento ne hanno fatta parecchia di strada anche da quel padre minaccioso che, con una sola dichiarazione, può danneggiare il lavoro di molti.

    Di Grillo non si parla. E nemmeno di grillismo.
    In via dei Giustiniani, arteria sofferente del centro storico di Genova, Paolo Putti presenta lo human lab che vuole essere una “restituzione di umanità a un pensiero politico troppo legato ad una visione di tecnici come era quello di urban lab”. Il candidato parla dell’idea di isolamento trasmessa dalla “chiatta in mezzo al mare” dove “un gruppo di persone decidono le sorti urbanistiche della città”, distanti dal contatto con i cittadini, fisicamente separati anche da un ponte levatoio, “ci mancavano i coccodrilli nell’acqua marina…” commenta Putti. E abbraccia un altro modo di far politica, partendo dal desiderio di imparare, dalla consapevolezza (la stessa che ha animato Marco Doria ndr) di sapere di non sapere.
    Dibattito con le persone, acquisizione di competenze, promozione della comunità, restituzione di cittadinanza, sono le parole chiave di questa fase della campagna politica che vede i promotori del movimento in campo nei quartieri per ascoltare la gente e i loro bisogni. E’ il tempo del territorio, dell’analisi dei problemi che in ogni parte della città hanno dimensioni diverse. E’ anche il riconoscimento del fatto che la politica deve fornire ai cittadini gli strumenti per essere criticata, per dare alle persone un valore alla partecipazione.
    Si giudica con perplessità un Puc “in cui si parla di una città con almeno quarantamila nuove unità e svariate migliaia di nuovi posti di lavoro” e si ricorda la gronda.

    Privo della rete di “accoglienza privilegiata” e della “forza dei partiti” – ha rinunciato a livello nazionale ad un milione e seicentomila euro di rimborsi elettorali – senza una sede fissa e strutture, il Movimento 5 stelle fa quello che può e quello che può è già molto, considerato che una giornalista segnala un possibile 7-8% di preferenze.
    E’ la battaglia di Davide contro Golia, ammette Paolo Putti che va giocata fino in fondo per produrre il cambiamento, o vincendo le elezioni o in consiglio comunale. Di conti elettorali dice di non farne, ma la parola ballottaggio s’insinua come ipotesi non troppo amena.
    E i partiti? Con loro nulla a che fare. Visti dall’info point del Movimento paiono come i coccodrilli evocati da Putti attorno alla chiatta di urban lab.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 330: PRIMARIE – Il win win di Roberta Pinotti

    Per un impegno fissato in precedenza Roberta Pinotti non era presente all’incontro organizzato lo scorso venerdì da “Se Non Ora Quando”, ma compensa l’assenza inviando una lettera.
    Nel breve messaggio ricorda che “In Italia la donna accudisce i bambini al posto degli asili che non ci sono, si occupa degli anziani invece di un’assistenza pubblica alla terza età inesistente, arrivando a lavorare 80 minuti al giorno più di un uomo”.
    E’ probabile che le donne in indirizzo, e non solo loro, queste cose le sapessero già, ma il centro sta nella soluzione proposta: “La politica … può trovare alleanze (forse inaspettate) con le imprese, o almeno con quella parte di esse che ritengono di contribuire al “bene comune” in un’ottica ‘win win’, per società e impresa stessa”.
    E qui apre un’allettante prospettiva di “asili nido aziendali, centri estivi, ‘maggiordomi’ aziendali che sbrigano le commissioni, baby sitter che accudiscono i bambini se malati, spesa online recapitata in ufficio, colf che fa le pulizie e stira mentre la donna lavora… “.
    Non si tratta di sogni, precisa Pinotti, “ma buone pratiche già realizzate da aziende italiane socialmente responsabili”. Certo, si tratta di azioni “più facilmente realizzabili da aziende medie e grandi, con disponibilità di risorse economiche e umane … Tuttavia le micro imprese possono attivare su queste tematiche collaborazioni e progetti di rete interaziendali. E il Comune può giocare, da questo punto di vista, un ruolo strategico, di facilitatore”.

    Indubbiamente è un forte invito all’ottimismo, in un periodo in cui molte imprese licenziano, premono per l’abolizione dell’articolo 18, mantengono le donne in condizione di maggior precarietà e salari più bassi, rendono difficile il rientro al lavoro dopo la maternità, fanno firmare dimissioni in bianco, e guardano con approvazione e spirito di emulazione alla linea Marchionne di limitazione dei diritti sindacali, taglio delle pause e aumento dello straordinario obbligatorio.
    E poi: asili e “maggiordomi” aziendali? Col Comune nel ruolo di semplice “facilitatore”? In tempi antichi le donne lottarono per destinare i contributi delle aziende (il “salario sociale”) al rafforzamento della rete pubblica di servizi sul territorio, a vantaggio di tutti, con la convinzione che la qualità non si costruisce in una costellazione di mondi chiusi e separati. A Genova si conquistarono così asili e consultori.
    Il “salario sociale” è perduto da tempo, un sindacato indebolito dal rivolgimento economico e industriale che abbiamo alle spalle, è stato incapace o impossibilitato a difenderlo. Ma è molto dubbio che l’alternativa possa essere il surrogato aziendalista vagheggiato da Roberta Pinotti.
    Marta Vincenzi, nel corso dell’incontro, aveva difeso i suoi risultati: “Il comune ha aumentato di 600 posti la disponibilità degli asili, che ora coprono il 33% della domanda, percentuale tra le più alte in Italia, e ha mantenuto in questo settore la sua competenza diretta e la sua capacità di programmazione e controllo”. Per il futuro aveva ipotizzato forme di articolazione e flessibilità ma sotto il “coordinamento, controllo, e garanzia di formazione da parte del Comune”.
    Quanto ai due candidati di sesso maschile, la posizione di Sassano è che “Il Comune deve mantenere un ruolo forte, una gestione diretta, in un settore che ha sempre espresso un’eccellenza”. Per Doria è necessario “difendere strenuamente lo stato sociale nel momento in cui viene attaccato e messo in discussione”, e “Stabilire un rapporto più intenso col tessuto associativo che c’è in città”.
    Pubblico e privato a confronto?
    (Paola Pierantonifoto dell’autrice)

  • OLI 328: PRIMARIE – Marta Vincenzi, la donna cannone e il teatro della politica

    Ricorda Lenny Bruce, o il Truman Capote del film “A sangue freddo”.
    E’ sul palco – solo uno spot bianco ad illuminare la figura – per un reading di un’ora e mezza su come ha guidato il Comune negli ultimi cinque anni.
    La pièce è anticipata da un video – davvero modesto rispetto a lei – dedicato ad un auspicato senso civico ed etico dei genovesi, uno spottone elettorale che ha come refrain “qui a Genova, noi facciamo così”, citando Pericle.
    Teatro Modena, mercoledì 18 gennaio ore 17.00: per Marta Vincenzi platea al completo, insieme ad una parte di palchi.
    Nell’attesa dell’attrice, dagli altoparlanti, un rassicurante Lucio Battisti garantisce un tuffo nel passato preceduto da “La donna cannone” di De Gregori che – si è autorizzati a pensare – sarà stata messa in scaletta da un antagonista politico.
    Marta Vincenzi leggerà per un’ora e oltre quella che appare più una memoria difensiva che un progetto amministrativo per il futuro. Leggerà per smontare, una ad una, le prove di accusa di un’area di partito che non ha esitato a metterla sul banco degli imputati.
    Di fatto, la Prof. propone un ripasso che spazia dalla cultura ai sacrifici dei dipendenti comunali, per toccare le risorse dell’ente falcidiate da “cinque manovre in quattro anni, tutte durissime”. Ne emerge una giunta che ha dovuto opporre “una resistenza strenua per obbiettivi minimi continuamente messi in discussione”, un gruppo che “le ha prese tutte in faccia” con risorse, conti alla mano, passate dai duecento milioni del 2007, ai poco più di quaranta del 2012 “che possono diventare ottantatre o ottantacinque solo con l’incremento della tassazione”.
    Traguardare il futuro era ed è il desiderio della Sindaco e farlo riappropriandosi di un’utopia urbanistica concretamente realizzabile. Da qui il nuovo Puc secondo Marta.
    Consapevole che Genova è la città meno accessibile d’Italia, la Sindaco ricorda il nodo ferroviario già iniziato, un nuovo passante autostradale (senza chiamarlo Gronda) le infrastrutture cittadine, la strada di Scarpino “che è finita”, e tutto quello che è a progetto.
    Marta accenna ai quattro milioni di visitatori e spettatori tra musei, acquario e Ducale, teatri e Porto Antico nel 2011, e il fatto che oggi “il Carlo Felice c’è” anche grazie allo sforzo e ai sacrifici dei lavoratori del teatro.
    In costruzione, ancora, quattro asili nido e aumentati di seicento i posti disponibili.
    Ridotti debito e costi dell’amministrazione di quello che nel 2007 “era uno dei comuni più indebitati d’Italia”.
    Il teatro di Marta vede in scena una tigre disposta, per difendere il cucciolo della sua politica, a tirar fuori artigli e denti. E’ la parte migliore di lei. Quella in cui si vorrebbe credere, nonostante la stanchezza di chi in platea sonnecchia un po’, nonostante gli anni passati senza comunicare nulla al cittadino, nulla che non attenesse a Notte Bianca.
    Certamente Marta è migliore di molti del suo partito. Più sincera e ostinata. Se non altro nel ricostruire una storia che, trasmessa nel tempo, avrebbero dato un senso al suo essere la Sindaco.
    Ma il teatro di Marta è fedele ai tempi della politica.
    Finita la campagna elettorale, purtroppo, abbandona il cartellone.
    Peccato. Per cinque anni si recita a soggetto.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 320: CITTA’ – Staglieno e la morte della decenza

    – E’ quello il tempio laico?
    – Vuole dire il container? – risponde l’uomo all’ingresso – perché noi lo chiamiamo così… – sorride sarcastico
    – Ma è terminato?
    – Sì, certo! E’ terminato. Dal progetto sembrava un’altra cosa… invece è venuta fuori quella roba lì! – Lo sguardo schifato indica la distanza non solo fisica tra lui e il grande cassone.
    La struttura, un solido triste e grigio è privo di finestre, solo anonime porte lignee ne interrompono la monocromia avvilente.
    In quel luogo, a Staglieno, si raduneranno i congiunti di chi non si riconosce in alcuna fede. Ma ad un primo sguardo – l’interno è inaccessibile – il progetto realizzato anziché accogliere, allontana, respinge, avvilisce.
    Chi vorrebbe dare l’estremo saluto in quel capannone?
    Quale pensiero creativo ha guidato il disegno?
    E quanto sono costati progetto e realizzazione?
    Staglieno – cimitero monumentale di Genova – offre a fine ottobre un’immagine generalmente piacevole. Le tombe sono cosparse di fiori ed anche quelli finti, ad una certa distanza, fanno la loro figura. Tra i viali si incontrano piccoli gruppi di visitatori che, foglietto alla mano, cercano defunti dispersi. I parcheggi attorno al cimitero sono stracolmi e i vigili vigilano. E’ un pienone di gente che non deve comprare nulla, se non fiori.
    Un pannello all’ingresso ricorda tombe storiche di eroi patri e letterati. Un’altra locandina, slogan su sfondo rosso IL COMUNE AMICO DEI CITTADINI, segnala il programma di viste guidate. E la gente fluisce leggera, chiacchiera, passeggia, pulisce le tombe come il tinello di casa e le arreda di fiori.

    Il tinello di casa, appunto. Perché nei servizi del cimitero di Staglieno – quelli del COMUNE AMICO DEI CITTADINI, poco distanti dall’ingresso – è meglio non entrare. Sono oltre il confine politico che indica il baratro di una gestione inconsapevole. Quella che non può o non vuole considerare che anche i cessi – non si potrebbero definire altrimenti – fanno parte del “pacchetto turistico” di uno dei cimiteri più importanti d’Europa. 
    E forse nell’indicare un programma di visite guidate andrebbero presi in considerazione.
    E comunque – vocazione turistica a parte – dovrebbero essere mantenuti con il massimo decoro nel rispetto di chi a Staglieno si ritrova con il proprio dolore.
    Qui, tra le altre, anche la morte della decenza trova un suo spazio.
    (Giovanna Profumofoto dell’autrice)

  • OLI 319: AMBIENTE – Dà fastidio la scuola dei muretti a secco

    Disegno di Guido Rosato

    E così alla fine ce l’han fatta. Per ora.
    Sant’Ilario avrà una nuova strada: con un emendamento al Puc, presentato in Commissione Urbanistica all’ultimo momento mercoledì 3 novembre, si stabilisce che ci sarà un nuovo tracciato per servire gli abitanti delle zone alte. Peccato che gli abitanti siano poche famiglie, e che, comunque, l’Istituto Agrario avesse già dato disponibilità a cedere altri terreni pur di non compromettere il parco della scuola, Podere Costigliolo, nucleo centrale e di maggior valore del parco di pertinenza dell’Istituto.
    La sindaco si è riservata di rispondere “la prossima volta” al perché sia stata presentata quasi in sordina una “quarta“ versione rispetto a quella orginale.
    Al diavolo i vincoli culturale e paesaggistico che tutelano i beni dell’Istituto, un lascito voluto a scopi didattico-culturali; al diavolo le più elementari esigenze di sicurezza di studenti e docenti, che per recarsi da scuola alle serre per le esercitazioni pratiche dovrebbero attraversare quello che oggi è un viale privato, destinato secondo il progetto del comune ad essere tagliato in due parti, diventando di fatto una strada pubblica.
    Al diavolo il meraviglioso equilibrio di quel parco, delle sue fasce, del territorio.
    Il parere della Soprintendenza di cui si fa forte l’assessore ai lavori pubblici è solo “un orientamento di massima favorevole condizionato alla disponibilità dell’Istituto” e alla presentazione di “un piano generale dell’accessibilità dell’intero comparto – con particolare riferimento alla zona alta della collina” che giustificherebbe la realizzazione della porzione di strada, proposta dall’amministrazione.
    Ma l’Istituto è pronto da decenni, come ha costantemente ribadito, a cedere altri terreni di proprietà, in altre parti dell’abitato di Sant’Ilario, per realizzare il diverso progetto di strada che servirebbe “la zona alta della collina”.
    Questa disponibilità, apprezzata dagli abitanti di Sant’Ilario e ribadita al Comune, potrebbe finalmente risolvere la situazione per tutti, compresi i pochi che risiedono in Via Pianello.
    A questo punto la domanda è: a chi giova una strada di collegamento a terreni così poco abitati? Diverranno fra poco popolosi?
    Nel corso di quest’anno la Soprintendenza di Genova riconosce il “notevole interesse storico-artistico” del Podere Costigliolo sede dell’Istituto Agrario B. Marsano, e la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Liguria, ne decreta “l’importante interesse culturale”.
    Intanto gli abitanti di Genova Sant’Ilario alta chiedono di migliorare la viabilità con un tracciato a basso impatto ambientale, anche per risolvere i problemi di dissesto idrogeologico, un tracciato al quale l’Istituto Marsano ha già dato in passato disponibilità e spazi: una creuza già in parte esistente a nord-ovest, non una nuova strada a sud-est, come propone il Comune, squarciando il parco.
    L’ennesimo emendamento propone un nuovo tratto di viabilità di tipo agricolo-forestale: singolare che tale viabilità venga realizzata a scapito dell’unica realtà agricola di rilievo di quell’area, che sin dal 1882 si fa carico della formazione in campo agricolo ed ambientale, e della conservazione della biodiversità. Con una scuola frequentata da centinaia di alunni, dove si insegna pure a costruire i muretti a secco, tanto importanti per il nostro territorio.
    (Bianca Vergati)


    L’articolo di Bianca Vergati ha avuto un seguito con una lettera del Collegio dei docenti dell’istituto in Oli 320.

  • OLI 317: CITTA’ E CANDIDATI – Quale sogno per Genova?

    Disegno di Guido Rosato

    Due articoli sul Secolo XIX del 19 ottobre scorso hanno riguardato due diversi interventi previsti a Genova: a Piazzale Kennedy e alla Fiumara.
    Il primo articolo (“Piazzale Kennedy: il solito regalo a Genova Parcheggi”) descrive il progetto di ristrutturazione che realizzerebbe in tale area un parcheggio gestito da Genova Parcheggi, riportando le reazioni (complessivamente negative) dei lettori del giornale, che vanno da chi piange l’eliminazione del Luna Park a chi non desidera più “stipare carrozze di metallo che rubano spazio vitale alla gente”. Insomma, per il senso comune il progetto sembra mirato unicamente a fare cassa, non riuscendo neppure a ridurre il traffico privato verso il centro-città, visto che Piazzale Kennedy si trova di fatto in centro-città.
    Il secondo articolo (“Un nuovo maxi quartiere di fronte alla Fiumara”) è invece dedicato alla trasformazione dell’ex-area Enel di Via Pacinotti i cui lavori, con inizio nel 2012, dovrebbero portare, entro 24-30 mesi, alla realizzazione di un complesso di tipo residenziale e commerciale. Cementificazione o rinascita? Questa la principale domanda al centro dell’articolo, dove si sottolinea la mediazione effettuata dal Municipio Centro-Ovest con la popolazione di Sampierdarena, mediazione che porterà alla realizzazione di una scuola materna, alla riqualificazione del mercato di via Salucci, ed alla sostanziale tutela della visuale dei palazzi già esistenti. Ovviamente nel progetto è incluso un nuovo parcheggio interrato, destinato ai “nuovi residenti della zona”. L’articolo, che fa anche riferimento alle Torri Faro, in avanzata fase di realizzazione in via di Francia, chiude, nelle intenzioni dell’estensore, con una nota positiva: questa riqualificazione prende il via in un momento in cui altri grandi progetti immobiliari (Verrina a Voltri, ex-Boero a Molassana) “segnano il passo”.
    Chi scrive già in OLI 304 lamentava l’assenza a Genova di un qualsiasi anelito culturale al momento della riconversione di aree a disposizione: duole constatare anche in questa occasione la pervicacia con cui tutta la progettualità sullo sviluppo della città sembra esaurirsi nel costruire:
    1. parcheggi;
    2. centri commerciali;
    3. centri direzionali;
    4. appartamenti residenziali/commerciali.
    Per chi si candida a Sindaco di Genova ricordiamo che con la cultura si può anche mangiare.
    (Ivo Ruello)

  • OLI 317: CITTA’ E CANDIDATI – Maddalena: meglio nascere fuori dall’Incubatore?

    Porto alcuni vestiti a riparare in una sartoria che ha aperto da pochissimo tempo in Via della Maddalena. Vedere una bella vetrina illuminata e piena di colori, che interrompe la triste sequenza delle saracinesche abbassate è una festa, così dico alla signora: “Allora, l’Incubatore comincia a funzionare …”, ma sono subito smentita: “L’Incubatore? Solo pubblicità ingannevole”. Infatti mi spiega che, dopo aver visitato i locali proposti dall’incubatore, valutate le condizioni di degrado, i costi di ristrutturazione, le voci per cui erano effettivamente previsti finanziamenti a fondo perduto, e gli affitti, ha ben pensato che era meglio andarsi a cercare qualcosa sul mercato privato. Così ha trovato un locale per un affitto più sostenibile (250 euro mensili), di quelli che le erano stati richiesti per gli spazi dell’Incubatore (sui 300 / 350 euro).
    Mi dice: “Non vedi che quasi nessuno ha aderito al bando? La strada continua ad essere deserta”. In effetti è così. Le chiedo: “Ma secondo te che tipo di attività ha senso aprire in una strada come questa? Per che tipo di clienti?” Mi risponde: “Certo non per i turisti! Pochi passano di qui, e il turismo che viene a Genova è un turismo povero. Qui servono artigiani, attività che non si trovano più in giro. Invece, fuori dall’Incubatore, pare che stia per aprire una sala giochi: te la figuri qui la clientela?”
    Indirizzare il tessuto economico, tipo e qualità degli esercizi commerciali, è centrale, perché determina il tipo di vita che poi si svolge in un quartiere. Il centro storico dovrebbe tornare ad attirare la popolazione cittadina perché concentra esercizi commerciali che offrono cose e servizi utili, e ristorazione popolare. Non regalini e souvenirs. Tantomeno slot machines. Pare che il Comune non abbia la possibilità di indirizzare le licenze di vendita: si può trovare una via per superare questo ostacolo? Occorre dare una svolta capace di ripopolare in tempo rapido le zone in abbandono, altrimenti il destino di chi ci prova, uno per volta, è segnato.
    Dalla chiacchierata viene fuori anche un’interessante storia di mancato accesso al credito: l’impossibilità della mia interlocutrice di ottenere un prestito di 2000 euro per completare gli adempimenti necessari all’apertura dell’attività. Prova con la Confapi, che però non prevede prestiti inferiori a 5000 euro, e per cui serve comunque il possesso di un bene da ipotecare, o di un conto corrente con almeno 2500 euro.
    Da noi non è prevista la povertà. Il pensiero corre al microcredito: se ne parla per le donne dei Paesi “svantaggiati”, e invece serve qui.
    In rete scopro l’esistenza del “Fondo Microcredito FSE 2007 -2013” della Regione Sardegna (http://www.sfirs.it/documenti/15_309_20110704004335.pdf ), nulla di simile in Liguria. Forse non ho cercato abbastanza, e magari ci arriverà qualche segnalazione incoraggiante.
    In attesa, resta la poco incoraggiante osservazione della mia interlocutrice: “Chi mi ha aiutato sono stati solo i fornitori, sono stati loro i miei “finanziatori”, perché hanno accettato di farsi pagare a 90 giorni, a 60 giorni, dandomi un po’ di respiro”.
    (Paola Pierantoni)