Categoria: Stefano De Pietro

  • OLI 415: ALLUVIONE – Facite ammùnia

    Il Colonnello Bernacca, durante una delle sue famose previsioni in Tv.
    (foto da internet)

    L’alluvione del 2014 sarà ricordata come quella della perfetta organizzazione dell’assenza. Si comincia in giornata con la completa assenza di allerta, nemmeno un livello 1. La protezione civile ligure si difende dietro ai modelli, che non avrebbero fornito alcuna indicazione in merito, fatto indiscutibile quanto indicativo di un concetto di sicurezza cattedratico, affidato non più ai sensi o ai saperi locali, ma ad una formula matematica che pretende di averli intrappolati in un sistema di calcolo automatico. Come non ricordare l’effetto butterfly, il Caos tanto studiato negli anni 60 e 70, il battito di ali in Cina che cambia il tempo in America, ma ancora di più il buon Colonnello Bernacca, che ci insegnava ad aprire la finestra di mattina per capire se pioverà. Certo, la situazione meteorologica attuale è più di tipo tropicale, più difficilmente prevedibile in termini di quantità di precipitazione, che diventa anche concentrata. In questo la disposizione a valli del territorio genovese non aiuta, anzi, peggiora la situazione, concentrando l’acqua in molti rii che poi convergono, alla fine, in pochi torrenti impetuosi.
    La successiva assenza è quella della protezione civile del Comune, organizzata per muoversi a seguito di uno stato di allerta che appunto è mancato. Poco conta che la redazione di Primocanale fosse al suo posto in studio ed in giro per la città, avendo fiutato l’evento. Poco importa che piovesse da ore. Poco importa se Francesca Baraghini con la sua troupe si fosse presentata poco prima di mezzanotte al Matitone per avere almeno qualche notizia dalla Giunta e l’avessero fermata ai cancelli, in mancanza “di un appuntamento”, da un custode che la stessa Baraghini afferma non sapere nulla dell’alluvione in corso, mentre ai piani alti si riuniva il Centro operativo comunale per iniziare a parlare di emergenze.
    Un’altra assenza, quella del coordinamento nelle operazioni di ripristino delle zone alluvionate e tra le parti in causa. Alcuni semplicissimi esempi: in piazzale Kennedy la Polizia municipale lunedi pomeriggio ancora non disponeva di un computer per velocizzare le operazioni di registrazione delle auto alluvionate portate lì, costringendoli ad un doppio lavoro; in sede, non si riusciva a parlare con chi avrebbe potuto forse mandarne uno, magari uno dei palmari recentemente comprati e che pare non siano poi così utili all’uso quotidiano.
    Ancora, le aree blu, dichiarate gratuite nel piano di emergenza dal venerdi successivo, sono segnalate come tali solo il sabato in un corposo comunicato stampa insieme a mille altre notizie, e poi di nuovo il lunedi mattina con un comunicato ad hoc, non avendo avuto efficacia il precedente nemmeno nei cartelli luminosi del Comune stesso, lasciando quindi i parchimetri funzionanti e nessun avviso su di essi da parte di Genova parcheggi, che dichiara di non essere in grado di disattivarli in poche ore. Con il risultato che molti genovesi hanno pagato il posteggio. Sono particolari in sequenza, che però dipingono la realtà di un piano di emergenza costruito solo sulla carta, mai provato, che perde di vista gli obiettivi e quindi non ne sa verificare il raggiungimento. Ma pagato a colpi di premi ai dirigenti.
    E questa, per concludere, è l’ultima assenza, la maggiore, quella maiuscola: l’assenza di serietà. D’altronde è una caratteristica del nostro paese ben conosciuta all’estero, da noi la situazione può diventare grave, gravissima, ma mai seria, l’importante è far vedere che si è fatto qualcosa. Facite ammùnia!,
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 414: FIERA – Un affresco scelto dai cittadini, la vera partecipazione

    Ancora non si sono spenti i riflettori della stampa sull’affare Fiera così come impostato dal vice sindaco Stefano Bernini e dalla delibera di luglio 2014, che già sono apparsi due nuovi progetti, uno con la semplice intenzione dell’Autorità portuale di acquisto delle aree (a proposito, sono state cedute a Spim a meno di 300 euro al metro quadrato, ovvio che il presidente Merlo si sia fatto avanti), adesso l’ultimo con l’apparizione del solito archistar genovese, Renzo Piano, senatore a vita e risorsa delle giunte genovesi quando sono a corto di idee.

    Piano schizza (ma lui s’arrabbia, è un blue print) una fiera riscavata che diventa un grande ormeggio. Credevo impossibile che si potesse pensare di muovere terra da quelle parti, dopo che il mare è stato sacrificato per la creazione di quell’area. Se davvero dovesse accadere, mi piacerebbe avere anche una previsione da Nostradamus su quando le aree riportate al mare saranno nuovamente interrare nel futuro: 20 anni, 50 anni?
    Possibile che a Genova si riesca a parlare solo di scavi? Movimento terra, Terzo valico, Gronda, miniscolmatore, centri commerciali, nuove case: di manutenzione del territorio zero, nisba, nada. 
    Quale dovrebbe essere una soluzione che espunga dal percorso i soliti attori consunti?
    Cosa potrebbe restare per cambiare davvero registro?
    Facile, un semplice referendum per votare, da cittadini, idee distillate da un concorso europeo dove, uscendo anche dall’area genovese, qualcuno faccia dei progetti di utilità sociale e con lo scopo di creare micro lavoro.
    Direzione, quella della partecipazione dei cittadini, che Doria aveva fatto credere di voler utilizzare per far uscire Genova dall’immobilità nella quale ci troviamo. Inutile dire che erano le solite proposte elettorali, subito smentite, appena eletto, con le delibere sul salvataggio di Amt a luglio 2012, e poi nel 2013 con i piani (per ora sospesi) di privatizzazione. Ma arriveremo anche lì, credeteci.
    Ritornando alla Fiera, l’idea di un quartiere navale, per piccolo diporto è ovvia, non serviva certo scavare per tirarla fuori, ma come per il padiglione Jean Nouvel (la soluzione peggiore e più costosa, dicevano gli studi tecnici), l’idea di scavare, scavare e scavare per infilare acqua salmastra in canali maleodoranti spaventa, proprio perché è una soluzione “peggiore” e “costosa”. 
    Per questo, se per caso nelle strade di Genova vedessi passare qualcuno con un foglio di raccolta firme per un referendum sulla fiera, non esiterei a firmarlo. Pensateci, genovesi.
    (Stefano De Pietro)
  • OLI 413: WEB – To link or not to link


    Voilà, per una volta che ci si fida, ecco la fregatura. Un problema davvero poco sentito in ambito italiano (ma non solo) è quello della stabilità dei link, mentre da parte degli esperti si cerca di rimediare attraverso dei sistemi (i blog) che forniscano i cosiddetti “permalink”, un nome composto da “permanent” e “link”: link stabile. per sempre.
    Nonostante il problema sia quindi noto e affrontato, non c’è verso di far capire a tanti webmaster che il mantenimento di un link è fondamentale in quanto la struttura del Web ha senso solo garantendone la stabilità nel tempo. Altrimenti salta la logica “hypertext” del sistema e si torna alla vecchia soluzione di copiare le informazioni localmente, con dispendio di spazio di archiviazione.
    Quando passammo da olinews.it a olinews.info, mantenemmo ben stabile la raggiungibilità dei vecchi articoli, proprio per garantire una fruibilità temporale del lavoro di tanti collaboratori di redazione.
    Un esempio invece del contrario lo si trova nel nostro articolo “Haiti – Crociere e terremoti“, del gennaio 2010. Dopo solo 4 anni dei tre link citati in calce solo uno continua a funzionare (quello su Facebook), mentre gli altri due sono “rotti”.
    Poi ci si stupisce che qualcuno vince le guerre economiche e va sulla luna, mentre altri restano a guardarsi la punta delle scarpe.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 410: RIFIUTI – La biotruffa anche per Genova

    A me gli occhi! Amiu riesce ancora una volta a ipnotizzare con le sue promesse ma non ad uscire dalla logica ormai superata del “ciclo integrato dei rifiuti”, che ha tra le sue caratteristiche quella di considerarli come una fonte di energia termica (quindi eventualmente elettrica). Questo non consentirà mai di raggiungere gli obiettivi di salvaguardia della materia, dalla plastica al metallo, alla terra contenuta nei rifiuti sotto forma del suo precursore: la frazione umida.
    Il processo naturale per il quale esiste la terra nelle sue zone selvagge è la trasformazione dei corpi morti, compresi i vegetali, attraverso il lento lavoro di alcuni batteri aerobici, che vivono in presenza di ossigeno. Questi batteri si nutrono delle sostanze contenute nella materia organica e generano quell’odore che tanto infastidisce, producendo come scarto la parte fertile della terra, tanto gradita alle piante. Questo semplice processo – che necessita solo di una buona materia prima d’ingresso come gli scarti di cucina e il verde derivante dalla manutenzione di parchi e boschi – pare non piacere alla direzione di Amiu, e prima ancora ai tecnici della Regione Liguria, che invece hanno disegnato per Genova un piano con biodigestori anaerobici: grossi serbatoi stagni, all’interno dei quali l’umido viene digerito da batteri anaerobici, che producono il cosiddetto biogas, contenente una percentuale variabile tra il 50% e il 90% di metano. Mentre nella digestione aerobica (detta compostaggio) la riduzione della massa messa in lavorazione si limita ad un 25% (comprendente evaporazione acquea e gas), in quella anaerobica la perdita in uscita sfiora anche del 75%. Come si sposa questo con le direttive europee? Per non parlare dei problemi di tossicità dei fanghi derivanti dal processo come segnalato da un parlamentare europeo.
    E’ vero che le stesse direttive parlano di recupero energetico, ma solo dal residuo di una raccolta differenziata spinta, quindi una frazione minimale. Ma nel caso di Amiu, il rischio è che non avvenga, avendo progettato di destinare al biogas, la frazione umida della raccolta differenziata, la migliore, che a programma dovrebbe diventare preponderante.  Invece di favorire un naturale compostaggio, si opta per il metodo industriale con impianti molto più costosi.
    Anche per le quote di differenziata, come già in passato, il piano si affida al raggiungimento delle quote minime di legge, senza superarle, e nei tempi massimi di legge (2020), invece che mostrare ai genovesi una reale intenzione di risolvere il problema.
    Anche il sistema di prossimità a cassonetti non sortirà alcun effetto, come non lo ha sortito in questi anni. A prova di questo, si intendono acquistare due separatori secco/umido, che avranno alla fine solo lo scopo di avere secco da mandare all’incenerimento attraverso un qualche canale, apparentemente più o meno virtuoso, come i consorzi statali, e umido da usare nel biodigestore e i cui fanghi di risulta, debitamente essiccati con uso di energia termica, saranno a loro volta instradati agli inceneritori.
    Non ci sarebbe da stupirsi se poi, legati da un piano industriale che senza i contributi statali per la produzione di energia elettrica dal biogas non starebbe in piedi, si infilino dentro anche “mucche vive” pur di mantenere in funzione il sistema. E con il fantasma del CSS (combustibile solido secondario, ovvero un miscelone di plastica e metalli) che elevato da “rifiuto” a “prodotto”, grazie ad una norma scellerata e alla solita truffa semantica, possa finire bruciato in forni di cementifici e centrali termoelettriche a carbone. Tutto fa presagire mala tempora per i genovesi. Il peggio è sempre possibile.
    (Stefano De Pietro – immagine da internet)

  • OLI 408: AMIU – Problemi e soluzioni

    La battaglia politica e tecnica sui rifiuti che i giornali caratterizzano all’interno di Amiu e del Comune, si gioca in realtà nei piani dell’amministrazione regionale. La nuova legge regionale sui rifiuti definisce una dimensione regionalizzata nella gestione delle discariche, della “chiusura del cliclo” e in tutto ciò che determina l’uso dei rifiuti una volta raccolti dai comuni.
    Amiu ha infatti presentato delle “linee guida per il piano industriale” dove si fa esplicito riferimento al piano regionale con la produzione di CSS e di energia elettrica da biogas ottenuto con la biodigestione anaerobica. Una richiesta del governatore Burlando in sede di conferenza stato-regioni ha spostato al 2016 il termine per il raggiungimento del 65% di raccolta differenziata: una beffa se si pensa che il Comune di Recco oggi ha dovuto organizzarsi molto rapidamente dopo il caso della Corte dei Conti che lo ha condannato a rifondere il danno erariale derivato dal mancato raggiungimento dei livelli minimi di differenziata. Senza il provvedimento voluto da Burlando, oggi si avrebbe a disposizione una leva legale molto forte per costringere i comuni ligure a diventare virtuosi.
    Invece si assiste ad una piroetta funambolica, che è riuscita a trasformare la necessità di cambiare sistema in qualcosa che alimenterà cementifici e centrali elettriche con il CSS e mini centrali a biogas sotto il megawatt. Lo scopo è di non superare il 60% effettivo di differenziata per avere ‘roba’ da bruciare, esattamente come è stato fatto fino ad oggi per alimentare invece Scarpino. Unica differenza, volendo bruciare, necessita separare l’umido, da qui la necessità di fare il biogas con i biodigestori, per aggiudicarsi così anche i certificati verdi nella produzione di energia elettrica, ed avendo altro secco da bruciare alla fine del ciclo: la tempesta perfetta.
    Quali soluzioni avrebbe avuto invece a disposizione la giunta regionale? Ad esempio, quella di finanziare grandi impianti regionali di compostaggio, di spingere quello domestico, di copiare il lavoro fatto a meno di duecento chilometri di distanza a Capannori (oltre il 90% di raccolta differenziata), o a Parma, dove la giunta ha organizzato un vero piano Marshall per impedire l’uso dell’inceneritore con i rifiuti cittadini.
    Intanto, mentre il cittadino aspetta, la grande discarica si riempie, il percolato scende a valle, l’aria si appesta di biogas e di CSS. Gli unici ad uscirne in piedi sono le amministrazioni e i dirigenti di Amiu, sempre al loro posto da decenni.
    (Stefano De Pietro)
  • OLI 407: LAVORO – Il collocamento non basta più

    La perdita di fiducia dei giovani nei confronti dei sistemi di ricerca di lavoro tradizionali è un’evidenza. Sempre più persone non si rivolgono più all’ufficio di collocamento provinciale, ma si affidano alla ricerca online via semplici annunci e utilizzando agenzie interinali, con il conseguente crollo dei diritti e delle certezze d’impiego. In Piazza de Ferrari, Andrea e Valentina inaugurano la ricerca di lavoro “sandwich”, con un cartello appeso al collo e la voglia di manifestare il proprio disappunto per una società che non è più in grado di dare futuro alle giovani coppie.

    (di Stefano De Pietro)

  • OLI 406: COMUNE – Distrazioni, leggerezze, fretta: i pilastri della P.A.

    La Giunta comunale in Consiglio a Genova

    Capita di leggere notizie sugli errori degli uffici dell’amministrazione pubblica, di contratti imprecisi che danno origine a danni vinti da chi, di quelle imprecisioni, fa motivo di ricorso in tribunale. Così troviamo, in giro per l’Italia, cantieri edili che operano senza permessi, e tanto più grandi sono le opere, tanto più spesso questo caso pare verificarsi.
    Anche a Genova abbiamo ottimi esempi, come permessi a costruire distrattamente “venduti” per buoni prima della necessaria preventiva delibera di consiglio comunale, poi non approvata e quindi, zac!, arriva la causa e la necessaria delibera, ad approvazione obbligatoria, di riconoscimento del debito fuori bilancio per sanare una causa persa. Ma sempre senza un responsabile che rifonda i cittadini.
    Poi c’è la fretta. La fretta pare essere la benzina degli uffici comunali. Non esiste una sola convocazione del consiglio comunale che non sia fatta, da tempo immemorabile, con la “procedura d’urgenza”, anche quando di urgente non pare esserci proprio nulla. L’urgenza è la prassi, serve a coprire la strategia della disinformazione, per la quale spessissimo le delibere di giunta sono transitate dal consiglio e dalle commissioni come il fulmine a mezzanotte. Si sa che in Italia quando c’è un problema si fa prima una legge e dopo nulla: infatti il consiglio comunale ha preso provvedimenti proprio per evitare questa fretta, ed ora nel suo regolamento le delibere iscritte al consiglio devono transitare almeno 15 giorni prima nei gruppi consiliari, per consentirne lo studio. Fatte salve, manco a dirlo, le urgenze. Chissà che presto non troveremo anche la procedura di emergenza, dove la funzione dei consiglieri sia una semplice ratifica obbligatoria di quanto già deciso e messo in atto dalla giunta (in effetti già oggi esiste la “somma urgenza”, per i lavori edili che abbiano a che fare con l’incolumità pubblica, e che meriterebbe una chiacchierata a parte per le stranezze che genera nella gestione dei soldi pubblici).
    E poi c’è la leggerezza. La leggerezza fa un po’ parte del modo di essere dell’italiano. “Si, va beh, poi vediamo, altrimenti non si va avanti, ma si dai, è ovvio”. E’ ovvio e normale, ad esempio, che in una delibera che parla di una cessione del diritto di superficie di un terreno comunale a dei privati, si citi un contratto che, a sua volta, ha un allegato grafico non fornito nella documentazione, ma vah, proprio il disegno dell’area ceduta. Ma si, dai, è ovvio che la cartina che manca è quella di un’altra delibera di due anni fa. E’ tutto ovvio, quando il risultato deve essere scontato. Si tratta di un problema di “copia incolla”, parola che evoca il modo di lavorare moderno, che tenta di assemblare pagine spesso vuote di significati tanto per dare uno spessore ad un testo: peccato che lo spessore sia solo materiale, di un tomo magari pieno di errori e di imprecisioni.
    Così, martedi scorso, in consiglio, si decide di elevare una eccezione per non far passare tanto liscia l’ennesima imprecisione della giunta, suggellata dalla segreteria generale con uno splendido “parere tecnico favorevole” su un documento che presenta così tante imprecisioni che quelle da copia incolla impallidiscono. Errori già segnalati in commissione, per i quali non era stato preso alcun provvedimento prima di giungere in consiglio comunale.
    Alla fine, dopo mezz’ora di tentativi sugli specchi dei proponenti per cercare di far passare comunque il documento così com’era, ma senza riuscire a spuntarla, si trova la soluzione, semplice, troppo semplice per riuscire ad uscire dagli uffici stessi come una proposta, infatti arriva dallo stesso consigliere che aveva bloccato la pratica per incompletezza documentale: fare un emendamento per correggere l’errore.
    Davvero, non ci aveva pensato nessuno.
    Stay tuned!
    (Stefano De Pietro – foto da internet)

  • OLI 404: COMUNE – Non si fa una frittata senza rompere qualche uovo di Pasqua

    (Palazzo Tursi – sede del Comune di Genova)

    Di solito in Consiglio comunale non mancano le occasioni, per la minoranza, di sfruttare qualche intoppo burocratico o politico per finire sui giornali con proteste e prese di posizione.
    Ma che sia addirittura la stessa maggioranza, anzi il partito di maggior presenza come il Pd, a bloccare una delibera proposta tra l’altro proprio da due loro consiglieri, fa parte della commedia all’italiana più che della politica amministrativa di un paese.

    I fatti: arriva in commissione una proposta di delibera, da qualcuno definita “elettorale” per il contenuto un po’ populista visto il momento economico drammatico, che riguarda i mercati in struttura, per i quali una esistente delibera della giunta Vincenzi prevede un impegno fino al 20% dei proventi dei canoni di affitto dei banchi in opere di manutenzione.
    I soggetti interessati sono gli stessi commercianti, che si vedranno riconoscere uno sconto in ragione di opere finanziate direttamente da loro, e riconosciute dal Comune: finalmente qualcosa di funzionale, che fino ad oggi ha dato qualche risultato in sole quattro strutture: siste infatti l’obbligo di costituire un consorzio, obbligando i “mercanti genovesi” a superare la tradizionale avversione ad andare d’accordo, e non è facile.
    La nuova delibera proposta ieri (14 aprile 2014, nda) in consiglio, riguarda l’auspicato aumento al 50% di tale limite, una cifra notevole se si pensa che per il solo mercato orientale si potrebbe parlare di più di centomila euro, e che vuole impegnare la giunta in modo importante sul problema delle strutture mercatali cittadine. Fin qui, tutto condivisibile.
    Il documento deve però avere avuto un iter fantasioso, perché viene presentato ai consiglieri secondo la normale procedura informatica solo il giorno prima della commissione, ma le date del file riportano tempi precedenti, come se si fosse voluto in qualche modo ritardarne la pubblicazione. Politica o casino, difficile dirlo. Comunque, alle 16 del pomeriggio precedente la discussione in aula, finalmente la delibera “appare”, ma non ha la caratteristica della santità che ci si aspettava.
    O meglio, che sia un documento del diavolo lo apprendiamo solo il giorno dopo, quando l’assessore Miceli legge delle proposte di modifica al documento, però stranamente già inserite nella delibera consegnata ai consiglieri, con un atto di forza forse non voluto, ma di fatto intrapreso dalla giunta, e peggio avvallato dal Segretario generale, che firma il parere di legittimità. Che invece legittimo non è, in quanto i due consiglieri cadono dal pero, trovando la loro proposta emendata in origine. E si arrabbiano parecchio.
    La commissione s’interrompe, volano le parole grosse come “falso in atto d’ufficio nei confronti di ignoti”, scoppia la bagarre in maggioranza e nella giunta (ma io, ma tu, ma lei, ma lo sapevi ma te lo avevo detto …) e l’orologio marca il tempo che passa in modo improduttivo: due ore.
    Alla fine il Segretario, dopo una arrampicata sugli specchi degna di Felix, ammette un errore, Miceli, però, inaspettatamente, insiste che va bene così (praticamente fischiato dall’aula); i consiglieri proponenti chiedono allora una nuova commissione, proposta votata da tutti tranne che da Lista Doria e M5S, favorevoli invece a risolvere in giornata la cosa per evitare maggiori spese. Alla fine si fisserà una nuova data e, naturalmente, la cittadinanza pagherà il gettone doppio per una cosa singola.
    Buona Pasqua!
    (Stefano De Pietro)
  • OLI 400: COMUNE – Un 54 che da i numeri!

    Il cartello delle “Profonde sintonie” tra Pd e Pdl distribuito
    dal M5S in Consiglio comunale a Genova.

    L’articolo 54 del regolamento del Consiglio comunale di Genova determina le modalità con le quali possono essere presentate interrogazioni a risposta immediata alla Giunta, con passaggio nella prima ora che precede la seduta del Consiglio, ogni martedi pomeriggio.
    Si tratta di un momento importante per molti gruppi, soprattutto per quelli che cercano la visibilità sui giornali, in quanto di solito le domande riguardano il territorio, dove i politici si coltivano la base di consenso per essere eventualmente rieletti la volta successiva. Qualche consigliere ne fa un uso fin troppo copioso, presentandone anche più di cento per ogni seduta. Dei quali forse ne sarà scelto uno, dal Presidente, che in questo contesto fa un po’ da “chef aprés dieu”, avendo il diritto di estrazione a propria indiscussa preferenza. Cercando, si dice, di mediare in modo che ogni gruppo possa trovare il suo momento di gloria in Consiglio; si dice, “più o meno suppergiù” (cit. Vasco Rossi).
    Durante il lungo percorso di revisione del regolamento, durato un anno e mezzo, il “54” ha trovato un humus di discussione molto fecondo, e ne sono stati proposti diversi anche molto differenti. Alla fine si era optato, a maggioranza, per un sistema che levasse al Presidente la scelta, creando una lista di arrivo che avrebbe dato la sequenza di presentazione in Consiglio. In pratica, ci si sarebbe auto limitati ad un solo 54 per consigliere per settimana, e l’ordine di arrivo avrebbe determinato l’ordine di discussione di tutti quelli presentati, con eventuale rimando alla volta successiva nel caso l’ora prima del Consiglio non fosse stata sufficiente ad esaurirli.
    Sulla proposta scelta in commissione, in Consiglio, il terzo di fila sul regolamento, cade però la scure del Pd, nella persona del capogruppo Farello, in un qualche modo d’accordo con il Pdl, quasi a suggello delle profonde sintonie romane. Farello in verità in un anno e mezzo si era fatto vedere poco in commissione, anche se ovviamente dal punto di vista regolamentare nulla si può obiettare sulla scelta di rimettere tutto in gioco. Questo scatena anche un po’ di proteste della minoranza, Pdl escluso come detto.
    Così in Consiglio comunale arrivano altre proposte, come quella di far di nuovo scegliere tutto al Presidente, limitando prima ad una sola presentazione di 54 per consigliere, poi cambiando per metterlo a un numero per consigliere che corrisponde al numero dei consiglieri in aula (40) ma con una scelta di massimo 40 domande, poi cambiando ancora ripescando un’idea cinquestelle di un 54 anche a risposta scritta. Insomma, un pastrocchio ridicolo che blocca per la terza volta il Consiglio comunale, al punto che alcuni consiglieri cominciano ad innervosirsi per lo spettacolo indecoroso che viene mostrato ai cittadini. Settanta mila euro di commissioni in un anno e mezzo di lavoro per arrivare ad una cosa condivisa che in consiglio viene smontata dal Pd e dal Pdl.
    Alla fine, per terminarla lì, si decide in conferenza capigruppo che si faranno degli incontri tra i gruppi prima del prossimo consiglio in modo da arrivare con una soluzione nuovamente condivisa, terminare le votazioni e cominciare a litigare sulle cose più urgenti: ad esempio il nuovo Puc.
    (Stefano De Pietro)