OLI 406: COMUNE – Distrazioni, leggerezze, fretta: i pilastri della P.A.

La Giunta comunale in Consiglio a Genova

Capita di leggere notizie sugli errori degli uffici dell’amministrazione pubblica, di contratti imprecisi che danno origine a danni vinti da chi, di quelle imprecisioni, fa motivo di ricorso in tribunale. Così troviamo, in giro per l’Italia, cantieri edili che operano senza permessi, e tanto più grandi sono le opere, tanto più spesso questo caso pare verificarsi.
Anche a Genova abbiamo ottimi esempi, come permessi a costruire distrattamente “venduti” per buoni prima della necessaria preventiva delibera di consiglio comunale, poi non approvata e quindi, zac!, arriva la causa e la necessaria delibera, ad approvazione obbligatoria, di riconoscimento del debito fuori bilancio per sanare una causa persa. Ma sempre senza un responsabile che rifonda i cittadini.
Poi c’è la fretta. La fretta pare essere la benzina degli uffici comunali. Non esiste una sola convocazione del consiglio comunale che non sia fatta, da tempo immemorabile, con la “procedura d’urgenza”, anche quando di urgente non pare esserci proprio nulla. L’urgenza è la prassi, serve a coprire la strategia della disinformazione, per la quale spessissimo le delibere di giunta sono transitate dal consiglio e dalle commissioni come il fulmine a mezzanotte. Si sa che in Italia quando c’è un problema si fa prima una legge e dopo nulla: infatti il consiglio comunale ha preso provvedimenti proprio per evitare questa fretta, ed ora nel suo regolamento le delibere iscritte al consiglio devono transitare almeno 15 giorni prima nei gruppi consiliari, per consentirne lo studio. Fatte salve, manco a dirlo, le urgenze. Chissà che presto non troveremo anche la procedura di emergenza, dove la funzione dei consiglieri sia una semplice ratifica obbligatoria di quanto già deciso e messo in atto dalla giunta (in effetti già oggi esiste la “somma urgenza”, per i lavori edili che abbiano a che fare con l’incolumità pubblica, e che meriterebbe una chiacchierata a parte per le stranezze che genera nella gestione dei soldi pubblici).
E poi c’è la leggerezza. La leggerezza fa un po’ parte del modo di essere dell’italiano. “Si, va beh, poi vediamo, altrimenti non si va avanti, ma si dai, è ovvio”. E’ ovvio e normale, ad esempio, che in una delibera che parla di una cessione del diritto di superficie di un terreno comunale a dei privati, si citi un contratto che, a sua volta, ha un allegato grafico non fornito nella documentazione, ma vah, proprio il disegno dell’area ceduta. Ma si, dai, è ovvio che la cartina che manca è quella di un’altra delibera di due anni fa. E’ tutto ovvio, quando il risultato deve essere scontato. Si tratta di un problema di “copia incolla”, parola che evoca il modo di lavorare moderno, che tenta di assemblare pagine spesso vuote di significati tanto per dare uno spessore ad un testo: peccato che lo spessore sia solo materiale, di un tomo magari pieno di errori e di imprecisioni.
Così, martedi scorso, in consiglio, si decide di elevare una eccezione per non far passare tanto liscia l’ennesima imprecisione della giunta, suggellata dalla segreteria generale con uno splendido “parere tecnico favorevole” su un documento che presenta così tante imprecisioni che quelle da copia incolla impallidiscono. Errori già segnalati in commissione, per i quali non era stato preso alcun provvedimento prima di giungere in consiglio comunale.
Alla fine, dopo mezz’ora di tentativi sugli specchi dei proponenti per cercare di far passare comunque il documento così com’era, ma senza riuscire a spuntarla, si trova la soluzione, semplice, troppo semplice per riuscire ad uscire dagli uffici stessi come una proposta, infatti arriva dallo stesso consigliere che aveva bloccato la pratica per incompletezza documentale: fare un emendamento per correggere l’errore.
Davvero, non ci aveva pensato nessuno.
Stay tuned!
(Stefano De Pietro – foto da internet)