Categoria: Donne

  • OLI 330: PRIMARIE – Rappresentanza femminile tra realtà e promesse

    Il dibattito tra candidate e candidati alle primarie, organizzato lo scorso venerdì dalle donne di “Se non ora quando”, viene introdotto da un filmato del 1999, “Quando le donne e gli uomini governano insieme, la scelta svedese”, prodotto da AFEM (*).
    Per circa mezz’ora immagini e parole di donne e di uomini, nessun sesso in prevalenza sull’altro, rivelano il grande passaggio culturale avvenuto in quella società: “Qui abbiamo negato l’universalità maschile”; “Se gli uomini conoscono i bambini, e le madri entrano a gestire l’economia, si creano le condizioni perché possano decidere insieme”; “L’uomo aggressivo è frutto del patriarcato”; “Gli uomini hanno bisogno di aiuto quando diventano babbi”; “E’ molto importante occuparsi delle faccende domestiche”; “Sono diventato un migliore politico da quando ho avuto un figlio”; “Le ragazze mi parlano di problemi che non porrebbero mai ad un uomo”, detto da una donna sacerdote.
    Il pubblico contempla invidioso madri e padri che salgono sereni sugli autobus pilotando grandi carrozzelle per bambini, e legge numeri che descrivono un mondo alieno: il 50% dei parlamentari sono donne, il 31 % dei padri prende il permesso di paternità, il 40 % quello per malattia dei figli.

    Questa volta c’erano Marco Doria, Andrea Sassano, e Marta Vincenzi, ma mancavano Roberta Pinotti ed Angela Burlando.
    Le assenze, unite alla breve presenza della sindaco richiamata da un impegno istituzionale, fanno mancare il pregio di un vero confronto, ma l’incontro è comunque interessante.
    Marta Vincenzi interviene per prima, e alla domanda: “che difficoltà pensate di avere a garantire in giunta una rappresentanza di donne al 50%?” risponde dicendo che “sarebbe ben lieta di avere il 50% di donne”, puntualizzando però che potrebbe essere un obbiettivo illusorio: “Anche esperienze avanzate possono essere facilmente annullate. Non ci sono scorciatoie. Ci vuole un movimento forte, con idee condizionanti”. Che invece manca.
    Aggiunge che “Il numero delle dirigenti donne nel Comune è il più alto d’Italia” (il 44%, ndr.), e chiede “Ma chi se ne è accorto?”.
    Non sarà più in sala quando una donna del pubblico osserva: “Appunto, non ce ne siamo accorti, perché quel che conta è la politica a monte, il resto segue”. E “a monte”, in giunta, oggi le donne sono tre su undici.

    Certamente la posizione di chi deve dare conto di un’esperienza di governo è diversa da quella, momentaneamente più comoda, di chi ha ancora un terreno vergine davanti. Doria avverte questo divario, e dichiara il proprio disagio nel formulare promesse che potranno essere sottoposte a verifica solo successivamente.
    Comunque, come Sassano, prende l’impegno di portare la rappresentanza femminile al 50%: “E’ centrale portare più donne alla responsabilità politica. Ci sono contenuti e politiche che vanno cambiati, e il punto di vista femminile è determinante. Bisogna ripensare il modo di vivere, il linguaggio, il modo di leggere le questioni”.
    La sindaco è andata via da tempo quando viene posta la domanda conclusiva: “Quale sarà la vostra prima azione, intesa a valorizzare ed appoggiare le donne?”
    Sassano pensa ad una authority che verifichi il rispetto della parità di genere negli atti della amministrazione comunale. Doria pone al centro “Un’indispensabile condizione preliminare“, cioè garantire prima di tutto l’efficienza della macchina comunale “valorizzando e accrescendo le competenze di chi ci lavora, motivandolo a lavorare bene“. Senza il buon funzionamento della fabbrica di cui si è direttamente responsabili non c’è buona intenzione che tenga.
    (*) Association des Femmes de l’Europe Meridionale – http://afem.itane.com/
    (Paola Pierantoni – Foto dell’autrice)

  • OLI 328: CULTURA – La segreteria ingannevole dell’assessore Ranieri

    Si tratta solo di un dettaglio, ma anche i dettagli parlano, e rivelano le pieghe della realtà.
    Dunque, la segreteria dell’assessore Ranieri riceve, con largo anticipo, l’invito a partecipare a un’iniziativa organizzata da un gruppo di cittadine. Naturalmente, a un mese di distanza, la presenza dell’assessore non può essere garantita. Si resta intesi che l’invito sarà rinnovato nella prossimità dell’avvenimento, e così avviene. “In questo momento – viene detto – non possiamo ancora assicurarvi la presenza dell’assessore, che però è perfettamente informato; in ogni caso sarà nostra cura prendere contatto con voi per informarvi tempestivamente se potrà, o meno, essere presente”.
    Ringraziamenti e attesa: vana. Vince l’ala realista / pessimista del gruppo, quella che ne dava per scontata l’assenza. Il “dettaglio” che aggrava il quadro, e determina una franca irritazione, è quella mancata telefonata “di cortesia”, annunciata a vanvera, e poi non effettuata.
    Si potrà pensare: magari questa iniziativa era talmente una fesseria, talmente lontana dalle competenze dell’assessorato, talmente trascurabile rispetto alle urgenze che incombono, che dimenticarsi anche di telefonare è il più veniale dei peccati veniali: quante storie!
    Ma, veramente … la cosa riguardava direttamente proprio le competenze dell’Assessorato alla Cultura. L’iniziativa (cena, spettacolo, discussione sullo stato degli archivi dei movimenti) aveva infatti lo scopo di raccogliere risorse finalizzate alla conservazione e consultabilità di un fondo archivistico, l’archivio del “Coordinamento Donne FLM” che raccoglie i documenti prodotti dalle donne delle fabbriche genovesi tra il 1973 e i primi anni ’80.

    Il fondo, che ha recentemente ricevuto il riconoscimento “di interesse storico particolarmente importante” da parte del Ministero dei Beni Culturali, ed ha già fornito la base documentaria per numerose ricerche e pubblicazioni, è conservato presso il Centro Ligure di Storia Sociale, insieme ad altri fondi di grandissima importanza per la storia della città.
    Il punto critico è che da circa due anni l’Associazione “Centro Ligure di Storia Sociale” – venuto a mancare il sostegno di alcuni sponsor, e dovendo comunque corrispondere al Comune un affitto per i locali in cui sono conservati gli archivi – versa in una grave situazione debitoria, tanto da paralizzare di fatto qualunque attività che possa garantire l’adeguata conservazione, valorizzazione, e agevole consultazione del materiale archivistico.
    La questione del destino di questo prezioso patrimonio è da tempo alla attenzione della Amministrazione comunale, ma stenta a trovare uno sbocco. Una situazione di stallo inquietante, a cui le donne protagoniste o eredi della stagione dei Coordinamenti Donne nelle fabbriche hanno reagito inventandosi l’iniziativa di cui sopra.
    Si dirà: ma chissà chi ci sarà andato! Una serata su un fondo archivistico! Barba colossale …
    E invece no, grande successo, sala piena, serata bellissima! Gli archivi, a saperli far vivere, possono appassionare. Sono uno dei tanti aspetti della cultura che circola segretamente nelle vene della città, sostenuta da passioni e competenze che meriterebbero maggiore attenzione.

    A proposito di storia, femminismo, e di archivi che vivono: ricordiamo ancora che questa settimana c’è un appuntamento da non perdere, la “prima” del film “Donne in Movimento. Il femminismo a Genova negli anni Settanta“, realizzato dall’Archivio dei movimenti. Giovedì 26 gennaio, ore 18 alla Sala Sivori, ingresso libero.
    Intanto guardate il trailer!
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 323: LETTERE – Appuntamento allo Zenzero per il centro anti violenza

    Su OLI 275 un anno fa lanciai l’allarme sul futuro del Centro antiviolenza di via Mascherona e sui Centri d’ascolto presenti nel territorio provinciale.
    L’allarme è diventato realtà e, al momento, gli impegni previsti a bilancio non sono sufficienti a garantire per tutto il 2012 la loro esistenza. Mancano circa 50.000 euro e le prospettive future, compreso lo smantellamento delle Province, sono decisamente nere.
    Il Centro di via Mascherona in questi anni ha funzionato bene consolidando la rete con i servizi presenti sul territorio, garantendo le donne nel percorso di fuoriuscita dalla violenza .
    La maggior parte delle donne seguite ha contattato il Centro direttamente, altre hanno chiamato il numero nazionale 1522 di cui il Centro è riferimento territoriale, vi sono poi le segnalazioni degli ospedali e pronto soccorso, delle forze dell’ordine e degli ambiti territoriali sociali.
    Al Centro risponde una operatrice esperta che ascolta le motivazioni della donna e a seconda dei problemi la indirizza ai servizi opportuni.
    Il passo successivo può essere la proposta di un appuntamento per approfondire la situazione con la donna e valutare assieme il da farsi. Non sempre chi ha trovato il coraggio di telefonare è andata all’appuntamento, a conferma di quanto sia difficile riconoscere la propria condizione di violenza e avere la forza per uscirne. Ciononostante da gennaio 2009 ad oggi le donne prese in carico dal Centro sono oltre 400. Un dato importante che sappiamo essere però solo la punta di un fenomeno che rimane nella quasi totalità sommerso. I dati raccolti dal Centro evidenziano l’attivazione prevalente della consulenza legale e psicologica come pure il prevalere di violenze fisiche e psicologiche che nella maggior parte dei casi si sommano a quella economica. L’autore della violenza è in maggioranza il partner o ex partner (coniuge, convivente , fidanzato) o comunque una persona conosciuta a conferma di una dato ormai noto a livello mondiale.
    Le donne sono in maggioranza e con una età media di 41 anni e nel 50% dei casi hanno figli minori che assistono o subiscono direttamente la violenza e ciò costituisce in molti casi il motivo scatenante per decidersi a chiedere aiuto. Le donne straniere appartengono pur con numeri diversi ad oltre 18 nazionalità. I maltrattanti sono in maggioranza italiani anche nel caso di donne straniere e i dati confermano la trasversalità del fenomeno della violenza sia per quanto riguarda le etnie che la condizione sociale.
    La pesante crisi economica che stiamo vivendo rischia di mettere nuovamente in secondo piano i finanziamenti contro la violenza, considerandoli marginali rispetto alla macelleria sociale in atto. Per questo, pur continuando a ribadire che le istituzioni se ne devono far carico a tutti i livelli, la Rete provinciale antiviolenza ha lanciato una raccolta fondi: non è facile, ma ci proviamo.
    Tra gli artisti che ci sostengono con iniziative c’è il Coro Daneo che terrà un concerto a favore del Centro sabato 10 dicembre alle 17.30 presso il circolo ARCI Zenzero di via Torti 35. A seguire una cena solidale a 23 euro con prenotazione entro il 7 dicembre chiamando Paola 0105499470 oppure Rita 3204359045.
    Vi aspettiamo, NON CHIUDETE QUELLA PORTA!
    (Marina Dondero – Assessora della Provincia di Genova)

  • OLI 322: SOCIETA’ – Carcere di Pontedecimo – libere di creare


    Si chiamano Maria, Tiziana, Mara, Martha, Vera, Bruna, Alessandra, Natascia, Sara, Osasu, Liliana, Katia, Meherzia, Jacqueline, Simona. Sono le quindici detenute del carcere di Pontedecimo che il 25 novembre – giornata internazionale contro la violenza sulla donna – hanno sfilato all’Acquario di Genova con borse, abiti e gioielli creati da loro.
    Molte le persone presenti che hanno ricavato un posto a sedere per terra davanti all’incantevole scenario della vasca degli squali. Bravissimi la cantante Eliana Zunino accompagnata dal chitarrista Giangi Sainato, belle le coreografie tratte da Hair e Cats, interpretate dai ragazzi del Centro Danza Savona.
    All’Acquario di Genova due ore di libertà per chi ce l’ha e talvolta non se ne rende conto e per chi deve scontare una pena dando un senso alle giornate di detenzione. Grazie ad Amiu che ha recuperato gli ombrelli rotti, le donne del carcere di Pontedecimo hanno potuto anche ricavare shopper colorati e resistenti. Così vestiti, borse e gioielli hanno, in questa iniziativa, il valore aggiunto dato dal tempo e dalla cura che le detenute hanno dedicato ad ogni oggetto.
    Di Maria Milano, direttrice della casa circondariale di Genova Pontedecimo avevamo già scritto tre anni fa su OLI quando, responsabile del carcere di Chiavari, aveva inaugurato l’area verde dove i detenuti potevano incontrare i proprio figli in un dimensione più umana. E quando, sempre a Chiavari, aveva organizzato incontri di lettura, gruppi di teatro e corsi di studio.
    Si ha l’impressione, anche questa volta, che Maria Milano sia capace di attivare energie positive, muovere competenze, far incontrare istituzioni, volontari, associazioni.
    Il prossimo appuntamento, questa volta con i detenuti, è sempre a Genova al Teatro Modena mercoledì 30 novembre alle ore 21.00 con lo spettacolo Voce del verbo andare – Un viaggio in quattro passi, un progetto del Teatro dell’Ortica in collaborazione con il Carcere di Pontedecimo e bambini, genitori e insegnanti della scuola elementare Daneo
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 320: POLITICA – Le donne nell’agenda di Monti

    Giri perplessi di telefonate alla notizia, diffusa dalle agenzie, che Monti avrebbe avuto consultazioni anche con le rappresentanze istituzionali di donne e giovani. ADN Kronos, aggionamento del 14 novembre, ore 20:19 specifica che “Lo ha annunciato Mario Monti al termine degli incontri di oggi a Palazzo Giustiniani, sottolineando come si tratti di ‘ambiti cruciali della nostra società’ perché ‘quasi sempre’ ciò che ‘giova ai giovani, giova anche al paese. E questo vale anche per le donne’”.
    Quando mai abbiamo avuto una rappresentanza istituzionale? Si chiedono amiche perplesse, lunga storia di movimento delle donne alle spalle e nel presente.
    Poi un approfondimento via internet fa capire che “alle 16.30 arriva la rappresentanza delle donne italiane, con la delegazione della Rete Nazionale delle Consigliere e dei Consiglieri di Parità”.
    Peccato che le Consigliere e i Consiglieri di parità non abbiano affatto il compito di “rappresentare le donne”, ma di vigilare sulla applicazione di leggi che garantiscono parità e pari opportunità a tutti i soggetti, comprese le donne.
    La confusione delle parole determina la confusione delle idee. Ci auguriamo che Monti questo lo abbia ben chiaro, per il bene del Paese, degli uomini e delle donne che lo abitano.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 318: DONNE – A Torino per il Feminist Blog Camp

    Sono giovani. Giovanissime. Una di loro, sedici anni, è arrivata da Roma. Altre dalla Sicilia, Sardegna, Pisa, Bologna ed anche da Berlino. Si dividono i turni dei pasti e invitano chi è presente a lavarsi piatti, forchette e bicchieri stando attente a non intasare con gli avanzi lo scarico del lavandino.
    Il sole bianco torinese scivola sulla grande sala dove sedie e lunghi tavoli sono circondati da muri dai toni gialli e azzurri, manifesti e striscioni. E’ l’ambiente più luminoso di questa antica palazzina a Torino, sede del Centro Sociale Occupato Autogestito Askatuasuna che ospita dal 28 al 30 ottobre il Feminist Blog Camp .
    Tre giorni intensi con spettacoli, incontri, workshop, seminari caratterizzati dalla volontà di riflettere e comunicare idee e informazioni sulla cultura sessista che prescrive a uomini e donne ruoli imposti da altri. Il web diventa così risorsa, luogo reale dove l’azione delle blogger può emergere, senza essere soffocata dalla rete.
    Sono consapevoli da anni che i server possono essere traditori ed invitano le persone presenti a cliccare su google il sostantivo donna e vedere cosa accade. Da qui la necessità di rendere proprio le donne capaci nel ICT (Information and Communication Technologies), nella ideazione e nella gestione di software. Segnalano un dominio maschile, una visione distorta del femminile legata ad un’immagine della donna incentrata su corpo e sesso.
    Sanno che un altro mondo esiste e gli offrono spazio in un server autogestito www.women.it, sul quale lavorano da anni. Una mappa di idee, indirizzi, siti, proposte, video con una sezione cercatrice  che alla parola donna e a molte altre parole offre una serie di nessi costruttivi, seri e di riflessione.
    Vogliono un web diverso, coscienti che è da lì che bisogna partire, smascherandone trappole e utilizzandone risorse.
    Traducono libri e, durante il pranzo, parlano della sindrome di PAS (Parental Alienation Syndrome) – patologia inventata ad hoc negli USA per criminalizzare le madri, nelle cause di separazione.
    La locandina dell’evento riproduce la sagoma di una donna che con un cavo usb doma l’universo davanti a sé. Parlando con loro non si tratta solo di una metafora, ma è l’intenzione.
    Alla politica, soprattutto se donna, l’invito a seguirle e ascoltarle. Anche solo per cogliere, oltre i contenuti, l’energia genuina, giovane e consapevole di queste donne.

    (Giovanna ProfumoFoto Paola Pierantoni)

  • OLI 314: INFORMAZIONE – Festival di Internazionale, il mondo in un programma

    Disegno di Guido Rosato

    Il programma è talmente ricco di incontri che per seguirlo si è a rischio bulimia. Anche la selezione mattutina degli eventi, pianificati con rigore a colazione, nasconde amare sorprese. Soprattutto se per entrare bisogna munirsi,  un’ora e mezzo prima dell’incontro, di un tagliando che sparisce tra le mani di chi, astutamente, si è presentato con maggior anticipo.
    Ferrara è città evento, e se il turismo culturale in Europa è tendenza moda, al Festival di Internazionale, il concetto prende forma in tutta la sua inquietante bellezza.
    Dal 30 settembre al 2 ottobre la città ospita giornalisti da tutto il mondo.

    Il centro storico di Ferrara si gonfia di pubblico, soprattutto giovani che, programma giallo alla mano, corrono da un’incontro all’altro. O si incagliano pazientemente in code interminabili.
    Agli appuntamenti si parla di G8 dieci anni dopo, Darfur, Cremilino, Afghanistan, Africa, primavera araba, Giappone. Ma anche di donne, anoressia, mafia, precariato, blog. E il dubbio che ci sia davvero troppo diventa certezza quando si prende atto che tre appuntamenti in contemporanea non si possono seguire.
    La ragazza dell’info-point spiega paziente al signore avvilito: “Lo so che ci sono troppi incontri! Ma c’è anche moltissima gente… E se ci fossero pochi appuntamenti, non ci sarebbe posto per tutti…”
    Mentre un’escursionista storica del festival suggerisce: “Bisogna scegliere le piccole cose… lasci stare gli eventi con tagliando”.
    Agli incontri Claudio Rossi Marcelli racconta di come è diventato genitore insieme al suo compagno. Michael Anti, giornalista e blogger cinese, illustra il controllo totale della rete sotto il regime comunista e di come il potere di stato sui server spenga sul nascere qualsiasi rivoluzione. Guido Scarabottolo, illustratore delle copertine di Guanda, si racconta a Goffredo Fofi, mentre i disegni vengono proiettati in un grande schermo dietro lui.

    Giornalisti stranieri riflettono e portano l’esperienza dei paesi d’origine, dalle interviste ai talebani al racconto dei nuovi gruppi di potere del pakistano Rahimullah Yusufzai, alla spiegazione della giornalista finlandese Liisa Liimatainen sul perché le donne del suo paese non conoscano discriminazione; allo stesso incontro – dal titolo Donne di tutta Europa unitevi! – moderato da Maria Nadotti, parlano Antoinette Nikolova, giornalista bulgara, Irene Hernández Velasco, giornalista di El Mundo, ma anche il giornalista di Le Monde, Philippe Ridet. Ed ognuno ha donne diverse da raccontare che si muovono in spazi legislativi e storici differenti.

    Piazza da comizio all’incontro sulla generazione precaria con Susanna Camusso, domande via sms in diretta dai giovani partecipanti, tutti con le idee molto chiare, ma in pochi a conoscere il Nidil, categoria delle Nuove Identità di Lavoro della Cgil, che si propone di proteggerli ma che deve fare ancora molto per aggregarli.
    Imperdibile la mostra “Il male non è morto” con le false prime pagine del settimanale satirico, pubblicato tra il 1978 e il 1982. Risate intatte da un passato così distante.
    (Giovanna Profumofoto dell’autrice)

  • OLI 314: SOCIETA’ – Ambiguità del multiculturalismo

    In Oli 313, Saleh Zaghloul denuncia, giustamente, “la confusione delle parole”, e l’ambiguità che accompagna l’utilizzo di termini come multiculturalismo e società multietnica. Appunto sul senso, e sulle implicazioni, di queste parole si erano concentrati alcuni interessanti interventi nel corso del convegno “Punto G, genere e globalizzazione” (Genova, 25 giugno 2011 – vedi anche Oli 307 e Oli 308).

    Houzane Mahmoud, attivista Kurdo-Irakena, non aveva usato mezzi termini: “Non ha senso parlare di femminismo islamico. L’Islam è una forma addizionale di violenza. Le donne devono lottare per una costituzione laica … Le donne occidentali di sinistra che affermano che non dobbiamo imporre i valori occidentali non conoscono il contesto. Noi abbiamo rischiato la nostra vita per uno stato laico

    Gita Sahgal, scrittrice, giornalista, attivista per i diritti umani e delle donne, di nazionalità indiana, aveva concentrato il suo intervento sulla necessità che il rispetto per le diversità e le culture trovi un limite quando queste sono in contraddizione con i diritti delle donne. Molto netta la critica alla politica dei governi occidentali, che nella lotta al terrorismo praticano forme di alleanza e di compromesso con movimenti islamici moderati, anche quando la contropartita è l’introduzione della Sharìa, e l’accettazione della violenza verso le donne.

    Maryam Namazie, giornalista iraniana, attivista dei diritti umani è stata nettissima: “Il relativismo culturale e il multiculturalismo in una realtà formata da comunità incasellate e separate, mette il rispetto delle tradizioni al primo posto, e i diritti al secondo. E’ il razzismo delle aspettative basse e dei doppi standard.” Namazie attacca con decisione anche la presunta “libertà di scelta” delle donne “Le donne scelgono? Non c’è possibilità di scelta sotto l’inquisizione. Nell’inquisizione sei solo colpevole”.

    Soad Baba Aissa, nata in Francia da genitori algerini, attualmente dirigente presso il Ministero degli Interni francese, si definisce sindacalista e militante femminista laica. Il suo intervento è una forte denuncia del “doppio fronte” contro cui si trovano a combattere le associazioni femministe laiche: “da una parte i partiti di destra, che fanno proprio l’integralismo religioso; dall’altro le forze progressiste che hanno abbandonato l’ispirazione laica in nome del dialogo interculturale”.
    Queste quattro attiviste e intellettuali denunciano che “i diritti delle donne non fanno parte del tutto dei diritti universali”. Sono mercanteggiabili. Ci si può giocare sul filo dell’ambiguità della “libera scelta”, del “rispetto delle altre culture, delle tradizioni”. I cambiamenti procedono inevitabilmente con passaggi graduali, ma richiedono una radicalità e una nettezza nel pensiero e negli obiettivi.
    Osservo che Genova ha ospitato un dibattito internazionale su uno dei nodi principali in cui si dibatte la nostra società, quello appunto di quali debbano essere le basi legislative su cui costruire una società che ospita diverse culture, rispettando e tutelando i diritti di tutti i suoi componenti, senza che la stampa cittadina ne abbia minimamente dato conto.

    (Paola Pierantoni)

  • OLI 308: INFORMAZIONE – Che succede in quelle sale?

    Aula Magna San Salvatore – Punto G 2011 Genere e globalizzazione

    C’è una caratteristica della informazione cittadina per cui spesso, anzi, quasi sempre, gli eventi di pensiero e approfondimento (dibattiti, convegni) vengono annunciati, ma non raccontati una volta che sono avvenuti.
    Come se riguardassero esclusivamente le persone in sala, e non mettesse conto di trasmetterne almeno qualche suggestione a chi – per mille motivi – non ha occasione di frequentare certe sedi, di essere presente a certi appuntamenti.
    Quando la cosa ha un certo rilievo, prima che tutto avvenga, o il giorno stesso a margine, viene intervistato chi ha organizzato l’evento, e se capita la presenza di una persona “famosa” può magari scapparci un’altra intervista, ma più in là non si va.
    Il tutto, quando va bene, viene annunciato e raccontato da chi è parte in causa.
    Manca comunque, e sistematicamente, l’occhio critico di un giornalista che si sieda in quella sala, e cerchi di percepire e di trasmettere quel che vi avviene. Che sta succedendo lì? Chi c’è in sala? Che ruolo gioca in città chi ha organizzato l’evento? Che rapporto si crea tra pubblico e organizzatori? Cosa raccontano della città le persone che si sono riunite in quella occasione? Cosa c’è da cogliere di veramente importante nelle parole che vengono scambiate, in quelle che vengono taciute, nella atmosfera del luogo?
    Certamente è impossibile – anche con le migliori intenzioni – pensare di adottare questo metodo per tutto quel che avviene in città.
    Ma il fatto è che non succede mai, e questo mai determina la natura e la qualità di quel che riesce ad emergere alla superficie della informazione.
    Chi organizza, nei giorni successivi, raccoglie rassegne stampa, e nel caso che all’evento sia stato comunque dedicato “spazio” può anche compiacersene. Ma ben che vada si tratta di uno spazio asettico, neutro, che non alimenta domande e che addormenta i conflitti.

    Recente occasione per queste riflessioni sono state le notizie di stampa sul meeting internazionale del 25 e 26 giugno “Punto G – Genere e globalizzazione”, che nulla hanno trasmesso su alcuni, determinanti, punti di contraddizione che hanno impegnato, e anche diviso, le donne in sala. Ne cito alcuni:
    Violenze al G8: ne è stata colpevole solo l’azione repressiva della polizia, o è necessaria una assunzione di responsabilità anche da parte del movimento no global?

    Precarietà: come può il sindacato “avere la percezione profonda di questa condizione” senza garantire una rappresentanza dei precari nei luoghi di lavoro? E’ possibile muoversi in questa direzione?
    Relativismo culturale, multiculturalismo, e rispetto della “libertà di scelta”: sono atteggiamenti culturali progressisti, o sono in contrasto con i diritti fondamentali delle donne che ora si trovano a dover combattere su un doppio fronte?

    (Paola Pierantoni)

  • OLI 307: G8 / PUNTO G – Genere, globalizzazione e Cgil

    Monica Lanfranco di Marea

    Nella pila di documenti raccolti ai tempi del G8 ritrovo una mia lettera del 7 giugno 2001 alle donne della Segreteria della Cgil genovese. Parlavo della iniziativa “Punto G, genere e globalizzazione”, organizzata un mese prima del G8 di Genova dalla “Marcia mondiale delle donne”, protagonista la rivista Marea. In allegato c’era il materiale preparatorio della conferenza.
    Il tono era quello di una disperata invocazione: “ … Vi chiedo di leggere questo materiale e di pensarci su … si tratta di una occasione di riflessione da non perdersi assolutamente, alla quale aderire, alla quale invitare a partecipare … è ovvio che vi sono diversi gradi di radicalità che emergono dai documenti, ma se così non fosse, che discussione sarebbe? Confrontarsi con pensieri in cui la radicalità della analisi non è ancora del tutto mediata è indispensabile a poter pensare davvero. Poi si potrà mediare sulle azioni …”

    Laura Guidetti di Marea

    L’adesione non ci fu. Fu “permessa” solo la partecipazione individuale, che in assenza di informazione e promozione, fu naturalmene scarsissima. In una lettera del 13 giugno Laura Guidetti, una delle organizzatrici, scrisse: “Avremmo desiderato maggiore attenzione e adesione … un’altra occasione mancata per sperimentare lavoro comune e collaborazione col sindacato”.
    Conservo precisa memoria della mia emozione lacerata tra l’entusiasmo per la ricchezza di pensieri e di esperienze che vedevo espressa in quella sala, e la rabbia per la cecità della organizzazione a cui appartenevo.

    Lidia Menapace e Valentina Genta di Marea

    In uno dei documenti preparatori Lidia Menapace scriveva: “Dovendo di necessità far ricorso al diritto di espressione politica (non militare!) attraverso le manifestazioni, è decisiva la scelta delle forme … dobbiamo constatare che il militare esercita ancora un appello diffuso sul maschile e si diffonde anche tra le donne … dunque i movimenti di lotta cerchino nella loro memoria storica altri simboli, altre forme che siano efficaci e che rendano impossibile la provocazione violenta del potere … “
    Oltre ai temi della mondializzazione le donne mettevano in discussione le forme di lotta che il movimento stava scegliendo: la questione della zona rossa da violare, in modo più o meno simbolico. Cosa sarebbe potuto nascere da un incontro, da una alleanza, tra il sindacato e il movimento femminista? Magari si sarebbe potuto capire quale poteva essere, in quella occasione, la “mossa del cavallo” esaltata da Vittorio Foa come strategia alternativa allo scontro diretto, capace di spiazzare l’avversario.

    Susanna Camusso

    Oggi, a dieci anni di distanza, un convegno internazionale (*) organizzato dalle donne di Marea (**) e aperto agli uomini, ha fatto riempire la grande sala dell’Aula magna di S. Salvatore. Stesso titolo di dieci anni fa ma nessun “amarcord”, nessuna rievocazione, solo un guardare all’oggi e al futuro. Che immenso sollievo, che senso di speranza!
    E stavolta per la Cgil c’era la massima carica: Susanna Camusso, segretaria generale, donna, e protagonista del movimento delle donne nel sindacato.
    Al traino, una minuscola rappresentanza del “gruppo dirigente” della Cgil genovese.
    (*) http://puntoggenova2011.wordpress.com/
    (**) http://www.mareaonline.it/
    (Paola Pierantoni)