Categoria: Giovanna Profumo

  • OLI 293: CITTA’ – Domande dell’elettore, risposte della politica

    Alle lamentele del pubblico in sala – questa sinistra ha fatto errori eclatanti, e D’Alema e Bersani e vorrei che … – Concita de Gregorio, domenica 27 febbraio, replicava: Cosa ha da proporre in alternativa?
    A questa domanda corrispondeva il silenzio.
    Chi era intervenuto pareva devastato dal quesito.
    Forse non aveva ragionato sugli effetti.
    Oppure, più semplicemente, non aveva una vision politica. Privo di malizia, condivideva con la platea le proprie aspettative, più simili ad ansie calcistiche.
    Alla base – finiamo sempre lì – c’è l’assenza di corrispondenza. In sintesi la percezione che, chi è delegato a rappresentare l’elettore, non fa o non vuole fare quello per cui è stato votato.
    E se lo fa non è in grado di comunicarlo.
    E’ un problema nodale.
    Se la politica agisce bene deve condividere le proprie azioni con i cittadini. Se, invece, pare in balìa di interessi economici o di lobby deve avere il coraggio di replicare e difendersi.
    Assodato che la città di Genova e la Regione Liguria sono governate dal centro sinistra, prendiamo atto che è molto difficile per il cittadino digerire l’aumento del biglietto del bus a 1.50 euro insieme al taglio delle corse.
    A Milano il costo rimane di 1 Euro a fronte di un servizio assai maggiore. Inoltre è possibile utilizzare i biglietti vecchi ancorché scaduti.
    Non viene spiegata ai cittadini la scissione tra i consiglieri di maggioranza sull’Acquasola. E rasenta il ridicolo sapere che solo lunedì  7 marzo si è reso necessario un sopralluogo della Commissione urbanistica al parco per verificare soluzioni alternative alla revoca della concessione alla Sistema Parcheggi. Che la politica praticata sia frutto di paziente tessitura lo dimostrano in allegato i documenti sottoposti al voto in Consiglio comunale nelle ultime due settimane. Ma che la tessitura non sia sufficiente lo evidenzia il fatto che il caso Acquasola sia ancora all’ordine del giorno e fonte di scontro all’interno della maggioranza in comune.
    I soggetti politici coinvolti non hanno spiegato con sufficiente chiarezza le vicende Ist ed Ospedale Evangelico, insieme al buco di bilancio dell’Albergo dei poveri – stimato a 50 milioni di euro – con l’inchiesta sulla vendita delle case, e il nuovo progetto edilizio della Valletta Carbonara.
    Sul bilancio del Brignole ha gravato negli anni anche un’applicazione di tariffe per malato insufficiente a coprire i costi – OLI 13 maggio 2009 n. 225 – con tariffe di molto inferiori al quelle di altri istituti convenzionati.
    Cosa ha da proporre in alternativa? – chiedeva Concita de Gregorio – all’elettore deluso, tagliando la questione sul nascere.
    La politica della chiarezza, della coerenza e dell’ascolto – avrebbe potuto rispondere lui.
    Ci vuole così tanto?
    Documento 2
    (Giovanna Profumo)
  • OLI 292: RECENSIONI – Distanza di fuga

    Il caso vuole che a pochi giorni dalla querelle sulla presenza di Fenzi in facoltà, a Genova venga presentato, venerdì 11 Marzo, da Feltrinelli il nuovo romanzo di Silvia Bonucci “Distanza di fuga” ed. Sironi.
    E’ un libro coraggioso dove il passato del terrorismo, ostinatamente rimosso dalla protagonista, emerge con urgenza nel quotidiano chiedendo spazio.
    Ambientato a Genova, nella trama a noi nota dei vicoli, del Righi e Sampierdarena, il libro, pagina dopo pagina offre al lettore lo scorrere delle giornate di Zoe, fisioterapista, e delle sue relazioni con i pazienti, la sorella, la madre, il nonno, gli amici e il compagno. A sgranarsi lentamente sono gli istanti frammentati di una donna resa inerme da un trauma che è incapace di affrontare. Silvia Bonucci intreccia passato e presente, mescolando le pagine scolastiche di una bambina con i fotogrammi di un’intervista ad un ex brigatista ai quali si aggiungono citazioni del comportamento animale tratte da Konrad Lorenz. Zoe appartiene alla parte migliore di quel mondo, sia in attacco che in difesa. Così a tratti, commuove, irrita, e rimane isolata. In “Distanza di fuga” c’è spazio per riflettere su maternità, amicizia, relazioni in un universo dove il dolore è afono, ma potente.
    Questo è il terzo romanzo di Silvia Bonucci.
    I precedenti “Voci di un tempo” ed. E/O e “Gli ultimi figli” ed. Avagliano sono ugualmente intensi.

    (Giovanna Profumo)

  • OLI 291: POLITICA – Concita de Gregorio: Il tempo della responsabilità

    “Comunichiamo che le sedie le stanno portando, quindi non entrate nell’altra sala”, esorta una voce al microfono.
    Domenica 27 febbraio il Salone del Maggior Consiglio alle 17.15 è a tappo. Ritardatari annusano gli spazi in cerca di un posto. Una signora riflette che sarebbe stato meglio fissare l’incontro al Carlo Felice. Un uomo si innervosisce nel vedere le sedie che occupano il corridoio vuoto davanti a lui, si lamenta per la mancanza di sicurezza. Ma poi si placa.
    La sala assume i connotati di un’aula magna. Alcuni prendono posto per terra. Concita de Gregorio è a pochi metri. L’asta di un microfono cede e viene sostituita.
    E l’incontro decolla.
    A programma la responsabilità. La direttrice de L’Unità spiega che, come un qualsiasi ragazzo, è andata su internet e ha digitato “responsabilità”: 19 milioni di risultati in 0,10 secondi. Poi su Wikipedia che dice: “La responsabilità può essere definita come la possibilità di prevedere le conseguenze del proprio comportamento e correggere lo stesso sulla base di tale previsione”.
    Sulla stessa pagina la sezione responsabilità politica è vuota. L’invito al lettore è di aiutarli a scriverla.
    Concita de Gregorio parla di libertà, che non è proprio tornaconto personale, e affonda sulla memoria che si esercita su istruzione e conoscenza, perché “per la responsabilità ci vuole memoria”. Pasqual Maragall, socialista, sindaco di Barcellona, nel dichiararsi affetto da Alzheimer si è definito “malato di lusso” perché chiunque, conoscendolo per strada potrà riaccompagnarlo a casa. Concita de Gregorio si sofferma sulla crudeltà della malattia. Sull’impossibilità per un uomo, che ha fatto della conoscenza la sua vita, di dare un nome alle cose, definendo un libro per quello che è. Ma Pasqual Maragall ha spiegato che l’Alzheimer non è solo la sua malattia, è la malattia del secolo, l’incapacità di tenere insieme il prima e il dopo.
    Difficile oggi spiegare la cosa ai bambini, per i quali, con gli ovetti Kinder “è Pasqua tutti i giorni”. Privati quotidianamente da attesa, speranza, timore. E responsabilità delle proprie azioni.
    Difficile anche spiegarla a Lele Mora che definisce ciò che accade “il sistema”. Ma lei fa presente “che c’è sistema e sistema!” e porta ad esempio il Venezuela dove si è scelto e voluto arginare povertà, prostituzione, e droga mettendo nelle mani di ogni ragazzo uno strumento musicale. Un lavoro di trenta’anni, un progetto politico. Diverso da quello di Mora che non si assume la responsabilità di quello che sarà dei cittadini tra dieci anni.
    Secondo Robert Fisk, Gheddafi, pochi giorni fa, il paese al tracollo, ha chiesto di farsi un lifting. Nella dittatura di un’estetica che impedisce di invecchiare e cancella dal volto anche le proprie responsabilità. Ma Concita de Gregorio ricorda Anna Magnani che invitava i suoi truccatori a non coprire le rughe, perché ci aveva messo una vita a farsi quella faccia.
    Poi rammenta un cartello alla manifestazione del 13 febbraio: “BASTAVA NON VOTARLO”. Concita de Gregorio plana così sulla responsabilità dei singoli.
    Tra gli interventi dei presenti da segnalare quello di una non udente. Ha spiegato a tutti il gesto con il quale si definisce nel loro linguaggio la parola responsabilità. La mano destra si appoggia sulla spalla sinistra. E’ farsi carico. Avere a cuore.

    Di seguito il link all’appello per la scuola pubblica promosso da L’Unità http://www.unita.it/scuola/la-scuola-e-di-tutti-sconfiggere-le-menzogne-1.274426

    (Giovanna Profumo)

  • OLI 290: 8 MARZO – Costanza e le compagne

    De Ferrari in rosa contro i femminicidi in Messico. Foto P.P.

    Sms di Costanza (*) : Ho chiamato per sapere come stai. Io sono alle prese con lo studio di altri concorsi e la prossima settimana andrò a Roma per le prove preselettive del concorso per le segreterie dei tribunali. A presto e un abbraccio a tutti.
    Sentita al telefono dice che studia di notte e nei week-end, quando non lavora. Sabato ha saltato il pranzo per non interrompere la concentrazione. Aspetta i risultati dei cinque scritti del concorso fatto per il Senato. L’accento morbido del sud adesso vira allo stanco. Ma non si arrende. Meta un lavoro vero a tempo indeterminato, con continuità di salario e contributi.
    Di Matilde la madre mi dice che ha perso il posto nella cooperativa dove ha lavorato per cinque anni. La società ha chiuso baracca. Burattino, forse lei. Matilde, laureata in psicologia, ha una bimba all’asilo e un bimbo alla scuole elementari. Unico salario quello del marito, impiegato in un ente pubblico. Da leccarsi le dita.
    Ilaria, laureata anche lei, un lavoro a tempo interminato adesso lo ha. Lavora in un ristorante sessanta ore a settimana per milleduecento euro al mese. E’ giovane. E’ rimasta un po’ indispettita da una domanda del suo capo che le ha chiesto, sornione, se si sentisse più vacca o più porca. Ultimamente orari di lavoro e stanchezza hanno avuto la meglio. Non ce l’ha fatta a partecipare alla manifestazione del 13.
    Carmen, laurea e dottorato di ricerca, ha lavorato tutto il mese di dicembre in un negozio, promuove prodotti locali in molti eventi, quando la chiamano. Il 13 è tornata da un viaggio di lavoro, non ha potuto partecipare alla manifestazione.
    Marie ha un contratto di lettrice in un’università toscana. Sono stati ridotti salari e ore a tutti i lettori della facoltà. Quando non insegna, traduce cataloghi e libri. Ha lavorato a Natale e Capodanno. La pagano con molto ritardo e candidamente afferma: “Il lavoro c’è. Sono i soldi che non ci sono più”. Il 13 traduceva.
    Del calo di attenzione rispetto al tema lavoro parla il documento dell’associazione Lavoro e Libertà, primi firmatari Cofferati e Bertinotti, che si dicono indignati dalla “continua riduzione del lavoro, in tutte le sue forme, a una condizione che ne nega la possibilità di espressione e di realizzazione di sé”. Chiedono come sia “possibile che di fronte alla distruzione sistematica di un secolo di conquiste di civiltà sui temi del lavoro non vi sia una risposta all’altezza della sfida”.
    La parabola delle donne attraversa il lavoro. Di fabbrica, ufficio, professionale o artigianale, oggi sempre più precario. Al quale si somma quello di cura in famiglia. Una sconfitta che si consuma in silenzio nelle nostre case, nei giardinetti con i figli, nell’accudire genitori anziani. Una sconfitta che disegna il profilo di una donna che non rivendica più nulla. Troppo affannata per essere in piazza. Aggiornata dall’sms dell’amica, della madre, della figlia. Che le raccontano la meraviglia di una piazza piena il 13 febbraio.
    Il prossimo appuntamento è per l’otto marzo, 8ma occasione per parlare con forza di donne e lavoro. La libertà, per troppe, ha da venire.
    Sito di Se non ora quando
    (*) Oli 273 
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 289: ARTE – Disegnare l’acqua per i bambini

    Hai visto? Ha disegnato sull’acqua!
    E’ la voce di una bambina – quattro anni – che condensa lo spettacolo di Gek Tessaro a Palazzo Ducale sabato 5 febbraio.
    No, non è certo una folla oceanica quella che assiste alla magia. Ma un pubblico sofisticato di adulti e bambini – il piccolo accanto a me ha appena 6 mesi – che in silenzio si fanno portare in un mondo incantato.
    Lui di certo è uno che la magia la pratica, e gli basta poco: un telo bianco, l’acqua, i colori, un proiettore e il buio, nel quale tuffarsi insieme ai suoi spettatori.

    E tutto parte dalla storia che Tessaro racconta accompagnato dal gruppo musicale Extrapola che ritma con suoni africani gli istanti della narrazione. Gek mescola i colori, li stende nell’acqua e dà loro forma. E uccelli e alberi si trasformano in villaggi, cacciatori in nuvole e vento che scivolano sotto lo sguardo e mutano intensità e sfumature. E’ un mondo di grazia, suono, e colori mostrati sul grande telo.
    Gek Tessaro proietta le sue immagini mentre le dipinge e le racconta, come un cartone animato fatto all’istante, ma senza tv o case di produzione. Quindi la maga cattiva della sua storia “L’albero della strega” prende corpo in un istante sotto il pennello, gli occhi spietati, per poi sparire rabbiosa soffocata dalla pennellata successiva che la riduce in nuvola e pioggia.
    In una vaschetta d’acqua galleggiano e mutano colori e cose. E lo stupore dei bambini seduti in terra è identico a quello degli adulti.
    Peccato per chi non c’era.
    L’invito a chi ha figli, alunni, nipoti o solo fantasia è di tener d’occhio questo artista.
    http://www.gektessaro.it/
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 288: POLITICA – Benvenuti ad Hardcore

    La luce è assolutamente quella delle sagre di paese. Clima benevolo, un sole che schianta sui giardini dietro al palco e ammorbidisce l’intonaco giallo delle case. Mancano solo le collane di nocciole, ma un venditore di magliette propone gli slogan da portare a casa.
    Ci sono famiglie, passeggini, bambini, biciclette e maschere.
    Bavaglini sporchi di pappe invitano alle dimissioni con adesivi colorati.
    E se il paese è culla di creatività e fantasia qui, nel feudo del capo, la fantasia si scatena.

    Risorge anche Rosa, mamma di Silvio. E’ una befana in cerca del figlio: “Lo avete visto? Quello sporcaccione… Silvio sono tua madre!”.
    E ci sono nonni e nipoti che si palesano con cartelli. SONO IL NONNO DI TUTAKAMEN oppure MI CHIAMO IGOR, PRINCIPE DI KIEV, NIPOTE DI PUTIN! ZIO SILVIO AIUTAMI! SPASIBA.
    I tamburi dei Bandao, gruppo senese, danno ritmo alla protesta colorata di viola. E una donna utilizza il palo della sua bandiera per improvvisare una lap dance.
    Gli interventi dal palco, a tratti rabbiosi, si addolciscono quando si parla di futuro e speranza e possibilità di cambiare le cose.
    Nessuno dei presenti vuole fare a botte.
    Preferiscono buttare in aria mutande e reggiseni.
    E se l’Egitto viene richiamato da cartelli in inglese, i più sanno che l’Italia non è ancora l’Egitto.

    I RISULATI DEL MIO LAVORO LI VEDRETE, DOPO LA MIA MORTE, PERCHE’…SI RIBELLERANNO LE COSCIENZE DEGLI UOMINI DI BUONA VOLONTA’ ricorda uno striscione firmato Paolo Borsellino. Alcuni assemblano le facce dei politici in un unico manifesto che le contiene tutte, invitando i presenti a mandarli a casa.
    Altri son filosofi: LA VERGOGNA E’ L’ULTIMO OSTACOLO ALLA LIBERTA’ e poeti: FATTE NON FUMMO PER ESSERE TRATTATE COME RUBY.
    Tutti, nessuno escluso, sono consapevoli del puttanaio, diventato metafora di un paese a pezzi, e sono ad Arcore per chiedere le dimissioni del premier e cambiare rotta. Ma nessuno vuole fare a botte. Perché è il ghigno che regna in questa piazza, lo sberleffo, il pernacchio napoletano.
    SILVIO MINETITTITI! – NO AL GOVERNO PROSTITUZIONALE! – SE TI FACESSERO UNA STATUA AD ARCORE, SAREMMO I TUOI PICCIONI.
    Nessuno vuol fare a botte.

    E la villa del premier – in fondo ad un viale blindato ben prima che se ne possano scorgere i cancelli – è distante non solo fisicamente dai manifestanti, avvolta da una nebbiolina soleggiata, dimora del potere. La polizia a fare da ponte levatoio.
    Una bambina ciondola le gambe. Non tocca il marciapiede dal gradino sul quale è seduta. Una donna la imbocca.
    Volontari del Pd raccolgono firme, felici che a Milano ci sia Pisapia.
    Sul pullman che la riporta a casa una figlia parla dal cellulare con la madre distante
    – E’ andato tutto bene? Sai, ero preoccupata ci sono stati degli scontri…Qui i tg parlano di scontri!
    – Scontri? Nessuno scontro. E’ stata una manifestazione bellissima! Ma forse, non parlavano della stessa manifestazione.
    ( Giovanna Profumo)

  • OLI 287: Politica – Gradi di separazione tra la realta’ dei lavoratori e dei politici

    Fotografia di Sergio Banchieri

    C’è qualcosa di assai sottile che si contrappone alla “legittima” scelta della Fiom di scendere in piazza per dar voce ai diritti dei lavoratori Fiat.

    E’ tanto sottile quanto pericoloso perché fa leva sulla pacatezza che dovrebbe vincere su “una nuova stagione di duro conflitto sociale”.
    Giovanni Lunardon – vicesegretario Pd Liguria – su Repubblica ed. Genova di lunedì 31 gennaio, dopo aver scritto che “il Pd è vicino, sempre, a tutti i lavoratori che manifestano per i propri diritti e per il lavoro” spiega al lettore che non è condivisibile la scelta di Marchionne sulla rappresentanza, che è un grave errore mettere in discussione il contratto nazionale, che “il vero punto debole” del progetto Fiat “è la scarsa chiarezza sul piano industriale”. Ma aggiunge che, contrapposta al conflitto e alla rottura del fronte sindacale, c’è una strada “più difficile, più faticosa e ambiziosa ma probabilmente più utile per difendere i diritti dei lavoratori e contribuire alla ripresa dell’economia del paese”. E’ la strada nella quale vanno ricucite le divisioni sindacali, create le condizioni politiche e sociali per un accordo tra le parti, fatta una legge sulla rappresentanza in grado di dar voce sugli accordi ai lavoratori con il referendum. Infine va aperta “una nuova fase che ci conduca nel cuore del modello tedesco con la partecipazione dei lavoratori alle scelte strategiche delle (grandi) aziende, sperimentando forme inedite e innovative di democrazia sociale”.
    Progetto ambizioso quello del Pd, ma che non considera gli elementi del contesto sul quale il conflitto sta crescendo.
    Primo fra tutti la scelta ostinata di Fim e Uilm di non tenere conto della volontà dei lavoratori. Secondo, la totale assenza di condizioni politiche e sociali per una legge sulla rappresentanza; infine l’aspirazione al modello sindacale tedesco, in mancanza in Italia di (grandi) aziende che desiderino condividere utili e scelte strategiche con i lavoratori.
    Lunardon pare dire che il Pd sta vicino ai lavoratori, ma alle sue condizioni. Vicino, sì, ma a una certa distanza.
    Venerdì 28 gennaio 2011 in via XX Settembre a Genova i partecipanti alla manifestazione della Fiom hanno coperto l’intero tragitto da Piazza de Ferrari a Via Fiume. Molte altre categorie hanno partecipato.
    Nulla di ambizioso, sia chiaro. Solo la volontà di presidiare quello che sta per essere tolto. Perché all’ambizione si può aspirare quando i livelli di benessere sono elevati, quando a miglioramento si può aggiungere miglioramento. L’ambizione è un sentimento nobile e progressista, anche riformista ma in presenza di condizioni favorevoli. Oggi il mercato del lavoro non produce nessun sogno, tantomeno quello indicato da Lunardon, vicesegretario del Pd Ligure. E la volontà di modificare l’articolo 41 della Costituzione è un segnale lampante di quali “forme inedite e innovative di democrazia” si vogliono sperimentare in Italia. Forme di cui i giovani sono ben consapevoli.
    Accanto a quei lavoratori, insieme agli studenti, anche Sergio Cofferati parlamentare europeo del Pd eletto in Liguria.
    Chissà, sarà lo stesso Pd?
    No. Non poniamo domande ambiziose.
    (Giovanna Profumo)
  • OLI 287: Donne – Altri ritratti

    Padova, gennaio 2011, Mostra “Da Canova a Modigliani”.
    La tela “Sogni” di Vittorio Corcos viene spiegata dalla guida che indica sguardo e fronte della giovane donna come punti essenziali del quadro. E’ la mente la chiave di lettura, perché questo ritratto del 1896, trasmette a chi lo guarda aspirazioni e “sogni” di una donna orgogliosa e colta. Non sono sogni romantici, qui è la consapevolezza che muove il quadro. La modella è Elena Vecchi, sulla panchina accanto a lei dei libri.
    Genova, Raccolta Frugone, nella tela “Al caffè” di Alessandro Milesi la donna – la tazzina in una mano – legge il giornale spalancato come un grembiule sulle sue ginocchia, siamo nel 1890. Anche qui una donna che pensa e legge.
    Alla ricerca di altri ritratti di donne, a dispetto di quelli proposti dalla cronaca nazionale recente, se ne possono trovare decine, in una mostra di immagini che racchiuda intelligenza e amor proprio delle donne italiane. Le fotografie genovesi della scorsa settimana offrono la rabbia, talvolta divertita, delle donne genovesi al flash mob tenutosi alla stazione Brignole del 27 gennaio, per chiedere le dimissioni del presidente del consiglio. Ma altri scatti verranno prodotti di certo durante le future iniziative a calendario per chiedere la fine del “puttanaio” salito alle cronache nel mese appena trascorso.
    Consapevoli che così non si può andare avanti le donne – accanto ad ognuna di loro sarebbe auspicabile la presenza di un uomo – si stanno organizzando per una grande manifestazione il 13 febbraio in tutte le piazze d’Italia.
    Mentre il Popolo Viola sarà ad Arcore il 6 febbraio per ribadire la richiesta di dimissioni. E a San Remo per cantare “Bella Ciao”, canzone esclusa dagli organizzatori dell’evento che hanno preferito inserire per il 150 anni dell’unità d’Italia “L’italiano” di Cotugno e l’ormai leghista “Va pensiero”. Che chissà cosa ne penserebbe Verdi (acronimo all’epoca di Viva Vittorio Emanuele re d’Italia) di sapere la sua aria più nota adottata come inno della Lega.
    Ai molti ritratti di donne, va aggiunto quello della Speranza di Giotto. Che spinge alcune persone a volere cambiare ciò che spesso pare immutabile.
    (Giovanna Profumo)
  • OLI 286: POLITICA – Nichi Vendola: a “caccia” di un leader

    Dietro al palco un cartello indica le parole d’ordine di Sel.
    Sono collegate l’una all’altra, nodi cardini di una rete: sogni, solidarietà, ambiente, idee, futuro, cultura, partecipazione, diritti, lavoro, impegno, sinistra, giovani.
    E’ la fabbrica di Nichi. Che venerdì 21 gennaio non fatica a Genova a trovare operai e operaie che la sostengano. La sala chiamata del porto è colma di gente, giovani donne e uomini, militanti nostalgici del P.C.I. e delle idee. Persone bisognose più che mai oggi di riconoscersi in un leader.
    Lui, previsto per le 18, arriva con quaranta minuti di ritardo.
    Ma dopo aver aspettato così tanto, che importanza ha?
    Luca Telese, che lo affianca, parla di Mirafiori e degli sconfitti della Fiat, nella quale a perdere è stato Marchionne. E racconta del coraggio di Maria – 37 anni, un figlio a carico di 6 – che ha dichiarato di votare no, consegnando alla stampa nome e cognome.
    Nichi ha carisma e parole gentili. Spiega che è andato a Mirafiori perché si sente erede del meglio delle cultura liberale ed anche della cultura cristiana. Dice che è necessaria la libertà dalla miseria e dalla paura e indica tra il pubblico Rami ed Elias che hanno meno di cinque mesi e non hanno nomi italiani. Ritorna con il pubblico alle parole: prima le 3 i: impresa, inglese, informatica. Oggi tre p: povertà, precarietà, paura, “e nessuno si azzardi a dire che c’è una quarta p…”.
    Accenna a riduzioni di pause e diritto alla malattia, inflitti agli operai di Mirafiori. E richiama alla necessità a “liberarsi da incrostazioni ideologiche” per portare nel “nuovo secolo passione e curiosità. Non è il tempo della nostalgia, ma della ricerca in mare aperto” in ascolto delle nuove generazioni. “Ma non ci si può congedare dal lavoro perché il lavoro è la questione centrale”. Perché “non è in gioco la sconfitta della Fiom ma la solitudine di molti lavoratori”.
    Fatica Vendola ad individuare la “modernità di Marchionne”. E parla al suo pubblico di razzismo e dei 70.000 detenuti oggi nelle carceri italiane e ricorda quando l’allarme scattava a quota 45.000, rimarcando che ormai sono state “buttate via le chiavi” delle galere del paese. Racconta della sua famiglia e delle letture di bambino, e di un mondo nel quale America Latina e Luther King entravano in casa, parte di un’attenzione collettiva. Oggi Il grande fratello mostra una famiglia dalle porte blindate, totalmente ignara di quello che accade.
    Molto simile ad un massaggio dell’anima il discorso di Vendola che, se uno potesse permetterselo una volta alla settimana, ci si butterebbe a pesce.
    Diversa l’opinione di Bersani che, su La7, a “Le invasioni barbariche commenta”: “Dobbiamo proporre alla gente qualcosa di cui fidarsi, non qualcosa di cui essere incantati”.
    Sulla posta, un appello su http://www.lav.it/ denuncia la nuova legge sulla caccia approvata dalla regione Puglia presieduta da Vendola. A rischio – in base all’appello e a relativa raccolta firme – beccacce, storni, tordi. Ma garantita libertà di circolazione ai fuoristrada.
    Sicuramente Vendola saprà spiegare. Per non deludere.
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 285: CITTA’ – Aster, colloquio con Antonio Gambale

    Lunedì 17 gennaio, uffici Aster, civico 15 di Via XX Settembre, poco dopo la chiesa della Consolazione, quella di Santa Rita, la santa dei casi impossibili.
    Antonio Gambale, presidente e amministratore delegato di Aster da otto mesi, sfoglia un raccoglitore di articoli della stampa locale, mostra le foto e accenna alle inquadrature.
    In molti lo avevano avvisato. Anche dissuaso ad imbarcarsi in un impresa che lui, oggi, non vuole abbandonare “prima di aver fatto tutto quello che è utile alla buona manutenzione della nostra città”.
    Ci crede. E appare totalmente lontano dalle dinamiche che hanno abitato Aster negli anni passati. Lontano al punto di non pronunciarsi sul passato e di stare con la barra fissa al presente. L’oggi gli mostra un conto amarissimo del quale lui è tenuto a rispondere. Ha detto a coloro che lavorano con lui di aver fiducia in se stessi, perché in gioco c’è l’identità delle persone. Certo è che l’inchiesta del Secolo XIX racconta ai propri lettori di un’azienda assai mal gestita i cui risultati sono a dir poco modesti. Gambale, inizialmente l’aveva accolta come uno strumento prezioso, da stimolo per obbiettivi da raggiungere. Oggi, pacatamente si chiede le ragioni di una virulenza che reputa eccessiva.
    Di cosa stiamo parlando?
    “Le nostre tariffe – dichiara – sono quelle ufficiali della Camera di Commercio e al Comune vengono scontate del 15%, la produzione è stata raddoppiata, ci occupiamo di manutenzione stradale, manutenzione del verde, manutenzione impianti elettrici e permessi… E’ evidente che se ci fossero più risorse si potrebbe fare di più. I lavoratori che hanno accettato di stare in Aster hanno accolto una sfida, ci hanno creduto.” E lui li difende. In azienda ci sono competenze preziose, c’è una memoria storica e tecnica, ma è un’azienda con due cervelli doverosamente in ascolto di aree, direzioni, assessorati, municipi ai quali si aggiungono gruppi locali e ambientali.
    Gambale mostra le inquadrature di alcuni scatti pubblicati sul Secolo XIX, tutte fotografie con l’inquadratura dal basso verso l’alto, così da ingigantire dettagli minimali. E mostra le sue di fotografie con i lavori svolti da Aster ai quali si aggiungono quelli dei grandi utenti che intervengono su asfaltature nuove di zecca lasciando tapulli. Su alcune aree prima del ripristino finale bisogna attendere che il terreno si assesti, che non siano necessari ulteriori interventi. Si tratta di tempi tecnici. Lo sguardo va ad altre realtà, aziende finite. E ancora alle risorse che i comuni non hanno.
    Insiste sul lavoro, globalmente parlando, perché spiega Gambale “siamo sull’orlo del baratro”. E suggerisce un titolo La fine del lavoro di Jeremy Rifkin, ma quella è un’altra storia. Troppo sofisticata per rispondere ai buchi dell’asfalto.
    Otto mesi di nuova direzione di una realtà così complicata sono sufficienti per produrre un bilancio?
    Santa Rita è al civico accanto.
    (Giovanna Profumo)