Categoria: Genova

  • OLI 343: ELEZIONI – Intervista a Marco Doria

    Domenica 13 maggio pomeriggio, via del Campo.
    Marco Doria prende una pausa dal tour impegnativo che lo vede setacciare la città per la vittoria dell’ultima tappa, quella che gli può valere la conquista della fascia di sindaco, e in cui è venuto a contatto con tutti i volti della politica.
    Prima ancora che iniziamo a fargli delle domande parla del fenomeno dell’astensione, che a Genova ha avuto un peso particolare. Forse, dice, una piccola parte di chi non ha votato è recuperabile al voto ma “La grande maggioranza ha deciso almeno per il momentodi rompere i ponti con una partecipazione attiva alla politica intesa anche come voto”.
    E poi parla del Movimento 5 Stelle, un 14% di consensi in cui vede, in parte, le sfumature rabbiose dei cittadini attirati dalla parola d’ordine del ‘vaffa’: “Commercianti, esercenti che non avevano in testa un’idea di sviluppo alternativo, una filiera chilometro zero o un modello di sistema di mobilità vecchio da mettere sotto critica, ma che avevano in mente semplicemente l’idea del fanno tutti schifo, sono tutti dei ladri, sono tutti uguali”, ma anche la determinazione autentica di chi contesta “un modello di economia, di società”.
    I potenziali elettori genovesi oggi riflettono i molti stati d’animo della politica presenti anche a livello nazionale “Nello schieramento di centro sinistra c’è una consapevolezza, una voglia di fare che comunque riscontro; poi andando in giro riscontro anche quell’altro pezzo di società con cui diventa difficile, almeno nel breve periodo, ricostruire un rapporto, per cui ci vorrà più tempo. Ammesso che ci si riesca”.
    Riannodare il rapporto con coloro che, rispetto alla politica, provano depressione, scoramento è un lavoro “che richiede anni, e che ovviamente dipende da me, certo che dipende da me! Ci mancherebbe altro… però dipende anche da come si muovono gli schieramenti politici. Da come si muove il mio schieramento politico. Dare il senso che vale la pena andare a votare, è un lavoro che richiede tempo. Devi rovesciare una tendenza che si è andata consolidando da anni, quindi nel brevissimo periodo non si può fare. Si dovrebbe cominciare a fare un lavoro che si basa sull’esempio: chi si occupa della cosa pubblica deve dare proprio la dimostrazione di volerlo fare perché vuole servire la cosa pubblica, è al servizio, perché parla coi cittadini in modo chiaro, perché non racconta delle balle, perché non nasconde i problemi che ci sono, si sforza di presentare quelle che, a suo giudizio, sono le soluzioni possibili e accetta anche il confronto sulle stesse soluzioni e cerca di coinvolge i cittadini nel percorso per individuare le soluzioni. Sulla base peraltro di una visione, di un progetto. Non è un lavoro immediato. Uno dovrebbe mettere mattoncino dopo mattoncino”.
    Ora tocca a noi porre le nostre domande. La prima è: come stai?
    Sto come stavo prima, a parte la stanchezza, a parte lo stravolgimento della propria vita personale che è il risultato di due fenomeni combinati: da un lato di come si scarica sulla persona del candidato sindaco l’aspettativa, la delusione, la voglia di interlocuzione che non è più mediata da organizzazioni complesse o articolate, tutti vogliono me… Ieri a Vernazzola, per fare un esempio, mi parlavano dei problemi dei tombini, delle strade, di dove la gente va orinare, quindi aspetti di dettaglio che sono di pertinenza del Comune come regolazione generale dei fenomeni, ma che competono ai municipi. Il secondo punto è la spettacolarizzazione e la personalizzazione della politica per cui i media insistono molto a fare pressing sulla persona, e questo significa che la vita privata e i ritmi di vita vengono veramente modificati. Io cerco di comportarmi in maniera assolutamente normale, per cui sogno la Svezia dove il ministro a Stoccolma va a fare la spesa al supermercato senza che nessuno lo fermi. Detto ciò non sto male dal punto di vista della percezione degli umori, perché non sono stato sorpreso dal risultato, no, perché la percezione che ci fosse un bel segmento di popolazione lontano, deluso, anche rancoroso, l’avevo anche prima del voto“.
    E se dovessi fare un bilancio da quando è cominciata questa avventura?
    Dal punto di vista personale sicuramente non sono cambiato io, come persona, nel mio modo di vedere il mondo, di relazionarmi. Ma ora mi devo muovere in contesti in cui non mi muovevo due anni fa. Sai, le trattative … per dire: non si è mai parlato di poltrone. A oggi“.
    Anche se sono usciti dei nomi: Bernini, Repetti …
    Assolutamente senza che la cosa fosse passata da un contatto con me. Adesso, essendomi stato detto dalla maggioranza delle persone con cui ho parlato che Bernini è stato uno dei migliori presidenti di municipio, questo è un criterio che io posso considerare. Però non ho parlato con lui, e non ho parlato con nessuno dal punto di vista dei poteri politici di Bernini come assessore. Repetti è uscito sui giornali ed io sto considerando varie ipotesi, ma quello che è politicamente rilevante da dire al momento, quindi a sette giorni dal voto, è che davvero ad oggi nessun partito mi ha detto: io voglio questo, ti indico questo, ti indico quest’altro …
    Succederà.
    Succederà. Io quello che voglio fare è chiedere ai partiti delle rose di nomi con delle caratteristiche, come cerco di chiederle a varie persone fuori dai partiti. Cioè delle indicazioni, dei suggerimenti, perché alcuni li posso conoscere io personalmente, altri non li conosco. Quindi io vorrei dei suggerimenti e dei curriculum, in modo di provare a documentarmi, cosa che in parte sto già cercando di fare da solo. A oggi dai partiti non mi sono ancora arrivate le rose di nomi, né mi sono arrivate delle indicazioni di pressione; succederà, e poi sceglierò tenuto conto che questa scelta dovrà essere compiuta in tempi molto rapidi, l’approvazione del bilancio entro il 30 giugno impone che la giunta sia costituita molto rapidamente”.
    Cosa dici a chi pensa di non andare a votare domenica?
    Dico due cose. La prima è un richiamo, un po’ scontato, all’importanza del volto come diritto democratico da esercitare sempre, anche se mi rendo conto che in questo momento alcuni possono essere poco sensibili a questo richiamo. Però lo faccio.
    La seconda è l’invito a considerare le differenze, che mi sembrano assolutamente evidenti, tra i due candidati, i loro programmi e i valori delle proposte che avanzano. Una lettura comparata del programma mio e del programma di Musso consente di individuare molto rapidamente delle impostazioni molto diverse.
    Ci sono diverse questioni di fondo che mi sembrano evidenti, che fanno la differenza tra un programma e l’altro. Una è l’idea della politica. Nel nostro programma c’è un’idea della politica come servizio e come voglia di far partecipare i cittadini. Chi amministra non deve essere solo un buon amministratore ma deve assolutamente coinvolgere i cittadini in un percorso complicato di democrazia partecipata. Mentre dall’altra parte c’è uno che dice: io sarò efficiente, sarò un buon amministratore punto e basta. Quindi non pensa al ruolo dei municipi, al dialogo, alla costruzione di processi: questo è un primo elemento forte di differenza.
    Secondo: nel nostro programma c’è quest’idea di beni comuni, di beni pubblici, da fruire e da gestire in modo pubblico, mentre nell’altro c’è l’idea che certi beni possono essere fruiti e gestiti in maniera più efficiente interagendo con soggetti privati, questo modello viene presentato come ottimale.
    Ancora: il problema del rapporto tra lavoro e ambiente. Il nostro programma, in maniera anche faticosa, si sforza di collegare le attività economiche, il sostegno e l’attenzione ad un’economia che funzioni, ad un’idea di sviluppo ambientalmente sostenibile. Dall’altra parte magari si parla di ambiente, ma non c’è assolutamente lo sforzo, la consapevolezza di dover legare lo sviluppo alla sostenibilità ambientale: c’è un’idea di sviluppo-sviluppo, di incentivare l’impresa, il Comune amico dell’impresa… ma non c’è nessuna attenzione a cosa significhi un modello di sviluppo economico ambientalmente sostenibile.
    E ancora su bilancio, funzionamento del Comune e servizi sociali: noi ci poniamo il problema dell’uso di risorse finanziarie limitate e quello che cerchiamo di fare è avere i conti in ordine, ma non tagliare le prestazioni, i servizi che il comune eroga ai cittadini, perché si parte dall’idea che comunque questi servizi pubblici erogati dal comune siano assolutamente essenziali per ridurre le diseguaglianze, perché svolgono una funzione di riequilibrio sociale. E allora ci poniamo in maniera non demagogica il problema delle risorse e ci rifiutiamo di dire che riduciamo l’imposizione fiscale. Dall’altro canto Musso va a dire che non aumenterà le imposte, che farà la lotta agli sprechi, che sarà possibile recuperare nel bilancio comunale le risorse per garantire di tutto e di più. Che è una balla. Tra l’altro per garantire i servizi, ad esempio per quanto riguarda il trasporto pubblico urbano, nel dibattito che ho avuto con lui ha fatto riferimento a quest’idea di project financing per la metropolitana, il che significa individuare dei pezzi pregiati, magari una linea di metropolitana ad alta percorrenza di passeggeri che può avere un rendimento economico accettabile, da gestire in un certo modo, e tutto il resto del servizio gestito pubblicamente“.
    Quali forme di partecipazione prefiguri per i cittadini?
    Io vedo due percorsi paralleli, due strumenti diversi: uno è la partecipazione che passa attraverso un rapporto tra cittadini e istituzioni, per cui la giunta, il comune come struttura, il sindaco, gli assessori, i municipi, i presidenti dei municipi devono essere aperti e capaci di dialogare a diversi livelli coi cittadini. Quindi un percorso istituzionale. Il sindaco considera il presidente di municipio un suo interlocutore, con cui dialoga, con cui si confronta. Oggi ad esempio ero con il presidente di municipio del levante e con alcuni consiglieri di municipi, e dicevo ai cittadini: questi sono i vostri interlocutori, perché sono loro che devono avere il polso del territorio e devono aiutare me a comprendere e leggere il territorio e a trovare le soluzioni.
    Poi c’è un percorso parallelo, politico, all’interno del centro sinistra, quindi del mio schieramento, in cui, come persona che potrebbe avere un ruolo politico di un certo peso, vorrei che scattassero dei meccanismi di partecipazione politica. E allora lì ho uno strumento che è mio, i comitati per la lista Doria, e ormai c’è un gruppo consiliare in consiglio comunale non scarso, con sei consiglieri, attorno a cui ci sarà una struttura, attorno a cui vorrei che gli altri candidati della lista continuassero a svolgere un ruolo … Poi non è che si possa separare a compartimenti stagni il percorso di partecipazione istituzionale da quello di partecipazione politica”.
    C’è poi la rete delle donne per la politica… In giunta vogliamo sei donne
    “Questo è uno dei punti … accetto suggerimenti … che vadano ad aggiungersi a questa rosa di nomi che mi sto costruendo nella mia testa, poi naturalmente ho anche il dovere di rappresentare uno schieramento. Quando mi sono candidato alle primarie, per quanto volessi essere diverso dalle altre persone candidate, partivo dall’assunto che mi candidavo alle primarie del centro sinistra. Ecco, non ho fatto come Leoluca Orlando che si è candidato al di fuori. Io ho scelto quel percorso, ho detto: per me lo schieramento è questo e lì dentro sono, nel senso che vorrei anche che domani governasse il paese, con tutti i limiti che può avere e che dovrebbe cercare di superare … però è questo”.
    Sorprese e delusioni di questa campagna elettorale
    Sorprese … una parziale sorpresa positiva è avere percepito in un pezzo del nostro schieramento la capacità di entusiasmarsi. In alcuni ho trovato una ripresa di entusiasmo positivo per dire: ecco adesso ricominciamo ad occuparci di politica come piace a noi, ragionando dalla società, dal particolare, per arrivare al generale. Era una cosa che speravo che accadesse, che quindi non mi ha sorpreso del tutto, e che mi ha fatto piacere“.
    E le delusioni?
    No, delusioni no. Anche perché ero così arrabbiato, così indignato per come andava il Paese che non mi sembra che stia andando peggio. Quello che poteva esserci di marcio lo sapevo già“.
    Come intendi attuare il tuo impegno verso il quarantesimo candidato?
    Il quarantesimo candidato era questa voglia di mandare un messaggio forte, simbolico, che venisse raccolto, sulla mancanza di diritti importanti per un pezzo della nostra comunità, e sulla nuova cittadinanza. Allora: dovrebbe attribuita all’assessorato sui diritti una specifica competenza di Giunta e competenze specifiche ad alcuni uffici dedicati. Ma più in generale dobbiamo fare lo sforzo di dare un’impostazione al Comune in quanto tale, in modo che tutti gli uffici che interagiscono con una comunità variegata abbiano una sensibilità sul problema.
    Poi, anche in questo caso, secondo me è utile avere un’interlocuzione non soltanto con gli individui in quanto singoli cittadini, ma individuare delle aggregazioni sociali con cui interfacciarsi. Ad esempio le comunità degli immigrati. Mi rendo conto che esiste un problema che non posso eludere: chi rappresenta chi? Però la ricerca di interlocutori è comunque importante. E poi sono necessarie campagne di sensibilizzazione sui diritti, fare uno sforzo per trasmettere agli immigrati questo messaggio: voi, cittadini, avete dei diritti. Io vi informo dei diritti che avete. E poi, se fossi sindaco, vorrei trovare il modo di rapportarmi ad altri sindaci sensibili a questo tipo di impegno. Ecco, questo è importante per dare più forza: non un sindaco che va da solo, ma quattro o cinque sindaci che all’unisono iniziano a sollevare certi temi, e trovano dei modi simili per affrontarli“.
    Una rimostranza che viene fuori spesso è che la qualità dei servizi pubblici diventa sempre peggiore per via delle esternalizzazioni. Quale è la tua posizione a riguardo?
    Sono consapevole della questione: da sindaco mi troverò a difendere la presenza e la qualità dei servizi pubblici gestiti direttamente dal Comune, sapendo che in parte, già ora, certi servizi non sono gestiti solo dal Comune e che, realisticamente, non potrebbero esserlo nemmeno se lo volessi. Quindi si impone il problema della qualità di questi servizi. Ad esempio per la manutenzione delle strade: è chiaro che l’Aster non riesce a fare manutenzione generale delle strade, e che la qualità può essere considerata scadente. Partendo dal presupposto che l’Aster non farà mai tutta la manutenzione complessiva, il problema è quindi come controllarne la qualità. Un modo può essere quello di coinvolgere molto di più i municipi, dando loro risorse da gestire, in un rapporto diretto coi lavori non mediato dall’ufficio comunale, nella speranza che essendo un intervento molto più prossimo sia ai cittadini che al centro di controllo decentrato sul territorio, questo possa significare un maggior controllo sulla impresa che svolge il servizio.
    Poi c’è il discorso delle cooperative, ma questo è un altro campo: quello dei servizi alla persona“.
    Qui c’è il problema delle gare al ribasso.
    E’ necessario rivedere il modo di formulare i bandi per i servizi alla persona e per i servizi sociali evitando due trappole: una è quella delle gare al massimo ribasso che si traducono in uno scadimento del servizi e/o in una compressione dei diritti dei lavoratori. La seconda è la durata dell’appalto: gli appalti brevissimi inibiscono ai soggetti che vincono la gara ogni possibilità di programmazione. Tutto ciò deve essere unito a una capacità di controllo delle prestazioni, il che richiede una competenza interna all’amministrazione comunale“.
    Hai una idea della disponibilità di soldi su cui puoi contare?
    “Si, ho una idea della disponibilità di soldi. I numeri – quelli che ho – sono che il Comune di Genova può avere realisticamente un monte spesa di 800 milioni di Euro, ma di questi la parte flessibile, non vincolata, ammonta soltanto – arrotondo – a circa105 milioni. Tutto il resto sono stipendi, e ammortamento mutui. Questa è la parte su cui si può fare politica di spesa.
    Questi 104 / 105 milioni potrebbero garantire per il 2012 un flusso di spesa simile a quello dell’anno scorso. Ma non è scontato arrivare a questa cifra, e quindi c’è un problema di reperimento di risorse. I tagli ai trasferimenti sono un dato oggettivo, c’è una banda di oscillazione possibile di 22/25 milioni di Euro che se non si recuperano significano proprio azzerare una serie di servizi: questo è il punto del bilancio 2012.
    Poi c’è un discorso di qualità della spesa, e una politica di regolazione: se si adotta un Puc piuttosto che un altro, o se si vincolano determinate aree, se si fanno bandi di un certo tipo per le cooperative.
    Quello che mi dispiace è che avrei preferito di gran lunga, e avrei trovato più giusto, che il bilancio 2012 fosse stato approvato dalla giunta in carica, perché approvarlo a fine giugno, entrando in carica a fine maggio, vuol dire sostanzialmente dover ratificare un lavoro degli uffici. E c’è l’impossibilità di fare operazioni, magari di recupero di risorse aggiuntive all’interno del comune, che richiederebbero più tempo.
    Il bilancio 2013 in teoria potrebbe essere un po’ diverso, a) se cambia il quadro normativo nazionale, e la politica dei trasferimenti. Ma su questo, chissà … b) perché magari nel giro di dodici mesi si potrebbero fare una serie di azioni, di riorganizzazioni all’interno del comune.
    Per converso potrebbero essere previste, purtroppo, delle emergenze – vedi Amt – che in qualche modo chiederebbero a Regione e Comune di tirare fuori risorse aggiuntive per evitarne il collasso. Questo è il primo pericolo grosso, assolutamente realistico“.
    La mancanza di lavoro per le persone giovani, la crisi dell’industria e del porto. Come intendi dare un contributo, nei limiti delle prerogative del comune?
    Secondo me l’amministrazione comunale deve utilizzare il suo ruolo e tutto il peso che può avere per difendere le imprese esistenti. Ci sono casi diversi. Rispetto all’ipotesi di vendita di Ansaldo Energia e Ansaldo STS c’è da considerare l’importanza di mantenere italiane delle imprese che sono un patrimonio comune di qualità dell’industria. Nel caso Ilva le sollecitazioni che ricevo sono di segno più contraddittorio, perché questa impresa, che io comunque da vecchio industrialista voglio cercare di difendere, ha un rapporto tra addetti e territorio assolutamente non ottimale, anche se è del tutto logico per una attività siderurgica, e c’è questo discorso che dal punto vista occupazionale non ha rispettato i patti sottoscritti a suo tempo. Poi se lo spazio fosse occupato da containers sarebbe peggio ancora … ”
    Vorresti ritoccare l’accordo di programma?
    No, dovrei discutere con l’impresa. Dovrei cercare di capire le diverse situazioni con tutte queste imprese e con i loro proprietari, capire come stanno le cose per fare tutto il possibile per dare un sostegno. Certo, per Ansaldo Energia, dovrei parlare non solo con l’amministratore delegato, ma con Finmeccanica e anche oltre, e non solo io come sindaco, ma insieme al presidente della Regione, per dire che la comunità genovese è unita nelle sue richieste al Governo.
    Poi l’altro aspetto è il tessuto delle piccole e medie imprese: l’esigenza è quella dell’efficienza, della velocità nel dare risposte. E magari immaginare – ma non voglio improvvisare – se è possibile per certi settori delle medie imprese creare dei fondi di garanzia, forme di sostegno al credito, ragionando con Banca Carige, e con l’assessorato alle attività produttive della Regione. Poi la politica urbanistica: vincolare delle aree ad attività produttive. Quindi, strumenti diversi per sostenere le Pmi. E per il turismo vincolare la tassa di soggiorno al circuito del turismo, e mantenere un’interlocuzione e un rapporto con gli operatori del settore turistico. Questo è quello che secondo me è ragionevole provare a fare“.
    Con la Vincenzi sindaco si era parlato della necessità di una cabina di regia.
    No, non mi appassiona proprio per niente. Invece quello che ritengo importante è che a livello istituzionale ci sia un’interlocuzione tra i soggetti pubblici che dovrebbero convergere nella loro azione per ottenere un certo scopo. Ad esempio, per la difesa dell’assetto idrogeologico del territorio, ci vuole un’interlocuzione con la Regione e con la Provincia, finché fa i Piani di bacino. Ci sono enti che hanno compiti più di programmazione, di inquadramento legislativo, tipo la Regione, e altri soggetti hanno compiti più di intervento. Non è che ognuno possa andare per conto proprio; qui sì, ci vuole una costante ricerca di interlocuzione tra tutti i soggetti pubblici che si occupano di una certa cosa“.
    Sogni una mostra a Palazzo Ducale: che titolo ha e cosa contiene?
    Non la sogno. Sogno che ce ne siano. E’ un compito della Fondazione Palazzo Ducale immaginare una politica di mostre. Io vedo Palazzo Ducale come un contenitore di iniziative diverse e di mostre diverse. Le ultime due che ho visto, quella di Uliano Lukas, e quella di Goldin su Van Gogh, erano completamente differenti come costi, come taglio, come oggetto, e secondo me stavano bene tutte e due nel contenitore Palazzo Ducale“.
    E una tua? Avrai una mostra nel cassetto!

    Non so … ma sarebbe una mostra proprio di nicchia … una mostra sulla storia della città nelle lotte del novecento …  ma no! Che noia … interessa solo a me“.

    Se dovessi scegliere, come evento, tra Notte Bianca e Genova città dei diritti cosa sceglieresti?
    Città dei diritti.
    Pensi che andrà avanti?
    Vorrei che andasse avanti. Da quello che mi è giunto, ma non ho avuto ancora il tempo di approfondire, ho l’impressione che per il 2012 c’era il rischio che tutto fosse congelato, che c’erano problemi di rapporti, perché la doveva seguire Nando della Chiesa, che era lasciato così un po’ da solo. Siamo già a fine maggio: essendo per me importante, una soluzione potrebbe essere far slittare i tempi all’autunno“.
    (Paola Pierantoni e Giovanna Profumo foto di Giovanna Profumo)

  • OLI 342: ELEZIONI – Cronache da un seggio

    Giorni immediatamente precedenti alle elezioni, volantinaggio a Cornigliano e San Teodoro per sostenere un’amica candidata. Il preavviso dell’astensionismo prossimo venturo è molto chiaro: sono tante le persone che ci dicono che non voteranno. Sono quartieri popolari, un tempo si sarebbe potuto dire operai. A Cornigliano c’è un piccolo mercato e incontriamo soprattutto donne. I loro sguardi trasmettono delusione e rassegnazione e annunciano una protesta che ha il tono della rinuncia. Con qualche persona si riesce a parlare un po’ più a lungo, si cerca di dare valore a questo diritto del voto, che le donne hanno da così poco tempo, che gli immigrati non hanno, che non va buttato alle ortiche, ma quando ci si congeda, nella maggioranza dei casi, sentiamo che le nostre parole non hanno lasciato traccia. Solo in qualche raro caso ci pare che qualcosa si sia spostato, ma chissà.
    Giorni di voto, rappresentante di lista in due seggi del Lagaccio. Le persone arrivano col contagocce: l’astensione va in scena. Uno dei due è un seggio “tradizionale”, con un presidente sperimentato da anni e scrutatori di vecchia guardia. Il piglio del presidente è direttivo, non ammette consigli e interferenze, ma alla fine lo lascerò alle prese con un conteggio che non torna … L’altro è un seggio di ragazzi, tutti giovanissimi, dal presidente agli scrutatori. Qui il clima è allegro, le appartenenze politiche non vengono in superficie, e anche quando sono dichiarate, come quella del giovanissimo rappresentante della lega, sono vissute in leggerezza: sarà la giovane età, sarà un buon carattere, ma il ragazzo si rivolge a me, anziana signora con spilla della lista Doria sorridendomi con spontaneità, senza tensioni. Ricambio. In fase di scrutinio ci scambieremo informazioni. Lo scrutinio avviene con lo stile del lavoro di gruppo, e finirà prima dell’altro.
    Nel seggio dei ragazzi arriva una anzianissima signora, novanta anni. Tira fuori la fotocopia della carta d’identità, ma il presidente non l’accetta. La signora si siede su una sedia e per mezz’ora apre e chiude le cerniere della borsetta e del portafoglio alla ricerca di quello che non c’è. Non si dà pace. Provo a spezzare una lancia per far accettare la validità della fotocopia, ma non c’è niente da fare, e la signora alla fine se ne riparte. La immagino a mettere sotto sopra la casa, e penso che la giovane età del presidente abbia inferto una ferita superflua. Ma ecco che il giorno dopo ritorna, sventolando la carta d’identità ritrovata. L’accoglie un applauso, anche i ragazzi avevano continuato a pensarci, e questo ritorno è stato per tutti un sollievo.
    Nel seggio accanto, invece, arriva un uomo di trenta anni circa, venuto apposta per rifiutarle, le schede.
    Mentre passo le ore aspettando i radi elettori, mi raggiungono da Atene le telefonate di amici disperati per l’esito elettorale in Grecia. Il giorno dopo un’amica mi invia il link a un video della conferenza stampa del leader del partito neonazista “Alba dorata”: alcune body guards lo precedono e intimano ai giornalisti presenti “Tutti in piedi!”. Solo alcuni abbandonano la sala per protesta. L’amica, a commento, mi scrive: tristezza e paura.
    Vale la pena di guardarlo: fa venire la voglia di andare a votare.

    (Paola Pierantoni)

  • OLI 342: ELEZIONI – Movimento 5 Stelle, intervista a Paolo Putti

    Lunedì 7 maggio, al Sottosopra di Via dei Giustinani di Genova, Paolo Putti si dice tre volte stanco, perché da settembre il Movimento ha cercato di coniugare la sua comunicazione classica, quella della rete, con un gran lavoro sui territori, molto impegnativo e bello. In questi mesi il suo obbiettivo è stato di partecipare a tutti gli incontri con i gruppi di cittadini in cui veniva invitato per dare il segnale che dietro al movimento che si muove sul web ci sono delle facce che si fanno guardare, ascoltare, annusare.
    A chi gli ricorda la sfida della politica praticata risponde:
    Noi abbiamo sicuramente della strada da fare, ma abbiamo già dimostrato di avere una capacità di costruire e di prendere decisioni condivise e partecipate, cosa che i partiti non sono assolutamente capaci di fare. Loro ragionano per alleanze, per consenso costruito sul do ut des: cioè se ti do la mia alleanza, tu cosa mi dai? Un assessorato oppure un posto in quella partecipata… Questa roba qua a noi non interessa. E secondo me questo è un grande vantaggio. Noi, per contro, lavoriamo molto sul consenso, sul far in modo che tutta l’assemblea arrivi a condividere un percorso comune su vari temi, confrontandosi, discutendo le basi per un dialogo al centro del quale c’è la consapevolezza che lì in mezzo si vuole costruire il bene comune. Questo i partiti non lo fanno più, quindi non lo capiscono neanche, ragionano solo davvero per io devo stare nell’alleanza, se no non riesco ad avere nemmeno un assessorato, se non ho un assessorato magari non mi arriva qualche soldo attraverso l’assessore e quindi non riesco a mantenere la sede, la sezione oppure quell’altro. Sono pensieri che a noi non interessano e non ci riguardano e quindi per noi questo è un grande vantaggio.
    Nessun posto in giunta dice Paolo Putti (Vincenzi ne aveva dato uno ad Ottonello Pdl, ndr.) perché tradirebbe il mandato degli elettori e delle persone. Un sì a tutte le proposte che avranno l’obbiettivo di costruire un bene comune, di promuovere i diritti della cittadinanza, di sostenere un lavoro magari legato a conservare le risorse piuttosto che a consumarle. Per tutto questo, noi diremo sì. Per tutto il resto diremo no sicuramente. Credo che creeremo un po’ di scompiglio perché potremmo sostenere cose della maggioranza e dell’opposizione e non saremo legati come gli altri a sostenere tutto quello che dice la maggioranza, se si è in maggioranza, e tutto quello che dice l’opposizione, se si è in opposizione. Noi sosterremo le cose che hanno un senso per il bene dei cittadini.
    A chi lo accusa di ambiguità – per i voti intercettati dalla lega, l’immigrazione e la battuta di Beppe Grillo sulla mafia – risponde:
    La frase di Grillo sicuramente è stata molto strumentalizzata perché lui si riferiva ad uno degli aspetti della mafia che è quello dell’usura (in precedenza Putti aveva dichiarato “sono parole che lasciano l’amaro in bocca” ndr). Per quanto riguarda invece il discorso dello ius soli io ho sempre detto che invece sono favorevole a tutto quello che va nella costruzione di un ampliamento dei diritti dei bambini. L’ho dichiarato in campagna elettorale, l’ho fatto scrivere sui giornali e Grillo non mi ha mai detto niente e il Movimento non ha mai detto niente. Io credo che davvero ci sia la possibilità di discutere, di affrontare le questioni e di farle capire. E la cosa che secondo me è importante è che una comunità è fatta di tante sfaccettature, di tante persone diverse che anche hanno paure diverse o forze diverse. E se io non penso di poter dialogare anche con chi votava lega – per il timore che gli stranieri possano rappresentare in qualche modo un pericolo per lui – ed arrivo con lui a fare un percorso, per cui alla fine si capisce che in realtà magari sono le banche e i poteri che hanno interesse affinché lui abbia paura degli stranieri – perché così concentra lì la sua attenzione e non su quelli che sono i reali problemi – se io non penso questo e do per scontato di non voler dialogare con chi votava la lega, sbaglio assolutamente, perché la comunità è fatta di gente che votava lega, di gente che votava Pdl, di gente che votava Pd e di gente che non votava. Io devo parlare con tutti loro e costruire assieme un progetto diverso di futuro.
    Putti si distanzia dalle logiche di centro, destra e sinistra e sulle aziende comunali dichiara:
    Sia sulle partecipate che sugli assessorati abbiamo il pensiero che i posti strategici e di valore possano essere dati a persone competenti, quindi anche con bandi. Per cui non ci debbano andare persone solamente fidate, persone che in qualche modo abbiano delle collaborazioni o degli interessi con il partito di turno. A noi interessa che ci siano le persone più competenti per quel ruolo.
    Sulla Fondazione Carige, vorrebbe capirci un po’ di più. No, non ha visto il bilancio della Fondazione, ma crede che non ci debba andare qualcheduno che rappresenta le istituzioni o i partiti che sono nelle istituzioni, lì ci deve andare qualcheduno che è in grado di dare il massimo livello di competenza per analizzare quali sono i bisogni sociali della città, e quali sono i diversi bisogni sociali a cui ogni anno bisogna rispondere. Di anno in anno. A seconda delle strategie necessarie. Putti vuole che lì ci siano le persone più preparate per fare un’analisi sociale e  individuare tra i progetti presentati quelli che garantiscono questo tipo di approccio, un livello di qualità alto e che si fanno valutare quindi comprendano un modello di valutazione importante, credo che siano questi i modelli con cui affrontare questo tipo di cose.
    Sollecitato sull’estate in arrivo e sulle spiagge libere assenti in città, Putti dice che sì, anche quelle erano indicate nei molti cartelli gialli usati a Palazzo Ducale per protestare contro l’informazione schierata di certa stampa. Perché l’ambiente e le risorse naturali devono essere accessibili a tutti. Con il Movimento dovrà capire come garantire queste spiagge libere e con quali risorse.
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 342: ELEZIONI – Marco Doria e l’appoggio del Pd

    I dati sono chiari: il gap fra la percentuale di coalizione dei partiti per “Marco Doria candidato sindaco” e le preferenze per Marco Doria è di quasi il 3 per cento, tanto quanto sarebbe bastato per passare al primo turno. La sensazione sempre sotto traccia che non si stesse facendo tutto il possibile da parte di tutti i partiti la si è avuta anche nel piccolo, nei quartieri, tra la gente.
    Tanti i banchetti o i volantinaggi. C’era chi propagandava la sua opposizione a Monti, il referendum contro il finanziamento dei partiti e siede a Tursi o in Regione ma non accenna a Doria.Chi parlava di sicurezza e valori socialisti, chi si è chiamato fuori e poi si è accodato con distinguo eppure era in Sala Rossa da quel dì, chi diceva che il risultato delle primarie è sacrosanto.. bla bla. Sono circolate molte mail di candidati al Consiglio comunale della coalizione, spesso nemmeno una parola sul futuro sindaco, al più in chiusura del “mi candido perché”.
    Così meno di dieci circoli Pd in città hanno invitato Doria e non si sono viste manifestazioni per appoggiarlo. Tanti incontri per Doria con cittadini, associazioni, categorie e in giro aperitivi di singoli aspiranti, accompagnati dal padrino di turno per il proprio cantuccio elettorale. Si porta voti, vero, ma per chi?

    Dunque diciamolo chiaramente: si è fatta campagna per il Partito e meno per Marco Doria. Nella speranza nemmeno tanto peregrina che il gruppo forte a Tursi avrebbe avuto magari non tutte le stesse facce, sicuramente lo stesso “scudetto”. E così forse sarà. Se il ballottaggio vedrà vincente Doria, che con le sue liste ha raggiunto l’11 e mezzo per cento contro il 24 per cento circa del Pd,
    il professore che sorride poco, sorriderà ancor meno perchè dovrà vedersela con il partito a cui ha stravolto le primarie e che è di nuovo maggioranza: neppure con Sinistra ecologia e libertà riuscirà a decidere in solitaria.
    Strano destino: magari un aiutino non desiderato potrà arrivare dal Movimento 5 Stelle, che dichiarano essersi posti a mastini di guardia in sala Rossa.
    C’è molto da lavorare. A meno non si avveri ciò che molto maldestramente il giornalista di Primocanale ha insinuato nel domandare ad Enrico Musso se pensa di “rubare voti anche presso quella parte del Pd che ha votato Doria perché di centro sinistra, ma non è tanto contento di sostenere la sua candidatura e potrebbe pensare ad un candidato più moderato, facendo riferimento a quella parte di partito democratico che in studio è rappresentata…” Ed a quel punto Roberta Pinotti, presente in studio per commentare i risultati, lo interrompe indignata e se ne va, chiarendo che lei avrebbe sostenuto lealmente chi aveva vinto le Primarie.
    Imbarazzo e sorrisetti del candidato di destra. Tutto pare poi si sia ricomposto, visto che Pinotti è di nuovo lì, ma gli elettori di centro sinistra si chiedono perché sia stata “inviata” proprio la senatrice a rappresentarli in tv: gli inviti si può sempre declinarli.
    (Bianca Vergati – foto di Ivo Ruello)

  • OLI 342: ELEZIONI – In attesa di giudizio

    Nelle sedi elettorali di Marco Doria e Paolo Putti. 
    (Galleria fotografica di Giovanna Profumo)
  • OLI 341: ELEZIONI – Doria, Putti e le affinità elettive

    Quando a luglio dell’anno scorso è stata pubblicata su OLI la lettera AAA Cercasi Sindaco era possibile considerarla un appello disperato. Le uniche due risposte al post sostenevano che il profilo del nostro sindaco non avrebbe mai trovato spazio nei partiti, lamentavano il condizionamento di un sistema di potere e la necessità di uno scatto di orgoglio da parte dei cittadini. Lo spazio fisico e mentale della politica sembrava un organigramma aziendale, occupato da monoliti, le cui cariche non venivano mai rinnovate.
    Durante l’estate, mentre era in montagna, Marco Doria viene a sapere da sua madre di un articolo apparso sui giornali che lo riguarda: qualcuno lo vuole candidare alle primarie del centro sinistra.
    In settembre Paolo Putti, dopo votazioni interne, diventa il candidato ufficiale del Movimento 5 Stelle per le elezioni genovesi a sindaco.
    Queste sono state per molti cittadini genovesi due buone notizie. E la risposta concreta alla nostra inserzione. Purtroppo pare che Doria e Putti non possano gestire progetti amministrativi insieme. C’è motivo di ritenere che non gli sia consentito dai leader nazionali che li sostengono. Questa pratica, politicamente, si chiama veto. E’ un giochino in mano alle segreterie dei partiti – e adesso anche al movimento – che ha fatto moltissimi danni, soprattutto a sinistra perché non ha permesso di governare. Le elezioni genovesi potrebbero essere un’occasione per Putti, Doria e relativi candidati di liste per rompere il giochino e dimostrare agli elettori che i mesi trascorsi non sono stati vani. Non si tratta di rinunciare a principi religiosi ma di cogliere le affinità elettive comuni da mettere in campo per governare la città.
    Nel microcosmo di Oli questa cosa è già accaduta.
    (Giovanna Profumo – fotografia dell’autrice)

  • OLI 341: ELEZIONI – Nuovi volti ad arginare l’astensione

    Dietro al banco del bar il gestore di un locale del centro storico che conosco da tempo mi dice: “Lasciami pure il volantino della tua amica, ma quest’anno è incredibile! Si presentano tutti!”. E mi indica una parete di legno in cui ha spillato i volantini di persone che conosce, e che si sono candidate alle comunali di quest’anno.
    La stessa osservazione l’avevo raccolta nei giorni passati da amiche e amici: quasi tutti, quest’anno, hanno trovato nelle liste elettorali persone di stretta e strettissima conoscenza e di valore.
    E anche a me non era mai successo di vedere tra le candidate e i candidati tante persone che conosco così bene.
    Qualcosa si è messo in moto. Soprattutto un desiderio di praticare la politica da parte di persone che non sono stata allevate nei recinti dei partiti, e che hanno trovato – finalmente – uno spazio per farlo.
    Aria nuova in cucina? Ma allora al voto bisogna proprio andarci! Le giovani persone che si stanno esponendo in questo tentativo vanno sostenute col voto. Astenersi diventa una grave omissione.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 340: ELEZIONI – Invito ai candidati

    I candidati e le candidate che si riconoscono nel progetto della newsletter, se lo desiderano, possono inviare ad OLI una loro breve presentazione all’indirizzo info@olinews.it entro il 29 aprile.
    Sarà cura della redazione pubblicare i contributi per quanto possibile.

  • OLI 340: BOCCADASSE – Altri piani per la ex rimessa dei bus

    C’era una volta la rimessa dei bus, in un grande piazzale alle spalle di Boccadasse, un sito storico e lo evocano le immagini della mostra inaugurata da Metrogenova, sabato 14 aprile con il patrocinio del Municipio Medio Levante.
    L’associazione, che si occupa di trasporti, rimarca con forza l’importanza del mezzo pubblico, ricorda i tram che arrivavano in deposito, attraversando da Levante a Caricamento tutto il litorale, puntuali e tranquilli senza inquinare.
    Una malinconia per i visitatori e pure per i residenti del borgo, che quasi rimpiangono quell’epoca.
    Perché poi, si dovrebbe essere contenti, è stata tolta una servitù con quei bus che giravano notte e giorno imperterriti e rumorosi.
    Non è tutto così roseo, eppure la mostra dedica un pannello en passant all’oggi.
    Al posto della rimessa infatti si sta costruendo una U di palazzoni che incombe il contesto, una U ristretta dove il sole non arriverà mai, gli affacci ravvicinati come negli edifici della periferia più desolante stile anni ’60.
    L’altra opzione erano due torri a undici piani, firmato dall’archistar, come quelle che ti colpiscono allo stomaco non appena imbocchi la sopraelevata per venire a Genova.
    Non si pretendeva un parco verde, ma almeno costruire la metà.
    Soltanto le immagini possono rendere l’idea: se prima la rimessa era ad un piano e mezzo di altezza, ora i piani sono cinque, attraversati da varchi che paiono immagini di un carcere.

    Quando il tutto verrà completato l’aspetto sarà probabilmente più ameno, con il giardino nel piazzale, speriamo non il solito “verde piantumato” per dare un contentino agli abitanti intorno, che tanto hanno battagliato per non avere tutto quel cemento. Ci si augura diventi una “piazza” vera, uno spazio libero come sempre il Comune auspica e poi raramente concede: si sa quanto sia prezioso ed allettante lo spazio, specie in certi quartieri. Se qui non vai in piazzetta a Boccadasse, non ci sono spazi per bambini e nonni e spesso libeccio e tramontana fanno scappare tutti.
    L’altro “verde” concesso in zona per ripristinare e ampliare la casa diroccata che si affacciava nei pressi è diventato un bel supermercato con annessa la sede della polizia municipale.
    E speriamo pure che la piazza-giardino resti a disposizione del quartiere perché la manutenzione sarà a carico del megacondominio, che magari ci farà una bella cancellata e addio: nella Convenzione con il Comune sembra demandata la cura del verde ai privati.
    Come finirà? Nel degrado o in un bel giardino chiuso?
    Intanto spaventa gli abitanti del borgo un vecchio problema perché –  visto che i nuovi edifici prevedono cento appartamenti – quando piove, già oggi dai tombini arriva un refluo di acque nere per tubature mai messe a norma.
    Con l’occasione, segnaliamo il sito osservatorioverde.it come fonte di informazioni sull’urbanistica genovese.
    (Bianca Vergati – foto dell’autrice)