Categoria: Genova

  • OLI 417: PAROLE DEGLI OCCHI – La quiete fra una tempesta e l’altra

    (foto di Ferdinando Bonora)
    Genova, Belvedere di Castelletto, 16 ottobre 2014.

  • OLI 417: CEMENTO – Rio Bagnara, non c’è acqua che tenga

    Passeggiando lungo le rive potevi vedere famigliole di germani che nuotavano tranquilli e poi un silenzio, lassù, se arrivavi sino a dove nasce. Ora c’è un cantiere, un disastro di macerie. L’Autorizzazione Paesaggistica per la costruzione dell’edificio di via Majorana sul rio Bagnara recita: “la collocazione del nuovo edificio residenziale è studiata in modo da garantire scorci panoramici (…) la volumetria (…) con la riduzione delle altezze (…) il nuovo edificio si distingue per qualità architettonica e migliora l’assetto rispetto al contesto circostante (…) le sistemazioni a verde completano la riqualificazione complessiva restituendo un bilancio positivo”.
    Scorci panoramici?
    Con atto del 21/5 /2012 si esprime di nuovo parere favorevole, come la volta precedente, quando c’erano gli otto piani e meno verde. Infatti dopo i ricorsi al Tar dei residenti e delle associazioni ambientaliste, che annullavano il rilascio di concessione edilizia del 2009, la società costruttrice presenta un altro progetto che riduce i volumi, ridefinisce le aree verdi con un miglioramento delle dotazioni in senso qualitativo e quantitativo e riparte all’attacco per un nuovo permesso. La Provincia di Genova esprime a sua volta ancora parere favorevole perché “l’intervento risulta migliorativo rispetto della situazione idraulica prevedendo la demolizione di due passerelle pedonali gravemente insufficienti alla portata di progetto del Rio Bagnara…”
     Non se n’erano mai accorti?
    Continua la Provincia: “si riconosce l’oggettivo impedimento a soddisfare il Rapporto di permeabilità” che infatti secondo il Puc dovrebbe avere un rapporto del 30% rispetto alla superficie che si utilizza, mentre in questo caso la si diminuisce fino al 15%. Quindi  “al fine di migliorare l’efficienza idraulica del sito, nel rispetto della norma di rapporto di permeabilità, il progetto prevede sistemi di ritenzione temporanea attraverso l’utilizzo di vasche di compensazione”.
    Qualche problemino dunque c’è.
    Però “le opere in progetto non ricadono in zona soggetta a vincolo per scopi idrogeologici”. Perciò, pronti, via! Alla nuova costruzione di sei e due piani in due corpi per una superficie di quasi tremila metri quadri e una quarantina di box . Poco importa se è zona faunistica, se vi saranno problemi di viabilità, se il rio sarà sempre più assediato dalle costruzioni. Eppure basta affacciarsi alla finestra di quelle case proprio a ridosso del rivo, che con le piogge lambisce le sponde basse.
    Prima c’era un magazzino alto quattro metri: dove sta scritto che è obbligatorio, una volta dismessa un’area industriale, cambiare la destinazione per fare case?
    Ieri anche la collinetta sul cantiere e su cui si affacciano altri palazzi, è franata, in modo lieve per fortuna.

    (Bianca Vergati – Foto di Ester Quadri)

  • OLI 416: PAROLE DEGLI OCCHI – Sala d’attesa

    (fotografia di Ferdinando Bonora)
    Genova, una sera di ottobre a Porta Principe, ore 23,45: nell’opera di ammodernamento in corso per il progetto nazionale Grandi Stazioni S.p.A., con gran copia di nuovi spazi commerciali, è stata mantenuta la vecchia elegante sala d’attesa per i viaggiatori, che però chiude alle 21 per riaprire l’indomani mattina. Anche i pochi locali di ristoro serrano i battenti poco dopo e per ora non sono state realizzati panchine o altri sedili, né è dato sapere se ne verranno istallati a lavori conclusi. Ai “clienti” che aspettano il treno non resta che accoccolarsi per terra oppure sedersi su scalini e scomodi muretti.
  • OLI 416: CITTA’ – Corso Carbonara e FS: cambi di programma?

    Era l’8 agosto 2011 quando avevamo postato una cartolina di Oli relativa a lavori indispensabili per la realizzazione di un pozzo di ventilazione della galleria ferroviaria San Tommaso previsto “nell’ambito della realizzazione del sestuplicamento della tratta Genova Principe – Genova Brignole del nodo ferroviario di Genova”.
    In quell’occasione erano stati sacrificati più di 30 alberi in corso Carbonara a Genova. Sacrificati con la garanzia di assessori e FS che sarebbero stati sostituiti. Il cantiere era durato molto e dopo i lavori nessun albero è mai stato ripiantato, ma quello che inquieta di più sono le voci che circolano sull’opera oggi: si dice che non fosse necessaria, che i progettisti siano caduti in un madornale errore e che nulla sia stato completato. Poiché non siamo talpe ed è ovviamente impossibile verificare di persona, attendiamo una rapida smentita da FS e Comune di Genova per rassicurare cittadini e viaggiatori di avere speso bene i soldi della collettività e di essere adegutamente ventilati nelle gallerie genovesi.
    Comunque nel quartiere si attende che gli alberi vengano ripiantati.
    (La Redazione di Oli)

  • OLI 415: POLITICA – Alluvione a Genova, eppure c’è chi ci guadagna

    Sospironi di sollievo, paccate sulle spalle, sorrisetti a fior di labbra, un dileguarsi rapido in sala rossa al primo Consiglio comunale dopo l’alluvione: era magari passato il flash Ansa che Grillo era stato contestato proprio in città dai volontari del fango. Quasi una vittoria elettorale, rabbrividendo al ricordo della superiorità relativa dei 5stelle nelle ultime politiche in Liguria, mica ci si fida del 40 per cento del Pd alle europee.
    All’una e mezzo il portone di palazzo Tursi è semichiuso, dentro un nugolo di agenti della polizia municipale spiegano cortesi che “il pass si può già ritirare, ma il consiglio è rinviato di un’ora”, siamo ormai al numero trenta e meno di cento sono i posti a sedere. Intorno capannelli di persone, intravedi visi noti, in primis esponenti di Municipi non coinvolti dai tragici eventi, che solerti!
    Si aprono le porte del loggione della sala rossa, il pubblico si distribuisce; da sinistra partono urla, fischi: sono i contestatori che rumoreggiano, alzano un cartello trafugato con il tacito consenso della bionda vigilessa. Inizia il consiglio, qualche graffio, in verità un susseguirsi di carezze contropelo, le persone si guardano interdette, qualcuno cerca d’interrompere ma è subito zittito fragorosamente. Appare chiaro, anzi chiarissimo che la destra del loggione è presidiata dalla “gente Pd”, che si è mescolata anche tra i “facinorosi” e tra gli ignari. Si svela la strategia: occupare più posti a sedere per non far partecipare grillini, leghisti, chissà quali persone qualsiasi venute a protestare o più semplicemente ad assistere al Consiglio comunale. Che prosegue tranquillo, soltanto una voce  fuori dal coro, un solo consigliere 5stelle, che chiede le dimissioni del primo cittadino, mentre i suoi colleghi, pur intervenendo con critiche durissime non fanno altrettanto.
    Il resto è tutto uno stringersi stretti al sindaco Doria per “solidarietà a chi fa lo stesso mestiere”, come sottolinea il capogruppo nell’unico intervento a firma Pd in un Consiglio che poteva buttar male, preoccupato il Pd non tanto di far fare brutta figura al sindaco, ma delle sue possibili dimissioni, che manderebbero tutti a casa, in primis questo Pd. Una stretta mortifera.
    Non si  chiede però che cosa si farà per la sicurezza dei genovesi da qui alla fine delle grandi opere, ancorché necessarie, non si chiede conto dell’operato dei dirigenti comunali, brillanti assenti.
    L’attacco invece è a testa bassa, furente contro la Regione, con cui non c’è più sintonia, si enuncia senza troppo rammarico.Vengono in mente le stringenti prescrizioni regionali fatte al Puc, che esortavano, fra l’altro, ad una maggiore puntualità delle norme riguardo al dissesto idrogeologico: osservazioni impositive così fastidiose per il Pd. Tragica nemesi l’allerta mancata, le inefficienze dell’ente, probabilmente si attacca la Regione per l’incombente candidatura della Paita di La Spezia, per fortuna del Pd assessore con delega anche alla protezione civile.
    Quanti piccioni con una fava, si potrebbe cinicamente dire in questi giorni. In un sol colpo forse il Pd genovese si libera del governatore in scadenza, degli spezzini, compreso il giovane ministro della giustizia e potrà così sciogliere la riserva sulla candidatura alle elezioni regionali dell’attuale segretario Lunardon, comparso in consiglio comunale anche lui nel pubblico della sala rossa insieme allo staff: tutti adesso hanno il cappello renziano, ma i soliti noti sono sempre lì nel rispetto della continuità e non faranno per ora, bontà loro, cadere questa giunta, di cui detengono la maggioranza e, in ostaggio, Marco Doria, il sindaco espiatorio come l’ha definito il Manifesto, con i suoi limiti.
    Mentre in Liguria, a Genova, forse non vedremo più sulla cresta dell’onda le incredibili coppie a sinistra, Raffaella Paita, assessore regionale, e consorte Luigi Merlo, presidente Autorità Portuale, più Sara Armella, presidente Fiera, e consorte Giovanni Lunardon, segretario regionale Pd.
    (Bianca Vergati – foto Giovanna Profumo)

  • OLI 414: ALLUVIONE – Ordinaria Amministrazione

    Cari lettori,
    Avevamo pubblicato giovedì notte l’ultimo aggiornamento della newsletter e dovevamo disporre l’invio dell’indice in mattinata, quando i notiziari hanno diffuso la notizia dell’ennesima alluvione.
    Le parole che accompagnavano le immagini in tv sono quelle alle quali ci hanno abituati: emergenza, bombe d’acqua, ritardi, responsabilità, rabbia.
    Genova fa acqua. E’ un fatto assodato. Da anni.
    Meno assodato è che faccia acqua la classe politica che l’amministra che si ostina a proporre e disporre progetti inutili e non si occupa dell’ovvia manutenzione e prevenzione.
    Siamo da capo. Il bilancio oggi è di un infermiere morto, attività commerciali in ginocchio, strade e mezzi di trasporto distrutti.
    Noi di OLI siamo in attesa che si pratichi – nei numerosi enti che ci governano – l’ordinaria amministrazione che non corre, ma presidia, che non inventa, ma protegge, un’amministrazione capace di rispondere con il buon senso ai segnali del tempo, in grado di custodire il territorio e prendersene cura.
    Noi di OLI sogniamo una gestione normale e sensata della cosa pubblica, la follia ormai ha fatto davvero il suo corso.

     
    (La redazione di OLI – foto di Giovanna Profumo)

  • OLI 414 – POLITICA: Sentinelle al riso

    Questa volta le sentinelle non sono state lasciate sole, silenziosamente in piedi a testimoniare domenica scorsa la Verità e i Valori non negoziabili in cui credono, a difendere la libertà di espressione che la proposta di legge avanzata da Ivan Scalfarotto e molti altri deputati tenderebbe subdolamente a minare (anche se a leggerne e rileggerne il testo questo non pare proprio, in quanto si limita a estendere anche a chi commette o incita a commettere atti di discriminazione o violenza motivati dall’identità sessuale della vittima le stesse pene già previste dalla legge Mancino-Reale del 1975, per chi compie analoghi atti per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi) e a difendere la famiglia tradizionale composta da marito, moglie, figli e talvolta uno o più amanti segreti non di rado del proprio sesso (ma l’importante è che non si sappia, nella squisita ipocrisia del “si non caste, tamen caute” non più riservato ai pastori ma a tutto il gregge), come ha notato anche Massimo Gramellini su La Stampa, commentando la direttiva del ministro degli interni Alfano ai prefetti per imporre ai sindaci che hanno istituito registri delle unioni civili celebrate all’estero di annullarli.
    Il tutto in non casuale concomitanza col concistoro e sinodo indetti da papa Bergoglio per discutere sul tema della famiglia.
    Questa volta le Sentinelle in Piedi “apartitiche e aconfessionali” erano accompagnate nelle loro esibizioni in molte piazze italiane da manifestazioni di segno contrario, nelle quali il netto dissenso verso chi rifiuta la variegata articolazione della realtà e vorrebbe continuare a imporre a tutti un unico modo di pensare e agire, con un rigore violentemente assolutista camuffato da mitezza, si è espresso in forme diverse. Si va dalle reazioni estreme di frange giovanili che non sortiscono altro effetto che fomentare il vittimismo di cui le sentinelle sono maestre, ben evidente – com’era prevedibile – nei resoconti della stampa di parte, fino ad azioni assai più incisive e condivisibili dove prevalgono l’ironia e lo sberleffo, che ridimensionano e coprono di ridicolo le pretese di questi paladini in piedi.

    A Genova, in piazza De Ferrari, le sentinelle si son trovate in compagnia di un folto gruppo di uomini e donne, sia di associazioni per la difesa dei diritti delle persone omosessuali e transgender, sia semplicemente in disaccordo con quanto propugnato dai manifestanti in piedi. Uno striscione che affermava il diritto a varie forme di famiglia era tenuto teso in un’arcata del Palazzo della Regione, mentre accanto si ascoltavano in cerchio le testimonianze non silenziose di chi desiderava condividere riflessioni sulla propria condizione ed esperienza. Tra la folla, a piccoli capannelli si tentava con scarso risultato di confrontarsi civilmente tra contestatori e portavoce delle sentinelle, in un dialogo impossibile tra visioni antitetiche del mondo, nel quale si rispecchiava in piccolo la contrapposizione tra Italia confessionale e Italia laica che è uno dei nodi fondamentali del malessere che stiamo vivendo, anche se di certo non l’unico, sul quale varrebbe la pena ritornare a ragionare in altre occasioni. Qualche esagerazione ogni tanto, con schiamazzi più o meno allegri e accensione di candelotti fumogeni, con l’unico risultato di rafforzare il vittimismo di cui sopra; ma ci potevano anche stare: è il gioco delle parti… 

    In altre città si è giocato in modo diverso. A Milano, ad esempio, le sentinelle che s‘erano date appuntamento in piazza XXV Aprile davanti alla Porta Garibaldi si son trovate un bel numero di festosi manifestanti che le sfottevano esibendo cartelli con surreali pretese altrettanto assurde, tra girotondi e chiassosi saltelli.

    Il capolavoro l’ha però messo in scena Giampietro Belotti, il trentenne che in piazza Sant’Anna a Bergamo, approfittando di un posto lasciato libero nella loro ordinata disposizione, si è intrufolato da solo tra le sentinelle come sentinella a leggere il Mein Kampf mascherato con una divisa nazista, con ai piedi un cartello recitante “I Nazisti dell’Illinois stanno con le Sentinelle”, chiaro riferimento al film The Blues Brothers di John Landis (1980). Ma il colpo di genio è stato il bracciale recante non la svastica della Germania di Adolf Hitler, bensì la doppia X della Tomania di Adenoid Hynkel, altra citazione cinefila da Il grande dittatore (The Great Dictator, 1940) di Chaplin.
    Dopo poco è stato allontanato dalla Digos e correva voce – poi rientrata – che la magistratura stesse valutando un’eventuale incriminazione per apologia del fascismo e/o del nazismo. Se così fosse stato, povera Italia!

    (foto Corriere della Sera)
    Non resta che richiamare alla mente e tener viva la frase sempre valida, dagli anarchici di fine ‘800 alle contestazioni del ’68, fino ad oggi: “La fantasia distruggerà il potere e una risata vi seppellirà”.
    (Ferdinando Bonora – foto dell’autore, dove non diversamente specificato)
  • OLI 414: SICUREZZA SUL LAVORO – Non stressiamoci

    L’incontro è così importante che i posti esauriscono in un batter di ciglia.
    Alle 10 di venerdì 3 ottobre la sala è completa, un pubblico formato da esperti e medici riuniti alla Berio per la Campagna Europea sulla gestione del rischio da  stress lavoro-correlato. In agenda anche esperienze aziendali. Tra i relatori Inail, psicologi, sindacato e Confindustria, la top ten della materia, tra cui alcuni componenti della commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro.
    Il clima pare sereno e volto a proporre buone pratiche per il bene di lavoratori e aziende. Il tema è delicato ma, una volta convenuto che “manca lo stressometro” e che il fenomeno è di difficile misurazione, nelle parole dei relatori cresce la profonda distanza tra chi rappresenta il sindacato e chi le aziende, tra chi crede nella campagna e chi non ci crede. Il momento economico pone “ben altre” questioni, dichiara infatti Fabio Pontrandolfi di Confindustria, “se il lavoro non c’è, c’è poco da stressarsi”. Ma anche sulla campagna stessa il relatore nutre perplessità e dichiara che è un errore legare lo “stress lavoro-correlato” a “fattori sociali”. Anche sul come fare la valutazione del rischio stress Confindustria lamenta poca chiarezza a livello normativo, sulle parti datoriali, denuncia, grava il compito di dover gestire “un tema che si alimenta della sua stessa incertezza”. Meglio parlar d’altro, suggerisce Pontrandolfi , magari della campagna futura, quella sull’invecchiamento attivo sul lavoro, cercando di non far pagare alle aziende il costo sociale dell’anzianità dei dipendenti.
    E’ un fiume in piena Cinzia Frascheri, CISL, sono solo due le ore di formazione dedicate in azienda a questo tema. E anche sul ruolo del medico competente rivendica la necessità di uno sguardo più attento all’organizzazione del lavoro e agli effetti che ha sul dipendente, al suo reale benessere. Frascheri denuncia che sovente i medici hanno una modalità spiccia – tot a visita, tot soldi – e che l’Italia ci ha messo quattro anni per recepire un accordo europeo, costretta dall’obbligo di farlo. Un medico competente interverrà, poco dopo, dichiarandosi stressato dal dibattito e lamentando l’assenza al tavolo dei relatori di una figura professionale che rappresenti la categoria. Al tavolo, in effetti, non c’è nemmeno un Rappresentante dei

    Lavoratori per la Sicurezza.
    La possibilità di affrontare seriamente il rischio dello stress lavoro-correlato pare quindi soffocata, in primis, da una valutazione esclusivamente a carico dell’azienda e, a livello istituzionale, da uno sguardo corto che non prevede di esaminare gli effetti dell’erosione di lavoro sui dipendenti stessi. In quella sede è stato confermato che non esistono commissioni di esperti che valutino l’impatto psicologico delle numerose crisi aziendali italiane – datori di lavoro stessi ricorrono al suicidio – su tutti i soggetti coinvolti. E nessuno, pare, ad oggi,  voler considerare i costi che graveranno in futuro sul SSN. Quindi vietato stressarsi se l’azienda va in crisi.
    Chi fosse rimasto nel pomeriggio, a sala ormai semivuota, avrebbe sentito parlare di Genova Parcheggi e dello stress causato dal rapporto con l’utenza, dell’ospedale di San Martino e della gestione dello stress generato dalla relazione con i pazienti o dal rischio di contagio di malattie gravi. Nel pomeriggio idee e modelli hanno avuto voce. Ma a quell’ora parte dei protagonisti del mattino erano già svanita.
    (Giovanna Profumo – immagine di Guido Rosato – foto dell’autrice)

  • OLI 414: IN AGENDA – Sabato 11/10, Stop TTIP

    Nel mese di aprile su OLI 403 avevamo segnalato l’intervista a Marco Bersani sui beni comuni e sull’effetto devestante che avrà sulle singole nazioni il TTIP (Parternariato Transatlantico su Commercio e Investimenti). 
    Chi volesse saperne di più o testimoniare la sua contrarietà potrà andare sabato 11 ottobre, a partire dalle ore 16 al presiodo organizzato in Largo Pertini dal comitato genovese STOP TTIP.
  • OLI 413: ILVA – Gnudi alla meta

    Ci risiamo.
    A un chilometro dalla sede della Film Commission di Genova sono iniziate le riprese della nuova stagione della serie ILVA e l’Accordo di Programma. Una produzione tutta genovese che vede nel cast un migliaio di comparse, diversi attori, alcune new entry – come il commissario Piero Gnudi – magnati dell’acciaio, politici e i sindacati.
    Difficile ragionare di siderurgia a Cornigliano senza dubitare che quanto accade non sia fiction, un mega Lost, la cui regia è stata affidata nel passato alla superficialità spavalda di pochi potenti.
    Dal 2005 ad oggi l’Ilva di Genova – dopo la chiusura dell’area a caldo, accompagnata dalla promessa di un faraonico piano industriale che doveva garantire occupazione a 2200 addetti a Cornigliano – ha perso mille posti di lavoro ai quali si aggiungeranno, dal 1° ottobre, settecentosessantacinque dipendenti collocati, per un anno, in cassa integrazione in deroga e destinati  a lavori di pubblica utilità. Settecentosessantacinque, ai quali è stata presentata la bozza dell’Allegato C al Secondo Atto Modificativo dell’Accordo di Programma. Lavoratori che non sanno, se non attraverso articoli di stampa (Secolo XIX), al 30 settembre, dove andranno a lavorare il 1° ottobre, perché i progetti ai quali dovrebbero essere destinati nessuno li ha ancora indicati loro e nessuno è stato in grado, ad oggi, di dare certezza assoluta che siano finanziati.
    Un milione di metri quadrati di aree assegnate dal 2005 per mantenere e creare lavoro, hanno prodotto questo bilancio disastroso, al quale vanno sommati i contraccolpi dell’inchiesta tarantina Ambiente Svenduto.
    Una balena spiaggiata, definivano il gruppo ILVA alcuni commentatori economici, all’avvio dell’inchiesta; commentatori che invocavano la necessità di salvare il colosso siderurgico perché rappresentava il 4% del Pil nazionale
    Monti aveva individuato in Enrico Bondi l’uomo giusto per occuparsi della faccenda. Una missione difficile poiché attuare le prescrizioni dell’Aia a Taranto, individuare i fondi, immaginare un piano industriale in grado di sostenere la filiera nazionale per produrre acciaio, senza il rischio di avvelenare la gente, erano una meta coraggiosa che pretendeva tempo e sulla quale il governo avrebbe dovuto assolutamente investire risorse, recuperabili solo dopo la fase di risanamento. Risorse che si è preferito anche questa volta destinare agli F35, risorse sottratte a sanità, scuola e lavoro.
    L’errore del commisario Bondi, qualcuno ha detto in azienda, è stato quello di voler mettere la mani nel tesoro dei Riva. A giugno 2014, nuovo giro di giostra, il governo Renzi dà il benservito a Bondi colpevole di aver presentato un piano industriale che non piace ai Riva e ai vertici della siderurgia tricolore (la Repubblica 9.6.14). E con lui si liquida il lavoro di un anno, e un piano che prevedeva per Genova sostaziosi investimenti in un impianto di banda stagnata (presente in origine nell’Accordo di Programma e cancellato nel 2008).
    In questo mese, delegazioni di siderurgici indiani visitano gli impianti del gruppo valutando acquisti a prezzi di saldo. La vocazione industriale del nostro paese viene ceduta agli indiani, gli stessi con i quali l’Italia non ha dimostrato l’autorevolezza per mediare il rientro definitivo nel paese di due marò.
    Si poteva evitare tutto questo a Genova?
    Ai Componenti del Collegio di Vigilanza, alla politica locale, ai sindacati e ai vari governi  che per nove anni hanno seguito le vicende dell’Accordo di Programma, va posta questa domanda.
    Ai  lavoratori della Sertubi di Trieste si possono chiedere notizie in merito alla loro significativa esperienza con la società indiana Jindal Saw.
    Sapranno essere parecchio esaustivi.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)