Categoria: Paola Pierantoni

  • OLI 331: PRIMARIE – Marco Doria e i “radical chic”

    Seggio delle primarie presso la casa di quartiere “Ghett-Up”, in Vico della Croce Bianca. In coda con gli altri una signora impossibile da ignorare: per tutto il tempo dell’attesa, una decina di minuti, parla a voce molto alta, girandosi di qua e di là per cercare di coinvolgere le altre persone in coda “Io voto Marta Vincenzi, è l’unica da votare. La Pinotti no, per l’amor del cielo, e Marco Doria è un bravo ragazzo, ma poverino, la mafia del partito se lo mangia, non gli faranno fare nulla” . L’improvvisato spot viene ripetuto più volte, con leggere variazioni, senza suscitare particolari reazioni.
    Solo quando la signora aggiunge “E poi lo vota solo un gruppetto di radical chic”  si innesca un cortese scambio con una donna in coda davanti a lei: “Io veramente radical chic non sono. E voto Marco Doria …”.

    L’episodio è minimale, ma qualche campanello risuona quando anche un importante esponente del Pd, Mario Margini, accosta questo termine ai sostenitori di Doria, descritti come “Sel, radical chic, movimenti, senza tessera, personaggi come don Gallo e Vendola”. Un accorpamento un po’ freak in cui si coglie una nota svalutativa; come dire: con un panorama come questo sarà dura vincere le elezioni.
    Del resto Doria viene descritto su La Repubblica del 14 febbraio come “Il marchese che piace ai rossi e alla borghesia che conta”, sottolinenando che “ha raccolto consensi nei quartieri più esclusivi della città”.
    Ma ascrivere le ragioni del successo di Marco Doria ai movimentisti romantici e alla ricca borghesia è una deformazione che taglia fuori la categoria forte che ha reso davvero possibile la sua vittoria alle primarie: cioè persone non etichettabili con le categorie di cui sopra, di origine italiana e non, di attività ed età svariatissime, benestanti e non, che abitano in tutti i quartieri di Genova, popolari e non; persone che sono state convinte attraverso una campagna condotta da moltissimi volontari, con pochi soldi, nessun apparato, e nessun aiuto da parte degli organi di stampa.
    Lo sconcerto sistematico del Pd di fronte a queste sconfitte mai messe in conto, dalla Puglia, a Milano, a Napoli, e ora a Genova, nella grande diversità delle situazioni, è comunque frutto dello stesso fraintendimento della realtà, a cui viene sostituita un’immagine ingannevole, costruita in un ambito chiuso ed autoriferito.
    Nella piazza dei festeggiamenti c’erano persone molto normali che ti raccontavano una “grande gioia”, perché avevano molto lavorato, avevano vissuto insieme “una esperienza bellissima”, e ce l’avevano fatta contro le generali aspettative.
    Che c’entra questa gente con i radical chic evocati dall’anonima elettrice del Ghetto, e dal noto politico Pd?
    (Paola Pierantoni – foto dell’autrice)

  • OLI 330: PRIMARIE – Il win win di Roberta Pinotti

    Per un impegno fissato in precedenza Roberta Pinotti non era presente all’incontro organizzato lo scorso venerdì da “Se Non Ora Quando”, ma compensa l’assenza inviando una lettera.
    Nel breve messaggio ricorda che “In Italia la donna accudisce i bambini al posto degli asili che non ci sono, si occupa degli anziani invece di un’assistenza pubblica alla terza età inesistente, arrivando a lavorare 80 minuti al giorno più di un uomo”.
    E’ probabile che le donne in indirizzo, e non solo loro, queste cose le sapessero già, ma il centro sta nella soluzione proposta: “La politica … può trovare alleanze (forse inaspettate) con le imprese, o almeno con quella parte di esse che ritengono di contribuire al “bene comune” in un’ottica ‘win win’, per società e impresa stessa”.
    E qui apre un’allettante prospettiva di “asili nido aziendali, centri estivi, ‘maggiordomi’ aziendali che sbrigano le commissioni, baby sitter che accudiscono i bambini se malati, spesa online recapitata in ufficio, colf che fa le pulizie e stira mentre la donna lavora… “.
    Non si tratta di sogni, precisa Pinotti, “ma buone pratiche già realizzate da aziende italiane socialmente responsabili”. Certo, si tratta di azioni “più facilmente realizzabili da aziende medie e grandi, con disponibilità di risorse economiche e umane … Tuttavia le micro imprese possono attivare su queste tematiche collaborazioni e progetti di rete interaziendali. E il Comune può giocare, da questo punto di vista, un ruolo strategico, di facilitatore”.

    Indubbiamente è un forte invito all’ottimismo, in un periodo in cui molte imprese licenziano, premono per l’abolizione dell’articolo 18, mantengono le donne in condizione di maggior precarietà e salari più bassi, rendono difficile il rientro al lavoro dopo la maternità, fanno firmare dimissioni in bianco, e guardano con approvazione e spirito di emulazione alla linea Marchionne di limitazione dei diritti sindacali, taglio delle pause e aumento dello straordinario obbligatorio.
    E poi: asili e “maggiordomi” aziendali? Col Comune nel ruolo di semplice “facilitatore”? In tempi antichi le donne lottarono per destinare i contributi delle aziende (il “salario sociale”) al rafforzamento della rete pubblica di servizi sul territorio, a vantaggio di tutti, con la convinzione che la qualità non si costruisce in una costellazione di mondi chiusi e separati. A Genova si conquistarono così asili e consultori.
    Il “salario sociale” è perduto da tempo, un sindacato indebolito dal rivolgimento economico e industriale che abbiamo alle spalle, è stato incapace o impossibilitato a difenderlo. Ma è molto dubbio che l’alternativa possa essere il surrogato aziendalista vagheggiato da Roberta Pinotti.
    Marta Vincenzi, nel corso dell’incontro, aveva difeso i suoi risultati: “Il comune ha aumentato di 600 posti la disponibilità degli asili, che ora coprono il 33% della domanda, percentuale tra le più alte in Italia, e ha mantenuto in questo settore la sua competenza diretta e la sua capacità di programmazione e controllo”. Per il futuro aveva ipotizzato forme di articolazione e flessibilità ma sotto il “coordinamento, controllo, e garanzia di formazione da parte del Comune”.
    Quanto ai due candidati di sesso maschile, la posizione di Sassano è che “Il Comune deve mantenere un ruolo forte, una gestione diretta, in un settore che ha sempre espresso un’eccellenza”. Per Doria è necessario “difendere strenuamente lo stato sociale nel momento in cui viene attaccato e messo in discussione”, e “Stabilire un rapporto più intenso col tessuto associativo che c’è in città”.
    Pubblico e privato a confronto?
    (Paola Pierantonifoto dell’autrice)

  • OLI 330: PRIMARIE – Rappresentanza femminile tra realtà e promesse

    Il dibattito tra candidate e candidati alle primarie, organizzato lo scorso venerdì dalle donne di “Se non ora quando”, viene introdotto da un filmato del 1999, “Quando le donne e gli uomini governano insieme, la scelta svedese”, prodotto da AFEM (*).
    Per circa mezz’ora immagini e parole di donne e di uomini, nessun sesso in prevalenza sull’altro, rivelano il grande passaggio culturale avvenuto in quella società: “Qui abbiamo negato l’universalità maschile”; “Se gli uomini conoscono i bambini, e le madri entrano a gestire l’economia, si creano le condizioni perché possano decidere insieme”; “L’uomo aggressivo è frutto del patriarcato”; “Gli uomini hanno bisogno di aiuto quando diventano babbi”; “E’ molto importante occuparsi delle faccende domestiche”; “Sono diventato un migliore politico da quando ho avuto un figlio”; “Le ragazze mi parlano di problemi che non porrebbero mai ad un uomo”, detto da una donna sacerdote.
    Il pubblico contempla invidioso madri e padri che salgono sereni sugli autobus pilotando grandi carrozzelle per bambini, e legge numeri che descrivono un mondo alieno: il 50% dei parlamentari sono donne, il 31 % dei padri prende il permesso di paternità, il 40 % quello per malattia dei figli.

    Questa volta c’erano Marco Doria, Andrea Sassano, e Marta Vincenzi, ma mancavano Roberta Pinotti ed Angela Burlando.
    Le assenze, unite alla breve presenza della sindaco richiamata da un impegno istituzionale, fanno mancare il pregio di un vero confronto, ma l’incontro è comunque interessante.
    Marta Vincenzi interviene per prima, e alla domanda: “che difficoltà pensate di avere a garantire in giunta una rappresentanza di donne al 50%?” risponde dicendo che “sarebbe ben lieta di avere il 50% di donne”, puntualizzando però che potrebbe essere un obbiettivo illusorio: “Anche esperienze avanzate possono essere facilmente annullate. Non ci sono scorciatoie. Ci vuole un movimento forte, con idee condizionanti”. Che invece manca.
    Aggiunge che “Il numero delle dirigenti donne nel Comune è il più alto d’Italia” (il 44%, ndr.), e chiede “Ma chi se ne è accorto?”.
    Non sarà più in sala quando una donna del pubblico osserva: “Appunto, non ce ne siamo accorti, perché quel che conta è la politica a monte, il resto segue”. E “a monte”, in giunta, oggi le donne sono tre su undici.

    Certamente la posizione di chi deve dare conto di un’esperienza di governo è diversa da quella, momentaneamente più comoda, di chi ha ancora un terreno vergine davanti. Doria avverte questo divario, e dichiara il proprio disagio nel formulare promesse che potranno essere sottoposte a verifica solo successivamente.
    Comunque, come Sassano, prende l’impegno di portare la rappresentanza femminile al 50%: “E’ centrale portare più donne alla responsabilità politica. Ci sono contenuti e politiche che vanno cambiati, e il punto di vista femminile è determinante. Bisogna ripensare il modo di vivere, il linguaggio, il modo di leggere le questioni”.
    La sindaco è andata via da tempo quando viene posta la domanda conclusiva: “Quale sarà la vostra prima azione, intesa a valorizzare ed appoggiare le donne?”
    Sassano pensa ad una authority che verifichi il rispetto della parità di genere negli atti della amministrazione comunale. Doria pone al centro “Un’indispensabile condizione preliminare“, cioè garantire prima di tutto l’efficienza della macchina comunale “valorizzando e accrescendo le competenze di chi ci lavora, motivandolo a lavorare bene“. Senza il buon funzionamento della fabbrica di cui si è direttamente responsabili non c’è buona intenzione che tenga.
    (*) Association des Femmes de l’Europe Meridionale – http://afem.itane.com/
    (Paola Pierantoni – Foto dell’autrice)

  • OLI 330: INFORMAZIONE – Quando un’immagine suscita un dibattito

    E’ in qualche modo singolare che un articolo di un anno fa (Oli 298, “Il futuro è nelle tue mani?”) centrato sul messaggio veicolato da un’immagine pubblicitaria, abbia finito per sollecitare una piccola catena di commenti, che continua a tutt’oggi.
    A suo tempo avevamo avanzato delle osservazioni critiche sulla qualità del messaggio pubblicitario della azienda Futurweb “Il manifesto è talmente brutto e respingente da indurre degli interrogativi: a chi si rivolge? Come può pensare di essere in qualche modo attraente, invitante? Che mondo rappresenta?”, sottolineando il divario esistente tra la vaghezza delle condizioni contrattuali dichiarate (offresi fisso … tipo di contratto da definire), e la magnificenza con cui veniva pesentato il futuro di chi avrebbe intrapreso questa attività: “Il futuro è nelle tue mani … se stai cercando di sviluppare un business innovativo con elevata redditività e ti piacciono le sfide, potresti essere il candidato ideale per diventare un consulente Futurweb S.p.A”.
    Senza alcun riferimento specifico all’azienda Futurweb, osservavamo poi che l’esperienza di alcuni amici precari, e, sull’altro fronte, quella di molti comuni cittadini interpellati da “consulenti” inviati a piazzare prodotti o servizi, davano un’immagine assai meno allettante di questo lavoro: “L’esperienza di vita dei molti precari che conosciamo può farci intuire la natura delle sfide che ti devono piacere per correre l’avventura, tra un contratto “da definire”, un “offresi fisso” di natura non meglio precisata e una “elevata redditività” da conquistarsi salendo e scendendo molte scale”.
    Tra i commenti che si sono impilati nel tempo, tre sono di un lettore che si firma “Angelo” che difende con decisione e vis polemica le opportunità offerte da questo tipo di attività: “La signora che ha firmato l’articolo … dovrebbe prima di tutto prendere informazioni di tutte quelle persone che, nella morsa della disoccupazione, trovano un attimo di respiro vendendo in aziende similari a quella pubblicizzata …” e ancora: “basterebbe fare un giro fra chi questo lavoro lo fa davvero in termini di attività (non chi lavora 2 giorni a settimana, o 2 ore al giorno … quelli sono coloro che aspirano al lavoro fisso non per sicurezza contrattuale ma per potersi mettere in malattia 20 giorni al mese! Ovvero quelli che Marx chiamava sottoproletariato) … rimarrebbe stupita dai redditi che queste persone riescono a generare”.
    Un anonimo aggiunge: “Forse non sapete che esistono molte agenzie di questo tipo e i commenti non dovrebbero farli fare a tutti specie quando sono diffamatori”.
    Sull’altro fronte, c’è chi condivide perplessità e critiche, socializza scoraggianti esperienze sul campo, segnala siti che hanno analizzato e/o commentato criticamente altre realtà di lavoro che impiegano “consulenti” magnificando questa attività come “una scommessa verso te stesso”. C’è perfino un lettore che chiede consiglio: “Volevo sapere se ci sono aggiornamenti sull’azienda oggetto del post dal momento che ne sono entrato in contatto per valutare un rapporto di collaborazione. C’e’ da fidarsi?“.
    Naturalmente è completamente al di fuori dei nostri compiti, volontà e possibilità esprimere pareri di questo tipo. Ma sarebbe certamente interessante, e magari utile, il racconto di esperienze lavorative che aiutino ad inquadrare aspetti critici, o al contario positivi, di questo tipo di attività.
    (Paola Pierantoni – disegno di Guido Rosato)

  • OLI 329: PRIMARIE – Candidati a confronto: gronda e terzo valico

    Lunedì 30 gennaio al Teatro della Gioventù sala piccola e strapiena per un inedito e interessante confronto tra i candidati alle primarie del centro sinistra, chiamati a discutere dal Centro “In Europa” sulla base di una serie di idee e proposte per la città, elaborate da un gruppo di esperti, e pubblicate nel numero 4/2011 della rivista In Europa.
    Erano stati invitati tutti: Angela Burlando, Marco Doria, Roberta Pinotti, Andrea Sassano, Marta Vincenzi, ma la sindaco fa sapere delle propria assenza “per motivi istituzionali” poco prima che inizi il dibattito, e la targa col suo nome, in attesa sul tavolo della presidenza, resta a creare incertezza.
    Conduceva il dialogo il giornalista Menduni, giornalista del Il Secolo XIX, che concentra le sue domande intorno a due poli: quello della richiesta di sicurezza, a fronte dei dati recenti sull’aumento della microcriminalità; e quello delle infrastrutture (gronda, terzo valico, Erzelli): sono questi gli interventi, chiede, che potranno portare ricchezza alla città?
    E’ sul tema delle infrastrutture, in particolare terzo valico e gronda, che le differenze si manifestano in misura sensibile.
    Roberta Pinotti è per la continuità. Afferma che non è buona politica “mettere in discussione quel che ha fatto l’amministrazione precedente, perdere i soldi già stanziati”. Non fa distinzione tra i due interventi e si dice convinta “che gronda e terzo valico siano opere essenziali”. Entrare e uscire dalla città infatti è difficile. La Regione ha fatto le sue obiezioni ambientali, e “chi realizza l’opera ne terrà conto”, senza dimenticare però che spesso “il meglio è nemico del bene”. Passaggio polemico verso chi ricerca consenso cavalcando il malessere di chi si oppone alla realizzazione di queste opere.
    Sassano puntualizza che i finanziamenti ci sono solo in parte. E che l’unica vera grande opera di cui avremmo bisogno è la messa in sicurezza del territorio: “qualsiasi opera che posa sul territorio ha bisogno di avere alle spalle questa messa in sicurezza”. Sottolinea inoltre che Genova è una città poco trasparente, dove le decisioni che contano vengono prese in circoli chiusi, che rappresentano gruppi di interesse: “Occorre uscire da questo tunnel”.
    Doria punta sulla necessità di avere una chiara visione del futuro: “Siamo vicini al punto di non ritorno nel nostro rapporto con l’ambiente, e la prospettiva di Genova non è più quella dell’espansione industriale degli anni ’50 e ’60. Dobbiamo metterci in un’altra dimensione”. Nel merito, afferma che la gronda è dentro la prospettiva perdente della mobilità su gomma, che spostarne il tracciato un po’ più in su o in giù non sposta il problema: “Se una strada è sbagliata va messa in discussione anche se qualcuno ha fatto una puntata mettendoci un po’ di soldi”. A proposito della ricerca di consenso puntualizza che i gruppi d’interesse più forti sono a favore della realizzazione dell’opera. Quanto al terzo valico non è pregiudizialmente contrario, ma pone una questione di tempi, risorse e priorità: l’opera non sarà compiuta prima del 2022, e ci sono ancora 4 miliardi da trovare: che si fa nel frattempo, nel prossimo quinquennio? Ci sono altri interventi possibili? Possiamo portare gli altri poteri, le ferrovie, a discuterne?
    (Paola Pierantonifoto di Giovanna Profumo)

  • OLI 329: PRIMARIE – Candidati a confronto, da Monti alle manutenzioni

    Se gronda e terzo valico sono stati il punto più vivacemente dibattuto nel corso del confronto tra i candidati alle primarie del centro sinistra di lunedì 30 gennaio (vedi articolo), è stato possibile cogliere accentuazioni e differenze anche su altri argomenti, magari partendo da posizioni apparentemente uniformi.
    Tutti d’accordo, ad esempio, sul grande sollievo per l’uscita di scena di Berlusconi.
    Ma mentre Roberta Pinotti non solleva nessuna obiezione al nuovo governo, Sassano è esplicitamente critico verso le “politiche neo liberiste di Monti”. E mette le mani avanti, precisando che le alleanze politiche a Genova devono essere diverse da quelle che si sono – temporaneamente – costituite a livello nazionale. Che abbia motivo di temere qualcosa da qualcuno dei suoi colleghi in gara?
    Marco Doria parla di “senso di liberazione e felicità” per il passaggio di fase, e di soddisfazione per il “recupero di credibilità europea”, ma si chiede anche: “Ci sono dei margini di discussione sulle politiche di Monti? Posso mettere in discussione la destinazione delle risorse?”. Ad esempio il famoso acquisto degli aerei da guerra. E sottolinea che la questione delle decisioni nazionali sulla destinazione delle poche risorse disponibili è cruciale per una città dove tra breve esploderanno due bombe ad orologeria: il trasporto pubblico e le scuole comunali.
    Sollecitata da una domanda sulle politiche di parità di genere, Roberta Pinotti annuncia di voler “abbattere le liste di attesa per i nidi”, facendo ricorso anche all’intervento privato. Sassano afferma di non avere nessuna obiezione alla presenza dei privati nella gestione dei servizi, inclusi i nidi, ma precisa che è necessario “Che il pubblico continui a gestire in proprio almeno una parte di questi servizi, altrimenti perderà tutta la sua competenza, la sua autorevolezza, e quindi la capacità e possibilità di esercitare un vero controllo”. Sottolinea anche che i nidi non sono solo un aiuto alle madri che lavorano, ma il primo passo di un percorso educativo, per cui il mantenimento di una elevata qualità è cruciale.
    Tutti d’accordo sulla questione della cittadinanza a chi nasce in Italia, definita necessaria, doverosa. Ma il punto controverso, la moschea, lo tocca solo Doria: va realizzata, subito, nessun ripensamento, nessun cambio di collocazione è più ammissibile.
    Roberta Pinotti, verso la conclusione, afferma con decisione “Ci sono cose in città che bisognerebbe fare e nessuno ha il coraggio di fare”. Nella sala si crea un clima di sospensione e di attesa. Qualche voce qua e là chiede: quali? Pinotti risponde: “Un esempio? Le manutenzioni”.
    Le manutenzioni?
    (Paola Pierantonidisegno di Guido Rosato)

  • OLI 329: GRECIA – Ragazzi e ragazze ottimisti sulla linea del fuoco

    Se c’è una cosa che irrita profondamente i miei giovani amici ateniesi che lottano duramente sul fronte della crisi, è l’immagine della Grecia che circola sui nostri mezzi di informazione: “Per favore! Non trasmettere anche tu un messaggio di lagna e melanconia! Non cadere nella trappola dei mafiosi che perdono il loro potere e fanno credere che arriva il disastro se osiamo toccare il sistema corrotto che ha funzionato fino ad adesso!”.
    Sono persone tra i trenta e i quaranta anni, che lavorano come dannate per un reddito molto basso. O che perdono il lavoro, come un’amica che si è sentita dire: qui c’è il nuovo contratto, 750 euro al posto dei precedenti 1200. O accetta, o quella è la porta.

    Eppure … eppure non si lamentano, e considerano questo sconquasso da un punto di vista molto interessante. L’amica che ha perso il posto, ad esempio, ha reagito dicendo “Finora mi ero fatta sfruttare stupidamente. Avevo dato a quel lavoro tutte le mie energie, prendendomi responsabilità che non mi sono mai state pagate. Ora vedo chiaro nel rapporto che c’era davvero tra me e la ditta. Meglio così”.
    T., architetto mi scrive “Io comincio nuovi lavori, gente giovane apre nuove attività, se ne tornano nei loro paesini a portare intelligenza e produttività nei campi lasciati a seccare … io parlo ogni giorno con gente che ha sempre prodotto, e si è fatta il culo, e ora ha la possibilità di prendere più potere, perché i mafiosi del sistema sono stati bacchettati dalla crisi, e non possono più fare le loro porcherie! Positività!”.

    Un altro amico, splendido disegnatore, per poter vivere affianca più lavori: grafico pubblicitario, d’estate un chiosco di cocomeri, e se capita anche caricature per strada. Vita faticosa, ma ora, mi dice, si stanno aprendo inedite occasioni di lavoro: le grandi aziende pubblicitarie sono in crisi, e i committenti saltano un anello, rivolgendosi direttamente ai disegnatori free lance.
    M., anche lei architetto, sonda ogni piega del mercato, intraprende una nuova formazione, nonostante il rigido inverno ateniese di quest’anno non accende il riscaldamento e mi dice: è dura, ma sono ottimista.
    Gli amici non negano la crisi, anzi, ci sono proprio immersi, ma ne rifiutano l’uso strumentale. Come la questione dei bambini svenuti d’inedia mentre erano a scuola: “E’ una storia partita dai giornalisti populisti perché in una (sottolineo UNA) città i genitori hanno fatto una colletta di soldi e cibo per una famiglia numerosa di zingari … Lo stesso vale anche per i bambini abbandonati. Ma gli zingari sono sempre stati in queste condizioni e la società greca non li ha mai voluti inserire. Ora li stanno usando come “greci” per creare un’idea della disfatta globale!”.

    Interessante anche il punto di vista sui suicidi: “La gente si suicida perché ha tutto! Il “tutto” per loro si era creato con un stipendio di 1200 € al mese: Lui è andato a comprare una casa di 350.000, una macchina di 30.000, elettrodomestici, vestiti e vita da ricco con vacanze costose che ora non può piu sostenere. E’ andato dalle banche a prendere prestiti che servono 3 vite per sdebitarsi. Il sogno americano è diventato un incubo!
    La famosa questione della parola crisi che significa anche opportunità qui non te la senti propinare da gente al caldo, lontana dai problemi, ma da ragazze e ragazzi sulla linea del fuoco.
    (Paola Pierantoni – foto dell’autrice)

  • Oli 329: CULTURA – Ivano Fossati, concerto d’addio

    Perché tanto notevole questo concerto? Perché indica un termine. Comunica che le cose non possono durare per sempre. Accetta e fa accettare l’esistenza di un limite.
    Lunga vita a tutti, dopo questo concerto. A Ivano Fossati e a tutti noi.
    Ma non c’è dubbio che la prima cosa che si pensa di fronte ad un evento come questo è che, come la stagione di un musicista, anche la vita avrà il suo termine.
    Non a caso il concerto stenta a finire. Una uscita di scena dopo l’altra, ed altrettanti ritorni sul palco. Un bis dopo l’altro. L’ultimo applauso, che non è mai l’ultimo.
    Difficile faccenda dire “fine”. Sembra che la conclusione arrivi quando Fossati rientra, da solo, siede al pianoforte, e attacca “La costruzione di un amore”, forse uno dei pezzi più amati, più intimi, più difficili.
    Ma il momento dell’addio viene ancora dilazionato. Poi il suono del flauto pronuncia la nota definitiva.
    Ora a casa ci si va davvero, accompagnati da una bella tristezza, ricchi del patrimonio di umanità e di speranza “intelligente” lasciatoci da Fossati con le sue canzoni.
    Grazie, Ivano.
    (Ivo Ruello – immagine da internet)

  • OLI 328: GRECIA – Cronache di vita vissuta: l’isola

    Moschoùla, insegnante e dirigente di scuola superiore nell’isola di Ikaria, mi scrive: “Sì, le notizie che girano in televisione sono queste (Ndr: episodi di carenza di farmaci essenziali e di inedia; aumento dei suicidi e delle rapine …), ma soprattutto riguardano le grandi città. A Ikaria, il cibo non dipende solo dal nostro stipendio, ma anche da quello che coltiviamo (orti, animali, olive, vino): non credo che qui potranno verificarsi situazioni d’inedia. Quello che probabilmente succederà qui è che si perderanno case e proprietà, perché non c’è denaro liquido. Nelle città invece penso che ci siano veri e propri problemi di fame, perché i salari sono scesi tantissimo, e le persone si sono caricate di rate per la casa, per l’automobile … Per cui, se cercano di pagare tutte queste rate, non avranno i soldi per le loro necessità immediate. E se spendono i loro soldi per le spese necessarie non pagheranno le rate e perciò perderanno la casa, l’automobile … “.
    In Grecia infatti l’entità di stipendi e pensioni è stata “ridefinita”, con una riduzione secca del 25 – 35%. Salve solo le pensioni minime, che non superano i 450 euro mensili.
    Continua Moschoùla: “Non so verso dove ci porterà tutto questo; se si apriranno occasioni di lavoro per i disoccupati, in qualche modo la situazione potrà aggiustarsi. La verità è che siamo tornati agli anni tra il 1950 e il 1960, quando tutti cercavano di andare via per trovare migliore fortuna, solo che allora il mondo era molto diverso, e la maggior parte di quelli che se andavano era gente non qualificata. Ora se ne va chi ha una laurea e un dottorato. E questo è un fenomeno che indebolisce tutto il Paese”.
    In un’isola un pò selvatica come questa i redditi falciati dalle misure governative sono sostenuti non solo dalla micro economia dell’orto, del piccolo allevamento, delle manutenzioni auto gestite, ma anche dal fatto che è davvero difficile inventarsi modi per spendere soldi. Ma la crisi sta colpendo duramente anche qui. Durante queste vacanze di capodanno, rispetto a un anno fa, la differenza salta agli occhi: quasi introvabili le trattorie aperte. Pochissima la gente in giro.

    La bella nave moderna (anno di costruzione 2005) che in poco più di sei ore faceva servizio col Pireo, è sparita. Girano voci che sia stata venduta agli spagnoli. La sostituta Ierapetra di anni ne ha 36, e capita anche l’episodio eccessivo: cinquanta persone per protesta le impediscono di attraccare, coi passeggeri portati in giro per un giorno intero, inclusa una bara inutilmente attesa dai parenti che dovevano celebrare il funerale.

    Il primo gennaio, in quest’isola, c’è il rito di andare a salutare tutte le case, per portare il buon anno. Si inizia al pomeriggio, e spesso si finisce la mattina dopo. Quest’anno la compagnia di giro arriva a casa di Moschoula alle due di notte. Come in tutte le case la tavola è imbandita, e tra i canti e le chiacchiere uno degli ospiti dice: “Amici, fotografiamo questa bella tavola, tutti i cibi, uno per uno. Così l’anno prossimo quando ci ritroviamo a cantare, sul tavolo, invece del mangiare, ci mettiamo le fotografie”.
    Vedi Oli 327: “Grecia, una nazione a perdere?” – Nel prossimo Oli le cronache da Atene.
    (Paola Pierantoni – foto dell’autriceManifestazione contro la nave Ierapetra da Internet)

  • OLI 328: CULTURA – La segreteria ingannevole dell’assessore Ranieri

    Si tratta solo di un dettaglio, ma anche i dettagli parlano, e rivelano le pieghe della realtà.
    Dunque, la segreteria dell’assessore Ranieri riceve, con largo anticipo, l’invito a partecipare a un’iniziativa organizzata da un gruppo di cittadine. Naturalmente, a un mese di distanza, la presenza dell’assessore non può essere garantita. Si resta intesi che l’invito sarà rinnovato nella prossimità dell’avvenimento, e così avviene. “In questo momento – viene detto – non possiamo ancora assicurarvi la presenza dell’assessore, che però è perfettamente informato; in ogni caso sarà nostra cura prendere contatto con voi per informarvi tempestivamente se potrà, o meno, essere presente”.
    Ringraziamenti e attesa: vana. Vince l’ala realista / pessimista del gruppo, quella che ne dava per scontata l’assenza. Il “dettaglio” che aggrava il quadro, e determina una franca irritazione, è quella mancata telefonata “di cortesia”, annunciata a vanvera, e poi non effettuata.
    Si potrà pensare: magari questa iniziativa era talmente una fesseria, talmente lontana dalle competenze dell’assessorato, talmente trascurabile rispetto alle urgenze che incombono, che dimenticarsi anche di telefonare è il più veniale dei peccati veniali: quante storie!
    Ma, veramente … la cosa riguardava direttamente proprio le competenze dell’Assessorato alla Cultura. L’iniziativa (cena, spettacolo, discussione sullo stato degli archivi dei movimenti) aveva infatti lo scopo di raccogliere risorse finalizzate alla conservazione e consultabilità di un fondo archivistico, l’archivio del “Coordinamento Donne FLM” che raccoglie i documenti prodotti dalle donne delle fabbriche genovesi tra il 1973 e i primi anni ’80.

    Il fondo, che ha recentemente ricevuto il riconoscimento “di interesse storico particolarmente importante” da parte del Ministero dei Beni Culturali, ed ha già fornito la base documentaria per numerose ricerche e pubblicazioni, è conservato presso il Centro Ligure di Storia Sociale, insieme ad altri fondi di grandissima importanza per la storia della città.
    Il punto critico è che da circa due anni l’Associazione “Centro Ligure di Storia Sociale” – venuto a mancare il sostegno di alcuni sponsor, e dovendo comunque corrispondere al Comune un affitto per i locali in cui sono conservati gli archivi – versa in una grave situazione debitoria, tanto da paralizzare di fatto qualunque attività che possa garantire l’adeguata conservazione, valorizzazione, e agevole consultazione del materiale archivistico.
    La questione del destino di questo prezioso patrimonio è da tempo alla attenzione della Amministrazione comunale, ma stenta a trovare uno sbocco. Una situazione di stallo inquietante, a cui le donne protagoniste o eredi della stagione dei Coordinamenti Donne nelle fabbriche hanno reagito inventandosi l’iniziativa di cui sopra.
    Si dirà: ma chissà chi ci sarà andato! Una serata su un fondo archivistico! Barba colossale …
    E invece no, grande successo, sala piena, serata bellissima! Gli archivi, a saperli far vivere, possono appassionare. Sono uno dei tanti aspetti della cultura che circola segretamente nelle vene della città, sostenuta da passioni e competenze che meriterebbero maggiore attenzione.

    A proposito di storia, femminismo, e di archivi che vivono: ricordiamo ancora che questa settimana c’è un appuntamento da non perdere, la “prima” del film “Donne in Movimento. Il femminismo a Genova negli anni Settanta“, realizzato dall’Archivio dei movimenti. Giovedì 26 gennaio, ore 18 alla Sala Sivori, ingresso libero.
    Intanto guardate il trailer!
    (Paola Pierantoni)