Categoria: Grecia

  • OLI 335: LAVORO – I greci con la FIOM

    Venerdi 9 marzo, a Roma, tra le molte voci udite alla manifestazione nazionale della FIOM, Ghiannis Stefanopoulos, presidente del Poem, il sindacato dei metalmeccanici greci, ha gridato alla piazza le ragioni del popolo greco, della sua rabbia, e della sua speranza.
    L’intervento è riportato interamente su Youtube.
    (Ivo Ruello – video dell’autore)

  • OLI 329: GRECIA – Ragazzi e ragazze ottimisti sulla linea del fuoco

    Se c’è una cosa che irrita profondamente i miei giovani amici ateniesi che lottano duramente sul fronte della crisi, è l’immagine della Grecia che circola sui nostri mezzi di informazione: “Per favore! Non trasmettere anche tu un messaggio di lagna e melanconia! Non cadere nella trappola dei mafiosi che perdono il loro potere e fanno credere che arriva il disastro se osiamo toccare il sistema corrotto che ha funzionato fino ad adesso!”.
    Sono persone tra i trenta e i quaranta anni, che lavorano come dannate per un reddito molto basso. O che perdono il lavoro, come un’amica che si è sentita dire: qui c’è il nuovo contratto, 750 euro al posto dei precedenti 1200. O accetta, o quella è la porta.

    Eppure … eppure non si lamentano, e considerano questo sconquasso da un punto di vista molto interessante. L’amica che ha perso il posto, ad esempio, ha reagito dicendo “Finora mi ero fatta sfruttare stupidamente. Avevo dato a quel lavoro tutte le mie energie, prendendomi responsabilità che non mi sono mai state pagate. Ora vedo chiaro nel rapporto che c’era davvero tra me e la ditta. Meglio così”.
    T., architetto mi scrive “Io comincio nuovi lavori, gente giovane apre nuove attività, se ne tornano nei loro paesini a portare intelligenza e produttività nei campi lasciati a seccare … io parlo ogni giorno con gente che ha sempre prodotto, e si è fatta il culo, e ora ha la possibilità di prendere più potere, perché i mafiosi del sistema sono stati bacchettati dalla crisi, e non possono più fare le loro porcherie! Positività!”.

    Un altro amico, splendido disegnatore, per poter vivere affianca più lavori: grafico pubblicitario, d’estate un chiosco di cocomeri, e se capita anche caricature per strada. Vita faticosa, ma ora, mi dice, si stanno aprendo inedite occasioni di lavoro: le grandi aziende pubblicitarie sono in crisi, e i committenti saltano un anello, rivolgendosi direttamente ai disegnatori free lance.
    M., anche lei architetto, sonda ogni piega del mercato, intraprende una nuova formazione, nonostante il rigido inverno ateniese di quest’anno non accende il riscaldamento e mi dice: è dura, ma sono ottimista.
    Gli amici non negano la crisi, anzi, ci sono proprio immersi, ma ne rifiutano l’uso strumentale. Come la questione dei bambini svenuti d’inedia mentre erano a scuola: “E’ una storia partita dai giornalisti populisti perché in una (sottolineo UNA) città i genitori hanno fatto una colletta di soldi e cibo per una famiglia numerosa di zingari … Lo stesso vale anche per i bambini abbandonati. Ma gli zingari sono sempre stati in queste condizioni e la società greca non li ha mai voluti inserire. Ora li stanno usando come “greci” per creare un’idea della disfatta globale!”.

    Interessante anche il punto di vista sui suicidi: “La gente si suicida perché ha tutto! Il “tutto” per loro si era creato con un stipendio di 1200 € al mese: Lui è andato a comprare una casa di 350.000, una macchina di 30.000, elettrodomestici, vestiti e vita da ricco con vacanze costose che ora non può piu sostenere. E’ andato dalle banche a prendere prestiti che servono 3 vite per sdebitarsi. Il sogno americano è diventato un incubo!
    La famosa questione della parola crisi che significa anche opportunità qui non te la senti propinare da gente al caldo, lontana dai problemi, ma da ragazze e ragazzi sulla linea del fuoco.
    (Paola Pierantoni – foto dell’autrice)

  • OLI 328: GRECIA – Cronache di vita vissuta: l’isola

    Moschoùla, insegnante e dirigente di scuola superiore nell’isola di Ikaria, mi scrive: “Sì, le notizie che girano in televisione sono queste (Ndr: episodi di carenza di farmaci essenziali e di inedia; aumento dei suicidi e delle rapine …), ma soprattutto riguardano le grandi città. A Ikaria, il cibo non dipende solo dal nostro stipendio, ma anche da quello che coltiviamo (orti, animali, olive, vino): non credo che qui potranno verificarsi situazioni d’inedia. Quello che probabilmente succederà qui è che si perderanno case e proprietà, perché non c’è denaro liquido. Nelle città invece penso che ci siano veri e propri problemi di fame, perché i salari sono scesi tantissimo, e le persone si sono caricate di rate per la casa, per l’automobile … Per cui, se cercano di pagare tutte queste rate, non avranno i soldi per le loro necessità immediate. E se spendono i loro soldi per le spese necessarie non pagheranno le rate e perciò perderanno la casa, l’automobile … “.
    In Grecia infatti l’entità di stipendi e pensioni è stata “ridefinita”, con una riduzione secca del 25 – 35%. Salve solo le pensioni minime, che non superano i 450 euro mensili.
    Continua Moschoùla: “Non so verso dove ci porterà tutto questo; se si apriranno occasioni di lavoro per i disoccupati, in qualche modo la situazione potrà aggiustarsi. La verità è che siamo tornati agli anni tra il 1950 e il 1960, quando tutti cercavano di andare via per trovare migliore fortuna, solo che allora il mondo era molto diverso, e la maggior parte di quelli che se andavano era gente non qualificata. Ora se ne va chi ha una laurea e un dottorato. E questo è un fenomeno che indebolisce tutto il Paese”.
    In un’isola un pò selvatica come questa i redditi falciati dalle misure governative sono sostenuti non solo dalla micro economia dell’orto, del piccolo allevamento, delle manutenzioni auto gestite, ma anche dal fatto che è davvero difficile inventarsi modi per spendere soldi. Ma la crisi sta colpendo duramente anche qui. Durante queste vacanze di capodanno, rispetto a un anno fa, la differenza salta agli occhi: quasi introvabili le trattorie aperte. Pochissima la gente in giro.

    La bella nave moderna (anno di costruzione 2005) che in poco più di sei ore faceva servizio col Pireo, è sparita. Girano voci che sia stata venduta agli spagnoli. La sostituta Ierapetra di anni ne ha 36, e capita anche l’episodio eccessivo: cinquanta persone per protesta le impediscono di attraccare, coi passeggeri portati in giro per un giorno intero, inclusa una bara inutilmente attesa dai parenti che dovevano celebrare il funerale.

    Il primo gennaio, in quest’isola, c’è il rito di andare a salutare tutte le case, per portare il buon anno. Si inizia al pomeriggio, e spesso si finisce la mattina dopo. Quest’anno la compagnia di giro arriva a casa di Moschoula alle due di notte. Come in tutte le case la tavola è imbandita, e tra i canti e le chiacchiere uno degli ospiti dice: “Amici, fotografiamo questa bella tavola, tutti i cibi, uno per uno. Così l’anno prossimo quando ci ritroviamo a cantare, sul tavolo, invece del mangiare, ci mettiamo le fotografie”.
    Vedi Oli 327: “Grecia, una nazione a perdere?” – Nel prossimo Oli le cronache da Atene.
    (Paola Pierantoni – foto dell’autriceManifestazione contro la nave Ierapetra da Internet)

  • OLI 327: GRECIA – Una nazione a perdere?

    Da mesi la Grecia ha assunto per noi una doppia faccia: ci spaventa, facendoci intravvedere il possibile “baratro” prossimo venturo, quello in cui potremmo cadere anche noi; ma nello stesso tempo ci rassicura, perché in fondo siamo convinti che a quel punto non ci arriveremo: i greci hanno più colpe di tutti, la loro inefficienza e corruzione sono ancora più profonde ed endemiche che da noi, l’evasione fiscale pure. E poi alle spalle non hanno una storia industriale, non producono nulla, quindi è naturale che davanti non abbiano un futuro. Una nazione a perdere.
    Di fatto i mezzi d’informazione riportano sulla Grecia notizie sempre più allarmanti: aumento del 30% dei suicidi in una nazione che vantava il più basso tasso europeo; sparizione di farmaci essenziali dagli ospedali, addirittura mancherebbe l’insulina; bambini che svengono a scuola per la fame, e altri abbandonati da genitori che non possono più mantenerli; aumento delle rapine; sindacalisti arrestati durante le proteste.
    All’immagine del greco-cicala, che si merita la tegola che gli è caduta in testa, se ne affianca un’altra: quella della vittima ridotta allo stremo dalle politiche della finanza internazionale, e che combatte nelle strade, sotto la repressione della polizia.
    Le informazioni che ci arrivano corrispondono alla realtà? Giro la domanda ad alcuni amici greci. Alcuni vivono in una piccola isola, altri ad Atene. Nei prossimi Oli una testimonianza dall’isola e le voci da Atene. Come vedrete la situazione sull’isola è un po’ migliore, come lo era quella dei nostri “sfollati”, durante la guerra.
    (Paola Pierantoni – foto dell’autrice)

  • OLI 324: GRECIA – Origini di una crisi secondo Petros Markaris

    Lunedì 12 dicembre nel salone del Minor Consiglio di Palazzo Ducale a Genova, un folto pubblico ha accolto la conferenza dello scrittore greco Petros Markaris, programmata nell’ambito della rassegna “Mediterranea”.
    Markaris, nato ad Istanbul, di padre armeno e madre greca, sceneggiatore di diversi film di Theo Anghelopulos, è noto al grande pubblico per il commissario di polizia Kostas Charitos, protagonista dei suoi romanzi pubblicati in Italia da Bompiani.
    Markaris, con un discorso appassionato, ha descritto il momento attuale in Grecia, in balia di una crisi economica di cui non si intravedono prospettive di uscita: quali sono le cause che hanno portato il paese in questo stato?
    Partendo dalla caduta della dittatura dei colonnelli nell’aprile del 1974, Markaris divide il passato ellenico recente in tre periodi: il primo, dal 1974 al 1981, è stato quello delle grandi riforme; il secondo dal 1981, è stato segnato dall’ingresso della Grecia nell’Unione Europea; il terzo ha origine nell’ottobre 2010, con le dimissioni del governo Karamanlis, ed è contrassegnato dalla attuale crisi economica.
    Il presente greco “è un incubo”, dice Markaris. I motivi profondi di questa crisi vengono da lontano e sono riconducibili a diversi fattori:
    – da più di trenta anni la scena politica è stata dominata da due famiglie, Papandreou e Karamanlis, e questo ha di fatto bloccato lo sviluppo di una democrazia compiuta;
    – manca in Grecia una forte classe borghese, con una propria cultura;
    – con l’ingresso nell’Unione Europea, l’arrivo di forti finanziamenti comunitari in un paese senza alcuna base economica produttiva ha portato un fittizio arricchimento, con una perdita parallela dei valori della cultura popolare;
    – la presenza di forte evasione fiscale e di corruzione ormai diffuse a tutti i livelli;
    – un punto di svolta infine è costituito dalle Olimpiadi di Atene del 2004, dove i costi, lievitati in corso d’opera a livelli esorbitanti, hanno portato ad un forte indebitamento pubblico con banche straniere.

    Siamo tutti responsabili di quel che è avvenuto, dice Markaris, e ora il rischio è che la gente si metta ad aspettare un “salvatore”.
    Markaris si è detto diviso tra un senso di scoramento che può giungere alle lacrime, e una rabbia tale da voler sfasciare tutto. Quale può essere una via di uscita? Lo scrittore auspica una rinascita culturale, che trovi le proprie radici da un lato nella classe intellettuale, formata da scrittori, poeti e giornalisti, dall’altro nella parte migliore della classe politica, individuabile oggi solo nelle minoranze “pensanti” all’interno dei due grandi partiti greci di massa, Pasok e Nea Demokratia. Ma, aggiunge, non tocca solo alla Grecia: è tutta l’Europa che deve ritrovare una cultura e una prospettiva che vada oltre i “numeri” del Pil, dello Spread, degli indici di borsa.
    Lui, da scrittore, ha deciso di utilizzare i suoi prossimi romanzi come mezzo per aprire una discussione sulla crisi greca, sui suoi drammi, sulle sue cause: il primo è già stato pubblicato in Italia col titolo “Prestiti scaduti”, Ed. Bompiani.
    (Ivo Ruello – foto dell’autore)

  • OLI 315: POLITICA – Parole nel tempo

    Nel 1970 nasce in Grecia una canzone contro l’apatia di tanti nei confronti della giunta militare, versi che chiamano in causa la corresponsabilità di tutti nei confronti di quel che stava accadendo.

    La canzone (versi di Giannis Markopoulos, musica di Giorgos Skourtis, splendido interprete Nikos Xylouris) è, a nostro giudizio, bellissima. Ma non è tanto per questo che ve la proponiamo. Il fatto è che – fatte salve tutte le differenze – ci capita di trovarla  terribilmente attuale anche in questa Italia 2011.
    Volete provare a vedere se vi succede lo stesso? Leggetene il testo e ascoltatela.

    Nikos Xilouris

    I nemici sono entrati nella città,
    i nemici hanno rotto le porte,
    e noi ridevamo nei nostri quartieri,
    il primo giorno.
    I nemici sono entrati nella città,
    i nemici hanno preso i fratelli,
    e noi guardavamo le ragazze,
    il giorno dopo.
    I nemici sono entrati nella città,
    i nemici ci hanno gettato addosso il fuoco,
    e noi gridavamo nel buio,
    il terzo giorno.
    I nemici sono entrati nella città,
    i nemici portavano le spade,
    e noi le abbiamo prese per portafortuna,
    il giorno dopo.
    I nemici sono entrati nella città,
    i nemici hanno distribuito regali,
    e noi ridevamo come bambini,
    il quinto giorno.
    I nemici sono entrati nella città,
    i nemici erano dalla parte della ragione,
    e noi gridavamo: Evviva! Forza!
    E noi gridavamo: Evviva! Forza!
    Come ogni giorno.

    (a cura di Ivo Ruello e Paola Pierantoni)

  • OLI 313: GRECIA – Frammenti

    “EΝΟΙΚΙΑΣΕΤAI “, “ΠΟΛΕΙΤΑΙ “, si affitta, si vende. Esercizi commerciali, ristoranti, caffè che hanno cessato l’attività, espongono cartelli che non avranno risposta.
    Automobili di lusso, requisite perché i mutui non sono stati pagati, si accumulano a migliaia, in attesa di compratori che non verranno, nonostante i prezzi stracciati. Illusioni di ricchezza finite al macero: “non sanno più dove metterle”.
    Come uscirne non si sa, perché qui non produciamo niente. Nemmeno la plastica delle carte di identità. Non abbiamo mai prodotto niente. Qui si è campato di impiego pubblico, posti di lavoro dati in cambio di voti, e corruzione
    La corruzione è endemica, è ovunque. Se voglio che l’impiegato comunale si giri, prenda in mano il fascicolo che ha nell’armadio, e ci metta il timbro che deve, devo mettergli davanti un biglietto da cinquanta euro”.

    In piazza a protestare non ci vado, insieme agli anarchici in Harley Davidson, e agli impiegati pubblici che hanno fatto i parassiti e vogliono continuare a farlo.”
    “La gente guarda la televisione, e maledice le cose che ha fatto fino a ieri, e che riprenderà a fare appena potrà
    Papandreu è lì e fa errori, ma cosa può fare? La crisi è mondiale, e la governa la finanza. Non hanno più senso né destra né sinistra. Nessuno ha soluzioni.
    Ci hanno illuso della ricchezza, e ora dobbiamo imparare di nuovo a vivere in povertà, come facevano i nostri nonni
    In periferia, nelle campagne, sulle isole, ancora si sopravvive, qui ad Atene la miseria dilaga

    Ma quasi metà dei greci è ormai concentrata in due città, Atene e Salonicco, fino a poco fa miraggio di benessere economico, ora condensati di povertà. Per la prima volta da anni il chiosco che vende cocomeri di un amico ha chiuso la stagione in rosso: anche l’anguria estiva è diventata un genere superfluo.
    Campagne abbandonate, e isole spopolate, salvo che per la stagione estiva, quando si cerca di sfruttare al massimo l’unica industria nazionale, il turismo.
    L’amico Ghiannis, circa cinquanta anni, girando per il villaggio di Manganitis nell’isola di Ikaria mi indica quello che non c’è più:
    Qui c’era il forno, una taverna, poi là il fabbro, e più in là il macellaio …
    Ma quanti eravate?
    Fai conto che alla scuola del paese eravamo in 120 bambini. Ora d’inverno siamo una cinquantina, gente che vive della pensione, marinai, emigranti che sono tornati …
    Tornati da tutto il mondo: qui incontri gente che ha passato la vita a New York, Chicago, Vancouver, Adelaide …
    In quanto a lui vive un po’ di musica, un po’ di pesca, un po’ di agricoltura.

    Nello stesso paese un altro amico, Panaghiotis, non ancora trenta anni, un anno fa ha deciso di abbandonare Atene, e costruire qui la sua vita con la sua ragazza. Anche lui musicista, ha rilevato l’ultimo negozio del paese, quello in cui puoi trovare “tutto”, e che fa anche da bar, da luogo di incontro, dove chiacchieri, bevi e mangi spuntini: “Ad Atene non si può più vivere, qui almeno riesci a mangiare, puoi coltivarti qualcosa nell’orto, pescarti un pesce, puoi vivere del minimo”.
    E il minimo, visto coi nostri occhi, è davvero minimo. Ridotte all’essenziale le materie prime con cui cucinare, e più che all’essenziale gli svaghi: chiacchierare davanti a un bicchiere, passare la notte a fare musica. E poi c’è il mare.
    (Paola Pierantoni – fotografie dell’autrice)