Categoria: Guido Rosato

  • OLI 330: INFORMAZIONE – Quando un’immagine suscita un dibattito

    E’ in qualche modo singolare che un articolo di un anno fa (Oli 298, “Il futuro è nelle tue mani?”) centrato sul messaggio veicolato da un’immagine pubblicitaria, abbia finito per sollecitare una piccola catena di commenti, che continua a tutt’oggi.
    A suo tempo avevamo avanzato delle osservazioni critiche sulla qualità del messaggio pubblicitario della azienda Futurweb “Il manifesto è talmente brutto e respingente da indurre degli interrogativi: a chi si rivolge? Come può pensare di essere in qualche modo attraente, invitante? Che mondo rappresenta?”, sottolineando il divario esistente tra la vaghezza delle condizioni contrattuali dichiarate (offresi fisso … tipo di contratto da definire), e la magnificenza con cui veniva pesentato il futuro di chi avrebbe intrapreso questa attività: “Il futuro è nelle tue mani … se stai cercando di sviluppare un business innovativo con elevata redditività e ti piacciono le sfide, potresti essere il candidato ideale per diventare un consulente Futurweb S.p.A”.
    Senza alcun riferimento specifico all’azienda Futurweb, osservavamo poi che l’esperienza di alcuni amici precari, e, sull’altro fronte, quella di molti comuni cittadini interpellati da “consulenti” inviati a piazzare prodotti o servizi, davano un’immagine assai meno allettante di questo lavoro: “L’esperienza di vita dei molti precari che conosciamo può farci intuire la natura delle sfide che ti devono piacere per correre l’avventura, tra un contratto “da definire”, un “offresi fisso” di natura non meglio precisata e una “elevata redditività” da conquistarsi salendo e scendendo molte scale”.
    Tra i commenti che si sono impilati nel tempo, tre sono di un lettore che si firma “Angelo” che difende con decisione e vis polemica le opportunità offerte da questo tipo di attività: “La signora che ha firmato l’articolo … dovrebbe prima di tutto prendere informazioni di tutte quelle persone che, nella morsa della disoccupazione, trovano un attimo di respiro vendendo in aziende similari a quella pubblicizzata …” e ancora: “basterebbe fare un giro fra chi questo lavoro lo fa davvero in termini di attività (non chi lavora 2 giorni a settimana, o 2 ore al giorno … quelli sono coloro che aspirano al lavoro fisso non per sicurezza contrattuale ma per potersi mettere in malattia 20 giorni al mese! Ovvero quelli che Marx chiamava sottoproletariato) … rimarrebbe stupita dai redditi che queste persone riescono a generare”.
    Un anonimo aggiunge: “Forse non sapete che esistono molte agenzie di questo tipo e i commenti non dovrebbero farli fare a tutti specie quando sono diffamatori”.
    Sull’altro fronte, c’è chi condivide perplessità e critiche, socializza scoraggianti esperienze sul campo, segnala siti che hanno analizzato e/o commentato criticamente altre realtà di lavoro che impiegano “consulenti” magnificando questa attività come “una scommessa verso te stesso”. C’è perfino un lettore che chiede consiglio: “Volevo sapere se ci sono aggiornamenti sull’azienda oggetto del post dal momento che ne sono entrato in contatto per valutare un rapporto di collaborazione. C’e’ da fidarsi?“.
    Naturalmente è completamente al di fuori dei nostri compiti, volontà e possibilità esprimere pareri di questo tipo. Ma sarebbe certamente interessante, e magari utile, il racconto di esperienze lavorative che aiutino ad inquadrare aspetti critici, o al contario positivi, di questo tipo di attività.
    (Paola Pierantoni – disegno di Guido Rosato)

  • OLI 329: PRIMARIE – Candidati a confronto: gronda e terzo valico

    Lunedì 30 gennaio al Teatro della Gioventù sala piccola e strapiena per un inedito e interessante confronto tra i candidati alle primarie del centro sinistra, chiamati a discutere dal Centro “In Europa” sulla base di una serie di idee e proposte per la città, elaborate da un gruppo di esperti, e pubblicate nel numero 4/2011 della rivista In Europa.
    Erano stati invitati tutti: Angela Burlando, Marco Doria, Roberta Pinotti, Andrea Sassano, Marta Vincenzi, ma la sindaco fa sapere delle propria assenza “per motivi istituzionali” poco prima che inizi il dibattito, e la targa col suo nome, in attesa sul tavolo della presidenza, resta a creare incertezza.
    Conduceva il dialogo il giornalista Menduni, giornalista del Il Secolo XIX, che concentra le sue domande intorno a due poli: quello della richiesta di sicurezza, a fronte dei dati recenti sull’aumento della microcriminalità; e quello delle infrastrutture (gronda, terzo valico, Erzelli): sono questi gli interventi, chiede, che potranno portare ricchezza alla città?
    E’ sul tema delle infrastrutture, in particolare terzo valico e gronda, che le differenze si manifestano in misura sensibile.
    Roberta Pinotti è per la continuità. Afferma che non è buona politica “mettere in discussione quel che ha fatto l’amministrazione precedente, perdere i soldi già stanziati”. Non fa distinzione tra i due interventi e si dice convinta “che gronda e terzo valico siano opere essenziali”. Entrare e uscire dalla città infatti è difficile. La Regione ha fatto le sue obiezioni ambientali, e “chi realizza l’opera ne terrà conto”, senza dimenticare però che spesso “il meglio è nemico del bene”. Passaggio polemico verso chi ricerca consenso cavalcando il malessere di chi si oppone alla realizzazione di queste opere.
    Sassano puntualizza che i finanziamenti ci sono solo in parte. E che l’unica vera grande opera di cui avremmo bisogno è la messa in sicurezza del territorio: “qualsiasi opera che posa sul territorio ha bisogno di avere alle spalle questa messa in sicurezza”. Sottolinea inoltre che Genova è una città poco trasparente, dove le decisioni che contano vengono prese in circoli chiusi, che rappresentano gruppi di interesse: “Occorre uscire da questo tunnel”.
    Doria punta sulla necessità di avere una chiara visione del futuro: “Siamo vicini al punto di non ritorno nel nostro rapporto con l’ambiente, e la prospettiva di Genova non è più quella dell’espansione industriale degli anni ’50 e ’60. Dobbiamo metterci in un’altra dimensione”. Nel merito, afferma che la gronda è dentro la prospettiva perdente della mobilità su gomma, che spostarne il tracciato un po’ più in su o in giù non sposta il problema: “Se una strada è sbagliata va messa in discussione anche se qualcuno ha fatto una puntata mettendoci un po’ di soldi”. A proposito della ricerca di consenso puntualizza che i gruppi d’interesse più forti sono a favore della realizzazione dell’opera. Quanto al terzo valico non è pregiudizialmente contrario, ma pone una questione di tempi, risorse e priorità: l’opera non sarà compiuta prima del 2022, e ci sono ancora 4 miliardi da trovare: che si fa nel frattempo, nel prossimo quinquennio? Ci sono altri interventi possibili? Possiamo portare gli altri poteri, le ferrovie, a discuterne?
    (Paola Pierantonifoto di Giovanna Profumo)

  • OLI 329: PRIMARIE – Candidati a confronto, da Monti alle manutenzioni

    Se gronda e terzo valico sono stati il punto più vivacemente dibattuto nel corso del confronto tra i candidati alle primarie del centro sinistra di lunedì 30 gennaio (vedi articolo), è stato possibile cogliere accentuazioni e differenze anche su altri argomenti, magari partendo da posizioni apparentemente uniformi.
    Tutti d’accordo, ad esempio, sul grande sollievo per l’uscita di scena di Berlusconi.
    Ma mentre Roberta Pinotti non solleva nessuna obiezione al nuovo governo, Sassano è esplicitamente critico verso le “politiche neo liberiste di Monti”. E mette le mani avanti, precisando che le alleanze politiche a Genova devono essere diverse da quelle che si sono – temporaneamente – costituite a livello nazionale. Che abbia motivo di temere qualcosa da qualcuno dei suoi colleghi in gara?
    Marco Doria parla di “senso di liberazione e felicità” per il passaggio di fase, e di soddisfazione per il “recupero di credibilità europea”, ma si chiede anche: “Ci sono dei margini di discussione sulle politiche di Monti? Posso mettere in discussione la destinazione delle risorse?”. Ad esempio il famoso acquisto degli aerei da guerra. E sottolinea che la questione delle decisioni nazionali sulla destinazione delle poche risorse disponibili è cruciale per una città dove tra breve esploderanno due bombe ad orologeria: il trasporto pubblico e le scuole comunali.
    Sollecitata da una domanda sulle politiche di parità di genere, Roberta Pinotti annuncia di voler “abbattere le liste di attesa per i nidi”, facendo ricorso anche all’intervento privato. Sassano afferma di non avere nessuna obiezione alla presenza dei privati nella gestione dei servizi, inclusi i nidi, ma precisa che è necessario “Che il pubblico continui a gestire in proprio almeno una parte di questi servizi, altrimenti perderà tutta la sua competenza, la sua autorevolezza, e quindi la capacità e possibilità di esercitare un vero controllo”. Sottolinea anche che i nidi non sono solo un aiuto alle madri che lavorano, ma il primo passo di un percorso educativo, per cui il mantenimento di una elevata qualità è cruciale.
    Tutti d’accordo sulla questione della cittadinanza a chi nasce in Italia, definita necessaria, doverosa. Ma il punto controverso, la moschea, lo tocca solo Doria: va realizzata, subito, nessun ripensamento, nessun cambio di collocazione è più ammissibile.
    Roberta Pinotti, verso la conclusione, afferma con decisione “Ci sono cose in città che bisognerebbe fare e nessuno ha il coraggio di fare”. Nella sala si crea un clima di sospensione e di attesa. Qualche voce qua e là chiede: quali? Pinotti risponde: “Un esempio? Le manutenzioni”.
    Le manutenzioni?
    (Paola Pierantonidisegno di Guido Rosato)

  • OLI 327: LAVORO – I cinquantenni ignorati dal collocamento

    Per chi si iscrive oggi al collocamento come disoccupato il futuro lascia intravedere un cielo nuvoloso e un’aria nebbiosa. Le previsioni per il 2012 sono terribili, solo 5 aziende su 100 potranno offrire qualche posto di lavoro, mentre si delineano periodi di licenziamenti di massa e di aumento vertiginoso della povertà.
    Se poi ad essere iscritto alle liste di mobilità sono i cinquantenni provenienti dal lavoro autonomo, la situazione non lascia dubbi: si è arrivati al capolinea, tanto vale cancellarsi. Ma andiamo con ordine.
    La nuova normativa sull’esenzione dal ticket sulle spese sanitarie entrata recentemente in vigore indica come “disoccupato” solo colui che sia iscritto all’anagrafe del collocamento e proveniente da un lavoro subordinato, quindi coloro che avessero perso la propria attività autonoma per colpa della crisi economica non potranno usufruire delle agevolazioni sanitarie. Si resta stupiti, perché mentre un disoccupato (così come inteso dal Parlamento italiano) potrebbe percepire un assegno di disoccupazione, e avere quindi un reddito anche se minimo, un “inoccupato” (ossia colui che proveniene da uno status lavorativo autonomo) non percepisce alcun assegno, non ha alcun reddito e, in più, resta senza alcuno sconto sanitario.
    La differenza non si ferma qui, anche lo stesso ufficio di collocamento si pone ad ostacolo dei lavoratori ultracinquantenni con il filtro sui curriculum. Come funziona? Semplice, inserendo tra i parametri dell’offerta di lavoro indicata dalle aziende anche l’età massima del lavoratore. E’ evidente che questa possibilità fornita alle aziende si traduce nel nefasto “massimo 35”, il numero magico che condanna ad una morte per mancanza d’occasioni di colloquio chiunque superi l’età indicata.
    La Provincia, raggiunta in una telefonata, ammette che il parametro funge da alabarda tagliateste per i cinquantenni, che cominciano ad essere un numero davvero considerevole nelle liste di collocamento, al tempo stesso difende la propria posizione affermando che i propri operatori cercano di aumentare il filtro dell’età, senza però riuscire ad ottenere alcun risultato perché le aziende, su tale parametro, sono irremovibili.
    Mentre l’età massima associata all’offerta di lavoro potebbe apparire un parametro di servizio utile per le aziende quando si parli di un’agenzia di collocamento privata, nel caso del pubblico si potrebbe prefigurare una incostituzionalità, in quanto il servizio è pagato dalle aziende ma anche dai lavoratori con le proprie tasse, quindi nella pratica i cnquantenni si vedono defraudati di un proprio diritto (quello di trovare nel servizio pubblico il servizio di contatto con chi offre lavoro). Può sembrare un sofismo ma così non è: basta consultare il numero di curriculum inviati alle aziende dal servizio Match della Provincia, nel caso di un cinquantenne il blocco dell’operatore per non rispondenza dei requisiti di età è quasi totale, la probabilità di avere un contatto con chi offre lavoro quasi nullo. Che ci sta a fare quindi un cinquantenne iscritto al collocamento?
    La Costituzione italiana indica all’articolo 3 che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Nel caso del collocamento, la pari dignità sociale di avere un lavoro trovato da un servizio pubblico e l’uguaglianza di fronte alla condizione personale e sociale vengono meno, sono superate dalla legge della domanda e dell’offerta dell’economia privata.
    (Stefano De Pietro – disegno di Guido Rosato)

  • OLI 327: IMMIGRAZIONE – Paradosso di una norma

    Il ministro dell’Integrazione Andrea Riccardi, in audizione alla commissione Affari Costituzionali, ha proposto di allungare da sei mesi ad un anno il tempo per poter cercare un nuovo lavoro per gli immigrati disoccupati. E’ certamente un passo avanti ma non basta: moltissimi continueranno a perdere il permesso di soggiorno a causa della perdita del lavoro e soprattutto continuerà ad accadere che tra questi ci siano persone che hanno vissuto nel nostro paese regolarmente anche per 20 anni. La norma che il ministro propone di modificare produce più clandestini di quanto producono gli ingressi clandestini, gli sbarchi della morte ed i trafficanti criminali di mano d’opera clandestina. Si pensi che nel solo 2010 i permessi di soggiorno non rinnovati sono stati 684.413 (Dossier Caritas 2011).
    Paradossalmente tale norma è stata concepita, come evidenzia tutta la sua traiettoria legislativa (fino alla Bossi – Fini), per tutelare la regolarità del soggiorno delle persone che fanno il primo ingresso in Italia e che perdono il lavoro. Era, infatti, inclusa nella prima legge italiana sull’immigrazione (L. 943/86), per adempiere alle disposizioni della Convenzione 143/75 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ratificata dal nostro paese nel 1981: “il lavoratore migrante non potrà essere considerato in posizione illegale o comunque irregolare a seguito della perdita del lavoro, perdita che non deve, di per sé, causare il ritiro del permesso di soggiorno”.
    Soltanto un’interpretazione restrittiva ed infondata ha permesso che tale norma (evidentemente concepita a tutela della regolarità degli immigrati entrati in Italia per via dei decereti flussi, al primo rinnovo del titolo di soggiorno) sia stata usata finora, e possa ancora esserlo, per danneggiare i regolarmente soggiornanti anche da 20 anni, con conseguenze tragiche, ricacciando nella clandestinità chi si era faticosamente regolarizzato, inserito, formato ed integrato nel nostro paese. Inoltre, questa norma lancia un messaggio eticamente e culturalmente molto negativo: quello di non riconoscere i migranti come donne e uomini, cittadine e cittadini, ma soltanto come braccia e mano d’opera che possono rimanere nel paese solo se servono.
    Un governo di tecnici competenti (non di “acerbi tecnici”, come si è autodefinito il ministro Riccardi dinanzi alla commissione), ripristinerebbe le funzionalità originarie di questa norma limitandone l’applicazione ai casi del primo rinnovo del permesso.
    Infatti, per il secondo rinnovo il legislatore non prevede, come unica condizione, l’essere titolari di un contratto di lavoro; in mancanza basta dimostrare “la disponibilità di un reddito sufficiente da lavoro o da altra fonte lecita”. E per chi soggiorna regolarmente da più di 5 e 10 anni le intenzioni del legislatore sono quelle del rilascio della carta di soggiorno con validità a tempo indeterminato e della concessione della cittadinanza italiana.
    Un governo di tecnici competenti farebbe un provvedimento straordinario per restituire il permesso di soggiorno alle centinaia di migliaia di persone che l’hanno perso negli ultimi tre anni di crisi per motivi diversi da quelli di pericolosità sociale o di ordine pubblico. Inoltre regolarizzerebbe tutti coloro che dimostrano di avere un rapporto di lavoro anche se non hanno mai avuto un permesso di soggiorno attraverso piani permanenti di emersione dal lavoro nero che prevedano il rilascio del permesso di soggiorno al lavoratore immigrato irregolare, anche nel caso di opposizione del datore di lavoro. Governare l’immigrazione nel nostro paese dopo il disastro degli ultimi vent’anni, richiede, esattamente come per l’economia, una grande competenza, serietà, ricerca, innovazione. Ci vuole una grande intelligenza del sapere e della conoscenza delle leggi e delle circolari al servizio della grande sensibilità, dell’attenzione e dei buoni sentimenti di cui è portatore il ministro Riccardi. Caro ministro si faccia aiutare da tecnici antirazzisti esperti in materia.
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 323: PENSIONI – Chi calcola l’incalcolabile?

    Eravamo sotto di due anni e mezzo rispetto alla media europea dell’età di pensionamento.
    Da lunedì la soglia è stata varcata e siamo pienamente entrati nella corrente che trascina sempre più avanti l’età in cui si può lasciare il lavoro, riducendo l’entità dei trattamenti pensionistici. Strada obbligata, si afferma, a causa dell’allungamento della vita e del faticoso ingresso delle persone giovani in un lavoro pienamente retribuito e “contribuito”.
    Il governo Monti ha compiuto il salto in modo talmente secco da togliere il fiato. Tanto che lo stesso Alberto Brambilla – presidente del Nucleo di Valutazione della spesa previdenziale del Ministero del Lavoro – intervenendo martedì 6 dicembre alla trasmissione “Tutta la città ne parla” su Radio 3, dopo aver sostenuto che l’aggancio del pensionamento alla cosiddetta “speranza di vita” è necessario, ha affermato che il salto è stato troppo brusco, tale da sconvolgere le prospettive esistenziali di molte persone.
    Che si viva più a lungo è un dato di realtà.
    La realtà però è fatta anche di aspetti apparentemente incalcolabili, della cui concretezza e importanza ci si accorge dolorosamente solo dopo decenni, quando il danno è irreversibile, o chiede immensi costi di recupero.
    Come quando una comunità si trova a dover investire miliardi per il recupero di un’area imbottita di inquinamenti nocivi abbandonata dopo anni di irresponsabile sfruttamento: quale è, calcolandolo dall’inizio alla fine, il bilancio economico complessivo per la collettività?
    L’apparentemente “incalcolabile” dell’aumento dell’età del pensionamento è legato alla domanda: ma cosa fanno oggi le persone che in età ancora vitale sia intellettualmente che fisicamente, si trovano libere dall’impegno quotidiano del lavoro retribuito? Se ne stanno a guardare la televisione e i lavori stradali, o fanno qualcosa che ci serve?
    Per l’esperienza che ho, grande parte delle persone svolgono un lavoro meno qualificato delle proprie potenzialità e competenze, o comunque un lavoro che utilizza solo una parte molto delimitata e circoscritta della propria creatività.
    La liberazione del proprio tempo riapre i giochi, a vantaggio di tutti.
    Io vedo donne e uomini in pensione che fanno gratuitamente cose straordinarie, nella cultura, nell’intervento sociale, nell’espressione artistica.
    Se le persone lasceranno il lavoro più vecchie, più stanche, più malate tutto questo andrà perduto. Quanto costa questa perdita? Qualcuno lo ha calcolato?
    Chissà poi se qualcuno ha calcolato l’altra conseguenza dell’aumento della speranza di vita: l’aumento degli anziani anzianissimi, quelli per i quali la promessa di una vita più lunga è stata largamente mantenuta, ma non quella – su cui si glissa – dell’auto sufficienza e di una salute splendida fino ad un istante, ma proprio un istante, prima di morire. Quanta parte hanno i pensionati – soprattutto le donne – nell’assistenza a queste persone? Se li teniamo al lavoro fintanto che anche loro inizieranno ad avere dei problemi, che si fa?
    (Paola Pierantoni – disegno di Guido Rosato)

  • OLI 323: POLITICA – Il governo Monti e il trionfo dell’ambivalenza

    Rispetto alle misure del governo, molti cittadini sperimentano emotivamente il trionfo dell’ambivalenza.
    Il colpo subito dalla consueta platea a basso reddito è durissimo, e dato che, realisticamente, non ci si può fare nulla, la reazione adeguata sarebbe la rabbia. Che però, a tradimento, viene stemperata dal sollievo di non avere più davanti il lestofante irresponsabile, autoriferito ed indecente a cui eravamo abituati, sostenuto da una pletora di ridicoli ministri a libro paga. Di fronte a noi invece c’è un signore colto e competente, che si rivolge agli interlocutori con educazione, che sa parlare in italiano, che risponde alle domande dei giornalisti senza insultarli. Circondato da ministri che sanno di cosa parlano, tra cui una donna che con il suo pianto ci fa capire che si rende conto della portata di quel che sta facendo, e che la cosa non le è indifferente. Tutto è serio, dignitoso, responsabile. Non più un governo esclusivamente funzionale agli interessi economici e giudiziari di un insopportabile riccastro, ma un governo che si propone una politica nazionale ed europea.
    Vista ed interpretata da destra. Facendo cassa a spese anche di chi ha redditi appena superiori a quello della povertà, forzando le resistenze del Pd, e il dissenso dei sindacati, molto più dei veti del Pdl.
    La prossimità al cosiddetto baratro taglia le gambe a chi è felice di essere uscito dall’incubo berlusconiano, ma dissente da un governo che non vuole e/o non può contrastare potenti interessi: quelli dei ricchi, quelli della chiesa, quelli della casta militare.
    Incerti i tempi e i modi in cui potrà nascere una nuova giustizia sociale, fondata su una nuova idea dell’economia, anche perché al punto di non ritorno ci siamo arrivati con la vasta corresponsabilità dei milioni di concittadini che hanno portato per tre volte Berlusconi al governo, ammirandone e invidiandone il modello, e di una opposizione che, in anni ed anni, non ha saputo proporre una prospettiva diversa.
    (Paola Pierantonidisegno di Guido Rosato)

  • OLI 323:INFORMAZIONE – La manovra SalvaItalia e il cosiddetto “servizio pubblico”

    4 dicembre 2011, ore 20, è iniziato da pochi minuti il telegiornale di La7, Enrico Mentana si interrompe per trasmettere, in diretta televisiva, la conferenza stampa del Presidente del Consiglio Mario Monti, che illustra, assieme ai ministri coinvolti, la manovra “SalvaItalia” appena approvata dal Consiglio dei Ministri domenicale: manovra dura, “lacrime e sangue” per usare un luogo comune. All’esposizione della manovra seguono le domande dei giornalisti, in un clima freddo, tecnico, da grandi occasioni: La7 interrompe la diretta solo verso la fine. Nel frattempo, sulle reti del servizio cosiddetto “pubblico”, non si trova traccia di diretta, per un evento che sembra decidere del futuro dell’Italia, dell’euro, e forse, dicono, dell’economia del mondo intero.
    La lacuna informativa è passata inosservata, in modo quasi sospetto, alla quasi totalità del mondo della carta stampata, con la sola eccezione de il Fatto Quotidiano (*), dove Beppe Giulietti ci informa che le uniche dirette sono state, oltre a LA7, Sky e Rainews.
    Possibile che l’unico “servizio pubblico” rimasto sia il programma di Michele Santoro?
    (Ivo Ruello – disegno di Guido Rosato)
    (*) http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/05/conflitto-interessi-risiamo/175315/

  • OLI 322: SCARPINO – Il gassificatore ossigena l’aria di Genova

    “Paperopoli, avete presentato Paperopoli!”, urla una delle trenta persone del pubblico verso il Presidente di Amiu Riccardo Casale, al convegno organizzato presso la sede genovese di Confindustria per parlare del progetto Scarpino. Insieme a Casale sul palco troviamo Giorgio Mosci (La Maona, organizzatori del convegno), Mario Bottaro (BJ Liguria Business Journal, che ha pubblicato lo scoop del progetto Scarpino in barba ai giornali locali), Giovanni Calvini (Presidente Confindustria di Genova). Al dibattito hanno partecipato anche Renata Briano (Regione Liguria), Carlo Senesi (assessore comunale), Matteo Campora e Alessio Piana (consiglieri comunali), Riccardo Brancucci (Università di Genova), Stefano Bernini (Municipio Sestri Ponente). Il moderatore Luigi Leoni (caporedattore de Il Secolo XIX) ha tenuto saldo il timone del dibattito che ha trovato punti di disaccordo culminati, alla fine, con alcune domande del pubblico contate sulla punta di mezza mano.
    Riassumento l’intervento di Casale, in quattro anni e mezzo Amiu, sotto la sua dirigenza, avrebbe prodotto un cambiamento epocale, partendo da una situazione di grande degrado della discarica di Scarpino per arrivare oggi ad un progetto, approvato, d’installazione di un “impianto di fine ciclo”, così viene chiamato il gassificatore da trecento milioni di euro che s’intende costruire a pochi chilometri da Genova, nel disegno di BJ con un camino incredibilmente basso. il Prof. Brancucci ammette con serena tranquillità che l’università non ha preso parte al progetto se non per la valutazione d’impatto ambientale, e che ritiene che questa tecnologia sia la migliore perché gli è stato detto dagli altri tecnici, che lo hanno convinto. In coda inizia un dibattito che trova in Campora il momento di rivincita dell’inceneritore, perché si hanno dubbi sul gassificatore: insomma, o zuppa o pan bagnato, ma sempre di bruciare si tratta. Oltre al gassificatore, che naturalmente secondo Casale non inquina, un parco eolico con ben “tre” pale, un po’ di pannelli solari, una microturbina per idroelettrico, una palazzina dove sorgerà un Centro di educazione ambientale per comprendere il ciclo dei rifiuti che alberga nella testa di questa amministrazione.
    Una nota simpatica: Casale inizia la sua trattazione promettendo ben 350 slides, a supporto del progetto Scarpino, poi per mancanza di tempo, offre al pubblico, con un sorriso, una più elementare sequenza di 35 foto, con la promessa di dare i numeri a voce.Nessuna menzione alla riduzione degli imballaggi, alla raccolta differenziata, nemmeno al riuso e al riciclo. Per Amiu il mondo inizia nel cassonetto, e vista la capacità “produttiva” del gassificatore progettato, bisognerà che la raccolta differenziata non superi il 60/70% (target odierno dell’Unione Europea).
    Lo scrivente ha proposto di pubblicare le ormai famose 350 slide di Amiu, ma trova il secco “no” di Casale, che si difende con la solita storia dei dati riservati, dopo che aveva osannato la fiducia derivante dalla trasparenza. Suggeriamo al Presidente Casale di ripensarci, e di pubblicare “tutte” le 350 slide sul sito dell’azienda – pubblica – da lui presieduta: le conteremmo una ad una. Non si vorrebbe che qualche cittadino curioso inizi a fare la “pittima di Powerpoint” davanti al suo ufficio.
    (Stefano De Pietro – disegno di Guido Rosato)