Categoria: PUC

  • OLI 364: GENOVA – San Valentino con Le Serre

    Un anno fa pareva non ci fosse speranza per la Valletta di San Nicola (OLI 333) . I nodi da sciogliere erano troppi insieme ai soldi sprecati e a quelli in ballo.
    Loro parlavano di orti urbani, vivai e serre storiche, per un’area dove la parola parcheggio occhieggiava furbastra tra le fronde del territorio in abbandono, fissata nero su bianco nel PUC. E ne parlavano mentre andava in onda l’agonia dell’Istituto Assistenziale Brignole grazie ad una gestione amministrativa dissennata e priva di controllo.
    Oggi la situazione per l’Istituto Brignole, al quale fa capo l’area, è come allora, ma almeno ci si può permettere di sperare.
    Cambiata la giunta comunale, l’intenzione dei nuovi arrivati sembra essere quella di bloccare l’edificazione dei silos (su cui anche la Regione ha espresso parere negativo) alla Valletta di San Nicola e di acquisire l’area di proprietà del Brignole – non appena superati i vincoli della legge di stabilità. Per questo, il vicesindaco Stefano Bernini e l’assessore Valeria Garotta si sono dimostrati interessati alla proposta del Comitato Le Serre che ha elaborato un progetto affinché l’area venga utilizzata come giardino di quartiere, con orti urbani collettivi e individuali, con la valorizzazione turistico-museale delle serre contenenti le collezioni di felci e piante esotiche e una sperimentazione per la riproduzione vivaistica di flora autoctona.
    Il Comitato presenterà il proprio progetto in un incontro pubblico il 14 febbraio alle ore 21.00 nell’Auditorium della Parrocchia di San Nicola.
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 360: CITTA’ – Nuovo Puc, vecchio posteggio

    La salita a piedi verso il Fassicomo è diritta e piega i cuori non allenati, ma alla fine si arriva proprio di fronte al muro che sarà abbattuto per far passare i mezzi di cantiere. Dietro il muro una vegetazione impazzita da anni di incuria, ma pur sempre un po’ di verde in mezzo al cemento collinare che determina, a valle, la situazione alluvionale che tutti conosciamo. A lato, a valle del “bosco del Fassicomo”, tre condomìni interessati per vicinanza dalla costruzione di un nuovo posteggio, un progetto di silos privato di 98 posti auto con  sopra un po’ di verde acrilico e alcuni alberi salvati dalle ruspe, con due nuovi campi da calcio proprio all’altezza delle finestre. Una zona dove, oggi, costruire sarebbe vietato: troppa pendenza, ma per una magia tutta italiana la firma del Comune arriva due giorni prima del 7 dicembre 2011, data fatidica della votazione in Comune del nuovo Puc.
    Andrea Risso, il “patron” del comitato spontaneo che ha fatto ricordo al Tar riuscendo per ora a bloccare i lavori (vedi video nel M5Stelle), mi accompagna sul tetto del suo condominio, proprio di fronte al terreno che alcuni operai hanno cominciato a ripulire tagliando un po’ di alberi, sfoltendo i rovi, creando un inizio di strada di cantiere. Dall’alto, o meglio dalla stessa quota del cantiere, si comprende che l’opera sarà piuttosto invasiva, impatterà certamente sulla tranquillità degli abitanti per la presenza dei due campi da calcio, sia per il rumore che per l’illuminazione.
    Attualmente, la struttura del Fassicomo ha già un campo di calcio che resta più alto rispetto ai condomini sottostanti, nascosto dalla costruzione stessa che lo eleva oltre la visuale. I due nuovi campi sarebbero invece di fronte alle finestre dell’ultimo piano, difficile pensare a serate serene nelle notti d’estate.
    Un copione fin troppo conosciuto è che tutto l’iter per arrivare alla firma del permesso a costruire avviene con il parere contario del Municipio, che però sulla risposta favorevole degli uffici centrali non fa nulla per organizzare un incontro con i cittadini nel quale valutare il grado di sostenibilità sociale del nuovo inserimento.
    L’occasione di questa pratica consente un approfondimento sul pasticcio del nuovo Puc. Nel permesso a costruire, un articolo pone un paletto ben chiaro alla sua validità: l’entrata in vigore di norme in contrasto col permesso rilasciato ne determina la decadenza, se i lavori non fossero ancora iniziati. Ma nel nuovo Puc, si avvalora invece la tesi che tutti i permessi rilasciati prima della sua adozione sono da ritenersi validi: alla faccia della salvaguardia del territorio, del “costruire sul costruito”, delle linee verde, blu e sbirulò.
    Così il principio di salvaguardia viene messo in cantina per tutti i permessi a costruire emessi prima del 7 dicembre 2011: quasi una data spartiacque, o meglio spartisoldi, nel comune di Genova.
    (Stefano De Pietro)
    Intervista del Movimento 5 Stelle ad Andrea Risso
  • CARTOLINE 2012 – URBANISTICA: IL MITOLOGICO MUNICIPIO SCOMPARSO

    L’occupazione da parte dei giovani dei centri sociali di alcuni alloggi sfitti nel centro storico sta suscitando non poche polemiche tra chi manifesta solidarietà nei confronti degli occupanti e chi ne stigmatizza l’illegalità dell’azione. Tuttavia, ciò che sembra mancare è una seria riflessione su quello che, in fondo, rappresenta il nocciolo del problema: quante sono le case vuote in città?
    A questo proposito, sono stati dati letteralmente i numeri: in un intervista a la Repubblica (25 luglio 2012) i giovani occupanti hanno parlato di 15 mila appartamenti sfitti, diventati poi 20 mila nella ripresa dell’articolo fatta da un sito locale legato a Rifondazione Comunista. Non si tratta di cifre indebitamente gonfiate: appena qualche mese prima (febbraio 2012) il segretario locale del SUNIA in un’intervista a Primocanale aveva quantificato l’ammontare dello sfitto in città a 25 mila abitazioni, mentre in un documento ufficiale del Comune, redatto nel quadro del Patto dei Sindaci, l’entità delle abitazioni non occupate era stimata in 28.088 unità.
    Genova è una città strana, in cui frange (poco) eversive provenienti dai centri sociali si rifanno cifre assai meno preoccupanti di quelle snocciolate in tutta tranquillità dalla pubblica amministrazione; ma la cosa più curiosa è che, incrociando i dati provenienti dagli enti ufficialmente preposti alla quantificazione dei beni immobiliari e della popolazione urbana (l’Agenzia del Territorio e l’Ufficio Statistica comunale) il panorama dello sfitto cittadino appare ancora peggiore. In effetti, le Note Territoriali dell’OMI per il II semestre del 2009 valutavano lo stock immobiliare genovese in 325.069 unità immobiliari a destinazione residenziale, mentre la voce Aspetti Demografici della Descrizione Fondativa del PUC riporta la cifra di 280.095 abitazioni occupate da famiglie al 31 dicembre 2008: con una certa approssimazione si otterrebbe allora una stima di 44.974 case vuote, pari al 13,77% del totale. Sono dati di quasi quattro anni fa, ma l’andamento dei principali indicatori economici e demografici cittadini non lascia intendere che la situazione sia cambiata in modo sostanziale.
    Per rendersi meglio conto di cosa significhino queste cifre, basti pensare che 45 mila abitazioni corrispondono più o meno alla consistenza dello stock immobiliare di uno qualsiasi dei municipi cittadini: co un’esagerazione basata però su dati concreti, si potrebbe dire che Genova ha nove municipi, ma solo otto di questi sono effettivamente abitati.

    Vale la pena fermarsi un attimo a riflettere sul reale significato di queste cifre, dato che, se fossero vere, significherebbe che le case vuote a Genova sono più di una su dieci e che allora bisognerebbe cominciare a ripensare l’intero assetto urbanistico della città.
    Fino al 2011, il regime fiscale vigente rendeva conveniente il possesso ma non la messa a reddito delle abitazioni: si è perciò assistito ad un dilagare di nuove costruzioni il cui unico scopo era quello di essere acquistate e rivendute, ma non quello di essere abitate. Ne derivava un controsenso per cui un bene sovrabbondante (le case) invece di veder diminuire il proprio valore, lo aumentava. II costi ambientali di questo scempio sono sotto gli occhi di tutti; pensiamo non solo alla cementificazione delle colline, ma anche alla profonda crisi dell’Azienda Municipalizzata Trasporti, costretta a ramificare capillarmente il proprio raggio d’azione senza che la città potesse vantare un numero di passeggeri tale da sostenere questa espansione: il risultato è che AMT deve oggi per contratto garantire l’erogazione di 477 milioni di posti annui a fronte dell’effettivo trasporto di 157 milioni di passeggeri, non c’è da meravigliarsi che i conti non tornano. E questo è solo uno dei numerosi esempi di come l’espansione incontrollata del tessuto urbano abbia portato all’ “implosione” delle infrastrutture collettive.
    Con l’introduzione della nuova IMU e l’aumento della tassazione per gli immobili sfitti, il panorama è cambiato e il surplus delle unità abitative rischia di rivelarsi un boomerang per l’intero apparato economico: gli immobili sfitti finiranno per essere messi precipitosamente in vendita e questo porterà ad una drastica contrazione dei valori di mercato. Basta dare un’occhiata alla vicina Spagna per rendersi conto che quest’eventualità non porterà affatto ad un più facile accesso alla prima casa dei soggetti economicamente più deboli, ma che piuttosto sarà causa di una drastica diminuzione del valore del risparmio delle famiglie, spesso e volentieri investito nel mattone, per non parlare della crisi dell’intero sistema creditizio nazionale, ugualmente sovraesposto sul mercato immobiliare. Insomma, par di capire che gli irsuti punkkabbestia anarcoidi delle frange più estreme dei centri sociali sono ingenui ottimisti se pensano di poter danneggiare il sistema economico più di quanto non abbiano già fatto i solerti funzionari delle pubbliche amministrazioni assentendo inutili operazioni urbanistiche in nome di un fantomatico sviluppo di cui, a tutt’oggi, praticamente non v’è traccia.
    Che fare? Innanzitutto sollecitare la pubblicazione di dati ufficiali più precisi sul tema, anche sulla scorta dei rilevamenti effettuate durante l’ultimo censimento; poi mettere una croce sopra gran parte degli interventi che tendono a disperdere piuttosto che a concentrare le risorse cittadine: nuovi centri commerciali o nuovi quartieri residenziali. Infine, quando è possibile, privilegiare il potenziamento piuttosto che la sostituzione delle infrastrutture, tanto in termini di assi di attraversamento quanto in quelli di polarità urbane. Considerazioni in fondo già largamente condivise e fatte proprie tanto dalla Descrizione Fondativa del PUC – e purtroppo messe in sottordine nelle sue parti attuative – quanto da gran parte dell’opinione pubblica. In caso contrario, il volume dello sfitto della nostra città potrebbe trasformarsi nella fatidica “pietra al collo” destinata a trascinare a fondo le speranze di un rilancio cittadino.
    (Alessandro Ravera)

  • OLI 350: URBANISTICA – Il Puc di Italia Nostra riparte dai Parchi Storici

    Occorre inserire all’interno del Puc molte cose che sono state dimenticate, primi fra tutti i parchi storici, che nel progetto presentato sono mappati come semplici aree verdi. Questo uno dei commenti che Italia Nostra ha avanzato all’incontro sul Puc a Tursi, giovedi 28 giugno, presente il vice sindaco Bernini, in qualità di assessore al territorio. E in effetti la lacuna è evidente e davvero sensazionale, ma non è l’unica.

    Andrea Bignone, che espone le osservazioni al Puc con la preparazione di chi riesce a far immaginare le slide che si rifiutano di uscire dal suo computer (come si vedrà nel video), parla di tanti altri particolari, di edifici storici spariti dall’ultima versione, della Valletta Carbonara che diventa un parcheggio, della torre saracena di Sampierdarena scomparsa in mezzo alle case che hanno distrutto il suo centro storico, e tante altre ferite inflitte a Genova da una gestione superficiale dell’argomento.
    Bignone si ribella alla direzione che il Puc pretende di far prendere a Genova, una città multicentrica con tanti centri storici, dimenticati a vantaggio dell’unico riconosciuto come tale, quello del porto antico. La confusione che viene fatta nei termini “viabilità” e “mobilità” disegna una città fatta di auto e arterie di scorrimento veloce, di cittadini indaffarati tra semafori e doppie corsie che si muovono da casa a un centro commerciale, ad un centro divertimenti, ad un giardino di plastica sovrastante un posteggio, con alberi “finti” che non avranno modo di crescere nella poca terra che sarà loro destinata. E tanti distretti di trasformazione che sono sinonimo di ulteriori centri commerciali con nuove edificazioni. Nessuna attenzione alle vie ciclabili, un’idea di città antiquata e per niente in linea con i nuovi sentieri dell’urbanistica partecipata.
    Alessandro Ravera, esperto urbanista indipendente legato al Movimento 5 Stelle, fa invece un’analisi sulla popolazione, per dimostrare che la presenza del Comune ha creato danni ingenti in quei quartieri dove gli interventi come Fiumara hanno di fatto svuotato Sampierdarena della sua natura di microcittà indipendente, facendolo diventare una “downtown” da periferia americana, per effetto della caduta a precipizio dei valori immobiliari a causa delle nuove edificazioni accanto al centro commerciale.
    Altri interventi completano il quadro della sostanziale sconfitta della sfida lanciata da Marta Vincenzi alcuni anni fa, con la costituzione dello staff di Urban Lab. Scherzando con il Prof. Diego Moreno dell’Università di Genova, intervenuto ricordando che Genova è prima di tutto una città rurale, agricola, e solo dopo marinara, faccio notare che “da una barca in mezzo al mare non avremmo certo potuto attenderci che a Genova si parlasse di verde e di agricoltura”. Ride, ci salutiamo, finisce la conferenza. E si spera anche questo Puc.

    (Stefano De Pietro – disegno di Guido Rosato)
  • OLI 342: BENI PUBBLICI : Addio Villa Raggio

    Dal funzionario una risposta perentoria: “Vale l’ora”.
    Cioè ? Se la delibera è stata approvata la mattina del 7 dicembre ed il Piano Urbanistico Comunale è stato approvato il pomeriggio del 7 dicembre, la delibera non rientra nel Piano approvato. Fine.
    Così pare si sia compiuto il destino di Villa Raggio, via Pisa 56 in Albaro, l’ex istituto S.Giorgio entrato nel circuito del patrimonio da dismettere della Regione Liguria, dopo una lunga querelle con l’erede di chi l’aveva donato quarant’anni fa per fini “socio-sanitari”: si era ribellata Edvige Jole Oberti, torinese, dopo aver saputo la modifica di destinazione d’uso dell’edificio e in un primo momento il Tar aveva accolto una sospensiva, ma poi non c’è stato niente da fare.

    Era il 2008 e nel 2010 compare su www.fintecnaimmobiliare.it l’invito a presentare entro il 9 luglio Offerta Vincolante per “complesso immobiliare di elevata qualità con superficie lorda di tremila mq.”, presso uno studio notarile di Roma. Se ne occupa Valcomp Due, come recita il bando, “società s.r.l. interamente controllata dalla Fintecna” con sede nella capitale.
    All’asta vanno immobili di tutta la Liguria, in zone anche di pregio come Alassio, Sarzana., Bordighera, sono appartamenti, ex strutture ospedaliere, terreni: su tutti si assicura l‘edificabilità, la residenzialità, il cambio d’uso.
    Finiscono così beni pubblici, che avevano una “funzione pubblica” come Villa Raggio, un tempo clinica per malati di tubercolosi, poi centro riabilitativo ortopedico e Consultorio. Valutata tre milioni di euro, si dice, ormai in abbandono, ancora conserva preziosi affreschi, statue sul colonnato del tetto, splendidi alberi.
    Villa Raggio nelle cartografie del Puc licenziato dalla sindaco Vincenzi è “rossa”, ovvero “elemento storico-artistico rilevante”, all’interno del Sistema delle ville e parchi storici di San Luca d’Albaro-Puggia (Norme di Conformità, Ambito di Conservazione), con disciplina paesaggistica puntuale a tutela dell’edificato antico e della conservazione del verde nell’originaria consistenza.

    Nel cartello esposto un mese fa dalla società Bagliani su progetto di studio Guidi di Bagno in bella vista si leggono dunque per il complesso monumentale opere di ristrutturazione, cambio d’uso, frazionamento, ampliamento, sostituzione edilizia, realizzazione di piscina pertinenziale con foto relativa di altra riqualificazione già attuata dai committenti…
    Che brivido quella piscina da mediterranèe. E farci una bella scuola, con quel magnifico giardino? Ora i bambini della scuola elementare e materna sono a due passi da una delle strade più inquinate di Genova, in via Cavallotti, una scuola di cui hanno ceduto pure il tetto per farne terrazzi agli appartamenti del convento vicino riconvertito: sessant’anni di gentile concessione all’ex cappelletta, ora residenza di pregio.

    Non si può preservare tutto, s’intende, incombono tagli e conti in rosso, ma almeno le caratteristiche di Villa Storica, il suo parco.
    Dimenticavamo. Per una questione di ore Villa Raggio non è rientrata nella normativa di tutela del Puc, anzi in poco più di un anno, dall’asta di luglio 2010 alla delibera di dicembre 2011 ha avuto un iter super rapido.
    Perché ci lamentiamo sempre delle lungaggini della burocrazia?
    (Bianca Vergati)

  • OLI 335: COMUNE – Puc e fiuto per gli affari

    Ultimi giorni di mandato per l’Amministrazione comunale, poi scatterà il limbo pre-elettorale e non si potrà più approvare nulla e così come sotto ferragosto parte la corsa a proporre di tutto e di più.
    La Commissione urbanistica si riunisce praticamente tutti i giorni con sedute al mattino e al pomeriggio per portare poi il tutto in approvazione al Consiglio Comunale.
    Sono sfilati grandi progetti come l’ex area Enel di Sampierdarena, con nuovi grattacieli e in cambio un asilo per 100 bambini e l’ex Piombifera con altre residenze: “ Basta con un Ponente solo di fabbriche”, proclama Vincenzi.
    Passano piccoli progetti, dall’edificio incongruo produttivo da trasformare in residenze, in via Piombelli a Sampierdarena come in via Quartara o in via Bosio a Levante e poi parcheggi a gogò. “Tutta roba vecchia”, si dice , invano si chiedono chiarimenti, specifiche, anche in linea con il nuovo Puc e accordi vantaggiosi per Comune e territorio.
    Esemplare la proposta di costruzione di autopark in zona S.Vincenzo, per cui l’autorizzazione della Soprintendenza, essendo zona di reperti medievali, nonché il piano delle aree esondabili e il riferimento al Puc si presentano dopo insistenza della Commissione; e, a sorpresa, il progetto si scopre inserito nelle Norme Speciali (Puc AR-UR5), ovvero dove esistono già progetti che vanno avanti al di là della nuova normativa, che entrerebbe in vigore.
    Perciò la costruzione a gradoni di sette piani, cinque seminterrati e due interrati, prevederà circa cento box e posti auto e moto su iniziativa dei commercianti, il Civ, ma non per parcheggi a rotazione per i clienti; eppure la zona è commerciale, non per vendere ai residenti come pertinenziale, cioè vicino a casa: basta abitare nel raggio di alcuni chilometri.
    A che servono dunque? Per riqualificare un’area degradata, giusto, (e lasciata degradare), ma non per rimettere in ordine le stradine annesse come salita della Misericordia o della Tosse: troppo costoso, manca l’equilibrio economico, sostengono i tecnici. In cambio il Comune dopo aver ceduto il diritto di superficie riceverà fra un dare e avere forse duecentomila euro di oneri di urbanizzazione, panchine, verde pubblico attrezzato, qualche locale per farne non si sa cosa e l’uso gratuito a fini scolastici per due mattine alla settimana della palestra che si costruirà.
    Un affarone per il Comune questi project financing!
    Lo stesso fiuto per i parcheggi di area della Marina sotto via Madre di Dio, già costruiti anche con finanziamenti pubblici e i cui proprietari indignatissimi, hanno chiesto audizione. Motivo? La stessa società di cui sopra, Cemedile, chiede un’integrazione al prezzo pattuito, ovvero tremila euro in più dei 23 mila pagati per sopraggiunti costi aggiuntivi. I proprietari vogliono che sia il Comune ad intervenire perché altrimenti si annulla la Convenzione, ovvero il contratto fatto a suo tempo con l’Amministrazione. Le regole sono regole e vanno rispettate, sostengono, ma il Comune invoca la Corte dei Conti che potrebbe rivolere indietro il finanziamento pubblico.
    Complimenti agli uffici tecnici e a quelli legali per le Convenzioni che fanno.
    Ardimentosi però i cittadini: un box in quella zona costa più del doppio.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 332: LETTERE – Piccoli orti crescono… a Genova cambiare è possibile

    Come spesso accade, in America ci sono arrivati prima di noi: il fenomeno degli orti urbani, ricavati in luoghi degradati da rottami e sporcizia, ma non solo, perché ne esistono persino sui tetti dei grattacieli, da almeno 5 anni ha visto nascere una nuova figura sociale, gli “agricoltori metropolitani”, così come li ha definiti Michael Pollan, docente di giornalismo a Berkley, che sul New York Times Magazine ha lanciato il loro manifesto:
    “Se avete un cortile togliete l’erba, se non ce l’avete o vivete in un grattacielo cercatevi un pezzetto di terra in un giardino comunitario. Piantare un orto sembra una cosa piccola e insignificante, ma in realtà è una delle cose più importanti e decisive che un individuo può fare per ridurre la quota personale di inquinamento, per diminuire il senso di dipendenza dall’industria del cibo e per cambiare il nostro modo di pensare i risparmi energetici”.
    Il rilancio dell’agricoltura urbana in America non è più un fenomeno elitario, ma una tendenza che mette al centro l’idea di riqualificazione del territorio come espressione di nuove (o forse bisognerebbe dire “antiche”?) forme di socialità, nell’ottica della sostenibilità e della dimensione estetica nella quotidianità.
    Questa tendenza è arrivata anche in Italia, e qui a Genova adesso si aggiunge un nuovo sogno, che va in questa direzione e vuole inserirsi nell’ambito del Puc (Piano Urbanistico Comunale) recentemente approvato e che, come dichiarato dal Sindaco, si pone “l’obiettivo di uno sviluppo strettamente legato ai principi di qualità ed equità sociale”.
    Renzo Piano è stato chiamato a collaborare a questo progetto, e con la semplicità che contraddistingue le persone di grande ingegno, ha tracciato due linee, che sono da considerarsi le linee guida del piano: una linea verde, oltre la quale non bisogna costruire, ed una linea blu, quella del mare.
    L’architetto ha spiegato che “bisogna smetterla di costruire anche sul mare, e di coprire la vista del mare, occorre invece lavorare all’interno di queste linee e costruire sul costruito… C’è un’idea antica, che deriva dal fatto che Genova è una città stretta tra monti e mare, dove non c’è spazio da sprecare. Ha a che fare con l’idea di parsimonia, non con quella di avarizia. … La linea verde tracciata nel piano urbanistico comunale è solo una linea di buon senso”.
    A Castelletto, il territorio della Valletta dell’Istituto Brignole a San Nicola (alle spalle dell’Albergo dei Poveri), abbandonato al degrado quasi totale, ci interroga appunto su dove sia finito il buon senso di cui parla Renzo Piano.
    Un gruppo di abitanti del quartiere, qualche mese fa, ha dato vita ad un percorso che sta per concretizzarsi in un Comitato, sostenuto da Italia Nostra, Legambiente, Movimento per la Decrescita Felice, Doctors for the Environment.
    Il sogno che anima queste persone è quello di poter realizzare un modello di gestione sostenibile del territorio, basato sull’organizzazione di spazi ricreativi e di aggregazione sociale, attraverso una produzione agricola e biovivaistica, mantenendo anche una tutela e conservazione storico-ambientale della Valletta.

    Nel 1652 Emanuele Brignole, fondatore dell’Albergo dei Poveri, scriveva nel suo testamento che “nel giardino posteriore i poveri dell’Albergo havranno da passeggiare e prendersi il sole d’inverno e poi, piantativi gli alberi, godere l’ombra e frescura d’estate”.
    Prendendo in prestito il pensiero di un altro grande genovese, dopo Renzo Piano, mi piace concludere che, come ha scritto Ivano Fossati, troppo spesso “le parole non hanno chances”, e il Comitato vorrebbe invece far rivivere l’antico auspicio espresso nelle parole di Emanuele Brignole.
    Chi volesse percorrere questa strada insieme a noi, è invitato venerdì 24 febbraio, alle ore 21, all’Assemblea Pubblica che si terrà presso l’Auditorium della Parrocchia di San Nicola (Salita della Madonnetta, 1) a Genova.
    (Roberta Boero)


  • OLI 319: AMBIENTE – Dà fastidio la scuola dei muretti a secco

    Disegno di Guido Rosato

    E così alla fine ce l’han fatta. Per ora.
    Sant’Ilario avrà una nuova strada: con un emendamento al Puc, presentato in Commissione Urbanistica all’ultimo momento mercoledì 3 novembre, si stabilisce che ci sarà un nuovo tracciato per servire gli abitanti delle zone alte. Peccato che gli abitanti siano poche famiglie, e che, comunque, l’Istituto Agrario avesse già dato disponibilità a cedere altri terreni pur di non compromettere il parco della scuola, Podere Costigliolo, nucleo centrale e di maggior valore del parco di pertinenza dell’Istituto.
    La sindaco si è riservata di rispondere “la prossima volta” al perché sia stata presentata quasi in sordina una “quarta“ versione rispetto a quella orginale.
    Al diavolo i vincoli culturale e paesaggistico che tutelano i beni dell’Istituto, un lascito voluto a scopi didattico-culturali; al diavolo le più elementari esigenze di sicurezza di studenti e docenti, che per recarsi da scuola alle serre per le esercitazioni pratiche dovrebbero attraversare quello che oggi è un viale privato, destinato secondo il progetto del comune ad essere tagliato in due parti, diventando di fatto una strada pubblica.
    Al diavolo il meraviglioso equilibrio di quel parco, delle sue fasce, del territorio.
    Il parere della Soprintendenza di cui si fa forte l’assessore ai lavori pubblici è solo “un orientamento di massima favorevole condizionato alla disponibilità dell’Istituto” e alla presentazione di “un piano generale dell’accessibilità dell’intero comparto – con particolare riferimento alla zona alta della collina” che giustificherebbe la realizzazione della porzione di strada, proposta dall’amministrazione.
    Ma l’Istituto è pronto da decenni, come ha costantemente ribadito, a cedere altri terreni di proprietà, in altre parti dell’abitato di Sant’Ilario, per realizzare il diverso progetto di strada che servirebbe “la zona alta della collina”.
    Questa disponibilità, apprezzata dagli abitanti di Sant’Ilario e ribadita al Comune, potrebbe finalmente risolvere la situazione per tutti, compresi i pochi che risiedono in Via Pianello.
    A questo punto la domanda è: a chi giova una strada di collegamento a terreni così poco abitati? Diverranno fra poco popolosi?
    Nel corso di quest’anno la Soprintendenza di Genova riconosce il “notevole interesse storico-artistico” del Podere Costigliolo sede dell’Istituto Agrario B. Marsano, e la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Liguria, ne decreta “l’importante interesse culturale”.
    Intanto gli abitanti di Genova Sant’Ilario alta chiedono di migliorare la viabilità con un tracciato a basso impatto ambientale, anche per risolvere i problemi di dissesto idrogeologico, un tracciato al quale l’Istituto Marsano ha già dato in passato disponibilità e spazi: una creuza già in parte esistente a nord-ovest, non una nuova strada a sud-est, come propone il Comune, squarciando il parco.
    L’ennesimo emendamento propone un nuovo tratto di viabilità di tipo agricolo-forestale: singolare che tale viabilità venga realizzata a scapito dell’unica realtà agricola di rilievo di quell’area, che sin dal 1882 si fa carico della formazione in campo agricolo ed ambientale, e della conservazione della biodiversità. Con una scuola frequentata da centinaia di alunni, dove si insegna pure a costruire i muretti a secco, tanto importanti per il nostro territorio.
    (Bianca Vergati)


    L’articolo di Bianca Vergati ha avuto un seguito con una lettera del Collegio dei docenti dell’istituto in Oli 320.

  • OLI 315: CITTA’ – Cittadini nei fortini

    Disegno di Guido Rosato

    Primo mercoledi di ottobre, sala rossa in gran fermento di pubblico e politici per le audizioni dei comitati dei cittadini in Commissione urbanistica, spesso deserta.
    Le elezioni sono vicine.
    Non è una disfida tra contrade, tra Ponente e Levante, si sottolinea, quasi a cercare sponda fra anime diverse, insieme ad elogiare quel tanto che basta il nuovo Puc, per attaccarlo poi a testa bassa.
    Sfilano gli Amici del Chiaravagna, quelli di Vesima fino al Levante cittadino, ognuno con le sue ragioni, da chi vuol dire addio alle fabbriche dismesse, e no ad altre residenze, a chi lamenta troppi box; chi il velenoso traffico, ma grida no alla Gronda, chi dice basta alla rumenta: neppure si prevedono aree per la trasformazione rifiuti o isole ecologiche, ma già si è scelto il sito per il gassificatore.
    Un futuro più sostenibile per il Ponente, attaccando concessioni ricattatorie per Erzelli e Fincantieri: quanti costruttori si sono arricchiti senza vantaggi per la comunità?
    Le osservazioni sono puntuali, accurate e accorate, anche l’Università ha partecipato con i dottorandi in geografia storica, presenti in aula. Rilevanti le contraddizioni quando si dichiara di subordinare gli interventi sul patrimonio edilizio al perseguimento del rilancio della produzione agraria.

    Chi coltiva la terra però per fare la cascina deve seguire regole rigorose e raggiungere dimensioni aziendali elevate, mentre se il terreno è in abbandono liberi tutti.
    Un invito al roveto e a progettare villette non destinate a chi si dedica ai campi.
    Invece i ragazzi di Vesima vogliono preservare le loro piccole aziende, auspicano un Parco Agricolo, è un bollettino di guerra il loro: pari a centomila campi da calcio gli ettari agricoli spariti in trent’anni in Liguria, sopravvissute 20mila aziende su 80mila.

    Il futuro? Una Vesima agricola. Che buona notizia, qualcuno progetta per il domani.
    Segnali anche dalla Regione, il cui l’assessore regionale all’ambiente dichiara “Stop ai porticcioli, alla cementificazione selvaggia costiera, più agricoltura e incentivi ai giovani coltivatori” (la Nazione)
    Ma dov’è stata finora? Forse si dovrebbe accordare con l’urbanistica, vista la nuova proposta di legge che recita : “… Quale forma di ristoro compensativo i comuni avranno fino al 5% dall’incremento di valore ricavato dal cambio di destinazione d’uso, se si renderanno disponibili a farlo” (la Repubblica, 6/10). Dalla Regione infatti, a breve, sul mercato immobili da valorizzare e rendere appetibili per cento milioni di euro, incombe il deficit della Sanità. Siamo in decrescita ma per aggiustare i conti si vuole il via ad altre trasformazioni.
    Serve a poco auspicare adesso dai cittadini del Levante la funzione alberghiera nella villa ottocentesca del Cenacolo a Quarto, ex pensionato, destinato ormai a residenze.(Corriere Mercantile, 8/10). Ora che nel Puc si prospetta un albergo sul promontorio di fronte al Monumento, si vorrebbe l’hotel di lusso nell’antica villa.

    Doverosa la preservazione del paesaggio, dei parchi, dei centri e dei porticcioli storici: un caloroso grazie a chi si preoccupa e se ne occupa. L’impressione però è che si abbia nel cuore il preservare e basta, non s’intravvede una visione di come la città possa trarre vantaggio dalla fortuna di avere mare e paesaggio incantevoli nel Levante, magari favorendo nuova occupazione in questo momento così tragico di crisi.

    (Bianca Vergati, fotografie di Giovanna Profumo )

  • OLI 311: PUC – Chiarezza per pochi

    Marta Vincenzi si scatena su Twitter, e spiega l’utilità di aver ospitato a Genova la IX Biennale delle città e degli Urbanisti europei. Citando l’intervista de Il Secolo XIX, si tratta di “quattro giorni dedicati a quanti non capiscono ancora cosa abbiamo messo in moto con il nuovo Piano Urbanistico Comunale”. Per saperlo, l’accesso alle conferenze costa 80 euro al giorno. Voci di corridoio dicono che il prossimo anno si profila l’accesso a pagamento agli uffici pubblici, con l’installazione di tornelli gestiti da Genova Parcheggi.
    (Stefano De Pietro)