Categoria: LIGURIA

  • OLI 299: PARCO CINQUE TERRE – Have you verified?

    Giovedì 21 aprile, il ponte di Pasqua è alle porte, le scuole in vacanza, molti italiani e moltissimi stranieri scendono dal treno alla stazione di Monterosso. C’è chi si ferma alla spiaggia e chi si avvia a percorrere il famoso sentiero, e così noi. Ma dopo una decina di minuti di salita insieme ad altri gruppetti di camminatori ci ammucchiamo contrariati di fronte ad uno sbarramento che impedisce di proseguire. Il cartello è categorico: “Il sentiero Monterosso – Vernazza non è percorribile perché interrotto completamente per frana, non avventurarsi perché pericoloso”.
    Delusione e progetti per itinerari alternativi: “Si potrebbe salire fino a Soviore e poi prendere il sentiero n. 1, che passa più alto”, “Sì, ma diventa davvero lunga!”, “Oppure cambiare, e fare il sentiero Monterosso – Levanto … “. Mentre le conversazioni si intrecciano arriva un camminatore inglese, che chiede: “Have you verified?”. Lui, infatti, aveva verificato, ed era venuto a sapere che il sentiero è perfettamente percorribile: in serata gli sbarramenti sarebbero stati rimossi, e dalla mattina dopo il sentiero sarebbe stato aperto. A pagamento.
    Commenti, ribellione, e decisione unanime: si va! let’s go! Ci si aiuta a vicenda per tenere sollevato lo steccato e si striscia al di là: il sentiero si apre amichevolmente allo sguardo. Per tutte le due ore di percorso nessuna traccia di lavori in corso. Nel corso del tempo sono stati fatti lavori di sistemazione e di contenimento dei punti franosi, ma il tutto appare assestato da tempo. Il sentiero è tutt’altro che deserto: veniamo superati da schiere di tedeschi, e altrettanti se ne incrociano in direzione contraria, finché si arriva in vista di Vernazza e si incontra il cartello simmetrico; una signora cinese lo osserva perplessa e ci chiede “Vi vedo venire di là, ma si può passare? Non è pericoloso?”, “No, tranquilla, si passa benissimo! Nessun problema … “ “Ma allora … it’s a big lie!”. Una grande bugia, appunto. Una bugia irrispettosa, che per tirar su un po’ di soldi avrebbe lasciato centinaia di persone venute da molto lontano deluse e prive di uno dei pregi decantati di questo pezzo di Liguria, la camminata che ti porta da un paese all’altro tra mare e ulivi.

    Un cartello piuttosto malpreso informa sulle tariffe della “Cinque terre card”. Più informazioni si trovano sul sito http://www.parconazionale5terre.it/5terrecardsnuovo.asp: varie possibilità a seconda che si includa o meno il biglietto del treno, che si sia adulti, anziani o ragazzi. Resta il fatto che anche chi non intenda usare pulmini ecologici, non sia interessato al museo dello sciacchetrà, e se la voglia fare tutta a piedi, di giorno festivo deve pagare 7 euro. Anche se – ammettiamolo – c’è una apertura di non poco momento, infatti “è possibile camminare su tratti di sentiero senza l’obbligo della card dopo le 19.30”. Grazie, Parco!!!

    E’ un po’ come la privatizzazione dell’acqua, non vi pare? Si dirà: ma il sentiero richiede manutenzione. Già, ma non ci sono le tasse, per questo? Non c’è una ricaduta economica, per quel territorio, dalle migliaia e migliaia di persone che ci vanno? E poi, è quello l’unico sentiero della Liguria? Qualcuno ha mai pagato per camminare nel parco del Gran Paradiso?
    Che dite, sarà questa la vocazione turistica della Liguria?

    (Paola Pierantoni – Foto Giovanna Profumo)

  • OLI 290: REGIONE – Casa dolce casa

    Valletta di Rio Penego, uliveti che spariranno. Foto Stefano Stefanacci.

    Pare al via il Piano Casa finalmente, finisce un tormentone e si è trovata pace in maggioranza. O magari più semplicemente si vuole evitare di approvarlo con pericolose intese trasversali, con i voti dell’opposizione freschi e pronti. Però ci si sta lavorando. Il Giornale del 22 febbraio annuncia il “possibile accordo tra i poli”, e a Savona ha organizzato un convegno tra il chiacchierato ex sindaco di Alassio – inquisito più volte per reati amministrativi (vedi blog di Marco Preve), ora consigliere regionale Pdl – il capogruppo Pd in Regione, amministratori locali, come il senatore Pdl Franco Orsi e addetti ai lavori: tra i relatori Marylin Fusco, assessore all’urbanistica Idv.
    Tanti insoddisfatti, pigolamenti a raffica da tutte le categorie del settore e “Ira dell’assessore per i mesi di lavoro buttati al vento”, come titolava giorni fa il maggiore quotidiano cittadino.
    Commenti positivi da sinistra. Resta da capire come “una coalizione della legalità” possa permettere ampliamenti sugli abusi, per minimali che siano, tipo “modello Puglia”. E allora?
    Di sicuro il cittadino rispettoso delle regole si attrezzerà per il futuro.
    Forse i cittadini avrebbero gradito sentire dagli operatori una proposta di piccola edilizia diffusa, di interventi per ripristinare davvero un territorio disastrato: opere subito cantierabili e non soltanto box o nuove case.
    Argomento serio, che il vincolo di quota social housing non appaga. Con le grottesche storie di Affittopoli nazionali e i lasciti per i poveri, che lasciano l’amaro in bocca e repulsione per caste varie, dai vip ai politici, ai raccomandati d’ogni tipo, quando c’è gente che non mangia pur di avere un tetto.
    Forse rivoluzione sarebbe anticipare un cambio di mentalità e di metodo per dare ossigeno ad un settore in difficoltà, per sperare che la politica si occupi di lavoro, di futuro, dei luoghi che abitiamo o della casa che non c’è, specialmente per chi è solo e per giovani coppie.
    Intanto in città la Linea Verde di Urban Lab ha il singhiozzo per far spazio a nuove palazzine di cooperative “bianche e rosse” al posto di un bosco, con la scusa di una nuova e costosa strada come in via Shelley. Imperversa pure il Piano-manutenzioni e per dimostrare efficienza e amore al Progetto Genova il rimedio trovato è un valzer di assessori, pescando in rive opposte, come se proclamando autonomia, tutto il resto non contasse, con rispetto dell’esperienza del prescelto e senza il rispetto di chi ha votato una parte e non l’altra. Tanti esperti nel fare il salto della quaglia, con il rodimento comune delle elezioni amministrative che incalzano.
    E’ partita anche la crociata degli albergatori, stufi d’essere vincolati, che reclamano il diritto a trasformare gli hotel in case: ma è appena finito Sanremo, non ci si lamentava di così poche strutture ricettive per questo povero turismo bistrattato e che potrebbe dare tanto? Tranquilli, si sta studiando una legge ad hoc, come per le aree produttive, l’unico tema, che forse davvero interessava ai cittadini, gli ampliamenti industriali., che vincolati in modo serio, avrebbero costituito magari uno sviluppo importante. Cassati. Probabilmente con il Piano Casa poco pertinenti, ma Regione e Comuni non sono sempre a proclamare d’ essere all’eterna ricerca di spazi per le aziende?
    Forse il lavoro non c’è più, inutile rincorrere gli spazi.
    L’impressione purtroppo è che in Liguria bastino colf, badanti, e baristi e voi ragazze e ragazzi adeguatevi: questa pare l’idea di lavoro che passa il convento.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 286: GRANDI OPERE – Inquietudine in galleria

    “Sì, il raddoppio del tratto ferroviario Andora – S. Lorenzo (19 chilometri di cui 16 in galleria) dovrebbe essere completato nel 2012, ma su quel treno a 200 km all’ora in galleria non ci salgo neanche morto”.
    Confidenze di un claustrofobo? No, confidenze di fine estate di un lavoratore molto perplesso sulla futura sicurezza dell’impianto. Segue un mare di spiegazioni tecniche che non paiono mancare di un filo logico. Proviamo a riassumere.
    Lo scavo prevede sette gallerie, di cui quattro realizzate con una “talpa”, cioè una gigantesca macchina la cui testa è una fresa che ruota lentamente frantumando la pietra, e che, man mano che avanza, cementa pareti e volta della galleria mettendo in posa delle centine armate con tondini di ferro. Questi vengono inglobati nel cemento che si consolida velocemente a bassa temperatura (non superiore a 30°) grazie all’aggiunta di un appropriato addittivo. Tutto il processo è realizzato e controllato in modo automatico.
    E allora, cosa c’è che non va? L’elenco che si snoda è lungo. Il tondino dell’armatura dovrebbe essere di elevata sezione, adatta ad opere industriali, mentre nelle centine (in quante?) pare che ci vada tondino a piccola sezione, con l’aiuto di un doppio regime di bolle di accompagnamento. Anche l’addittivo al cemento a volte si trasforma mutandosi in acqua, ma in questo caso il consolidamento richiede temperature più elevate, fino ai 60°, e allora ecco il tapullo per “bypassare” il sistema di controllo automatico della macchina. Poi c’è il restyling: vernice spry color zinco spruzzata su ferri arrugginiti per “passare le ispezioni”, dato che rotture, fessurazioni, distanze fino a 5 cm tra le calotte lasciano passare acqua.
    L’amico conclude: “Te lo immagini cosa può succedere a seguito dello spostamento d’aria provocato da un treno in corsa a quella velocità? E quando se ne incrociano due, di treni?”
    Paranoie? Malumori lavorativi che trovano sfogo nell’ingigantire piccoli problemi fino a tramutarli in allarme?
    Un breve articolo – “Blitz al cantiere di Andora – sequestrata l’area Ferrovial” – uscito lo scorso 20 novembre sull’edizione savonese del Secolo XIX, purtroppo, conferma: “Carabinieri e finanzieri hanno posto sotto sequestro l’intero stabilimento-capannone della Ferrovial Agroman, la ditta spagnola che si è aggiudicata l’appalto delle Ferrovie italiane per effettuare i lavori … Secondo gli investigatori, per la realizzazione dei “conci” sono state utilizzate percentuali inadeguate sia di cemento che di ferro per armatura, e i manufatti sarebbero irregolari rispetto alle norme di legge e dunque potenzialmente pericolosi per viaggiatori e ferrovieri”. Indagati i legali rappresentanti della Ferrovial Agroman e della Cossi Costruzioni, ditta lombarda che produce le armature in ferro e acciaio.
    Torna sull’argomento Il Secolo XIX del 22 gennaio, edizione di Imperia, che ripercorre la storia giudiziaria di questo cantiere, soggetto ad indagine già dall’agosto del 2009 per gravi irregolarità nello smaltimento dei materiali di scavo, e ora “in parallelo” anche per la sicurezza delle gallerie in costruzione.
    Il cantiere è aperto da circa cinque anni: ce ne è voluto di tempo per accorgersi che qualcosa non andava.
    Attendiamo gli esiti, augurandoci notizie di stampa meno avare, e meno localistiche: non è questione che interessi solo il ponente ligure.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 282: SOCIETA’ – Buon Compleanno, Italia Nostra!

    La sezione genovese di Italia Nostra, nata nel 1960, compie 50 anni. Auguri!
    Il compleanno è stato festeggiato sabato scorso alla Biblioteca Berio, in una gremita sala dei Chierici, con la partecipazione di Alessandra Mottola Molfino, presidente nazionale, e dei responsabili locale e regionale, Alberto Beniscelli e Roberto Cuneo. Giovanna Rotondi Terminiello, già soprintendente per i Beni artistici e storici della Liguria nonché figlia di quel Pasquale Rotondi cui la nazione deve molto per la salvezza dei propri capolavori durante la seconda Guerra mondiale, ha espresso grande stima e affetto in una dissertazione sul tema “I Beni culturali per l’Italia”.
    La benemerita associazione aveva visto la luce a Roma nel 1955, creata da uomini di lettere, artisti, storici, critici d’arte, architetti e urbanisti che si unirono a difesa del patrimonio culturale e delle bellezze naturali sempre più minacciate, con un largo seguito di iscritti via via più numerosi. All’inizio fu una specifica azione per contrastare e sventare uno dei tanti scempi urbanistici nella Capitale, da cui prese il via un’attività di attento monitoraggio, conoscenza e salvaguardia che continua tuttora sull’intero territorio italiano.

    La stessa Biblioteca Berio ospita nella Sala lignea, fino a sabato 18 dicembre, un’esposizione di documenti, ritagli di giornali, manifesti, fotografie, pubblicazioni e altri materiali che testimoniano il mezzo secolo di attività di Italia Nostra in Liguria, tra battaglie vinte e sconfitte, ma in ogni caso producendo aumento di consapevolezza e partecipazione tra i cittadini.
    Una mostra “povera”, visitabile ogni giorno dalle 15,30 alle 18,30, messa su grazie al volontariato e con pochi mezzi, senza effetti speciali ma non per questo meno degna di essere visitata di tante altre. In una ventina di bacheche è presentata una rassegna di argomenti che non riguardano solo gli addetti ai lavori ma toccano tutta la società.
    Lo stesso ex Seminario arcivescovile, che oggi ospita la Berio, sarebbe stato distrutto e sostituito da un grattacielo ben più redditizio per la Curia che aveva intrapreso l’operazione, se Cesare Fera, Bruno Gabrielli e altri di Italia Nostra non si fossero messi in gioco investendo tempo, energie e competenze. Così per molte altre vicende, come ad esempio lo smisurato Cono di Portman che sarebbe dovuto sorgere al centro del porto antico ed è fortunatamente rimasto sulla carta, o il Palazzo dei Pagliacci a Sampierdarena, testimonianza di un bel liberty di primo Novecento destinata alla demolizione e invece salvata. Oppure, una decina d’anni fa, il mantenimento a liberi usi pubblici della Loggia di Banchi, in sinergia con altre associazioni coordinate nel Forum dei cittadini e delle associazioni del Centro storico.
    Più in generale, non si oppongono solo dinieghi ma soprattutto si propongono alternative concrete e ben argomentate alle attuali prassi in tema di mobilità dei cittadini e delle merci, gestione dei rifiuti, arredo urbano e via dicendo.

    Di fronte a tanto impegno civile, monta però una certa amarezza considerando quanto sta accadendo negli ultimi anni, con la ripresa alla grande del saccheggio del territorio e degli sfregi a quanto ereditato da chi ci ha preceduto. Come se anni di lotte non fossero serviti a nulla. Anzi, rispetto a mezzo secolo fa la situazione è ancor più grave: se un tempo poteva esserci almeno la scusa dell’ignoranza, oggi la speculazione procede arrogantemente tra mistificazioni e manipolazioni della verità, con normative compiacenti e incurante della crescita culturale e delle sensibilità sviluppatesi grazie anche a Italia Nostra e ad altre analoghe realtà. Sarà opportuno che tutta la società non stia a guardare ma riprenda la battaglia, in prima linea al fianco di Italia Nostra.
    (Ferdinando Bonora)

  • OLI273: REGIONE – Uomini e uccelli

    L’art. 1 della legge 157 del 1992 recita: “La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale”, ma la Regione Liguria, relativamente al significato del termine “indisponibile”, deve avere delle vedute piuttosto elastiche. Infatti, unica regione d’Italia, ha approvato una legge che consente ai cacciatori di sparare fino a mezz’ora dopo il tramonto, con 25 consiglieri a favore, 5 contrari e molte assenze variamente motivate.
    La legge approvata ha il singolare pregio di mettere (quasi) tutti d’accordo: infatti è stata votata da Lega Nord, Partito Democratico – guidato dal cacciatore Ferrando, UDC, “Noi con Burlando” e dalla signora Fusco dell’IDV. Contro, solo la Federazione della Sinistra e i consiglieri Scialfa, Quaini e Piredda dell’IDV. Altri consiglieri (Rossi, Siri e Pellerano) si sono allontanati dall’aula, appellandosi alla illegittimità del provvedimento.
    Questo provedimento si propone di modificare la legge regionale del 1994 che fissava al tramonto il limite agli spari, in accordo con la legge quadro nazionale 157.
    Ricordiamo che un precedente tentativo di modificare la legge regionale, portato avanti sempre dalla Regione Liguria, presidenza Biasotti, era stato respinto, perché in contrasto con essa.
    Inoltre, in questa storia, interviene anche un profilo costituzionale, cioè quello che afferma l’esigenza di uno ‘standard’ di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, mentre “a livello regionale eventuali deroghe agli standard minimi di tutela fissati nella legislazione statale, sono consentite soltanto per la salvaguardia degli interessi generali” (vedi sentenza 226/2003 della Corte Costituzionale, in merito ad una legge venatoria della Regione Puglia).
    Provvedimento di dubbia validità, quindi, oltre che fraudolento nel rapporto fra uomo, cacciatore con armi e uccelli, colti in un momento di debolezza, quando cercano rifugio e riposo al termine di una giornata trascorsa a procurarsi il cibo e ad arricchire i nostri cieli e il nostro mondo.
    Chi ha votato contro il provvedimento ha sostenuto che esso aumenta i pericoli anche per i cacciatori, anch’essi sottoposti alle leggi della fatica, della diminuzione della vista con il buio e dello stress da bisogno di successo (spesso frustrato). E ha ragione.
    E’ molto probabile che questo provvedimento non abbia futuro. E questo ci auguriamo mossi anche da quel sentimento di pietas per il creato la cui assenza sta inaridendo il nostro vivere. E poi se gli uccelli non votano, e questo sicuramente impoverisce la nostra democrazia, i cacciatori non son più quella grande lobby di una volta, passati come sono in Liguria dai 70mila degli anni ’80 del secolo scorso ai 20mila di oggi.
    Però guardiamo il cielo, perché anche gli uccelli si incazzano! E circola voce che potrebbero decidere di cambiare regione, se non stato, anche quelli non cacciabili, per solidarietà di specie, e perché dopo il tramonto si fidano ancora meno della capacità di discernere dei cacciatori.
    (Angelo Guarnieri)

  • OLI 262: LIGURIA – Se il declino è contagioso

    Non si vedono più sul Rondò, la piazza dove s’incontra la gente che conta ad Imperia Oneglia, sono blindati in villa gli Scajola, scorta agli accessi: il ministro e signora sono spariti. Regna il silenzio, non più clamori di feste, fra gli ulivi centenari sulle colline, nel palazzotto ottocentesco, un tempo magione di campagna di uno degli avvocati più illustri del ponente, residenza ufficiale di “sciaboletta”, soprannome del politico datogli dai suoi concittadini. Una casa di campagna che si apriva nella bella stagione di cui, a sentire alcuni onegliesi, ognuno ha un ricordo: le signore, – e che signore democratiche – si riunivano a ricamare insieme alle amiche e alle donne di servizio, i bambini imparavano ad andare in bicicletta, a giocare a nascondino e poi i bei picnic con “sciue cine”, fiori di zucchine ripieni e “piscialandrea”, pizza al pomodoro, cipolle e acciughe salate. Poi la vecchia casa avuta in eredità fu sventrata, soltanto la faccia ta è quella originale e piano piano il politico potente comprava uno dopo l’altro gli appezzamenti intorno, e anche una casa, risistemata soltanto per ospitare gli amici in trasferta. Si completava la tenuta con una nuova strada privata, la piscina e un garage gigantesco, che conserva le auto d’epoca di cui il ministro va pazzo. E pensare che il comune di Diano, la frazione d’Imperia di cui si parla, pare sia di solito assillante fino al centimetro, quando si deve ristrutturare.
    Lo sconcerto è palpabile in città, la delusione per aver perso un ministro, così chi farà più qualcosa per quella parte di Liguria, un mondo a sè, quasi come il regno di Seborga. Incredulità, ironia e anche un po’ d’indignazione per la sua versione dei fatti. Pensare che da tempo il ponente era ormai territorio esclusivo dell’exministro, a lungo sindaco, che pur non originario del luogo, prima il padre e poi lui, avevano scalato i posti del potere della balena bianca, l’unico feudo democristiano in Liguria, affettuosamente benvisti da Paolo Emilio Taviani, testimone di nozze. Pare sia affranto e incredulo per la presa di distanza, la freddina solidarietà di pdl e concittadini, mentre ritornano in giro storie passate: tant’è il ministro ha smentito la consorte, ordine del partito senz’altro, ma con una tale vigoria… Una coppia pubblica, affettuosa, e lei così presente, lei per cui più d’un onegliese s’offusca: professoressa in aspettativa, appassionata d’arte, corsi all’Università, conferenze, eventi, premi alla cultura e ricevimenti ad Imperia e Roma. Mentre lui si sente abbandonato da Silvio e poco amato in patria, tranne dall’altro Claudio per il bene della Liguria, il pdl genovese, che mal sopportava il suo potere, ha alzato c resta e toni e nel frattempo solo la Lega acchiappa sottosegretari.
    Tanti si sentono “orfani”, era l’unico ministro ligure e con i parlamentari che si sono avvicendati in questi anni in campi opposti, la nostra regione certo non ha brillato in politica. Liguria, sud del nord, da cui i pochi giovani scappano, sono un terzo rispetto agli anni ’70, anziani, pensionati, territorio dimenticato dalle infrastrutture, porti trascurati se pur primi in Italia, industrie dismesse non solo per crisi ma per gravi colpe politiche. A chi si domanda chi penserà alla Liguria d’ora in avanti a Roma si può chiedere quanto è servito avere da 15 anni un ministro ligure.