Da circa un anno e mezzo sono uno spacciatore: le clienti sono per lo più donne, mi contattano via mail, ci si accorda su dove vederci, io vado e consegno. Gratis. Cosa? Un pezzo di pasta madre, con cui si può iniziare a produrre il proprio pane casalingo.
Negli ultimi anni è sicuramente aumentato il numero di italiani che producono da sé il proprio pane, vuoi utilizzando le piccole ed economiche “macchine del pane”, vuoi eseguendo manualmente i vari passi che portano all’uscita dal forno di casa di una pagnotta profumata: un fenomeno in crescita dovuto sicuramente al piacere di produrre il proprio pane come si desidera, ma forse anche alla convenienza economica.
Sulle materie prime ognuno segue il proprio gusto, ormai sono a disposizione diverse decine di tipi di farina, ma una scelta quasi esistenziale è costituita dal tipo di lievito utilizzato: se la maggioranza dei “panificatori casalinghi” usano il lievito di birra, che garantisce tempi rapidi e risultati sicuri, molti, come il sottoscritto, preferiscono utilizzare la pasta madre. Perché tale scelta? La pasta madre, o lievito naturale che dir si voglia, è più difficile da trattare, i tempi di lievitazione sono molto più lunghi, ma il risultato è un pane che si mantiene fresco più a lungo, con un profumo molto più intenso (ma non acido), maggiormente digeribile, specialmente se prodotto con farina integrale.
Ma come produrre la propria pasta madre? Il processo è lungo, ed il risultato non è garantito, è molto più semplice procurarsene un pezzo da chi già la usa! Lo scambio della pasta madre appunto costituisce l’argomento di una delle sezioni del sito www.pastamadre.net , in cui il visitatore può visualizzare una mappa degli “spacciatori”, ormai più di 1000 in tutta Italia. Fra le iniziative organizzate i Pasta Madre Day, giornate in cui le persone si incontrano, discutono, i neofiti possono avere in dono un pezzo di lievito naturale: il prossimo PM Day si terrà sabato 2 febbraio, con più di 90 eventi sparsi per l’Italia. A Genova ci si incontrerà ai Giardini Luzzati, sopra Piazza delle Erbe, dalle 15 in poi (vedi programma)
(Ivo Ruello – immagine da Wikipedia)
Categoria: Società
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OLI 363: SOCIETA’ – Pasta Madre Day
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OLI 361: POLITICA – Roberto Benigni visto da uno “straniero”
E’ stato molto bravo, anzi, splendido, Roberto Benigni ieri a spiegare i primi 11 articoli della Costituzione Italiana. Io seguivo con molta attenzione e ammirazione, mia figlia si chiedeva “Ma perché non si candida, meglio il comico Benigni che il comico Grillo, almeno è un uomo di cultura!”.
Ogni tanto, guardo bene il marchio della TV, ma è proprio vero, siamo su Rai Uno!
Saranno anni che non seguo quasi nulla su quel canale (ad eccezione delle partite di calcio della nazionale italiana).
Finita la performance meravigliosa di Benigni, ho subito messo “mi piace”, su facebook, sul post che gli diceva semplicemente “Grazie”.Grazie perché ha ridato dignità alle persone che fanno politica e che, nonostante la desolante realtà dei politici e dei partiti italiani, non hanno mai smesso di fare politica intesa come contributo per il bene della collettività.
Grazie perché mi sono reso conto di essere una “piccola costituzione” italiana fatta persona che cammina per le strade. Non c’è uno solo dei principi costituzionali negli undici articoli spiegati che non faccia parte delle fondamenta della mia cultura e della mia persona, e che non cerchi, faticosamente, in ogni momento, di mettere in pratica. Ieri sera, mi sono sentito più italiano io (che non ho la cittadinanza italiana), di moltissimi italiani. Non che non lo sentissi già prima: è fin troppo facile a confronto di un certo presidente del consiglio italiano, di tutti quelli come lui e di un intero partito italiano razzista e secessionista.
Ma il legame emerso ieri, grazie a Benigni, tra italianità e Costituzione, mi ha dato una grande conferma, ed ho aggiunto alla lista persino certe istituzioni italiane, con il consenso di mia moglie e mia figlia (italiane).
Faccio una proposta al governo italiano: la smetta di vessare i cittadini stranieri che fanno domanda di permesso di soggiorno, della carta di soggiorno o della cittadinanza italiana, con richieste xenofobe come il versamento di somme esagerate di denaro, oppure esami di lingua, di cultura o contratti di integrazione (soggiorno a punti). Basterebbe che i nuovi cittadini assistessero almeno una volta in pubblico ed in silenzio alla presentazione di Benigni degli undici articoli principali della Costituzione Italiana.
Il grandissimo Benigni ha sbagliato su due cose: parlando dell’Unione Europea come se fosse l’intero contenente europeo, ha dimenticato una bruttissima e recente guerra nel cuore dell’Europa, a pochi chilometri di distanza dal nostro Paese, come se i Balcani e i paesi dell’ex Yugoslavia non facessero parte dell’Europa e come se il bombardamento di Belgrado non fosse una guerra. Se ne è dimenticato perché era una guerra condotta tra gli altri da Bill Clinton e Massimo D’Alema, persone forse simpatiche a Benigni?
Il secondo sbaglio è che non ha citato, tra gli altri, il nome di un grande sindacalista e padre costituente, l’allora segretario della CGIL, Giuseppe Di Vittorio, il contributo del quale è stato fondamentale in particolare nella stesura del primo articolo della costituzione che definisce l’Italia “una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
(Saleh Zaghloul – Immagini da internet) -
OLI 356: SOCIETA’ – Non ci casco!
Paura ed insicurezza, come tutte le violenze, colpiscono in modo particolare i più deboli. Gli anziani si chiudono in casa. Pesa una sensazione di vulnerabilità, di fragilità crescente. C’é una giusta paura che piccoli atti di prepotenza possano avere conseguenze enormi. Uno scippo, uno spintone, una caduta possono essere molto pericolosi per una persona anziana. C’è smarrimento, intorno a casa si vede “gente strana”. La TV insiste sulla cronaca nera: spaccio, scippi, violenza, tutto è più complicato di una volta, si allentano i legami di vicinato, di parentela, di solidarietà. Ci si chiude in casa, ma così aumenta la solitudine e quindi l’insicurezza. In caso di bisogno ci si chiede a chi domandare aiuto e non si trova una risposta. Ci troviamo dunque di fronte ad un problema reale, che va affrontato perché l’insicurezza lede la qualità della vita delle persone anziane, che è fatta non solo di buona salute, ma anche di relazioni, di accesso alle opportunità che il territorio offre, di consapevolezza, di capacità di esercitare i propri diritti di cittadinanza.
In questo contesto si pone la campagna “Non ci casco” promossa dallo SPI CGIL, che non è un’operazione pubblicitaria, un libretto che si mette nelle cassette come un qualsiasi depliant pubblicitario, e nemmeno è un decalogo da imparare a memoria. E’ un contributo a fare attenzione a quei trucchi, a quelle tecniche, a quelle situazioni nelle quali il truffatore può sorprenderci ed è lo sforzo di costruire in sede locale quella “rete” di competenze (lo Spi, l’Auser, la Federconsumatori, il Silp-Cgil) che può assicurare ad ogni pensionata-pensionato l’aiuto che serve.
E’ anche un modo per prendere contatto con le persone anziane, soprattutto quelle che sono più isolate e spaventate, per farle uscire di casa e aiutarle a ricreare quella rete di relazioni sociali ed amicali che possa diventare un sostegno concreto nella gestione della propria quotidianità. Parlare delle truffe di cui spesso gli anziani sono vittime, segnalare le condizioni di degrado che rendono specifiche aree inaccessibili agli anziani, affrontare il tema della legalità e dei diritti, sdrammatizzare le possibili interazioni con soggetti vissuti come potenzialmente “pericolosi” vuol dire aiutare a ricostruire una visione più serena del mondo circostante.
La conoscenza chiara dei fenomeni e delle risorse a disposizione sono elementi importanti di consapevolezza e di autodifesa.
Per questo è utile una campagna che aiuti le persone ad imparare come difendersi da pericoli sempre nuovi, e che spinga le Istituzioni (e non solo le organizzazioni private) ad aiutare le vittime, soprattutto quelle più fragili, che possono ricevere un danno pesantissimo anche sotto il profilo psicologico, a recuperare contesti urbani degradati, a investire nella sicurezza nelle strade e nelle case, a rendere più facile il rapporto con i cittadini.
(Paola Repetto – Foto Paola Pierantoni) -
OLI 350: SOCIETA’ – Cartolina dalle Fiandre
La partita è rigorosamente al pub fra amici-colleghi belgi, tedeschi, inglesi, italiani, davanti a una birra, fieri di una Nazionale di calcio, che ridà l’orgoglio di appartenenza, con il timore della sconfitta, la speranza segreta della vittoria. La telecronaca è in una lingua gutturale, quasi cacofonica e si sta assiepati, spiando i vicini di bancone.
Esulteranno per gli errori dell’Italia o applaudiranno comunque il bel gioco?
Sono lì in attesa trepidi, i ragazzi migranti dall’Italia, laurea in tasca e una punta di nostalgia per le pizzate durante le partite di calcio in tv, quando facevano l’università. Ora sono lontani, in giro per l’Europa, non quella del club Med, ma quella del Nord, che li cerca, li recluta, li paga generosamente.
Mentre qui l’Istat sforna le sue statistiche sempre più desolanti sull’occupazione, un giovane su tre senza lavoro, il 36 per cento dei ragazzi disoccupati, il dato più dato di sempre, come recitano i tg, in qualche parte del vecchio continente c’è ancora posto per la nostra gioventù.
Così a Genova si disquisisce da anni sugli Erzelli, solo mattone o altro, andrà o no Ingegneria, ma il Piano scientifico qual è: una favola meravigliosa di cittadella tecnologica come l’isola che non c’è e forse mai ci sarà.Intanto la terra di Rubens e della sua pittura cupa, chissà perché, forse dipingeva soltanto d’inverno e ignorava volutamente quei cieli azzurri, luminosi, lo smeraldo dei suoi boschi e la lavanda tanto violetta da sembrare finta, ecco, questa terra accoglie e coccola con garbo i talenti venuti da lontano.
Nel verde del parco le palazzine del campus, camerate o piccoli appartamenti, ben attrezzati, internet compreso. A disposizione la club house con terrazza vista lago e impianti sportivi: campi da tennis, calcio, beach volley, palestra e campetto al chiuso. Lungo il canale e nel parco piste ciclabili, che conducono ai laghetti, uno dalla spiaggetta in fine sabbia bianca e l’altro, quasi un chilometro di diametro, ospita le barche a vela.
Chiunque lavora nel Centro di Ricerche può accedere a tutto ciò, biciclette incluse, si organizzano regate, gare di atletica, tornei e i bambini hanno la european school.
Proprio come in Italia, come per l’IIT (Istituto italiano di tecnologia) di Genova, collocato a Morego, in un palazzone in cima ad una landa desolata con intorno un po’ di spazio di strada sbertucciato per posteggiare..
“Un modello per il rilancio del Paese, che interagisce e funziona con l’Università, un grande inseminatore e integratore della ricerca italiana”: così i tre ministri dell’Istruzione, dell’Economia, dello Sviluppo, in visita il 23 aprile di quest’anno.
E pensare che magari lo si sarebbe potuto collocare in uno splendido campus negli spazi dell’ex ospedale di Quarto, ospitando degnamente le centinaia di ricercatori di tutto il mondo che vi lavorano, un attrattore per venire ad abitare a Genova, per far rivivere questa città comunque bella, nonostante l’arida lungimiranza dei suoi Amministratori.
Persino Angela Merkel si è fatta fotografare accanto ad un robottino dell’IIT
(Bianca Vergati – foto dell’autrice) -
OLI 349: SOCIETA’ – Freud e gli scontrini fiscali
Pomeriggio, due succhi di frutta in un bar di Via XX Settembre, pago 6 euro alla cassa, la signora mi consegna uno scontrino per un ammontare di 14 euro, replico: “questo scontrino non è mio”, lei, sul piano vicino alla cassa, cerca invano il mio tra una decina di scontrini un pò stropicciati, poi mi batte uno scontrino regolare da 6 euro. Bene, un errore.
Uscendo, su una colonna del bar vedo una grande scritta: “TRISTE ESEMPIO DI DISINFORMAZIONE?”, al di sotto la fotocopia di un articolo del Secolo XIX del 6 giugno, titolo: “Via Venti, caffè ‘corretto all’Iva’”, che denunciava la presenza negli scontrini del bar di una misteriosa voce “IVA 21%”. Nell’articolo i proprietari del locale replicavano che c’era stato un errore: si trattava del costo di un bicchiere d’acqua, battuto erroneamente sullo scontrino con una voce sbagliata. Il giorno successivo un nuovo articolo su Il Secolo XIX “E nel bar di Via Venti scompare l’Iva sul caffè”, rende conto della fine dell’errore, comunque a danno dei clienti.
Ma quanti errori … Freud, forse, parlerebbe di “atti mancati”.
(Ivo Ruello, foto dell’autore) -
OLI 346: SOCIETA’ – Il mercato dei fiori
Scopro di vivere nell’epicentro di un importante commercio: nella zona del Ghetto, tra piazza del Campo e Vico Untoria, si concentra infatti il mercato dei fiori venduti dagli ambulanti. Me lo fa scoprire il “Settimo rapporto sull’immigrazione a Genova” a cura di Maurizio Ambrosini ed Andrea Torre, Ed. Il Melangolo – 2012.
Il libro è stato presentato a Genova lo scorso 25 maggio, ma non ne ha parlato nessuno, ad eccezione di Pro.no., agenzia di stampa della Provincia di Genova.
Grandissima sottovalutazione dei nostri mezzi di informazione, perché il rapporto ha un taglio particolarmente interessante: l’accurata analisi statistica e quantitativa del fenomeno migratorio è infatti funzionale ad una lettura del nostro territorio e delle sue prospettive, ed è accompagnata da una ricca bibliografia, e da due rapporti di ricerca, uno dei quali, a cura di Franca Lagomarsino e Andrea Torre, riguarda i venditori di fiori ambulanti marocchini, definiti “Visibilmente invisibili” in quanto “Sono estremamente visibili, molto più di altre figure di lavoratori immigrati, ma emarginati dal nostro sguardo” in quanto “oggetto di pregiudizi negativi (gli immigrati non fanno un lavoro regolare) che creano difficoltà dei contatti e imbarazzo“. Il cliente, dice uno degli intervistati “ancora prima ti giudica come un povero, un povero totale, non solo di testa, povero di tutto. Però ce ne è tanti che hanno vissuto davvero la vita … loro ti capiscono al volo. Hanno un’altra mentalità, parlano come se parlassero a una persona normale … ne trovi il 20% che hanno vissuto la vita”.
Il rapporto infrange molte delle ovvietà con cui guardiamo a queste figure, e segnala trasformazioni importanti.Una è stata il passaggio della vendita dai minori agli adulti, che si è compiuta intorno alla fine degli anni ’90, e che ha dietro di sé una storia di cui fu protagonista una rete formata da Comune, Forum Antirazzista, Direzione Scolastica Regionale, CRAS (Centro Risorse Alunni Stranieri), Tribunale dei minori, Questura.
Un’altra è stata quella della graduale regolarizzazione della attività: il responsabile del mercato dei fiori di San Remo parla di un avvenuto “processo di specializzazione, con acquisizione di partita Iva, acquisto in regola, maggiore attenzione alla qualità del fiore e alla modalità di vendita … confezionano un ‘prodotto finito’, tolgono le spine, lo confezionano, lo vendono agli ambulanti. Poi hanno ampliato le gamme di prodotto, non più solo la rosa: indice che si rivolgono ad acquirenti che sono piccoli chioschi. Qui comprano regolarmente, con emissione di fattura e tutto”. Ci sono forme di razzismo: “Ci tocca vendere ai marocchini” ma la realtà è che “i marocchini coprono ormai una nicchia di mercato”.
Alcuni grossisti comprano a San Remo, altri al mercato di Genova. Poi nella zona del Ghetto avviene l’acquisto del prodotto da parte degli ambulanti, anche loro ormai transitati nel territorio della regolarità e delle partite Iva: si tratta di anziani che lo fanno da tempo, o di giovani in attesa di altre occasioni. Un’attività “cuscinetto” che può rendere 70 euro nelle giornate buone, o scendere a zero in quelle cattive. Un lavoro dignitoso, che può prevedere una sua dinamica: la diversificazione del prodotto venduto e della clientela, acquisendo acquirenti fissi, piccoli chioschi, e magari il passaggio da ambulante a piccolo o medio grossista.
Per capire questa parte della nostra città, insistono i ricercatori, occorre però “mettere in discussione l’ottica miserabilista”.
(Paola Pierantoni – Foto dell’autrice) -
OLI 344: SOCIETA’ – Confronto tra generazioni, rette parallele
Scivolano via i quattro ragazzi – ma come ve ne andate! no, no una sigaretta…- Non sono più comparsi però. Intanto si dilunga nel suo monologo il prete di strada, quello degli ultimi, che chissà perché cita nei suoi discorsi sempre alti prelati o vip di prestigio, questa volta noti registi. Nell’evocare i suoi ricordi di gioventù scandisce l’inesorabile revival di quelli della Resistenza, che hanno vissuto incomparabili esistenze, ma che volete voi ragazzotti di oggi, nati dopo la caduta del Muro. E così parte del messaggio, “lo sguardo di speranza al futuro” di quel periodo eroico, l’anelo di libertà, le grida per i diritti negati, si perde dentro al comizio: pare spirare sottesa una cert’aria di bonaria compiacenza che si accetta in virtù della veneranda età.
Come parlare ai giovani se si parla dall’alto di certa saggezza canuta?
Siamo alla Claque, teatro dei vicoli, venerdì 18 maggio, per un “Confronto tra generazioni”, ma in platea sono tanti i capelli grigi e pochi i giovani, tra cui i tre neoeletti sul palco, leva ‘78, ‘90. ’91, che raccontano le loro esperienze nella politica o nei movimenti.
L’impegno di un tempo aveva dimensioni internazionali, come il Vietnam, si ricorda.
E se riuscissimo invece a renderli consapevoli della Storia dal ’68 in poi almeno per il nostro Paese?
Il ragazzo parla della “tragedia” vissuta in famiglia, quando vinse per la prima volta Berlusconi, aveva quattro anni ma se lo ricorda benissimo e così quando rivinse il cavaliere e lui era in prima media. Pare uscito da una scuola di politica: “… non ci deve essere uno scontro tra generazioni, bisogna andare nei luoghi del conflitto… sbagliato far passare il messaggio che non troviamo lavoro perché l’operaio a mille euro al mese ci sta rubando il posto…”.
La ventenne sottolinea l’entusiasmo e la passione trovati nel movimento dell’Onda, ma invita “ i grandi a prenderli per mano”, ad accompagnarli verso la politica, a crescere nei partiti perché nel suo ha sentito le voci di chi ha conosciuto Pertini ed ha apprezzato quegli ideali. Mentre il futuro sindaco con voce rauca esprime apprezzamento “verso aggregazioni che non riconducono soltanto alla politica dentro ai partiti… ma dai quali non si può prescindere, s’intende…”.
La serata propone anche il racconto della vivace e non più giovane sindacalista, che dovette abbandonare il suo amato liceo artistico per andare a lavorare; lei, una ragazza, costretta a dare la precedenza agli studi del fratello maschio, descrive la sua esperienza di lavoratrice senza diritti e sottopagata. Ecco come nacque il suo impegno nel sindacato: umiltà e modestia nel suo narrare.
Non si riscontra la stessa misura nelle parole dell’altra neoeletta, da poco avvicinatasi alla politica, che sostiene essere “il suo interesse più di tipo locale”, è eletta nei Municipi ed è contenta di essersi messa in gioco. E a proposito di “fuga dei cervelli “ della sua generazione lei afferma di aver pensato talvolta di andare via ma poi “ ha scelto di rimanere” per far qualcosa per la sua città.
Come se quelli partiti fossero tutti contenti di essere partiti, come se avessero potuto “scegliere” per un lavoro. Mancano pochi minuti alle 23, ora fatidica di chiusura ufficiale alla campagna elettorale, il confronto tra generazioni sta per concludersi: ci hanno provato.
(Bianca Vergati) -
OLI 344: SOCIETA’ – I pagliacci di corsia festeggiano in tutta Italia
Il 19 maggio 2012 avrebbe dovuto essere una data di allegria e spensieratezza, si è purtroppo trasformata in un momento di cordoglio per le vittime dell’attentato di Brindisi. Ma la forza del progetto dei clown di corsia ha superato lo stupore e il dolore per quanto accaduto e ha consentito di proseguire, in Piazza De Ferrari, la giornata VIP, acronimo di “viviamo in positivo”, che è anche il nome dell’omonima onlus nazionale che raduna moltissime associazioni locali di pagliacci e giocolieri al servizio dei bambini, soprattutto ricoverati in ospedale.
A rappresentare VIP a Genova ci sono i “Pagiassi”, che ti circondano mentre passi lì vicino, al motto di “Il naso rosso non è indossare una maschera ma essere finalmente sé stessi”. Sono trampolieri, giocolieri, portano ogni sorta di gioco per i bambini (ai quale partecipano spesso gli adulti, rimasti bambini dello spirito). Giovani ragazze e ragazzi che prestano volontariamente il proprio tempo per far tornare un sorriso a chi sta affrontando un momento difficile della vita.
I loro nasi rossi funzionano davvero: il mio, regalatomi proprio da loro 6 anni fa, è ancora vivo e vegeto ed è stato indossato da bambini di ogni nazionalità. Le foto e la breve intervista ad una di loro parlano più di mille parole.
I Pagiassi li trovate su “pagiassi.it“. Buone risate!(Stefano De Pietro)









