Categoria: Movimento 5 stelle

  • OLI 317: INFORMAZIONE – Reazioni neurologiche di un Pd in fibrillazione

    “Al lupo! Al lupo! Il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo fa perdere la sinistra nelle elezioni regionali 2011 in Molise”. Questo è il messaggio per niente subliminale che la grande stampa e le televisioni hanno veicolato agli italiani. Sui siti internet si scatenano le ovvie deduzioni (Libero “Si scrive Grillo, si legge Berlusconi”), le accuse di populismo, pochi mantengono la calma. Diamo invece un’occhiata ai numeri, al giornalismo basato sui fatti.
    Nel sito del Ministero dell’Interno è possibile consultare i risultati delle elezioni, anche in forma storica. Le precedenti elezioni in Molise, del 2006, furono vinte dalla destra col 54% dei voti, contro il 45% della sinistra. Quest’anno la lista di destra, sempre capeggiata dall’onnipresente Iorio, al terzo mandato come presidente della regione, risulta vincitrice per un risicato 47%, mentre la sinistra si attesa su un punto percentuale in più rispetto alle precedenti consultazioni, salendo al 46%. L’abile mossa di aver candidato Di Laura Frattura, ex esponente di Forza Italia, ha pagato veramente poco, e ha confermato la mancanza di esponenti di spicco nella sinistra locale. Insomma, i dati sbugiardano la stampa, ma siamo certi che nessuna testata si porrà la cenere in testa spiegando ai propri lettori che si sono proprio sbagliati: la sinsitra ha perso “in proprio”.
    Non è che ci volesse poi molto a controllare, sono dati in linea disponibili per tutti, che (solita) figuraccia.
    Elezioni 2006 Elezioni 2011
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 315: ELEZIONI – Movimento 5 Stelle: Paolo Putti candidato sindaco

    Del subcomandante Marcos dei Chiapas non si conosce il volto. Appare in pubblico con un passamontagna. Wikipedia segnala che lo si distingue dai compagni per la pipa eternamente in bocca. Perché Marcos è l’uomo senza volto.
    Paolo Putti, operatore sociale, alla conferenza stampa per le elezioni a sindaco del Movimento 5 Stelle di Genova, avrebbe voluto mostrarsi come Marcos, a volto coperto. Ma i suoi sostenitori “probabilmente lo avrebbero picchiato”.
    Così, il 29 settembre, mostra ai giornalisti il passamontagna, simbolo e intenzione per far capire che “lui è secondo, perché prima c’è il popolo”. Anche il termine “candidato sindaco”, tra i 5 Stelle, appare sgradito. Così Putti si propone come portavoce di tutti coloro che “hanno perso la speranza”. E spiega che incontra persone sempre più affette da sfiducia che gli dicono: “tanto è inutile, tanto decidono sempre loro, tanto poi quello che conta sono gli interessi economici”.
    Vorrebbe costruire un nuovo scenario per “questa città, perché se lo merita, perché se lo merita la gente”.
    Paolo Putti ha la pacatezza di un seminarista e lo sguardo azzurro carico della rabbia di chi vuole ribaltare il mondo. Indica obbiettivi della campagna elettorale, 51% , e limiti del suo mandato: sarà uno solo, affinché “non sia tentato da istinti auto conservativi che regnano sovrani più che tra i carnivori all’interno dei politici”. A questo aggiunge la firma – se mai arriverà ad essere sindaco – di dimissioni che potranno essere ratificate qualora i suoi sostenitori non condividessero le sue scelte. Sembra di avere davanti un Houdini della politica, che aggiunge catene e lucchetti ad un sistema in cui i politici, a suo parere, stanno offrendo “uno spettacolo quanto meno indecoroso”.

    Fotografia di Giovanna Profumo

    Portavoce del Movimento 5 Stelle di Genova, Putti è anche uno dei leader del comitato antigronda. Conosce tutto sulla questione. E non vorrebbe veder sprecati soldi in progetti faraonici che, a suo parere, non creano il bene futuro della comunità. Vuole parlare di ricerca universitaria, per garantire a chi viene dopo, un futuro “se non migliore almeno uguale al nostro”. Ma vuole discutere anche di ospedali, a partire da quello di vallata, perché non comprende “di quale progresso si stia parlando se non siamo in grado di garantire ad una persona malata un luogo dignitoso dove essere curata”.
    La campagna politica sarà totalmente autofinanziata, se la gente vorrà dare un contributo, sarà benvenuto. Perché è solo alla gente che bisognerà restituire qualcosa. E sarà la campagna politica dell’ascolto – esattamente come per gli altri candidati in campo (ndr) – delle istanze di chi vive nei quartieri, di chi conosce i luoghi, di chi sa che le soluzioni non possono essere calate dall’alto ma vanno adeguate ai contesti.
    Putti ammorbidisce il linguaggio di Grillo ma è portavoce delle istanze del comico. A chi ha paura di derive grilline offre massima disponibilità per farsi conoscere, vedere, annusare con una campagna politica porta a porta.
    Se il movimento farà opposizione, sarà un’opposizione durissima che vigilerà su incarichi, poltrone e competenze del persone indicate.
    Putti è molto giovane, ma la sua rabbia ha molti anni.
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 311: ACQUA PUBBLICA – Festival dell’acqua

    Genova – Come nient’anfusse, si direbbe in un qualche dialetto d’oltre appennino: è il termine per descrivere il comportamento del Partito Democratico, del Comune di Genova e di quanti orbitano intorno alla questione acqua pubblica nell’Italia del dopo referendum. Gli italiani sono stati molto chiari, hanno urlato un secco no! alla privatizzazione delle risorse idriche, ma a Genova spunta il Festival dell’acqua, costruito da Federutility (ossia da coloro che hanno in mano l’acqua privata italiana) con tanto di patrocinio del Comune di Genova,  che ha voluto appiccicare la sua presenza al manifesto e alla manifestazione.
    E’ ancora vivo il ricordo della protesta dei comitati per l’acqua pubblica di luglio 2011 al Consiglio comunale di Genova: l’unico gruppo consiliare che non era intervenuto alla riunione con i capigruppo era stato proprio quello del Pd, mentre tutti gli altri rappresentanti erano presenti a redigere un documento di richiesta al Sindaco di ritiro del patrocinio, considerato in contrasto con quanto sostenuto ai referendum dal suo partito. Una noncuranza istituzionale, uno schiaffo al risultato referendario, il Pd genovese si rivela con due facce, come il dio Giano dal quale alcuni storici fanno derivare il nome della nostra città. Ci ricordiamo sicuramente della “strana” campagna a favore del bronzino che Coop fece non più tardi di un anno fa: un’azienda commerciale che pubblicizza un antagonista, suonava proprio strano.
    In tutta questa faccenda, man mano che Internet apre le porte della verità, s’intravede solo il prossimo travolgente tracollo della politica truffaldina in Italia, che oltre ad una destra ormai consumata dai bungabunga giornalistici delle proprie vicende, vede anche un Pd che perde voti (indagine Demos), un sindaco uscente che s’aggrappa agli asfalti per ricordare che esiste, nessuna prospettiva nelle nuove leve, saldamente ancorate ad un segretario che viene a Genova alla festa del suo partito a parlare di massimi sistemi, senza far alcun riferimento alla politica locale, se non “gasarsi” di aver fatto comprare degli aerei Piaggio ai militari per salvare l’azienda dal tracollo finanziario (Secolo XIX online).
    A conclusione, questa bella intervista a Pino Cosentino, animatore maximo della battaglia refendaria a Genova, durante la protesta di domenica 4 settembre 2011 in Piazza Matteotti, che stigmatizza sui distributori d’acqua che il Comune di Genova sta installando per strada. Una serie di considerazioni più che ragionevoli, che spaziano dalla valutazione politica a quella tecnica.

    Non è più nemmeno la solita politica quella dell’attuale amministrazione comunale, sono le ultime battute di coda di un sistema che non regge più.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 300: POLITICA – Fuori le “palanche” dalla politica

    Il Movimento 5 stelle sta facendo il pieno delle piazze in tutta Italia, si parla di 20.000 persone a Milano, 10.000 a Torino, diverse migliaia in quasi tutti i comuni interessati dalle elezioni, compresa Savona. A Genova, in attesa della formazione della lista per le comunali del 2012, il Meetup degli Amici di Beppe Grillo organizza una raccolta di firme per una petizione diretta ai Consiglieri regionali: abbassarsi lo stipendio e ridurre o annullare i benefit e i gettoni di presenza. Partecipo con interesse ai “banchetti” di sabato 7 e domenica 8 maggio rispettivamente in via San Lorenzo e in Corso Italia, cogliendo l’occasione per vedere il tipo di risposta delle persone e la tipologia dei firmatari.
    Rispondono soprattutto persone giovani ma non mancano gli “anziani”, anche se questi ultimi sono più convinti che si tratti solo di una provocazione: i capelli bianchi ne hanno viste tante di iniziative simili, però partecipano volentieri perché, leggendo il volantino, vedono dei numeri che non credevano possibili: stipendi dagli 8700 euro in su, per arrivare a cifre da capogiro di oltre 15.000 euro, fatte tutte le aggiunte di rimborsi spese (da auto presidenziale), di indennità e di amenità varie. Si spiega che il nuovo tipo di politica proposto dal Movimento è di tipo partecipativo, non più con una delega in bianco, come avviene oggi. Si ricordano anche i referendum, distribuendo volantini con la preghiera di farli circolare. Alcuni ancora non sapevano che per dire “no” si deve votare “si”, credendo invece di andare a scegliere se approvare le legge o meno: in effetti questa storia del referendum abrogativo fa confusione: la TV di stato ha fatto il suo lavoro di censura in modo accurato, forse è davvero l’ora che siano istituite anche tutte le altre forme. Si parla con il “marchio di Beppe” alle spalle, uno striscione con la faccia di Grillo a dar forza all’impegno, suggello di autorevolezza all’iniziativa, certezza di trasparenza.
    E in effetti, oggi, chi più di un comico potrebbe restituire serietà alla situazione carnevalesca della nostra politica? Ad ascoltare i filmati del tour di Grillo per appoggiare le liste comunali in giro per mezza Italia, si sentono quelle parole che vorremmo sentir dire ai “politici di professione”, mentre uno scarno Pisapia con in mano un megafono che non sa nemmeno accendere, a parlare di problemi in modo generico e senza convinzione alcuna è il massimo che ci viene proposto da un centro sinistra spento, affidato ormai per riempire le piazze solo a Vendola, nemmeno al segretario Bersani.
    Anche il Pdl cerca di scopiazzare come può, cercando di adattarsi ad un fenomeno che eroderà voti da ogni parte: il Wi-Fi libero, limitatamente a chi non ne fa l’attività predominante (siamo abituati ai senza senso, ma questa è davvero comica). Si sono dimenticati la parola “gratuito” del programma 5 stelle ma si sa, l’attuale classe politica non è molto esperta di Internet e forse non hanno ancora capito che gli italiani, per attaccarsi a quella che ormai è una delle più lente reti europee, pagano salato.
    Le due giornate si chiudono con soddisfazione, molti fogli sono pieni di firme, ci si sente soddisfatti di aver fatto vera informazione a diretto contatto con i cittadini, come fossimo quell’articolo di fondo mancante nel giornale più importante della città.
    (Stefano De Pietro)