Categoria: Immigrazione

  • OLI 379: ESTERI – Voci dalla stampa internazionale

    Violenza sessuale contro le Colf in Medio Oriente
    Il sito (7daysindubai) ha pubblicato martedì 16 maggio un articolo nel quale si legge: “Una colf è stata salvata dalla minaccia di ulteriori abusi per mano del suo datore di lavoro dopo aver chiesto aiuto su Facebook.
    Cristine Dumo fu salvata dalla casa in Ras Al Khaimah dagli assistenti sociali, martedì sera, ed è ora sotto la tutela del Consolato delle Fillippine a Dubai.
    Un funzionario del Consolato ha detto a 7DAYS: “L’abbiamo accolta nel nostro centro per i lavoratori migranti la scorsa notte. Lei è traumatizzata, ma stabile. Si è sollevata per essere sicura e non dovrà tornare dal datore di lavoro.”
    La ventitreenne filippina, che aveva lavorato per il suo datore di lavoro per otto mesi, ha descritto come il suo datore di lavoro ha cercato più volte di aggredirla sessualmente, ma lei ha reagito. “Ha detto che lui la schiaffeggiò e tentò di violentarla – ha detto il funzionario del Consolato – è riuscita a resistere. Ha detto che aveva paura di gridare aiuto perché il datore di lavoro la minacciava di mandarla in prigione se ne avesse parlato con qualcuno”.
    http://www.7daysindubai.com/Abused-maid-Ras-Al-Khaimah-rescued-facebook-plea/story-18992673-detail/story.html

    Deportazione a Dubai
    Dall’articolo di Brian Whitaker, di domenica 26 maggio 2013, sul sito (al babadi Dubai): “Decine di lavoratori edili immigrati che hanno aderito allo sciopero all’inizio di questo mese a Dubai stanno ora affrontando la deportazione. Migliaia di lavoratori principalmente asiatici impiegati da Arabtec – una delle più grandi imprese di costruzioni del Golfo – hanno iniziato uno sciopero, il 18 maggio, ma ritornati al lavoro dopo quattro giorni in seguito all’intervento della polizia. Sindacati e scioperi sono illegali negli Emirati Arabi Uniti e altri stati del Golfo, e alcuni degli scioperanti identificati sono stati arrestati per essere interrogati”.

    http://www.al-bab.com/blog/2013/may/migrant-workers-in-dubai-face-deportation.htm

    Il futuro della Siria
    The Economist, del 23 maggio 2013, pubblica “Un’intervista con Jabhat al-Nusra”: ” Domanda: che  dire degli Alawiti?” Risposta: “Solo Allah sa cosa sarà di loro. C’è una differenza tra i Kuffar (gli infedeli) di base e quelli che si sono convertiti dall’islam. In quest’ultimo caso, bisogna punirli. Alawiti inclusi. Anche i sunniti che vogliono la democrazia sono kuffar come lo sono tutti i sciiti. Non si tratta di chi è fedele e di chi non è fedele al regime, si tratta della loro religione. La Sharia dice che non ci può essere punizione per gli innocenti e che ci deve essere punizione per i malvagi, ed è questo che noi seguiamo”.

    http://www.economist.com/blogs/pomegranate/2013/05/syrias-fighters-0
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 376 – IMMIGRAZIONE: Le nude verità di Kyenge

    Disegno di Guido Rosato

    Kyenge, ministra dell’integrazione, ha recentemente rilasciato alcune dichiarazioni. Dopo aver sostenuto la necessità di un decreto che riconosca il diritto di cittadinanza per i figli di stranieri nati in Italia, ha affermato che “il reato di clandestinità andrebbe abrogato”. La reazione immediata di Schifani, capogruppo del Pdl al Senato, è stato di ricordare la composizione del governo di “larghe intese” e di ricordare che le priorità del governo, al momento, sono altre http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/05/immigrazione-il-neo-ministro-kienge-abrogare-reato-di-clandestinita/583941/ .
    La notizia è stata riportata sui media e sui social network, generando una mole di commenti in gran parte xenofobi e razzisti (come è possibile verificare il calce all’articolo segnalato), che incolpano Kyenge di voler favorire l’immigrazione irregolare o sottrarre lavoro e pane agli italiani.
    Nessuna testata giornalistica ha però ricordato qual è stato l’iter che ha portato alla approvazione del reato di clandestinità. Esso è stato introdotto abbastanza recentemente, dalla legge n. 94 del 15/7/2009 (il famigerato Decreto Maroni) passando dall’iter della giustizia amministrativa, che – prima dell’entrata in vigore del reato di clandestinità – prevedeva il rilascio di un provvedimento di espulsione, a quello della giustizia penale.
    Una conseguenza è stata l’introduzione dell’obbligo, da parte dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio, come medici o insegnanti, di denunciare gli irregolari. Ulteriore differenza rispetto alla gestione amministrativa degli ingressi irregolari, l’istituzione di un processo per direttissima che, nel corso dell’applicazione del decreto, ha causato enormi costi alla spesa pubblica (cfr. http://www.olinews.info/2011/02/oli-290-migranti-quanto-ci-costa-il.html), ed intasato i tribunali. Al contrario dei suoi principi anticostituzionali e degli effetti collaterali, l’efficacia del decreto Maroni nel contrasto all’immigrazione irregolare non è mai stata dimostrata. Anzi, alcune parti, come l’aggravante per clandestinità, sono state già abrogate dalla Corte Costituzionale.
    Per gli addetti ai lavori, Kyenge ha ribadito concetti basilari da cui partire per costruire l’integrazione, ma per chi manovra la fabbrica del consenso le sue dichiarazioni sono facilmente strumentalizzabili; unico antidoto, un’informazione sobria e responsabile.
    (Eleana Marullo – immagine di Guido Rosato)

  • OLI 375: CITTA’ – Sabato 4 maggio aperitivo solidale con Ambulatorio Città Aperta

    L’Associazione Ambulatorio Città Aperta, è “un’associazione di medici, infermieri e volontari che vuole rendere effettivo il diritto alla salute proprio di ogni essere umano, di qualunque provenienza geografica, religione e status sociale. Offrire un’assistenza medica di base agli immigrati “irregolari” – che la legge non garantisce perché orientata a regolare solo l’emergenza – è un modo per esercitare un’azione politico-sociale”.
    Così è stato anche nel passato: l’Associazione Ambulatorio Città Aperta faceva parte del coordinamento di associazioni del Forum antirazzista e, dalle carte dell’Archivio del forum, si possono ricostruire alcune tappe importanti della sua storia.
    Nel corso del 1997 si portava avanti la discussione del disegno di legge sull’immigrazione Turco-Napolitano. Nell’incertezza legislativa sull’argomento, alcuni enti ed ospedali avevano introdotto pratiche discutibili: l’Istituto Gaslini aveva posto, tra le condizioni di ricovero, l’accettazione di stranieri extracomunitari in ospedale (eccetto le urgenze) soltanto dietro garanzia di pagamento. In quella occasione l’Associazione Ambulatorio internazionale Città Aperta si mobilitò e organizzò sull’argomento un convegno (tra i cui invitati compariva anche Tahar Ben Jelloun).
    Insieme alle altre associazioni del Forum antirazzista, si batté – sempre nel corso del 1997 – perché la legge in discussione recepisse la necessità di garantire, a livello ministeriale e regionale, il diritto alla salute di tutti i cittadini, indipendemente dal titolo di soggiorno.
    Più tardi, nel 2001, poco prima della fine del Forum Antirazzista e della emanazione della disastrosa legge Bossi-Fini, si batté insieme alle altre associazioni del forum per instaurare una collaborazione con la questura.
    Successivamente, l’Associazione Ambulatorio Città Aperta ha continuato a garantire il diritto alla salute, così come è garantito dalla Costituzione italiana (art. 32) e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (art. 35) e nonostante gli ostacoli legislativi dovuti a norme sempre più escludenti e demagogiche (oltre alla già citata Bossi-Fini, si ricordano gli obbrobri anticostituzionali sanciti dal Decreto Maroni nel 2008).
    Per continuare a sostenere il suo servizio a tutela del diritto alla salute, l’Associazione Ambulatorio Città Aperta ha bisogno di essere sostenuta: per questo ha organizzato un aperitivo di autofinanziamento e tesseramento per sabato 4 maggio 2013 alle 19.30, in Piazza Cernaia 3/6, presso Il Formicaio.
    E’ necessario sostenere il cammino di chi veglia sui diritti fondamentali, per non accorgersi, un giorno, di averli smarriti per sempre.
    (Eleana Marullo)

  • OLI 374: ECUADOR – El Presidente in Italia

    La bandiera dell’Ecuador accompagna il viaggio ad Assago.

    Giovedi 18 aprile 2013 è stata una data importante per la comunità ecuadoriana italiana: il presidente Rafael Correa ha approfittato di un viaggio diplomatico in Germania per “allungare” fino a Milano (ma anche in altre capitali europee) per ringraziare i compatrioti per la percentuale di consenso “de verdad impresionante” che ha caratterizzato l’ultima consultazione elettorale ecuadoriana in Italia.
    Solo un italiano al seguito dei due pullman di ecuadoriani “genovesi” che si sono ritrovati alle 14.00 nel punto di ritrovo a Sampierdarena, una nota stonata visto che probabilmente l’invito è arrivato a diversi componenti della politica genovese. Anche ad Assago, comune limitrofo a quello di Milano dove si svolge l’incontro, nel palasport più grande della cintura milanese, è presente solo il sindaco, che all’inizio della manifestazione consegna le chiavi e la cittadinanza onoraria al presidente.
    Correa arriva, dopo un po’ di attesa costruita in modo teatrale, in mezzo alla gente, scortato da alcuni funzionari della sicurezza, viene letteralmente sommerso di applausi, di strette di mano, di baci e di parole di supporto. Un presidente molto amato, che ha fatto molto per i cittadini che risiedono all’estero, una grande fetta del suo elettorato. Spuntano le magliette del Senami (http://www.migrante.gob.ec/), il servizio governativo di appoggio ai migranti, che offre sostegno alle persone in diverse città in giro per il mondo. In Italia, la comunità ecuadoriana è molto numerosa, una delle maggiori e a Genova in particolare, si contano circa 17mila persone, impegnate nei lavori classici ma che cominciano ad emergere in nuove posizioni attraverso il commercio e la frequenza di corsi di specializzazione.
    Correa parla per circa un’ora, parte da lontano, dal paese allo sfascio, con una percentuale di migrazione altissima, che ha deflorato l’economia locale già sinistrata da un debito pubblico contratto durante la dittatura (si veda http://youtu.be/ItvBLtGRPMs). Nel corso del tempo, dice il presidente, le azioni del suo governo hanno permesso di risollevare l’economia, di trasformare lo stato in qualcosa al servizio delle persone, al punto che oggi Ecuador è il terzo paese al mondo per crescita sociale. E a differenza di quanto accade qui, la crescita sociale è l’inizio della ripresa economica. Salute e formazione sono stati i primi due punti presi in considerazione. Oggi, possiamo dirlo, per lo meno sul senso dello stato visto come comunità di persone e non come istituzione aliena al popolo, l’Ecuador può insegnare a molti paesi. Italia compresa.
    Per ascoltare l’intero intervento di Correa, si può passare un’oretta di spagnolo ben comprensibile a questo link youtube: http://www.youtube.com/watch?v=PiG-DwPeqjw
    Una certezza dopo il ritorno a Genova: Rafael Correa sarà un nome che la storia non dimenticherà tanto facilmente.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 370: IMMIGRAZIONE – 27 anni a Genova in meno di 500 battute

    immagine da internet

    Alcune notizie degli ultimi giorni invitano ad allargare l’orizzonte geografico dell’informazione: una, a scala nazionale, è la nomina di Laura Boldrini come presidente della Camera. La giornalista è stata fino al 2012 portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati: sono passate di sovente, negli ultimi giorni, le immagini delle sue missioni in varie parti del mondo, tra cui ex Jugoslavia, Afghanistan, Pakistan, Iraq, Iran, Sudan, Caucaso, Angola e Ruanda.
    Durante il suo incarico, Boldrini si è occupata spesso delle migrazioni nell’ambito del mediterraneo.
    L’altra notizia, a scala regionale, è la presentazione dei dati della Consulta regionale ligure per l’integrazione, elaborati da Agenzia Liguria Lavoro: se nel territorio regionale l’immigrazione continua a crescere, anche se a ritmi molto minori rispetto al passato (+6,7 per cento rispetto al 2010), a Genova l’immigrazione cresce (+ 38.501) ma non compensa la flessione totale della popolazione (-60.479).
    Scendendo ulteriormente alla scala comunale, se si scorrono le carte dell’Archivio Forum Antirazzista si riescono a definire alcune tappe della storia dell’immigrazione a Genova negli ultimi 27 anni.
    Nel 1986 il tasso tra emigrazione ed immigrazione era negativo, cioè chi emigrava superava ancora (e di migliaia di unità) il numero di chi immigrava. La voce immigrazione nei dati statistici del comune di Genova prevedeva arrivi dalle altre regioni italiane, in primo luogo il Sud, mentre dall’estero si contavano soltanto 706 ingressi, compresi quelli dalla Repubblica di San Marino. Tra le comunità straniere residenti, al primo posto quella iraniana, per la maggior parte rifugiati politici in fuga dalla rivoluzione del 1979 e dalla guerra con l’Iraq. Si contavano poi soltanto 69 marocchini residenti.
    L’anno successivo, il 1987, segna ancora un tasso negativo e chi va via supera ancora chi entra, ma la differenza si assottiglia. La comunità marocchina residente fa un poderoso salto in avanti, decuplicando le presenze che passano da 69 a 689, forse per effetto del rincaro dei beni di prima necessità, dovuto alle concessioni di re Hassan II al Fondo Monetario internazionale nei primi anni Ottanta.
    Per passare ad un saldo positivo tra ingressi e uscite si deve aspettare il 1996, quando emigrano 960 persone e ne immigrano 2759.
    La maggiore comunità residente, in quell’anno, è sempre quella marocchina, al secondo posto si attesta l’Ecuador, che ha sorpassato il Perù e si dirige verso una crescita costante. Tra il 1996 e il 1999 il numero degli albanesi residenti quadruplica (da 113 a 494): negli stessi anni la guerra in Kosovo miete migliaia di vittime e spinge alla fuga la popolazione.
    Il sorpasso tra Ecuador e Marocco, come comunità residente, avviene nel 2000, effetto butterfly della dollarizzazione avvenuta in quell’anno nello stato latinoamericano.
    Anche secondo l’ultimo rapporto della Consulta, oggi a scala regionale la comunità ecuadoriana è la più numerosa, con più di 22mila presenze, seguita dall’Albania (21.882 persone) e dal Marocco (14.761). Il tasso ingressi/uscite è tornato negativo, nel comune di Genova, causa crisi e denatalità.
    La farfalla questa volta sbatte le ali per noi?
    (Eleana Marullo)

  • OLI 366: TEATROGIORNALE – Espulsione tra fuoco e fiamme

    Da la RepubblicaRoma, 19enne si dà fuoco a Fiumicino
     
    Il poliziotto:

    -A ridosso dell’ingresso adibito al personale dell’aeroporto di Roma Fiumicino, terminale3, settore partenze, alle ore 10.35 del 15 febbraio 2013, Il signor X di anni 19, di nazionalità Ivoriana, veniva accompagnato in maniera coatta verso il desk doganale per favorire le incombenze di rimpatrio. Chiesogli dal funzionario doganale se avesse qualcosa da dichiarare egli ha aperto la borsa estraendone una tanica di litri tre contenente benzina. Dopo che il signor X ha rovesciato la quasi totalità del contenuto della già citata tanica di liquido infiammabile sopra il di lui corpo, io mi sono avvicinato al soggetto. Il signor X ha dato fuoco alla di lui giacca, avvampando quindi nel corpo tutto. Essendo io collegato al di lui corpo tramite il mio braccio destro ho iniziato anche io a bruciare. La signora F.D., prontamente intervenuta, ha spento le fiamme con un estintore dato in dotazione all’aeroporto.

     La funzionaria della dogana: 

    -Stamattina, come sempre, ero al mio posto nel gabbiotto. A un certo punto un odore di benzina, un fumo, un ché di pollo arrosto. Una gran luce e poi le urla. Non so neanche perché sono uscita e ho preso l’estintore. Ma così, d’istinto. Non so neanche come ho fatto. Poteva pensarci qualcun altro. Appena li ho visti ho fatto fuoco. Cioè, non è che ho fatto fuoco, ho usato l’estintore: prima sul poliziotto che sembrava ballasse, con tutto il braccio luminoso. Pensavo: colpisci le fiamme, colpisci le fiamme. Quello ballava e io ferma con le gambe aperte, ben piantata sui miei tacchi, fino a quando il braccio si è tutto coperto di una spessa schiuma bianca. Intorno a me ancora urla: – Spe-gni-lo! Spe-gni-lo! Spe-gni-lo! Allargai le gambe, mi piantai sui tacchi, tirai su entrambe le braccia, presi la mira e feci fuoco, cioè non è che feci fuoco veramente, ma non mi fermai finché non finii tutta la schiuma dell’estintore. Li ho salvati? Non lo sapevo, me l’anno detto dopo.

    Un passeggero: 

    -E alla fine ci ha fatto perdere l’aereo, a me e a mia moglie. Dovevamo andare a Londra da mia figlia e con tutto questo macello non sappiamo neanche se potremmo partire. E adesso chi la sente mia figlia? Una puzza poi. Certo mi spiace per questo qui -diciamo- abbronzato, ma che ci posso io, se non c’è lavoro neanche per i nostri figli, non è che possiamo farli entrare così. Non si può mica, c’è la crisi e noi dobbiamo pensare ai nostri problemi. Che poi adesso: chi glielo pagava l’aereo a ‘sto qui? Noi; mentre il viaggio per Londra me lo pago da me. E ora che si è tutto bruciato, poveretto, chi gli paga l’ospedale? Sempre noi. Mentre l’altro giorno ho fatto un esame e sai quanti euri gli ho dato di ticket? Che io gli direi: – Senti, ti vuoi dar fuoco? Ma datti fuoco a casa tua che se c’hai dei problemi non è mica colpa mia.

    L’incendiario: 

    Ho 18 anni, a quindici ho perso mia madre e mia sorella. Sono scappato per il deserto. Ho lavorato in Libia. ‘E scoppiata la guerra anche lì. Ho preso una barca. Nessuno sapeva guidarla. Sono arrivato in Italia. Ho iniziato a lavorare, avevo una casa, avevo il cellulare, dei vestiti puliti, magari avrei potuto essere felice. Mi hanno arrestato. Mi volevano far tornare indietro. Ma indietro dove? Nella notte. E allora nella luce canto i versi di Dadié:

    “Sono l’uomo color della notte 

    Foglia al vento, vado in balia dei sogni. 

    Sono l’albero che germoglia in primavera 

    E rugiada che canta nel cavo del baobab.” 

    (da foglie al vento di Bernard Dadié.)

    (Arianna Musso)

  • OLI 363: TEATROGIORNALE – Diario di una mamma in terra straniera

    A partire da questa settimana OLINEWS pubblicherà i contributi di Arianna Musso che, ispirandosi ad una notizia, ne trarrà un testo letterario. 
    Da la Repubblica Scuola dal 21 gennaio iscrizioni on line 
    Giorno 1
    Arrivo a casa e c’è un foglio sulla porta. Naturalmente non capisco quello che vi è scritto. E un cartello blu, tipo quello che sia attaccano in albergo alle maniglie. Sarà pubblicità. Lo stacco e lo metto nel sacchetto della spazzatura che giace da due giorni davanti alla porta di casa.
    Giorno 2
    La sorpresa di questa mattina è il contatore del gas sigillato. C’è un cartello blu scritto in questa lingua ostrogota… Provo a suonare alla vicina. Mi apre, nonostante la sua buona volontà non riusciamo a comunicare. Vado in posta. La settimana scorsa gli impiegati della posta erano riusciti a capire il perché mi avessero tagliato la luce. Magari anche questa volta sono pochi euro di arretrato. Arretrati perché quando mi mandano i solleciti io non riesco a leggerli. Chissà perché non vengono a prendere la spazzatura davanti a casa?
    Giorno 3
    Mi hanno detto che, per l’anno prossimo, devo iscrivere il bambino alla scuola elementare. Devo farlo on-line, col computer. Ci ho provato ma non ci riesco. La maestra mi ha detto che non ne sa niente. La mia amica mi ha detto che magari finisce che ci denunciano. Ma in che paese mi ha portato mio marito? Non vengono a prendere la spazzatura davanti alla porta di casa, non fanno andare i bambini a scuola, parlano solo la loro lingua e guai a provare a parlarne un’altra, che ne so: francese, inglese. Qualunque cosa facciano o dicano sembra sempre che cantino, questi italiani.

    P.S. Sembra che debbano cambiare il contatore del gas perché è vecchio, sembra perché è difficile parlare di bollette solo a gesti.
    (Arianna Musso – immagine di Guido Rosato)

  • OLI 361: POLITICA – Roberto Benigni visto da uno “straniero”

    E’ stato molto bravo, anzi, splendido, Roberto Benigni ieri a spiegare i primi 11 articoli della Costituzione Italiana. Io seguivo con molta attenzione e ammirazione, mia figlia si chiedeva “Ma perché non si candida, meglio il comico Benigni che il comico Grillo, almeno è un uomo di cultura!”.
    Ogni tanto, guardo bene il marchio della TV, ma è proprio vero, siamo su Rai Uno!
    Saranno anni che non seguo quasi nulla su quel canale (ad eccezione delle partite di calcio della nazionale italiana).
    Finita la performance meravigliosa di Benigni, ho subito messo “mi piace”, su facebook, sul post che gli diceva semplicemente “Grazie”.

    Grazie perché ha ridato dignità alle persone che fanno politica e che, nonostante la desolante realtà dei politici e dei partiti italiani, non hanno mai smesso di fare politica intesa come contributo per il bene della collettività.
    Grazie perché mi sono reso conto di essere una “piccola costituzione” italiana fatta persona che cammina per le strade. Non c’è uno solo dei principi costituzionali negli undici articoli spiegati che non faccia parte delle fondamenta della mia cultura e della mia persona, e che non cerchi, faticosamente, in ogni momento, di mettere in pratica. Ieri sera, mi sono sentito più italiano io (che non ho la cittadinanza italiana), di moltissimi italiani. Non che non lo sentissi già prima: è fin troppo facile a confronto di un certo presidente del consiglio italiano, di tutti quelli come lui e di un intero partito italiano razzista e secessionista.
    Ma il legame emerso ieri, grazie a Benigni, tra italianità e Costituzione, mi ha dato una grande conferma, ed ho aggiunto alla lista persino certe istituzioni italiane, con il consenso di mia moglie e mia figlia (italiane).
    Faccio una proposta al governo italiano: la smetta di vessare i cittadini stranieri che fanno domanda di permesso di soggiorno, della carta di soggiorno o della cittadinanza italiana, con richieste xenofobe come il versamento di somme esagerate di denaro, oppure esami di lingua, di cultura o contratti di integrazione (soggiorno a punti). Basterebbe che i nuovi cittadini assistessero almeno una volta in pubblico ed in silenzio alla presentazione di Benigni degli undici articoli principali della Costituzione Italiana.
    Il grandissimo Benigni ha sbagliato su due cose: parlando dell’Unione Europea come se fosse l’intero contenente europeo, ha dimenticato una bruttissima e recente guerra nel cuore dell’Europa, a pochi chilometri di distanza dal nostro Paese, come se i Balcani e i paesi dell’ex Yugoslavia non facessero parte dell’Europa e come se il bombardamento di Belgrado non fosse una guerra. Se ne è dimenticato perché era una guerra condotta tra gli altri da Bill Clinton e Massimo D’Alema, persone forse simpatiche a Benigni?
    Il secondo sbaglio è che non ha citato, tra gli altri, il nome di un grande sindacalista e padre costituente, l’allora segretario della CGIL, Giuseppe Di Vittorio, il contributo del quale è stato fondamentale in particolare nella stesura del primo articolo della costituzione che definisce l’Italia “una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
    (Saleh Zaghloul – Immagini da internet)

  • OLI 354: Immigrazione – Il flop della sanatoria

    Circa 130 mila datori di lavoro che impiegavano (in nero) immigrati senza permesso di soggiorno hanno presentato una domanda di condono nel periodo dal 15 settembre al 15 ottobre in base ad un apposito decreto del governo Monti. Lo stesso decreto prevede anche la regolarizzazione della situazione di soggiorno dei lavoratori dichiarati dai loro datori di lavoro. Nessuno sa con precisione quanti sono gli immigrati che vivono in Italia senza permesso di soggiorno. Alcune stime, prima della regolarizzazione/condono, indicavano la presenza di circa 500 mila, altri di un milione di irregolari. La ministra dell’Interno Annamaria Cancellieri commentando tali risultati ha detto che “l’obiettivo era cercare di far venire fuori, all’aperto, tutte le situazioni di ‘nero’ che c’erano”. “Probabilmente – dice – non erano tante, il fenomeno non era così diffuso come si pensava”. Commenti negativi sono giunti dalla Caritas Ambrosiana, dall’Arci e dalla Cgil che chiedono al Governo un ripensamento. Jamal Quaddorah, responsabile immigrazione della Cgil Campania, dice che la sanatoria è stato un grande fallimento visto che le stime parlavano di circa 500 mila immigrati irregolari. Il sindacalista della CGIL ha denunciato il fatto che molti datori di lavoro hanno fatto pagare il costo del condono ai lavoratori immigrati e che altri hanno licenziato i lavoratori pur di non pagare tali costi (1000 Euro + 6 mesi di contributi previdenziali e fiscali arretrati), altri hanno dichiarato come lavoratori domestici i loro lavoratori edili o agricoli per pagare i costi minimi del condono. Valentina Brins dell’Associazione Italia Razzismo, commentando il “Poche domande? Pochi irregolari” della ministra Cancellieri, dice di non essere d’accordo e che “il motivo della scarsa partecipazione è legato alla difficoltà di rispettare tutti i parametri previsti. Oltre tutto non si ha mai dato una minima garanzia di non essere espulsa o comunque denunciata, alla persona il cui datore di lavoro non fosse riuscito a terminare positivamente la pratica di regolarizzazione.” Strano modo quello adottato dal governo Monti per regolarizzare gli immigrati attraverso domande di condono che presentano i loro datori di lavoro che li impiegano irregolarmente. Persino un governo di politici avrebbe capito che non avrebbe funzionato e che “rischia di offrire un messaggio ai datori di lavoro che in questo momento, di guerra dichiarata contro l’evasione fiscale, non pare certo opportuno: è possibile farla franca perché tanto, prima o poi, ci sarà un nuovo condono”. La regolarizzazione infatti doveva essere per gli immigrati, non per chi li aveva fatti lavorare in nero: andava rilasciato un permesso di soggiorno a tutti coloro che non avessero commesso reati gravi.
    (Saleh Zaghloul)
  • LE CARTOLINE 2012: IMMIGRAZIONE – Regolarizzazione o condono

    L’articolo di Tito Boeri “Il condono e gli immigrati”, pubblicato da La Repubblica (11 settembre) è molto interessante. Ha ragione Boeri quando scrive che la sanatoria, più che una regolarizzazione per gli immigrati, è un condono contributivo (e fiscale) e che “rischia di offrire un messaggio ai datori di lavoro che in questo momento non pare certo opportuno: è possibile farla franca perché tanto, prima o poi, ci sarà un nuovo condono”. La regolarizzazione infatti doveva essere per gli immigrati (circa un milione), non per chi li aveva fatti lavorare in nero: andava rilasciato un permesso di soggiorno per tutti coloro che non avessero commesso reati gravi.
    Boeri fa una giusta critica delle politiche migratorie degli ultimi dieci anni ma il fallimento in materia è almeno ventennale. Vede soltanto i misfatti del centrodestra e della legge Bossi-Fini di dieci anni fa, ma non quelli del centrosinistra e della legge Turco-Napolitano (1998). La doppia ipocrisia di cui scrive Boeri è infatti alla base di entrambe le leggi. La terza ipocrisia, non citata nell’articolo, è invece la principale, quella di pretendere di poter impedire gli ingressi irregolari e, di fronte all’ingresso irregolare di centinaia di migliaia di immigrati, di trasformarli in soggetti (oggetti) senza diritti, esposti al lavoro nero e ad ogni ricatto (secondo le leggi del centrosinistra) e addirittura perseguibili del reato di clandestinità (secondo il centro destra).
    La discontinuità auspicata da Boeri dovrebbe iniziare da una revisione di tutta la politica degli ingressi e la soluzione non è certamente quella della politica degli ingressi selettivi, di immigrati qualificati o culturalmente più vicini a noi, ma quella di rendere semplicemente possibili gli ingressi regolari, almeno quelli di cui il paese ha bisogno. Dall’altra parte non basta la cancellazione del reato di clandestinità, ma occorre una forte politica di regolarizzazione permanente di tutti i presenti sul territorio nazionale. Civiltà, democrazia, libertà, trasparenza, legalità e lavoro regolare contrastano fortemente con la presenza di persone irregolari prive di alcun diritto.
    Boeri scrive del “contratto di soggiorno che vincola la presenza regolare al fatto di avere un lavoro, al termine del quale bisogna tornare a casa se non si trova lavoro entro sei mesi”. In verità questa norma non esiste più: è stata modificata dalla riforma Fornero.
    Infine, sono necessarie riforme politiche e culturali: diritto al voto, cittadinanza, rispetto e valorizzazione delle diversità culturali e religiose. L’assenza totale della rappresentanza e del punto di vista degli immigrati non ha aiutato chi deve disegnare e governare le politiche migratorie. La rappresentanza politica e sociale degli immigrati non avviene tramite associazioni e comunità immigrate non rappresentative o attraverso quelle definite da Sergio Romani “nomenklature composte da persone ambiziose che aspirano a servirsi dei loro connazionali per diventare gli interlocutori accreditati delle autorità”. La rappresentanza non si realizza con le consulte ed i consiglieri aggiunti senza diritto di voto o attraverso personaggi assimilati, incuranti e addirittura irrispettosi delle loro origini e diversità culturali. La rappresentanza dovrebbe avvenire attraverso la partecipazione di tutte le persone immigrate allo stesso processo politico e sociale dei cittadini italiani esercitando pari diritti politici, a partire da quello del voto, ed attraverso la loro vera ed effettiva partecipazione e rappresentanza nelle varie istituzioni dello Stato e della società (parlamento, consigli comunali e regionali, partiti, associazioni, sindacati, ordini professionali, ecc).
    (Saleh Zagholul – foto di Giovanna Profumo)