Nell’articolo di Rania Ibrahim sul Corriere della Sera del 12 marzo “Grazie alla parabola…”, la confusione regna indisturbata. Da una parte la parabola è screditata in quanto non è da quartieri “fashion” ed è “tipicamente da banlieue parigina” e da circonvallazione di Milano, dall’altra si indigna quando i vicini di casa protestano per l’installazione della sua di parabola: “rovinava la facciata del condominio…capirai.”
La parabola della scrittrice è “buona” ed ha contribuito ad insegnarle la lingua araba, a conoscere il suo paese d’origine e tante altre belle cose mentre quella delle altre donne immigrate che dice siano (non poteva mancare) “la maggior parte musulmane”, e che definisce come “mogli-sforna bimbi” di uomini immigrati è “cattiva”: con la parabola, si barricano “nelle loro case, chiuse in un mondo che non hanno mai lasciato realmente, tutto il giorno a guardare esclusivamente programmi arabi, sentire musica araba, telegiornali arabi, la Rai?, non sanno neppure cosa sia”.
Naturalmente non è così: la scrittrice non è l’unica tra le figlie ed i figli degli immigrati ad usufruire dei vantaggi della parabola nel mantenere la lingua e la cultura d’origine e non è certamente colpa della parabola se le comunità immigrate vivono separate dalla società ospitante che fa poco per integrarle. E’ spiacevole che quando una persona immigrata ha la possibilità di scrivere su una testata importante, non faccia altro che ripetere gli stessi stereotipi sugli immigrati che da vent’anni si va scrivendo sullo stesso quotidiano. Massima cura della scrittrice è di rassicurare di essere diversa da altri immigrati che non sanno parlare l’italiano, sfornare bimbi ecc.
Articolo a parte, qualche sociologo dovrebbe fare una seria indagine sull’influenza della diffusione delle TV satellitari nell’integrazione degli immigrati in Italia. Ad esempio, se il modello dell’assimilazione degli immigrati era di difficile attuazione esso è, ora, impossibile: moltissimi immigrati ben integrati a livello lavorativo e linguistico seguono più i telegiornali del paese d’origine che quelli italiani. In molti casi si guardano quotidianamente due telegiornali del paese d’origine e nessuno italiano. Cosa significa questo per l’integrazione e per la politica? E’ nell’interesse dell’Italia che milioni di persone che vivono nel nostro paese seguano i nostri telegiornali? Sembrerebbe evidente, ma allora TV e telegiornali dovrebbero cambiare: ad esempio, assumere l’antirazzismo come etica fondamentale. Quando denunciano l’integralismo e il fanatismo religioso, dovrebbero farlo con equilibrio ed obiettività coinvolgendo tutti gli integralismi compresi quello cristiano e quello ebraico. Quando parlano di Palestina e medio oriente dovrebbero essere obbiettivi e rappresentare tutti i punti di vista e non appiattirsi, come accade oggi, su un unico punto di vista. Insomma TV e telegiornali italiani dovrebbero diventare multietnici e interculturali. Mi rendo conto che potrebbe sembrare qualcosa di utopico, visto il degrado delle nostre TV, ma è necessario.
(Saleh Zaghloul)
Categoria: Immigrazione
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OLI 335: IMMIGRAZIONE – L’integrazione ai tempi delle TV satellitari
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OLI 334: BUROCRAZIA – I migranti esclusi dalle semplificazioni
In base alla legge 183/2011, i certificati rilasciati dalla Pubblica Amministrazione devono essere sostituiti da dichiarazioni sostitutive di certificazione o di atto di notorietà e le amministrazioni e i gestori di pubblici servizi non possono più accettarli né richiederli: la richiesta e l’accettazione dei certificati costituiscono violazione dei doveri d’ufficio. Da questo positivo provvedimento di semplificazione sono esclusi i cittadini immigrati. Una circolare del ministero dell’Interno, infatti, dispone che continua a prevalere una norma del regolamento d’attuazione del Testo Unico sull’immigrazione risalente al 1999 in base al quale l’uso da parte dei migranti delle dichiarazione sostitutive non è consentito quando l’esibizione o la produzione di specifici documenti è prevista dal Testo Unico (1998) e dallo stesso Regolamento (1999).
Ad esempio, si continuerà a chiedere agli immigrati che presentano domanda di ricongiungimento familiare di consegnare il certificato di idoneità igienico sanitaria dell’alloggio, questo certificato viene rilasciato da un geometra iscritto al collegio dei geometri laureati della provincia di Genova e costa circa 70 euro. Dal 1998 fino al 2002 lo stesso certificato veniva rilasciato dagli uffici comunali costando circa 3 euro. Vi si attestava che l’alloggio non presentava problemi igienico sanitari, mentre in questura veniva calcolato il numero massimo delle persone che potevano abitarvi, in base al numero delle stanze.
Si continuerà dunque a chiedere agli immigrati di produrre altri certificati come ad esempio il certificato del casellario giudiziario e il certificato delle iscrizioni relative ai procedimenti penali in corso quando presentano domanda di carta di soggiorno.
Tutti questi certificati, ed altri ancora, non hanno alcuna ragione di essere chiesti ai migranti, in presenza delle nuove norme sulla semplificazione entrati in vigore dal 1 gennaio 2012, e dovrebbero essere sostituiti con le autocertificazioni in quanto riguardano “stati, fatti e qualità personali certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici o privati italiani”, ma saranno sempre richiesti ai migranti a causa, come denunciano le segreterie nazionali di CGIL, CISL, UIL e ACLI in una lettera aperta ai ministri Cancellieri e Griffi, del ritardo nelle procedure di dialogo informatico tra le banche dati delle varie amministrazioni.
(Saleh Zaghloul) -
OLI 333: IMMIGRAZIONE – La promessa di Monti
Disegno di Guido Rosato Insieme alla questione della tassa sui permessi di soggiorno pare che il governo intenda intervenire anche sulla loro durata, per tentare di rendere più efficiente una politica fino ad ora irrazionale e contraddittoria su rilascio e rinnovo, e dunque sulla regolarità della presenza degli immigrati.
Da una parte circa ogni cinque anni dal 1987, si faceva una regolarizzazione degli immigrati rilasciando ogni volta centinaia di migliaia di permessi a chi era presente irregolarmente, dall’altra parte al primo rinnovo si adottavano interpretazioni talmente restrittive da rendere molto difficile il loro rinnovo.
Quando avveniva, moltissimi non rientravano nei paesi d’origine e finivano per rientrare in clandestinità, rimanendo a lavorare in nero aspettando la successiva sanatoria.
Con l’approvazione della legge Bossi-Fini (L.189/2002) il numero dei permessi di soggiorno non rinnovati è aumentato da decine di migliaia a centinaia di migliaia: secondo il Dossier Caritas 2011, nel solo 2010 i permessi di soggiorno non rinnovati sono stati 684.413.
La Bossi-Fini ha condizionato il rinnovo del permesso di soggiorno al possesso di un contratto di lavoro quando, precedentemente, con la legge Martelli (39/90) e la legge Turco Napolitano (40/98), era possibile rinnovare il permesso anche attraverso la dimostrazione di un reddito sufficiente, e coloro che non riuscivano a dimostrare il reddito e non avevano un contratto potevano comunque iscriversi al collocamento per un periodo non inferiore a 12 mesi.
Inoltre la Bossi-Fini ha ridotto sensibilmente la durata dei permessi, moltiplicando le fasi di rinnovo e di conseguenza le occasioni di perdita del titolo di soggiorno.
La legge Martelli e la legge Turco-Napolitano prevedevano per il primo rilascio una durata biennale dei permessi per lavoro e famiglia, ed al rinnovo una durata non inferiore al doppio della precedente (4 anni).
La Bossi-Fini ha invece legato la durata del permesso alla durata del contratto di lavoro, limitandone la durata massima ad un anno quando il contratto è a tempo determinato e a due anni quando è a tempo indeterminato. Oltre a ciò è stato eliminata la previsione del raddoppio della durata al momento del rinnovo, per cui il nuovo permesso non può avere una durata superiore alla precedente.
L’anno seguente è entrata in vigore la legge 30/2003 sul mercato del lavoro, con contratti di lavoro delle durate più brevi possibili: i precari e le altre categorie più deboli sono divenuti i più esposti a perdere il permesso di soggiorno, essendo soggetti a rinnovi con tempi ravvicinati (ricordiamo che tra l’altro ogni rinnovo costa circa settantatre euro).
E’ quindi necessario ed opportuno ritornare, almeno, alle norme della legge Turco-Napolitano.
(Saleh Zaghloul) -
OLI 331: MIGRANTI – Al Museo Galata, la badante e il muratore

Nel novembre 2011 a Genova ha inaugurato un’opera pionieristica: per la prima volta in Italia, in una sede istituzionale permanente, una sezione dedicata all’immigrazione. L’apertura del percorso riporta alle origini del fenomeno: le immagini del fotografo Uliano Lucas ritraggono i pescatori nordafricani di Mazara del Vallo, agli inizi degli anni ’70 del Novecento, quando ancora l’identità dell’Italia era in bilico e quelli che partivano uguagliavano il numero di quelli che arrivavano (il saldo positivo tra emigrazione ed immigrazione si ebbe soltanto a partire dal 1973), le grandi manifestazioni degli anni 90’, immagini di città il cui volto è cambiato. Successivamente, nella sezione intitolata “Cartoline di viaggio”, scegliendo una cartolina di un paese di origine, inizia il video di chi è partito e racconta la propria storia, spesso tragica e dolorosa. Le fonti utilizzate per questa parte dell’esposizione sono le ricerche di Giovanni Maria Bellu e Gabriele Del Grande, che da anni si occupano dei viaggi lungo il mediterraneo e della carneficina silenziosa che continua ancora oggi. Proseguendo nella visita, il percorso tocca tasti sempre più dolorosi: un barcone, tra i primi di quelli che dopo gli esiti della primavera araba hanno raggiunto l’isola di Lampedusa dalla Tunisia, è esposto tra alcuni espositori, intitolati “Archeologia della disperazione”, che mostrano oggetti comuni, scarpe, bambole, biberon, fotografie, che il mare ha restituito come unica traccia di chi li ha posseduti.Di seguito, si torna all’aspetto sociale, ed il primo messaggio è espresso con chiarezza (anche se con pessima illuminazione): il pannello “Chi ci ruba il lavoro?” tranquillizza l’animo dei visitatori italiani: gli stranieri non rubano il lavoro, perché “I lavoratori immigrati ben raramente competono con quelli italiani. A loro sono rimasti i lavori disagiati, quelli flessibili e usuranti e per di più (dati INPS) il 20% in meno rispetto agli italiani. Il lavoro femminile, in più, ha rappresentato un vero puntello per il welfare state all’italiana: la badante con l’anziano disabile a casa, e la donna italiana a lavorare in ufficio” ( http://www.galatamuseodelmare.it/cms/sezione%20emigrazione-189.html in “Descrizione del percorso”). Un gioco multimediale pone davanti alcuni oggetti, simboli del lavoro straniero in Italia: una cazzuola da muratore, una borsa Yves Saint Laurent, una scopa, un asciugacapelli: chi vuole può divertirsi ad ascoltarne la storia. Il percorso prosegue portandoci in una classe “colorata e composta”. Tra i problemi legati alla scuola ci sarebbero, secondo il pannello, le difficoltà di lingua e comprensione degli studenti di origine straniera, arrivati qui o nati in Italia. In conclusione, la “nicchia della riflessione”, dove i curatori, in video, invitano il pubblico a riflettere su alcuni punti.
Una “nicchia della riflessione”, a questo punto, sarebbe utile anche per i curatori:
un’istituzione culturale permanente dovrebbe stare lontana da luoghi comuni, vista la forza simbolica che qualsiasi oggetto assume se esposto in un museo: la rassicurazione sul fatto che gli stranieri non rubano il lavoro perché adibiti a mansioni usuranti e disagiate è adatta al contesto museale? E’ un fondamento sociologico? Che messaggio può trasmettere alle seconde e terze generazioni in visita al museo? Per quanto ancora i cittadini stranieri saranno visti come “la badante” e “il muratore”?
E’ proprio vero che le seconde e terze generazioni hanno problemi di comprensione linguistica? Su che dati si basa questa affermazione? Sarebbe interessante chiederlo a qualcuno di loro.
Manca totalmente qualche riferimento alla storia dell’immigrazione a Genova, eppure tante sono le persone che se ne sono occupate e se ne occupano, che avrebbero potuto fornire dati sulla realtà sociale della città. Perché?(Eleana Marullo) -
OLI 330: IMMIGRAZIONE – Venerdì in piazza contro una tassa ingiusta
La Camera del Lavoro di Genova ed altre associazioni genovesi organizzano venerdì 10 febbraio 2012 ore 16.30 una manifestazione davanti alla Prefettura di Genova contro la tassa sul rilascio dei permessi di soggiorno. Una tassa che varia da 80 a 200 euro decisa con un decreto degli ex ministri Maroni e Tremonti entrato in vigore il 30 gennaio scorso, che si aggiunge ai circa 73 euro che ogni immigrato paga già per il rilascio ed il rinnovo dei documenti di soggiorno, costo esagerato che già nel 2007 l’ex ministro dell’Interno Giuliano Amato aveva definito “una vera rapina”, promettendo di ridurlo. Ma non ha fatto in tempo. Poco prima della caduta del governo Berlusconi i leghisti hanno invece fatto in tempo ad imporre quest’ulteriore tassa. Così, il rilascio di un documento di soggiorno può costare fino a 273 euro a persona. E’ un vero scandalo: è una tassa xenofoba che colpisce duramente le tasche dei migranti e il nostro paese fa una figura da paese incivile e xenofobo quando invece è un paese solidale dove i razzisti e gli incivili sono una minoranza. Il nuovo governo (i ministri Cancellieri e Riccardi) aveva promesso di modificare il decreto Maroni – Tremonti, ma non sono riusciti a farlo entro il 30 gennaio.
La CGIL chiede al governo di “cancellare questa odiosa tassa” e di iniziare un confronto serio con il sindacato sull’immigrazione. Occorre intervenire urgentemente per affrontare la questione alla radice: non basta cancellare l’ultima tassa, ma riportare l’onere per il rilascio ed il rinnovo dei documenti di soggiorno degli immigrati nei limiti in corso negli altri paesi civili dell’Unione Europea.
(Saleh Zaghloul – Illustrazione di Aglaja) -
OLI 328: SOCIETA’ – La Costa Concordia mette tutti d’accordo
Una nave con 4000 persone a bordo, organizzata con le migliori attrezzature di sicurezza disponibili, con giubbotti di salvataggio abbondanti per tutti, s’incaglia a pochi metri dalla costa con il mare calmo e il comandante riesce ad avere morti a bordo: è il tragico epilogo di una gestione fallimentare dell’emergenza.
La stampa è ipnotizzata dall’evento, quel gigante piegato fa notizia, fa vendere, il leviatano inaffondabile è affondato, il comandante si presta al generale stupore di scoprire che è un uomo impappinato invece che lo “chef aprés dieu” che ci avevano venduto.
E il “meglio” che si riesce a trovare in rete è una canzone che lo prende in giro, sulle note di Onda su onda. Ci si sente avviliti pensando ai 4000 profughi nordafricani descritti nell’articolo di radio Babboleo, alle centinaia di migliaia che affrontano un viaggio nel quale l’arrivo dalla parte opposta non è una possibilità garantita, anzi la probabilità di morire annegato o di disidratazione in mezzo a tutta quell’acqua salata è valutata e affrontata insieme al fatto di stare in centinaia in un battello da decine senza saper nuotare. Allora, caro Elio delle Storie tese, sarebbe forse più utile una canzone che racconti di questi fatti e non della fragilità colpevole di un uomo che lavorava al di fuori del buon senso secondo dei criteri ritenuti però accettabili da tutti quelli che sapevano della pratica dell’inchino. Anzi, un vero inchino alle vittime dei naufragi ci sentiamo di dedicarlo noi di Oli per tutte le latitudini e longitudini della terra, per quelli delle guerre e della cecità umana così ben ignorati dalla stampa (ancora finanziata dallo stato) italiana.
(Stefano De Pietro) -
OLI 328: IMMIGRAZIONE – Regolarizzazione semplificata e di lunga durata
La settimana scorsa ACLI e CGIL hanno chiesto al governo la regolarizzazione degli immigrati irregolari. Il segretario della CGIL, Susanna Camusso, ha detto a la Stampa, che “la regolarizzazione porterebbe nelle casse dello Stato 5 miliardi di euro, risorse che potrebbero essere utilizzate per gli ammortizzatori sociali e per rilanciare l’occupazione”. Richiesta, dunque giusta ed opportuna, ma come fare la regolarizzazione?
Le regolarizzazioni/sanatorie che si sono fatte dal 1987 ad oggi, una ogni circa cinque anni, hanno avuto uno svolgimento burocratico terribile. Sono state fatte concentrando la presentazione di centinaia di migliaia di domande in due o tre mesi. Ingolfando gli uffici stranieri delle questure, delle prefetture, delle poste, del sindacato e delle associazioni di volontariato e facendo “impazzire” i lavoratori di questi uffici. E’ come permettere agli automobilisti di fornirsi di carburante soltanto al lunedì di ogni settimana dalle 8.00 alle 14.00. Si scatena tra gli irregolari una disumana corsa contro il tempo, si usano tutti i mezzi per poter presentare domanda, si accetta ogni ricatto, si compra e si vende di tutto dal contratto di lavoro falso al proprio corpo. Si rivitalizzano le associazioni a delinquere di venditori e falsificatori di contratti di lavoro e se ne formano delle nuove. Il primo contatto degli immigrati con le istituzioni del nostro paese avviene aggirando regole e legalità. Centinaia di migliaia di domande vengono rifiutate e altre rimangono sospese per anni (ancora oggi vengono riesaminate le domande presentate durante l’ultima regolarizzazione del 2009 (colf e badanti). E’ inoltre assurdo che un paese civile e democratico riconosca così esplicitamente che prima di permettere la regolarizzazione di centinaia di migliaia di immigrati essi devono lavorare in nero per cinque anni con annessa evasione fiscale e contributiva e violazione dei diritti che in certi casi arriva allo sfruttamento ed alla schiavitù.
Un’operazione necessaria quale è la regolarizzazione degli immigrati irregolari è stata applicata in maniera assurda, complicata e dannosa per il paese, per chi cerca di regolarizzarsi e per chi si ne occupa. Quando, invece, per l’emersione dal lavoro nero degli immigrati irregolari si possono utilizzare gli stessi strumenti che si usano per i lavoratori italiani e dove è possibile presentare domanda tutti i giorni del mese, tutti i mesi dell’anno, per anni. Così è stata, ad esempio, l’emersione prevista dalla legge 383/2001 (Tremonti bis). Un altro strumento è quello dei piani d’emersione territoriali e nazionali che oggi il sindacato sta proponendo al governo Monti. Questi strumenti (previsti per i lavoratori italiani ed immigrati regolari) vanno adeguati in maniera da prevedere l’emersione anche del lavoratore immigrato irregolare e il rilascio in questo caso del permesso di soggiorno. Nel caso di rifiuto del datore di lavoro di presentare la domanda d’emersione va prevista l’emersione in base a richiesta e vertenza del lavoratore stesso e il rilascio del permesso di soggiorno (previa verifica) anche in questo caso. Inoltre, il dispositivo legislativo della regolarizzazione deve contenere la revoca d’ufficio delle precedente espulsioni amministrative per chi emerge dal sommerso e dalla “clandestinità”.
(Saleh Zaghloul, immagine di Guido Rosato) -
OLI 327: IMMIGRAZIONE – Paradosso di una norma
Il ministro dell’Integrazione Andrea Riccardi, in audizione alla commissione Affari Costituzionali, ha proposto di allungare da sei mesi ad un anno il tempo per poter cercare un nuovo lavoro per gli immigrati disoccupati. E’ certamente un passo avanti ma non basta: moltissimi continueranno a perdere il permesso di soggiorno a causa della perdita del lavoro e soprattutto continuerà ad accadere che tra questi ci siano persone che hanno vissuto nel nostro paese regolarmente anche per 20 anni. La norma che il ministro propone di modificare produce più clandestini di quanto producono gli ingressi clandestini, gli sbarchi della morte ed i trafficanti criminali di mano d’opera clandestina. Si pensi che nel solo 2010 i permessi di soggiorno non rinnovati sono stati 684.413 (Dossier Caritas 2011).
Paradossalmente tale norma è stata concepita, come evidenzia tutta la sua traiettoria legislativa (fino alla Bossi – Fini), per tutelare la regolarità del soggiorno delle persone che fanno il primo ingresso in Italia e che perdono il lavoro. Era, infatti, inclusa nella prima legge italiana sull’immigrazione (L. 943/86), per adempiere alle disposizioni della Convenzione 143/75 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ratificata dal nostro paese nel 1981: “il lavoratore migrante non potrà essere considerato in posizione illegale o comunque irregolare a seguito della perdita del lavoro, perdita che non deve, di per sé, causare il ritiro del permesso di soggiorno”.
Soltanto un’interpretazione restrittiva ed infondata ha permesso che tale norma (evidentemente concepita a tutela della regolarità degli immigrati entrati in Italia per via dei decereti flussi, al primo rinnovo del titolo di soggiorno) sia stata usata finora, e possa ancora esserlo, per danneggiare i regolarmente soggiornanti anche da 20 anni, con conseguenze tragiche, ricacciando nella clandestinità chi si era faticosamente regolarizzato, inserito, formato ed integrato nel nostro paese. Inoltre, questa norma lancia un messaggio eticamente e culturalmente molto negativo: quello di non riconoscere i migranti come donne e uomini, cittadine e cittadini, ma soltanto come braccia e mano d’opera che possono rimanere nel paese solo se servono.
Un governo di tecnici competenti (non di “acerbi tecnici”, come si è autodefinito il ministro Riccardi dinanzi alla commissione), ripristinerebbe le funzionalità originarie di questa norma limitandone l’applicazione ai casi del primo rinnovo del permesso.
Infatti, per il secondo rinnovo il legislatore non prevede, come unica condizione, l’essere titolari di un contratto di lavoro; in mancanza basta dimostrare “la disponibilità di un reddito sufficiente da lavoro o da altra fonte lecita”. E per chi soggiorna regolarmente da più di 5 e 10 anni le intenzioni del legislatore sono quelle del rilascio della carta di soggiorno con validità a tempo indeterminato e della concessione della cittadinanza italiana.
Un governo di tecnici competenti farebbe un provvedimento straordinario per restituire il permesso di soggiorno alle centinaia di migliaia di persone che l’hanno perso negli ultimi tre anni di crisi per motivi diversi da quelli di pericolosità sociale o di ordine pubblico. Inoltre regolarizzerebbe tutti coloro che dimostrano di avere un rapporto di lavoro anche se non hanno mai avuto un permesso di soggiorno attraverso piani permanenti di emersione dal lavoro nero che prevedano il rilascio del permesso di soggiorno al lavoratore immigrato irregolare, anche nel caso di opposizione del datore di lavoro. Governare l’immigrazione nel nostro paese dopo il disastro degli ultimi vent’anni, richiede, esattamente come per l’economia, una grande competenza, serietà, ricerca, innovazione. Ci vuole una grande intelligenza del sapere e della conoscenza delle leggi e delle circolari al servizio della grande sensibilità, dell’attenzione e dei buoni sentimenti di cui è portatore il ministro Riccardi. Caro ministro si faccia aiutare da tecnici antirazzisti esperti in materia.
(Saleh Zaghloul) -
OLI 325: SOCIETA’ – La marcia dei fratelli neri e bianchi
Sabato 17 dicembre in tutta Italia si sono svolte manifestazioni per l’assassinio a Firenze dei senegalesi Mor Diop e Samb Modou e il ferimento di altre tre vittime. Opera certamente di uno squilibrato, la cui follia era però alimentata non solo dalla xenofobia e dal razzismo dilaganti in certi strati della popolazione, minoritari ma non per questo meno inquietanti, se si considerano per giunta gli indegni compiaciuti commenti pubblicati sul web, ma anche dalle posizioni ripetutamente espresse da forze politiche presenti in parlamento e nello scorso governo, ai quali si è inteso contrapporre una risposta ferma e di grande civiltà.
Anche a Genova sono sfilate centinaia e centinaia di persone, dalla Commenda fino a De Ferrari per ridiscendere infine a Caricamento, in un corteo organizzato dalla comunità senegalese, dalle reti antirazziste e dall’ARCI. La stragrande maggioranza era nera. Tra i bianchi si riconoscevano volti noti e meno noti nel popolo della sinistra, dalle diverse collocazioni politiche e impegnati a vari livelli, tra cui l’avvocato Alessandra Ballerini e l’assessore comunale Bruno Pastorino. Non solo, ma pure cittadini “comuni” che via via si univano all’imponente marcia, tra i quali famiglie con i figli visibilmente partecipi anch’essi, soddisfatti di esserci per propria convinzione e non per compiacere i genitori.
Dal furgone in prima linea si alternavano musica e discorsi. La parola più ricorrente era “fratelli”: fratelli neri e fratelli bianchi, tutti uniti a ribadire la volontà di vivere insieme.Vedi il video de Il Secolo XIX: http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2011/12/17/AOawykWB-senegalesi_genova_ricorda.shtml?hl(Ferdinando Bonora)
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OLI 325: IMMIGRAZIONE – Modificate la legge più censurata dalla Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 329, del 12 dicembre 2011, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge 388/2000 (legge finanziaria 2001), nella parte in cui chiede il possesso della carta di soggiorno per la concessione ai minori immigrati legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, della “indennità di frequenza” per i minori invalidi. Si tratta di una indennità concessa ai mutilati e invalidi civili minori di 18 anni “per il ricorso continuo o anche periodico a trattamenti riabilitativi o terapeutici a seguito della loro minorazione”. Tale norma, secondo la suprema Corte, priva il minore immigrato disabile, anche regolarmente soggiornante, di diritti fondamentali (all’istruzione, alla salute e al lavoro) in violazione della Costituzione italiana e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
La legge 388/2000, del centro sinistra, è a questo punto, forse, il provvedimento normativo più censurato dalla Corte Costituzionale (un altro provvedimento che compete per avere questo titolo è il pacchetto sicurezza del centro destra). Numerose sono infatti le sentenze che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale di questa legge nelle parti che richiedono il requisito della carta di soggiorno per l’accesso degli immigrati regolari alle provvidenze ed alle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale (esempio: assegno sociale, assegno di invalidità).
La Carta di soggiorno è rilasciata a chi possiede un determinato livello di reddito, e soggiorna regolarmente da almeno cinque anni. E’ stata istituita per semplificare il soggiorno di chi vive in Italia da lunghi anni e la suprema Corte ha più volte sentenziato che non deve essere usata per escludere gli immigrati dal diritto alle misure di assistenza sociale. Modificando le parti censurate della legge 388/2000 (comma 19 art.80), non solo si ristabilisce lo stato di diritto e si aiuta l’integrazione, ma si alleggeriscono i nostri tribunali, e la stessa Corte, di una grande mole di lavoro.
(Saleh Zaghloul – Disegno di Guido Rosato)

