Riflessioni – Il diritto alla mediocrità spetta anche alle donne

Le donne si muovono. Fanno cose, vedono gente, si candidano, studiano liste, lavorano e ritagliano quadretti patchwork – la loro giornata è davvero una coperta di patchwork – per andare a seminari dove si parla di loro “da donna a donna” in una corsa veloce dalla professione alla casa, dai figli alla spesa, dalla spesa al compagno. No. Non sono le donne di cui dovrebbe interessarsi la politica – loro molto più stremate delle prime non hanno né tempo, né orari per dibattiti e quant’altro, stanno alla prima tacca della piramide di Maslow – ma sono quelle che a Genova la politica la annusano, la ascoltano, ne percepiscono vuoti e pieni, investendo energie, tempo, relazioni. Eleganti, sportive, aperte o timide si possono incontrare ai seminari rivolti al pubblico di corsi specifici. Sorridono franche alle amiche, talvolta parlano tra loro anche durante l’intervento di un relatore, alcune sprigionano la femminilità del terzo millennio con accessori incl usi – tacchi, borse, vestiti – che donano loro il valore aggiunto, la marcia in più, quel “intelligente e bella” rivendicato oggi con ostinazione. Non sono fotocopie l’una dell’altra – le astanti-attrici di questi seminari – ma certo hanno un fluido che le accomuna, come un sigillo di setta a metà strada tra il voltarsi indietro: “il passato di mia madre negli anni settanta è la mia più preziosa eredità” e il contestualizzare: “dobbiamo riconoscere il presente: oggi non è più come allora. Ci dobbiamo smarcare da certe logiche femministe.”


Sono per lo più avvocati, medici, architetti, funzionari, dirigenti. Hanno lauree brillanti alle spalle ed una carriera che per alcune è stata come muoversi nella giungla – coltello tra i denti – per ottenere spazio, visibilità e gratificazione. Guardano alla politica come conferma del percorso fatto: “sono quindi posso”. Mirano al concreto, che è analisi dei contenuti, sintesi di progetti, obiettivi specifici perché troppo “diffusa è l’incapacità di cogliere quanto sta accadendo nella politica”, consce che “il potere in questo nostro paese è nelle mani di una sola parte dell’umanità”. Studiano i sondaggi, cercano ragioni, analizzano posizioni, certe che i cittadini ritrovino nelle donne “cura e trasparenza”. Più agguerrite e preparate degli uomini – alla resa dei conti – faticano oltre misura a farsi riconoscere dai partiti, a meno di non farne già parte, e vengono escluse, perché spesso solo i tempi lenti della militanza permettono la crescita. Hanno la mappa del poter e cittadino sulle ginocchia, e fanno lobby. Sono acute, intelligenti, intuitive. Annuiscono all’unisono mentre la relatrice dice loro: “Quando eleggeremo un donna stupida ci sarà la vera parità” oppure “anche noi abbiamo diritto alla mediocrità”.
Nessuna ideologia. Libro consigliato: “Non lasciarmi” di Ishiguro.
(Giulia Parodi)