Opinioni – Disertori per scelta e per passione

Il disgusto: sensazione sgradevole che offende il gusto; repulsione fisica o morale. Sinonimi: avversione, nausea, ripugnanza.

In molti lo hanno citato ultimamente. E’ stato opportuno verificare sul dizionario Garzanti, per ricordare esattamente cosa volesse evocare. Hanno fatto ricorso a quella parola in merito alla politica, alle elezioni amministrative, al lavoro del governo, ai posti di potere, persone di cultura, professione, genere, età diversi, accomunate dalla scelta consapevole di non andare a votare. Alcuni sono componenti della cosiddetta “società civile”. Gente vigile, informata, con un’esperienza di partecipazione alle spalle: “No. Non c’è niente da fare…Questa volta non vado…Sono disgustato/a”.


Molti di loro avevano fatto la fila per le primarie ai tempi del berlusconismo feroce. Altri avevano partecipato alle manifestazioni per la pace, altri ancora ai girotondi. Avevano una speranza – l’attesa viva e fiduciosa di un bene futuro – oggi spenta dentro di loro.

Non si tratta del “sono tutti uguali”, litania storica alla quale siamo stati abituati. Ma della scelta “politica” che non ci sia più politica degna di attenzione, per la quale valga la pena di testimoniare alcunché.

Paragonando queste elezioni ad una battaglia decisiva per il futuro del paese, possiamo star certi che tra i disertori si sarebbero contati i più valorosi e i più leali. Quelli che in combattimento fanno la differenza.

Ora, alle preoccupazioni di Pirani, Diamanti, e Colombo, giornalisti di spessore, si aggiunge, a livello genovese, la preoccupazione del segretario dei ds Mario Tullo, riportata da Repubblica-Lavoro il 30 giugno, che all’ultimo congresso regionale del suo partito ha condiviso con i presenti la sua preoccupazione per la Provincia con “quasi un terzo di elettori dell’Ulivo che non è andato a votare”, sottolineando la sfida per le regionali tra tre anni, e la necessità di guardare ad un elettorato che vive con “1000 o 2000 euro al mese”, ricordando la necessità di ridurre i costi della politica.

Questa dei congressi e delle candidature – Veltroni docet – diventa, vista a una certa distanza, la politica dell’abbraccio, nella quale i soggetti di partito cercano appunto di accogliere con le loro parole più elettorato possibile, senza far scontento nessuno, a parte quell’area “radicale” che dice no alla legge Biagi, alla TAV, agli inceneritori sotto casa, alla base di Vicenza, all’indulto, all’ingerenza della Chiesa negli affari di stato. E vorrebbe fortemente che su questi temi si giocasse la differenza tra destra e sinistra.
Elettori schivi, musoni, informati. Disertori per scelta e per passione.
(Giulia Parodi)