Cattedre – Carriere dei docenti e diritti dei ragazzi

La nota di Paola Repetto, su OLI n 155, dedicata al disastro organizzativo del nostro sistema scolastico, denuncia il disagio parallelo di insegnati precari e sballottati, e di allievi tanto più privati di qualità formativa e di costanza nelle figure di riferimento, quanto più ne avrebbero bisogno. Mi è nato così un pensiero antipatico, e cioè: ma perché gli insegnanti possono scegliersi la sede di lavoro, e potenzialmente, se ben piazzati in graduatoria, cambiarla tutti gli anni fino a giungere alla collocazione “ideale” propagando, ogni anno, questo terremoto fino ai confini del territorio? Una infinità di altre categorie di lavoratori si prendono la sede che gli capita, sia questa l’ipermercato di periferia, o l’ufficio postale, o la fabbrica. Per non parlare di chi se ne deve andare, per lavorare, fuori città.


Questo, di certo, è un pensiero naif, reso possibile solo dalla mia profonda ignoranza del mondo scolastico, della sua storia contrattuale e delle regole che lo governano. Ma approfittando della incosciente libertà che mi viene appunto da questa ignoranza, mi chiedo se non sarebbe preferibile un sistema di valorizzazione, che accompagni l’assegnazione di sedi problematiche geograficamente o socialmente con incentivi economici, formativi e professionali. E una volta assegnata una sede non dovrebbe essere previsto che l’insegnate vi rimanga per un periodo di tempo adeguato, commisurato alla durata del ciclo scolastico?
Quello che appare all’occhio profano è un sistema organizzativo che tratta male il grande nucleo precario dei lavoratori della scuola, ma che, contemporaneamente, tratta malissimo, anzi ignora del tutto, i diritti e le esigenze della parte più debole dei fruitori del sistema, con totale indifferenza per il loro futuro.
Basti pensare a ciò che questo incredibile turn over, unito alla diffusione del precariato, ha comportato per la figura degli “insegnanti di sostegno” all’handicap. Coloro che avevano acquisito la formazione per questo particolare compito, maturando “punteggio” hanno ormai in larghissima misura conquistato la cattedra, ed hanno abbandonato il campo. Restano a fare il “sostegno” precari senza alcuna qualificazione specifica che, pur di lavorare, si danno disponibili (per il minor tempo possibile) a svolgere questo difficile compito, per il quale, a quanto pare, nessuno chiede più che chi lo svolge debba averne la competenza.
A Genova i ragazzi con handicap più o meno grave inseriti nei vari ordini di scuole sono poco più di 2.000, il rapporto tra insegnati di sostegno e allievi con handicap è circa di uno su due. Si parla quindi di ben 900 insegnanti in gran maggioranza ormai precari mandati allo sbaraglio. La strada per smantellare una delle esperienze più avanzate, a livello europeo, di inserimento scolastico dell’handicap è più che aperta.
(Paola Pierantoni)