Giustizia – Il silenzio di Prodi l’ira di Mastella

La vecchia arma dell’avocazione, sempre incombente fin dai tempi dei vecchi scandali di regime (petroli e via dicendo), dunque esiste ancora, come ha ricordato il pg di Catanzaro a chi ha memoria corta dei fasti giudiziari. Il pm De Magistris, “colpevole” di avere rivolto le sue indagini sul guardasigilli Mastella e sullo stesso premier Prodi, si è visto togliere di mano dal superiore gerarchico il pesante fascicolo, destinato probabilmente a cure più riguardose. Al centro dell’inchiesta ci sono le solite intercettazioni telefoniche, quindi le tracce dei rapporti poco chiari mantenuti da affaristi ex dc con potenti di turno per lucrare sui fondi dell’Ue all’agricoltura del Sud, una truffa di dimensioni gigantesche.


Il caso, detto non tanto per inciso, rischia di fare cadere il governo e rimettere in sella il personaggio che più di ogni altro ha fatto strame della giustizia; quindi è spiegabile, almeno in parte, tutta l’attenzione riservata dai mezzi d’informazione ai suoi effetti più ancora che ai fatti posti all’origine. Sapremo un giorno (almeno si spera) se e quanto sia fondato il “fumus” accusatorio (sufficiente per la dovuta iscrizione nel registro degli indagati) a carico dei due uomini di governo. Nel frattempo è difficile non notare le diverse linee di comportamento degli interessati. Il premier, piaccia o no, si è astenuto dall’esternare la rituale “sorpresa e indignazione”, preferendo dimostrare col silenzio la tanto reiterata, a parole, “fiducia nella magistratura”. Una volta tanto, insomma, un leader italiano si è comportato con la dignità che ci fa invidiare i politici dei paesi di più salda tradizione democratica.
Diverso lo stile mastelliano: si va dalla richiesta di trasferimento d’urgenza del magistrato scomodo (tesi respinta dal Csm), alle reazioni rabbiose in terra americana, dove ha preso a male parole alcuni incauti contestatori d’oltreoceano, fino al colpo di teatro finale: appreso che le indagini riguardano anche lui, dopo aver ripetuto di essere una persona onesta, ha dichiarato improvvisamente che “non c’è più la maggioranza” (quasi la capacità di insabbiamento fosse prova di tenuta del governo), aggiungendo la minaccia che “ormai è meglio andare a votare”. Parole che suonano come musica a chi vuol tornare alla guida del Paese per chiudere i conti con i non allineati, cominciando dai giudici.
(Camillo Arcuri)