Rom – Sindaci-sceriffo e responsabilità

Lunedì 5 novembre un’ascoltatrice di “Prima Pagina” (la trasmissione di rassegna stampa e dialogo con gli ascoltatori di Radio3) ha telefonato domandando: “Ma chi era preposto al controllo della irregolarità degli insediamenti rumeni a Tor di Quinto, dove è stato finora? Perché si lascia che si costituiscano i ghetti? Se non si pone, politicamente, un argine si creano le condizioni di una conflittualità che prima o poi esploderà e andrà fuori controllo”.


Michele Concina, conduttore della trasmissione per la settimana, fa proprie le domande dell’ascoltatrice, ma ricorda anche che Cofferati è stato messo in croce appunto per aver smantellato analoghe situazioni di degrado nella sua città. L’argine politico che ha cercato di porre, aggiunge il giornalista, gli costerà di certo la mancata rielezione a sindaco, se pure riuscirà ad arrivare a fine mandato.
Alcuni organi di stampa – nella nostra città Il Secolo XIX – seguono la strada della drammatizzazione continua e dell’enfasi emotiva del problema sicurezza e criminalità, ma se questa scelta è pericolosa per la sua valenza culturale, non si possono ignorare i dati del Ministero dell’Interno sobriamente riportati dal Sole 24 Ore di lunedì 5 novembre: tra il 2005 e il 2006 si è registrato un aumento del 7,5 % dei delitti denunciati, in particolare furti e scippi (+ 24 %), e furti nelle abitazioni (+ 17 %), con Genova al primo posto per reati di strada (1.200 borseggi o scippi ogni 100.000 abitanti). Maurizio Fiasco, il ricercatore e sociologo intervistato dal Sole 24 Ore, individua, come cause possibili, l’indulto e la “pressione della popolazione nomade o espulsa dai paesi d’origine. Un fenomeno che va a impattare soprattutto sulle grandi città, spesso impegnate in un processo di transizione disordinata”.
Il problema quindi esiste e va affrontato, ma l’affannosa sequenza temporale di questi giorni (l’assassinio di Giovanna Reggiani, seguito dalla precipitosa trasformazione del disegno di legge sulla sicurezza in decreto immediatamente operativo e dalla demolizione delle baracche del campo rom abusivo di Tor di Quinto) ha di fatto lanciato ai cittadini il gravissimo messaggio che la responsabilità individuale della specifica persona di nome Nicolae Romolus Mailat va in realtà intesa come una responsabilità collettiva di tutta la comunità a cui questa persona apparteneva.
(Paola Pierantoni)