Italia-Libia – Se gli affari passano su tappeti di morti

Ecco una favola in cui tutto è il contrario di quello che sembra. Politica e interessi economici a giustificare stermini lontani dalle cronache e dallo sdegno della Fortezza Europa (Rapporto di Fortress Europe, Fuga da Tripoli, http://www.meltingpot.org/IMG/pdf/RAPPORTO_LIBIA.pdf)
Il colonnello Mu’ammar Gheddafi durante gli anni Novanta aveva aperto le porte all’immigrazione dal mondo arabo, in nome della solidarietà africana. Ai 5,5 milioni di libici si aggiunsero 2 milioni di immigrati, ma la situazione dal 2000 degenerò, creando tensioni razziali che sfociarono in guerriglia causando centinaia di morti; agli stermini seguirono le deportazioni nel deserto: donne e bambini, lavoratori e rifugiati politici furono mandati a morire e divennero un tappeto sulla sabbia del deserto, nel disinteresse delle Nazioni Unite.


La Libia è un paese di transito, pedina essenziale nella lotta all’immigrazione della fortezza Europa: dalle coste libiche salpano le carcasse che poi approdano alle coste italiane, attraverso una rotta insidiosa, il canale di Sicilia. Solo nei primi mesi del 2007, 502 morti; dal 1988, 2.432 vittime, di cui 1.503 giacciono sul fondo del mare, tappeto di morti senza volto.
Nel 2003 il governo Berlusconi sigla un accordo con Gheddafi per contrastare l’immigrazione clandestina, e da il via ad un flusso di finanziamenti in denaro ed attrezzature; nel 2005 la Libia ha speso 2.935.000 dollari per il rimpatrio in viaggi aerei nei paesi di provenienza, tra l’agosto 2003 ed il dicembre 2004 l’Italia ha sovvenzionato alla Libia i rimpatri di 5.800 persone, tra cui 164 potenziali rifugiati politici rimandati nel proprio paese contro ogni convenzione internazionale sul diritto d’asilo. Chi non è rimpatriato rimane nei centri di detenzione, oppure viene deportato ai confini meridionali -il deserto- o acquistato dai locali per essere tenuto in stato di schiavitù fino al pagamento di un riscatto.
Il sodalizio tra Libia e Nazioni Unite, Italia in particolare, non è stato scalfito dalla condotta al di fuori di ogni principio di diritto umano del governo libico, è al contrario continuato con vigore. Dal 2008 nel canale di Sicilia riprenderanno, in forma permanente, i pattugliamenti dell’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne, Frontex, ora in cooperazione con le forze libiche. E la pratica dei respingimenti in mare, vietata dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo come espulsione collettiva, diventerà prassi.
Le favole, si sa, hanno sempre un lieto fine: anche quest’abominevole compendio di ipocrisia politica. Il 16 ottobre 2007 la Libia è stata eletta membro del consiglio di sicurezza dell’Onu per il 2008-9. Lo stesso giorno, Eni e la società petrolifera di stato libica hanno siglato un accordo che rinnova le concessioni ed incentiva lo sfruttamento del gas fino al 2047 “L’intesa raggiunta -si legge in un comunicato- conferma Eni al primo posto tra gli operatori stranieri in Libia e consolida gli ottimi rapporti tra i due Paesi del Mediterraneo”(http://www.eventi-eni.it/comunicati-stampa/2007/10/eni-e-naoc-firmano-accordo-strategico.php). La politica e l’economia scorrono rapide su tappeti di morti.
(Eleana Marullo)