Un giorno, forse 10 o 20 anni fa, le parole dei cittadini si sono separate da quelle della politica. Non solo nel senso del gergo – la politica usa il politichese – ma anche nei riferimenti; quelli che permettono di guardare alle stesse cose anche parlando lingue diverse. Prendete il caso dei trasporti, bus, metro, treni… Le parole con cui i cittadini parlano dei mezzi di trasporto, orari, frequenza, rispetto dei tempi di percorrenza, si trovano ormai solo nelle lettere ai giornali o negli appelli dei comitati di viaggiatori. Alludono a fatti che le analisi della politica ignorano. Analisi dove il viaggiatore, quello in carne e ossa, che aspetta il bus che non arriva, che prende il treno sempre in ritardo -quello sporco con le pulci o quello pulito ma con i cessi fuori uso – lo stesso viaggiatore che deve decidere se continuare a prendere un mezzo pubblico o andare in macchina magari con dei colleghi, non c’è proprio.
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