Morire sul lavoro – Leggi avanzate ma ignorate

Le testimonianze che ci arrivano da due piccole (ma non troppo) e consolidate aziende genovesi spiegano perfettamente come si possano verificare tanti infortuni mortali e tante gravi malattie professionali in un Paese (l’Italia) che può vantare una “tra le più avanzate legislazioni europee” in materia di sicurezza, come ha detto il ministro Cesare Damiano al momento dell’approvazione del Testo Unico sulla sicurezza lo scorso 1° aprile.


La prima testimonianza viene da un giovane uomo assunto come apprendista, e come invalido. La sua invalidità implica delle precise prescrizioni che sono state formalizzate all’azienda: il lavoratore non deve assolutamente svolgere lavori in quota perché non ha il necessario controllo sull’equilibrio. Tutto il resto lo può fare. Per i primi tempi tutto bene, poi il caporeparto inizia a mandarlo in alto: due metri, tre metri, dieci metri. Qualche timida obiezione viene tranciata brutalmente. Il lavoratore non osa andare oltre: il contratto di apprendistato è un contratto a termine, perdere quel lavoro sarebbe una tragedia per molti motivi. Quindi: alla larga da qualsiasi contatto con il rappresentante per la sicurezza e con il sindacato. Si sale in quota e si stringono i denti, sperando di riuscire a controllare il senso di vertigine, guardando a quella data in cui il contratto di apprendistato terminerà e (forse) si passerà operai, e si rientrerà (forse) nella platea semp re più ristretta di quelli che hanno dei diritti.
La seconda testimonianza viene dalla moglie di un uomo più maturo. Anche qui il lavoro è essenziale: lei ha solo lavori saltuari e ci sono due figlie piccole. Il marito torna a casa con la vernice fin dentro gli occhi, e sa che di certo nei polmoni sono finite cose che lo faranno ammalare. Ma anche qui il lavoro è precario e si accettano le condizioni di lavoro così come sono, come un dato di fatto contro cui nulla si può, pur sapendo che la salute ne viene compromessa giorno dopo giorno. Nel caso specifico si tratta di operazioni di verniciatura in un ambiente chiuso, senza aspirazioni, senza mezzi di protezione. Tutto quel che viene dato è una del tutto inutile mascherina bianca, i guanti sono inadeguati per tipologia e qualità e non proteggono dal contatto, nessuna protezione per il viso.
E’ vero. Abbiamo un impianto legislativo tra i più avanzati al mondo. Ma a cosa serve se mancano le condizioni per farlo applicare?
(Paola Pierantoni)