Immigrazione/3 – Settecentomila click per tornare a galla

Se si volesse immaginare un accompagnamento sonoro per l’onda delle centinaia di migliaia di persone che vivono senza permesso nel nostro paese, mentre si infrange contro le muraglie della burocrazia, basterebbe cliccare sul mouse che sicuramente avete sotto mano mentre leggete e moltiplicare quel click per 700 mila.
L’ultimo decreto flussi (dicembre 2007), ha preso il via a dicembre con le tre date del click day: tutti pronti, alle 8 di mattina, a schiacciare il pulsante ed inviare la domanda, sperando che la connessione del pc fosse abbastanza rapida, che non ci fossero black out, con la vita letteralmente appesa ad un filo, o meglio, ad un cavo di rete.


Il Decreto Flussi sarebbe, in teoria, il meccanismo che permette la programmazione gli ingressi di stranieri extracomunitari in Italia per motivi di lavoro. In realtà, dal momento che l’ultima regolarizzazione di stranieri presenti irregolarmente in Italia risale al 2002, esso diviene l’unico modo possibile per consentire di regolarizzare la propria posizione.
L’ultimo Decreto Flussi è ancora aperto (chiuderà ufficialmente il 31 maggio); prevedeva di autorizzare l’ingresso di 170 mila immigrati mentre ad oggi, le richieste inoltrate al Ministero dell’Interno sono state circa 700 mila. In data 7 aprile, però, le domande respinte, tra quelle entrate nella quota, erano più di quelle accolte, con un rapporto di 6 a 10 (http://www.meltingpot.org/articolo12481.html).
I motivi del diniego, della Direzione Provinciale del Lavoro o della Questura, l’insufficienza del reddito dichiarato dal datore di lavoro (la maggior parte dei casi) oppure il fatto che il lavoratore fosse stato colpito da espulsione per motivi amministrativi.
Questo caso è particolarmente frustrante: un immigrato che si trovi nella condizione di clandestino può ricevere in qualsiasi momento un foglio di via; il provvedimento prevede che la persona esca entro pochi giorni dall’Italia, senza potervi ritornare (né uscire dal proprio paese di provenienza) per 10 anni. Ma se rimane in Italia (e quasi tutti rimangono), perde qualsiasi possibilità di regolarizzare la propria posizione, perchè la presenza del foglio di via entra a far parte di un database (SIS) che automaticamente rigetta qualsiasi richiesta di nulla osta (decreto flussi, ricongiungimenti).
E insieme alla possibilità di un permesso sfuma la possibilità di una vita normale, di un lavoro regolare nel rispetto delle norme di sicurezza, di non essere sfruttati con salari da fame, di avere un affitto che non sia uno strozzinaggio, di tornare nel proprio paese a trovare genitori o figli che non si vedono da anni.
Nonostante tutto, il 76% dei clandestini ha un posto fisso e lavora (Metropoli, n. 10, anno III), quindi vive, paga l’affitto, costruisce case, accudisce anziani, rimanendo in una condizione sospesa priva di diritti e di possibilità di emersione.
Se ne parlerà il Primo Maggio, a Reggio Emilia, durante il corteo “Lavoro nero, precarietà estrema, morti sul lavoro: Basta!” (http://www.meltingpot.org/articolo12343.html), incentrato sui temi della clandestinità e del lavoro.
(Eleana Marullo)