Centrali nucleari – Ma vale la pena costruirle?

Leggere “Preghiera per Cernobyl’” di Svetlana Aleksievic lascia sbigottiti (ISBN 88-7641-586-6). E’ l’atroce storia del dramma nucleare consumato nel 1986, con le vere testimonianze di chi ancora vive in quella zona. Mai prima nella storia dell’Umanità ci si era trovati di fronte a conseguenze dell’attività umana che hanno prodotto e produrranno ancora per tanti anni problemi a livello planetario. Della radioattività residua non si parla più, ma specialmente in quelle zone i casi di tumore sono moltiplicati rispetto al passato. Oggi si parla di una copertura di nuovo tipo che dal 2010 proteggerà il reattore per 100 anni ancora: costo 2 miliardi di dollari.
E’ un libro da leggere pronti a sentirsi colpiti nel profondo di fronte alla sofferenza di chi vive ancora in quelle zone e non sa dove andare o semplicemente non accetta che la propria terra sia diventata inagibile, in più dimenticati da tutti.


Una per tutte è la storia di Ljudmila che inizia il libro, allora poco più che ventenne e che vede il proprio compagno, vigile del fuoco, trasformato in una sorgente radioattiva che nemmeno le infermiere vogliono anche solo avvicinare: era stato tra i primi 20 o 30 intervenuti a spegnere l’incendio. Questa ragazza, con un amore suicida, accudisce il suo uomo per 14 giorni fino a che egli muore di malattia da radiazioni, pienamente nella media statistica. Lei stessa incinta perde il figlio e assiste al dramma del prelievo di midollo osseo da una ragazza molto giovane, parente del marito, effettuato nel vano tentativo di salvarlo. Ma non basta riassumere, bisogna leggerlo.
Andrebbe diffuso adesso questo libro, adesso che si parla di nuovo di nucleare. Si parla di centrali sicure, di tecnologia all’avanguardia. La stessa solida certezza ingegneristica che non ha saputo prevedere che un robot si sarebbe rotto quando fosse stato esposto a quei livelli di radiazione, per cui le persone sono state usate coscientemente per il lavoro mortale che andavano a compiere nel sotterrare il reattore e salvare milioni di vite in tutto il mondo. Uomini-robot. Si parla di 10.000 morti immediati e centinaia di migliaia ammalati.
Per fortuna il buon Rubbia è ancora vivo e con la forza della propria competenza scientifica, quella vera, ha già cominciato a spiegare che non vale proprio la pena di costruire le centrali. Aggiungo, tanto meno in un paese come questo dove la serietà è stata sacrificata alla tarantella quando si parla di opere pubbliche e investimenti decennali e che costringe un Premio Nobel come lui a migrare in Spagna in cerca di fondi per fare il motore che ci porterà ai limiti del sistema solare.
“Ecoballe” ed “Ecofrottole” che girano per la penisola e carichi radioattivi per l’APAT (l’organo tecnico del Ministero per l’Ambiente!) che attraversano l’Italia in un camioncino inadatto. Ma non ci sono stati morti, quindi a parte il solito spunto per il racconto da bar, nessuna testa è saltata: qualcuno ancora crede che saremmo veramente in grado di gestire una cosa così complessa come le centrali nucleari? (http://www.bur.it/sezioni/Foglietto_numero_0801.pdf, pagina 2).
(Stefano De Pietro)