Università. Tre più due uguale zero

Un prezioso contributo a ricordarci i guasti provocati della Riforma universitaria e l’abisso che passa tra buone intenzioni e risultati è “Tre più due uguale zero: La riforma dell’Università da Berlinguer alla Moratti”, un volume a più voci a cura di Gian Luigi Beccaria e pubblicato da Garzanti (euro 13.50).


Il volume raccoglie contributi originali, ma anche articoli pubblicati recentemente in altre sedi come quello di Claudio Magris (“Verso l’addio. La mia università scomparsa”) che, senza mezzi termini, punta il dito su un processo di riforma che ha distrutto “la vecchia classica università … senza crearne un’altra”. Questo processo, “perenne e sterile fibrillazione, non è una cosa nuova e non è imputabile al ministro Moratti, che prosegue l’opera dei suoi predecessori”. Vittorio Coletti (“Berlinguer e donna Prassede”), ancora più drastico, scrive che “la classe dirigente venuta dopo il ministro che oggi sgoverna l’Istruzione non ha fatto altro che portare alle estreme e meglio visibili conseguenze quella frana sciagurata messa in moto dal primo governo di sinistra del nostro dopoguerra” e paventa un docente impigliato in mansioni sempre più burocratiche, “intellettualmente ammuffito che si rianima come un solitario pensionato del condominio che si eccita nelle assemblee annuali per il rifacimento delle scale”. Berlinguer decise, qualche anno fa, che le scuole di qualità e le facoltà di cultura non erano più all’altezza dei tempi moderni e quindi, animato dalle migliori intenzioni avviò un processo di riforme che è ancora purtroppo in atto. “Dalle buone intenzioni come Lucia da donna Prassede, conclude amaramente Colletti, non è possibile difendersi”. Giorgio Bertone (“Sulla Riforma e sui riformatori”) condanna una Riforma varata sulle basi di una sconcertante presunzione e sul disconoscimento del valore della tradizione in nome del “nuovo”, ma soprattutto “della totale assenza del principio di precauzione nei confronti di ciò che la controparte potrà fare della Riforma, una volta che l’assetto di una parte dello stato è stato messo comunque in movimento e si sono spezzati i vincoli e i rapporti, spesso più forti delle leggi, di una tradizione e di un costume”.
Altri contributi, che toccano anche la riforma della scuola, arricchiscono il volume. Gli autori, storici, linguisti, filologi, analizzano in modo articolato e approfondito le serie conseguenze della Riforma nelle facoltà umanistiche. Sebbene non ci siano ancora dati numerici sufficientemente attendibili e omogenei che confrontino corsi di laurea pre e post riforma (quest’ultima è in fase di attuazione), è difficile immaginare che tipo di indicatore quantitativo potrà mai rendere conto dell’abbassamento del livello degli studi che la Riforma Berlinguer-Moratti sta già provocando. Pensiamo che il discorso potrebbe allargarsi anche alle facoltà scientifiche che, per quanto attrezzate con statuti disciplinari ben più robusti, sembra stiano affrontando problemi non meno gravi.
(Oscar Itzcovich)