Università – Messina è vicina?

C’è qualcosa che può unire le vicende giudiziarie dell’università di Messina con la vita politica di una città universitaria come Genova?
I fatti che hanno spinto diversi pubblici ministeri a chiedere la sospensione dall’incarico del rettore dell’università di Messina (Repubblica 12 dicembre ’08) sono così tanti e gravi che solo elencarli richiederebbe varie pagine di questa NL. Concorsi truccati per favorire sodali d’affari e di partito, minacce nei confronti di chi si rifiutava di truccare le carte, intimidazioni verso candidati “sgraditi”, concussione relativa alla gestione finanziamenti pubblici diretti alla ricerca scientifica e altro ancora. Il tutto in un quadro nauseante di occupazione di cattedre e di funzioni da parte di nuclei parentali, familiari e affaristici. Ciliegina sulla torta: la moglie del rettore, dirigente della stessa università, che secondo l’accusa avrebbe scambiato favori ad aziende di servizi in cambio di denaro. Una massa di reati che il rettore non poteva certo compiere da solo o con l’aiuto della consorte. Infatti in molti gli hanno tenuto bordone. Di alcuni è noto il n ome perché di fronte all’accusa di aver truccato un concorso hanno ammesso il reato e patteggiato. Altri ce ne devono essere tra quelli che, mentre la fogna di abusi e malversazione veniva gradualmente scoperta e un centinaio di professori firmavano un appello perché il rettore si facesse da parte, si schieravano invece a sua difesa: i prorettori, il consiglio di amministrazione, il senato accademico per non dire dei silenziosi, gli struzzi, testa sottoterra a far finta.


Beh – dirà qualcuno – ma cosa c’entriamo noi qui a Genova con Messina? C’entriamo, c’entriamo: e non solo perché si tratta di due città che appartengono allo stesso paese e sarebbe difficile chiamarsi fuori.
Cento professori (numero rilevante anche per una ateneo grande come quello di Messina (18000 studenti iscritti al triennio) firmano coraggiosamente – il gioco delle clientele controllato dal rettorato si è immediatamente impegnato a isolarli ed è bene ricordare che un loro collega anni fa è stato ucciso, vittima delle stesse faide su cui si sta indagando – un documento che chiede al rettore di farsi da parte. E’ il punto più alto di risposta dell’istituzione permeata dal malaffare. La prova che anche in quella situazione melmosa esistono anticorpi, persone che si ribellano, che vogliono girare pagina, che non accettano di lasciarsi intimidire. La testimonianza confortante che la dignità esiste. Ma da soli non possono farcela e non è che possono aspettare la conclusione delle inchieste della magistratura che hanno tempi e finalità diverse (non devono moralizzare l’università ma colpire chi ha commesso dei reati).
No, da soli i cento di Messina non possono farcela. Hanno bisogno che di Messina e del “messinismo”in Italia si parli; della solidarietà dei colleghi degli altri atenei italiani. Sarebbe necessario il sostegno del sindacato, del Pd e di tutte le anime della variegata sinistra nazionale. Per non dire dei politici siciliani che hanno condotto l’ultima campagna elettorale contro Lombardo, Cuffaro e i loro consigliori. Sarebbe necessario… ma tutti tacciono. Anche a Genova.
(Manlio Calegari)